Più voce ai minori in Piemonte. L’istituzione e l’esperienza del Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza

Rita Turino[1] e Joëlle Long[2]

Pur essendo il testo frutto di una riflessione comune alle due autrici, la stesura dei parr. 1 e 4 è di J. Long e quella dei parr. 2 e 3 di R. Turino.

(Abstract)

In Piemonte l’istituzione del garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza è avvenuta nel 2009, ma la prima nomina è arrivata solo alla fine del 2016. L’esame della legge istitutiva e delle attività portate avanti dalla Garante in due anni e mezzo di attività mostrano come, malgrado la mancanza di poteri incisivi e l’azione pressoché esclusivamente di moral suasion di quest’Autorità, sia stato possibile avviare un dialogo proficuo con la maggioranza delle autorità pubbliche e private impegnate nella protezione dei diritti delle persone di età minore e contribuire a elaborare strategie di intervento in situazioni generali e specifiche di disagio di persone di età minore. Sempre in un’ottica di valorizzazione di caratteri apparentemente di debolezza della figura può leggersi il fatto che l’assenza di finanziamenti per l’esercizio delle tante e complesse funzioni attribuitele per legge abbia obbligato la Garante a ricercare collaborazioni, inizialmente con riferimento al tema della tutela volontaria di MSNA, ma poi anche per altre aree di intervento. In questo modo, si è creata una rete tra i soggetti pubblici e privati già impegnati sul territorio per la promozione e protezione dei diritti dell’infanzia e l’adolescenza, valorizzando lo strumento della concertazione preventiva degli interventi e prevenendo duplicazioni inefficienti degli interventi tra soggetti con ambiti e obiettivi affini.

 

1. L’istituzione e la nomina.

I garanti regionali per l’infanzia e l’adolescenza si sono diffusi in Italia ben prima della creazione dell’Autorità garante nazionale (con legge 12 luglio 2011, n.112) e costituiscono oggi una realtà affermata in tutto il Paese[3]. Il Pubblico Tutore della Regione Veneto (dal 2013 riorganizzato nel “Garante dei diritti della persona”) è stato istituito nel 1988 e ha nel tempo elaborato azioni che ancora oggi si segnalano per la loro innovatività: la formazione periodica di tutori volontari per i minori privi di genitori esercenti la responsabilità genitoriale (denominata “Progetto tutori”[4]), per esempio, ha portato nella Regione a non ricorrere pressoché mai alla nomina del cosiddetto tutore istituzionale, cioè il legale rappresentante dell’ente gestore dei servizi socio-assistenziali territoriali. In Emilia-Romagna un decisivo impulso alla figura è venuto da Fadiga, già giudice minorile e autore di alcune tra le più belle pagine di diritto civile minorile[5].

In Piemonte l’istituzione del garante regionale è avvenuta nel 2009 (con legge regionale 9 dicembre 2009, n. 31), ma la prima nomina è arrivata solo nel 2016[6].

L’esame della legge istitutiva consente di suddividere i poteri del Garante (elencati nelle lettere as dell’art. 2, comma 1° legge n.31/2009) in due diverse aree. La prima è di carattere generale e riconducibile a interventi di promozione dei diritti delle persone di minore età. Il Garante, per esempio, “promuove la conoscenza e l’affermazione dei diritti individuali, sociali e politici dell’infanzia e dell’adolescenza assumendo ogni iniziativa finalizzata alla loro concreta realizzazione” (art. 2, comma 1°, lett. a); “vigila sull’applicazione nel territorio regionale della Convenzione sui diritti del fanciullo…” (art. 2 , comma 1°, lett. b); “esprime, su richiesta dei competenti organi regionali, provinciali e comunali, pareri, proposte e rilievi su progetti di legge, di regolamento e di atti amministrativi in ordine al possibile ed eventuale impatto su bambini e ragazzi” (art. 2 , comma 1°, lett. o).

La seconda area di intervento è specifica e riguarda le risposte a segnalazioni di situazioni di singoli minori in difficoltà[7]. Il Garante, infatti, “accoglie le segnalazioni provenienti da persone anche di minore età, dalle famiglie, dalle scuole, da associazioni ed enti, in ordine a casi di violazione dei diritti”(art. 2, comma 1°, lett. j); “segnala alle amministrazioni pubbliche competenti i casi di violazione di diritti…, conseguenti a atti o fatti ritardati, omessi o comunque irregolarmente compiuti, di cui abbia avuto conoscenza da soggetti pubblici e privati, o da parte di persone singole, anche di minore età” (art. 2 , comma 1°, lett. k).

Trasversale alle due aree di intervento di competenza del Garante è il modus operandi previsto dalla legge per l’esercizio delle funzioni attribuitigli. Così come tradizionale per le figure di ombudsman, la legge non gli conferisce poteri diretti e incisivi di indagine, di prescrizione e di sanzione[8]. L’azione del Garante si estrinseca invece nella cosiddetta moral suasion, cioè nella persuasione esercitata nei confronti di soggetti pubblici (decisori politici, amministrazioni locali, servizi socio-assistenziali territoriali, autorità giudiziarie) e privati (genitori in conflitto, enti del terzo settore) basandosi sull’autorevolezza del proprio status di autorità di garanzia. Così, per esempio, può “raccomandare alle amministrazioni competenti l’adozione di interventi di aiuto e sostegno, nonché l’adozione, in caso di loro condotte omissive, di specifici provvedimenti” (art. 4, comma 1°, lett. b) o “promuovere, presso le amministrazioni competenti, la modifica o la riforma di provvedimenti ritenuti pregiudizievoli per bambini e ragazzi” (art. 4, comma 1°, lett. c); “richiamare le amministrazioni competenti a prendere in considerazione come preminente il superiore interesse del fanciullo” (art. 4, comma 1°, lett. d).  Inoltre, l’intervento del Garante è sussidiario in quanto in prima istanza le azioni di sostegno a minori e famiglie spettano ai servizi socio-assistenziali e alle autorità giudiziarie, ciascuno secondo le sue competenze. Così, il Garante “svolge un’azione di monitoraggio delle attività di presa in carico, di vigilanza e di sostegno del minore, disposte con decreto del Tribunale per i minorenni”(art. 2, comma 1°, lett. m) e concorre alla verifica delle condizioni e degli interventi volti all’accoglienza ed all’inserimento del minore straniero, anche non accompagnato (art. 2, comma 1°, lett. i).

Una notazione finale merita infine il tema delle risorse finanziarie. Al Garante spetta un terzo dell’indennità di carica prevista per i consiglieri regionali, oltre al rimborso delle spese documentate per le trasferte effettuate per ragioni di servizio (art. 10). La dotazione organica e l’organizzazione sono decisi dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale (art.12 comma 1°). Nessun altro stanziamento è previsto per il finanziamento delle attività del Garante.

 

2. L’esperienza sulla tutela volontaria di MSNA.

Tra gli ambiti di intervento di maggiore rilevanza di tutti i garanti regionali per l’infanzia vi è oggi la tutela volontaria di minori stranieri non accompagnati (MSNA).

Per favorire l’inclusione sociale di questo gruppo di ragazzi e sostenerne i percorsi verso l’autonomia in Italia, la legge 7 aprile 2017, n. 47 istituisce presso ogni tribunale per i minorenni un elenco di tutori volontari “a cui possono essere iscritti privati cittadini, selezionati e adeguatamente formati, da parte dei  garanti regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano per l’infanzia e l’adolescenza, disponibili ad assumere la tutela di un minore straniero non accompagnato” (art. 11, corsivo nostro). È opinione del legislatore, infatti, che la tutela legale volontaria sia espressione di solidarietà e occasione di promozione della cultura dell’accoglienza: insomma, “un fattore protettivo” nella promozione dell’inclusione sociale dei MSNA, per (nelle parole dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza) “cambiare il futuro di un ragazzo arrivato in Italia senza genitori … insegnargli i suoi diritti, assisterlo nelle decisioni difficili … una guida per aiutarlo a capire il Paese in cui vive”.

Si tratta, a quanto consta, della prima legge nazionale che attribuisce esplicitamente dei compiti ai garanti regionali. Spiace tuttavia rilevare come la riforma sia effettuata a costo zero. La legge infatti prevede espressamente una clausola di invarianza finanziaria (art. 21). E questo malgrado il fatto che i garanti regionali, anche ove presenti, abbiano dotazioni di organico e risorse finanziarie assai diverse tra loro. Da qui l’esigenza per i garanti di creare reti e attivare sinergie.

Nel luglio 2017 l’Ufficio della Garante piemontese ha predisposto un bando di evidenza pubblica finalizzato al reperimento e alla nomina dei tutori volontari e concluso un protocollo d’intesa con il Tribunale per i minorenni di Torino che prevede la collaborazione nell’individuazione, nella selezione e formazione degli aspiranti tutori volontari ed anche nell’attività di gestione dell’elenco dei tutori e del loro sostegno dopo l’avvenuto deferimento di tutela[9]. Le dichiarazioni di disponibilità sono state, al 6 marzo 2019, 726, collocando così il Piemonte al secondo posto dopo il Lazio. In concreto le domande vengono acquisite dall’Ufficio della Garante previa verifica della sussistenza e completezza dei requisiti; seguono un colloquio di conoscenza reciproca tra la Garante (o una sua collaboratrice) e gli aspiranti tutori finalizzato, fra l’altro, a fornire ogni possibile utile dettaglio e informazione sull’attività richiesta e ad attivare un processo di autoselezione. Onde individuare modalità che consentano il migliore abbinamento tra tutore e minore, l’Ufficio della Garante si è organizzato con strumenti propri al fine di poter consegnare al tribunale per i minorenni alcune informazioni ritenute essenziali. Attraverso l’attività istruttoria delle domande pervenute e i colloqui, individuali o di gruppo, si è infatti oggi in grado di consegnare al Tribunale non soltanto l’elenco dei nominativi, con indicazione della data di nascita, sesso e luogo di residenza/domicilio dei tutori volontari, ma anche il loro titolo di studio, la professione attuale o già esercitata, la composizione familiare, eventuali attività di volontariato svolte, eventuali esperienze di affidamento/adozione vissute, ma anche l’indicazione circa la consapevolezza da parte della famiglia dell’iniziativa assunta circa la tutela e, soprattutto, se tale scelta è dalla stessa condivisa. Si ritiene, infatti, di fondamentale importanza per il successo dell’iniziativa che il minore straniero possa avvantaggiarsi anche del contesto familiare, sociale e comunitario di riferimento del suo tutore. All’avvio dei percorsi formativi obbligatori si inviano al Tribunale per i minorenni i nominativi dei partecipanti per la visura del casellario giudiziario. Da marzo 2019, una collaboratrice della Garante piemontese si reca settimanalmente al Tribunale per i minorenni di Torino per garantire un raccordo tra i diversi servizi che si occupano del minore, i tutori e la stessa autorità giudiziaria.

Pare poi costituire un unicum a livello nazionale la scelta della Garante piemontese di assolvere alle funzioni di formazione degli aspiranti tutori volontari di MSNA, di offrire sostegno ai tutori nominati e di aggiornare professionisti dei servizi socio-assistenziali territoriali e operatori delle comunità tramite l’azione concertata di un gruppo di lavoro di cui fanno parte, oltre alla Garante, l’Università di Torino, l’Amministrazione  Regionale del Piemonte, l’ANCI Piemonte e – dal maggio 2018 – la Regione Valle d’Aosta[10], l’Università del Piemonte orientale e le tre fondazioni bancarie del territorio (Compagnia di San Paolo, Cassa di Risparmio di Cuneo, Cassa di Risparmio di Torino). Lo strumento operativo utilizzato è stato l’approvazione di una convenzione che attribuisce agli Atenei la responsabilità scientifica e organizzativa delle summenzionate attività, verso il pagamento all’ente capofila, individuato nel Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino, di un contributo annuale da parte della Regione Piemonte. Al 6 marzo 2019 erano 423 gli aspiranti tutori formati[11]; 318 nominativi presenti nell’elenco presso il Tribunale per i minorenni di Torino; un centinaio i tutori nominati che partecipano ai cinque gruppi di accompagnamento organizzati dall’Ateneo di Torino e gestiti insieme da uno psicologo transculturale e da un educatore e assistente sociale specialista. Eventi periodici di aggiornamento sulle novità normative in materia di immigrazione (es. decreto sicurezza), nonché su nodi problematici emersi durante l’attività dei gruppi di accompagnamento e l’attività di orientamento e consulenza svolta dalla Garante per i tutori nominati, sono stati organizzati a beneficio di tutori, professionisti dei servizi e operatori delle comunità. Infine, da aprile 2019, inizierà una specifica attività di sensibilizzazione sulla tutela volontaria all’interno delle comunità che ospitano MSNA.

Non può non essere ricordata, infine, l’attività di raccordo e di aggiornamento, anche tramite l’invio di relazioni bimestrali, dell’Autorità garante nazionale, la quale – dal dicembre 2018 – ha per legge funzioni di monitoraggio sullo stato di attuazione dell’art. 11 legge n.47 del 2017.

 

3. Altre esperienze.

Nel corso del 2017 e nella prima parte del 2018, l’attività a favore dei tutori volontari di minori stranieri non accompagnati ha impegnato in modo preponderante la Garante piemontese per l’infanzia e l’adolescenza. Ciò nonostante, si è cercato di mantenere una forte attenzione anche su altre aree di intervento, le quali hanno poi progressivamente assunto maggiore spazio.

Un primo ambito è riconducibile alla conflittualità tra i genitori nella rottura della relazione di coppia. Il tema è stato portato all’attenzione della Garante anzitutto dalle segnalazioni che, soprattutto in una prima fase, riguardavano al 90% casi di disagio di minori collegato a separazioni dei genitori[12]. Un’altra fonte preziosa di informazioni su questo argomento è stata la partecipazione al coordinamento regionale dei Centri per le famiglie: questi servizi pubblici, infatti, dedicano parte delle loro energie proprio alle famiglie in separazione o separate, proponendo attività per la costruzione e il sostegno di una genitorialità positiva; individuando nella mediazione familiare e nei gruppi di parola per figli di genitori separati due strumenti preziosi per aiutare i genitori a gestire il conflitto e per responsabilizzarli rispetto agli effetti dello stesso sui loro figli, e per fornire un sostegno concreto ai bambini e ai ragazzi in uno spazio in cui poter parlare e confrontarsi su quanto sta loro accadendo. L’Ufficio della Garante piemontese ha avviato una fruttuosa collaborazione con la Città metropolitana di Torino, che da tempo opera su entrambi i versanti e, che più di recente, organizza un servizio informativo su mediazione familiare e gruppi di parola presso l’Ufficio relazioni con il pubblico del Tribunale ordinario di Torino. Inoltre, il 22 ottobre 2018, è stato organizzato, insieme con l’Ateneo piemontese e l’Università Cattolica di Milano e con la presenza dell’Autorità garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, un convegno sui gruppi di parola che ha, tra l’altro, consentito di valorizzare le esperienze del territorio sui possibili percorsi extragiudiziali, sia individuali che di gruppo, che possono essere intrapresi per una “buona separazione” nell’interesse dei figli. Infine, in considerazione del fatto che la scuola è l’ambito che accoglie quotidianamente un numero sempre maggiore di bambini e ragazzi coinvolti in separazioni conflittuali dei loro genitori, si è proposto, insieme alla Città metropolitana, un percorso di formazione (accreditato  dal MIUR) per gli insegnanti delle scuole primarie,  secondarie di primo grado e delle istituzioni formative che prevede il coinvolgimento dei mediatori familiari e dei conduttori di “Gruppi di Parola” che  operano nei Centri per le Famiglie[13]. Tale formazione intende rendere gli insegnanti consapevoli dell’importanza di mantenere rapporti equilibrati ed equidistanti dai genitori in separazione o separati, e di dedicare attenzione ai bambini e ragazzi che vivono la separazione dei loro genitori, anche proponendo l’attivazione di “gruppi di parola” in ambito scolastico[14].

Ulteriore tema al centro delle attività della Garante piemontese nell’ultimo anno è quello del bullismo e del cyberbullismo. Il primo è un fenomeno antico, anche se a volte sottovalutato nelle sue conseguenze, e che diventa devastante perché fortemente amplificato dall’uso distorto delle nuove tecnologie che lo rendono assai più pericoloso assumendo la forma appunto del cyberbullismo. Il Piemonte, con la legge del 5 febbraio 2018, n. 2 “Disposizioni in materia di prevenzione e contrasto dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo”, ha inteso promuovere e sostenere interventi e azioni di prevenzione, gestione e contrasto del fenomeno in tutte le sue manifestazioni, attraverso un piano regionale degli interventi per prevenire e contrastare il bullismo e il cyberbullismo. L’articolo 14 bis comma 1 del suddetto testo normativo attribuisce la competenza di osservatorio sul fenomeno del cyberbullismo in capo al CO.RE.COM, che ha promosso un gruppo di lavoro in seno al consiglio regionale, finalizzato all’individuazione di interventi di prevenzione e contrasto del fenomeno, che ha coinvolto gli assessorati regionali all’Istruzione, alle Pari opportunità e alla Sanità, l’Ufficio scolastico regionale, le Università degli Studi di Torino e del Piemonte Orientale, la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Torino e l’Ufficio del Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza. Nella convinzione che il vero punto di forza sia insito nella prevenzione di tutti i fenomeni di bullismo, attraverso il coinvolgimento diretto dei ragazzi e dei  bambini per aumentarne la consapevolezza dell’importanza del rispetto delle differenze culturali, religiose, politiche, sociali, etniche,  economiche e delle idee ed opinioni altrui la Garante ha maturato la consapevolezza dell’importanza e conseguentemente dell’esigenza di un impegno specifico e diretto a favore delle attività di sensibilizzazione e diffusione della mediazione dei conflitti tra pari, anche in ambito scolastico e degli strumenti di peer education[15]. Da qui, la decisione di sostenere e promuovere, anche in collaborazione con l’Ufficio scolastico regionale (vd. protocollo d’intesa firmato in data 28 dicembre 2018 per promuovere nelle scuole progetti e strategie educative che favoriscano la comunicazione e il confronto tra pari, la mediazione dei conflitti in ambito scolastico, le iniziative a contrasto della conflittualità genitoriale e dei fenomeni del bullismo e cyberbullismo), progetti di mediazione del conflitto scolastico, anche attraverso l’organizzazione, a novembre 2018, presso  l’I.T.I. Avogadro di Torino, di un evento , durante il  quale la riflessione scientifica sul tema è stata accompagnata da una simulazione, da parte di ragazzi, della gestione di un episodio di bullismo attraverso la tecnica della mediazione: l’I.T.I. Avogadro offre infatti ai propri studenti un percorso sulla gestione dei conflitti in abbinamento all’Aikido, un’arte marziale che ha appunto come finalità la difesa senza l’attacco[16].

Più in generale, l’attività della Garante tocca tutti i fenomeni di violenza e maltrattamento a danno di persone di età minore. In quest’ottica, si è collaborato all’aggiornamento della DGR n. 42-29997 del 2 maggio 2000 “Linee guida per la segnalazione e la presa in carico dei casi di abuso sessuale e maltrattamento ai danni di minori, da parte dei servizi socio assistenziali e sanitari” con la quale si individuavano modelli operativi integrati e condivisi dai servizi sociali e sanitari e dalle istituzioni coinvolte per contrastare il fenomeno e tutelare i minori. Per ragioni storiche, infatti, tale documento non contemplava né la violenza assistita né i fenomeni del bullismo e cyberbullismo. Nelle scorse settimane tale percorso è arrivato a compimento ed è stata approvata una nuova delibera, che prevede anche finanziamenti per l’aggiornamento professionale delle équipe specializzate che si occupano della presa in carico di casi di abusi e maltrattamenti, tra cui oggi in modo esplicito contemplano anche la violenza assistita, il bullismo e il cyberbullismo. Sul tema dei maltrattamenti, inoltre, la Garante collabora ormai da tempo con l’Associazione CISMAI (Coordinamento italiano dei servizi contro il maltrattamento e l’abuso all’infanzia) con cui ha organizzato due seminari regionali di formazione: uno sulla violenza assistita (sono state presentate le importanti linee guida del CISMAI del 2017 sulla violenza assistita) e uno sulla cura del minore abusato. Nell’ultimo anno, infine, è stato importante l’impegno relativo alla diffusione e all’applicazione di quanto previsto dalle linee di indirizzo nazionali approvate in Conferenza Unificata Stato Regioni nel dicembre 2017 a “sostegno delle famiglie vulnerabili: “Intervento con bambini e famiglie in situazione di vulnerabilità” che si ripropongono la progressiva costruzione di un sistema di Servizi socio-sanitari ed educativi maggiormente  attenti e confacenti ai bisogni di sviluppo dei bambini e di aiuto e sostegno alle loro famiglie, e rappresentano una forma di prevenzione alla negligenza e al maltrattamento e quindi anche di prevenzione, all’allontanamento dei minori dal loro naturale contesto familiare.

 

4. Un tentativo di bilancio.

A quasi due anni e mezzo dall’inizio delle attività del Garante piemontese per l’infanzia e l’adolescenza può tentarsi un bilancio dei punti di forza e delle criticità del ruolo, ovviamente per quanto reso possibile da un’esperienza territorialmente e temporalmente limitata.

Un primo profilo critico che emerge dalla legge istitutiva è la mancanza di risorse economiche adeguate (cfr. supra par.1). Pur tuttavia proprio l’assenza di finanziamenti per l’esercizio delle tante e complesse funzioni attribuitele ex lege ha obbligato la Garante piemontese a ricercare collaborazioni, inizialmente con riferimento al tema della tutela volontaria di MSNA (supra par.2), ma poi anche per le altre aree di intervento (supra par.3). In questo modo, si è creata una rete tra i soggetti pubblici e privati già impegnati sul territorio per la promozione e protezione dei diritti dell’infanzia e l’adolescenza e valorizzato lo strumento della concertazione preventiva degli interventi[17]. Inoltre, si sono prevenute duplicazioni inefficienti degli interventi tra soggetti con campi di azione e obiettivi affini o almeno in parte sovrapponibili. È in ogni caso evidente che attribuire all’ufficio del garante unità di personale specializzato e in numero confacente rispetto alle funzioni conferite per legge all’organo è essenziale per consentirne un regolare funzionamento.  Allo stesso modo un budget complessivo da gestire in autonomia per interventi e progettualità consentirebbe di garantire quell’indipendenza che è tratto caratterizzante dell’ombudsman[18].

Problema ulteriore è la mancata attribuzione da parte della legge istitutiva di poteri incisivi di intervento (supra par.1).[19] E anche qui la risposta è stata in concreto l’instaurazione di un dialogo proficuo con la maggioranza delle autorità pubbliche e private impegnate nella protezione dei diritti delle persone di età minore. In quest’ottica, deve per esempio inquadrarsi il già citato protocollo con il Tribunale per i minorenni sui tutori volontari di MSNA (vd. supra par.2). Parrebbe peraltro confermata l’autorevole affermazione che a essere determinante sia l’autorevolezza che il Garante ha non tanto per il ruolo in sé quanto per la sua storia personale precedente alla nomina[20]. Del resto sono le stesse leggi istitutive dei Garanti regionali a prevedere che siano individui che abbiano conoscenza specifica della materia minorile ed esperienza nel campo dei problemi dell’età evolutiva (cfr. per il Piemonte l’art. 7 comma 1° legge n.31/2009).

Una criticità reale, evidente nei pochi casi in cui non si sia riusciti a instaurare un dialogo proficuo, è tuttavia l’ancor relativa novità della figura e la sua scarsa conoscenza da parte delle autorità, degli enti e degli individui non direttamente impegnati nella protezione dell’infanzia e dell’adolescenza. Per questa ragione, inoltre, il numero di segnalazioni di casi specifici al Garante regionale si mantiene piuttosto basso[21].

Appare dunque preziosa ogni attività volta ad offrire all’Ufficio una visibilità sempre maggiore, e dunque per esempio la presenza a eventi in cui si affronti il tema dei diritti dell’infanzia, la partecipazione a programmi televisivi e radiofonici, le interviste pubblicate su giornali e riviste onde fornire informazioni di base sulle funzioni dell’autorità e illustrarne le attività sul territorio[22].

 

“Le autrici, titolari esclusive dei diritti sull’articolo dal titolo “Più voce ai minori in Piemonte. L’istituzione e l’esperienza del Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza”, che garantiscono inedito, liberamente disponibile e lecito, manlevando l’editore da ogni eventuale danno o spesa, riconoscono all’editore i diritti alla pubblicazione nella rivista“Il Piemonte delle autonomie”, autorizzano l’editore a farne uso in siti, newsletter, raccolte e ogni altro strumento istituzionale di divulgazione online e cartaceo per renderlo disponibile al più ampio pubblico. Le autrici si impegnano a non effettuare o consentire la pubblicazione e/o la traduzione in altro contesto prima che siano trascorsi 18 mesi dalla pubblicazione in questa rivista. Fanno eccezione soltanto il sito web personale o quello istituzionale dell’ente di appartenenza dell’autore, purché la rivista sia espressamente linkata o almeno indicata come fonte.”

 


 


[1] Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Piemonte.

 

[2] Ricercatrice di Diritto privato presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino.

 

[3] Al 1 marzo 2019 erano 16 i Garanti regionali e delle province autonome attivi in Italia.

 

[4] Regione Veneto (2006), Il Pubblico tutore dei minori del Veneto. Garante dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. L’istituzione, le funzioni, le attività, p.25.

 

[5] Per un bilancio in chiaroscuro dell’esperienza vd. Fadiga L. (2018), Il Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza un attore non convenzionale nelle politiche sociali, in Minorigiustizia, n.3, p.107.

 

[6] Con Deliberazione del Consiglio regionale n. 173 del 25.10.2016 è stata nominata Rita Turino, già dirigente e direttore dei servizi sociali del Comune di Torino e giudice onorario presso il Tribunale per i minorenni di Torino.

 

[7] Nel 2017 sono state 30 le nuove segnalazioni inoltrate all’Ufficio da parte dell’Autorità Garante Nazionale, che si sono aggiunte a talune dell’anno precedente, ancora in itinere, in quanto permangono esigenze che suggeriscono di mantenere aperte le procedure. Le segnalazioni che si sono potute archiviare nel 2017 sono 4.  Fonte: Garante della Regione Piemonte per l’infanzia e l’adolescenza, Relazione annuale sulle attività svolte nel 2017, in http://www.cr.piemonte.it/web/assemblea/organi-istituzionali/garante-dell-infanzia-e-dell-adolescenza/documenti-protocolli-normativa .

 

[8] Si vedano quali timidi esempi rispettivamente il “diritto di accesso a tutti gli atti delle pubbliche amministrazioni non coperti da segreto, ai sensi della l. 241/1990 e di estrarne gratuitamente copia” (art. 4, comma 2° legge n.31/2009) e di raccomandare l’adozione di specifici provvedimenti in caso di condotte omissive delle amministrazioni competenti (art. 3, lett. b legge n.31/2009).

 

[9] Entrambi sono allegati alla Nota del 3 luglio 2017 all’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale.

 

[10] Poiché in Piemonte insiste un unico Tribunale per i minorenni con competenza anche per la Valle d’Aosta e poiché quest’ultima non ha nominato il proprio Garante per l’infanzia e l’adolescenza, alla Garante del Piemonte è stato in una prima fase chiesto dall’Autorità garante nazionale di occuparsi della selezione e formazione di aspiranti tutori residenti nella Regione autonoma. La situazione è tuttavia in corso di evoluzione in quanto il  21 marzo 2019 il  Consiglio regionale della Valle d’Aosta ha approvato una legge che attribuisce le funzioni di Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza al Difensore civico regionale.

 

[11] Come previsto dalle Linee guida nazionali dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, gli aspiranti tutori sono tenuti a frequentare un corso di formazione interdisciplinare della durata di almeno 24 ore. Al termine del percorso di formazione, superato il test finale, essi dovranno esplicitamente confermare la loro volontà ad essere iscritti nell’elenco dei tutori volontari, gestito dall’autorità giudiziaria minorile.

 

[12] Può essere interessante rilevare come alcune segnalazioni siano anche presentate da  nonni e zii cui sono dal genitore coabitante preclusi i contatti con i nipoti.

 

[13] Si tratta di incontri periodici tra figli di genitori separati alla presenza di un conduttore che facilita lo scambio e il sostegno tra pari su temi ricorrenti nella scissione delle coppia genitoriale e incoraggia il dialogo e il continuum affettivo con ciascun genitore.

 

[14] Nella Relazione finale della Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Piemonte dell’anno 2017 si legge, in proposito (pag. 72), che “si tratta di un percorso di formazione ed aggiornamento formativo rivolto agli insegnanti della scuola primaria e secondaria di primo grado interessati all’approccio con bambini o ragazzi in sofferenza a causa della separazione dei genitori e con questi ultimi. Del resto, l’ambito scolastico – come da nota MIUR n. 5336 del 2 settembre 2015 – si prefigge l’obiettivo di applicare pienamente la Legge n. 54/2006, la quale ha sancito il diritto alla bigenitorialità, ossia il diritto del bambino a beneficiare di cure, educazione e istruzione da entrambi i genitori, anche se separati. Il tema è impegnativo, a tratti doloroso, e gli insegnanti non dovrebbero sottrarsi”.

 

[15] Dai dati dell’Ufficio scolastico regionale MIUR Piemonte, elaborati nella Relazione finale della Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Piemonte dell’anno 2017, emerge (p. 75) che le segnalazioni di atti di bullismo sono molto poche e in diminuzione (4 nel 2017 e 2 nel 2018) ciò evidenzia l’incertezza dei dati anche a causa delle differenti definizioni e percezioni del fenomeno che è caratterizzato da un alto numero oscuro.

 

[16] L’obiettivo è quello di portare i minori a sperimentare l’ “aggressione”, il conflitto, lo stress, praticando l’aikido, arte marziale che, essendo volta a tutelare l’integrità fisica ed emotiva di tutte le parti coinvolte, permette di imparare a conoscere e riconoscere i propri meccanismi difensivi, agevolando la risoluzione dei conflitti.

 

[17] Cfr. la convenzione plurilaterale sulla tutela volontaria di MSNA cit. supra par. 2, la collaborazione continuativa con la Città metropolitana di Torino in tema di mediazione familiare e gruppi di parola e il protocollo d’intesa siglato con l’Ufficio scolastico regionale citato citt. supra par. 3. A tali esempi possono essere aggiunti il protocollo siglato con l’Unicef e le collaborazioni continuative con l’ANFAA, il CISMAI e Save The Children.

 

[18] Cfr. art. 7 legge regionale del 12 novembre 2004, n. 28, istitutiva del Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Calabria e l’art. 16 bis della legge regionale del 27 settembre 2011, n. 13, istitutiva del Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Emilia Romagna. Sul punto, Fadiga L. (2013), il Garante per l’infanzia e l’adolescenza in una Regione ricca: l’Emilia Romagna, in Minorigiustizia, vol. II, p. 176, afferma espressamente che, con l’attuale dotazione organica dell’ufficio del Garante della Regione Emilia Romagna, il compito di collaborare alla raccolta dei dati, attribuito al garante, appare problematico.

 

[19] Chiodo E. (2013), Diritti in crisi: il Garante per l’infanzia e l’adolescenza in Calabria, cit. 184-185, evidenzia come l’attività del Garante calabrese in favore dei diritti dei minori sia limitata a “un’attività di segnalazione ex post”, priva di incidenza preventiva concreta.

 

[20] Sul punto cfr.  Fadiga L. (2018), Il Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza un attore non convenzionale nelle politiche sociali, cit.

 

[21] Nel triennio 2016-2018 complessivamente sono 67 le segnalazioni pervenute: 12 nel 2016, 33 nel 2017 e 22 nel 2018. 29 provengono dalla Provincia di Torino e 20 dalla Città di Torino. I soggetti segnalanti sono in 24 casi i genitori (rectius un genitore), in 4 i nonni, in 7 avvocati, in 3 affidatari, in 4 i servizi sociali, in 11 privati cittadini, in 7 garanti di altre regioni, in 2 detenuti e nei restati casi altre pubbliche istituzioni. Fonte: relazioni sulle attività svolte nel 2017 e nel 2018.

 

[22] Ne sono un esempio le 38 presenze nel corso del 2017 e 31 nel corso del 2018 della Garante piemontese a occasioni pubbliche. Fonte: relazioni sulle attività svolte nel 2017 e nel 2018.