Tra abbattimento di barriere culturali e costruzione di un nuovo approccio multisettoriale dei diritti a favore delle persone con disabilità. Un primo commento alla l.r. 32019 “Promozione delle politiche a favore dei diritti delle persone con disabilità”

Elisa Bellomo[1]

Sommario: 1. Un diverso approccio culturale e semantico alla disabilità nel sistema giuridico multilivello. – 2. Interventi e linee di azione a favore dei diritti delle persone con disabilità. – 2.1. L’uso delle parole per un cambiamento culturale, diritto all’accesso all’informazione e lotta alla discriminazione. – 2.2. Politiche del lavoro ed il ruolo del Disability Management. – 3. Indipendenza, autodeterminazione, inclusione. – 3.1. Trasporti e politiche di welfare abitativo. – 3.2. Salute e politiche sociali e sussidiarietà orizzontale. – 4. Profili organizzativi: tavolo di lavoro permanente e l’istituzione di una Cabina di Regia. – 5. Clausola di invarianza finanziaria: l’invalicabile limite del rispetto del nucleo indefettibile di garanzie. – 6. Spunti conclusivi.

 

 

1. Un diverso approccio culturale e semantico alla disabilità nel sistema giuridico multilivello.

Con la legge regionale n. 3 del 2019 «Promozione delle politiche a favore dei diritti delle persone con disabilità» il legislatore regionale ha proceduto al riordino della normativa di riferimento in materia di disabilità – quasi da assurgere a testo unico – e, al contempo, ha riaffermato i diritti imprescindibili delle persone con disabilità affinché in ogni politica regionale venga promossa una nuova cultura della disabilità[2]

La legge in commento, che sul piano formale consta di appena sedici articoli, eleva il tema della disabilità al centro di una lotta sociale e civile con cui far affermare il diritto all’uguaglianza sostanziale, il riconoscimento della dignità umana e delle libertà fondamentali delle persone con disabilità. Essa si presenta ricca di obiettivi ambiziosi orientati a sostenere le persone con disabilità nello sviluppo dell’autodeterminazione e autonomia e nella inclusione e partecipazione effettiva in tutti gli ambiti di estrinsecazione della personalità e della vita promuovendo condizioni di pari opportunità e non discriminazione di genere.

Sin da subito si coglie l’intenzione del legislatore di affermare sul territorio piemontese i principi che permeano il sistema giuridico multilivello che disciplina la materia rappresentando ormai l’imprescindibile paradigma di protezione dei diritti umani e strumento di cambiamento culturale e sociale. Le finalità della legge, esplicitate nel primo articolo di apertura, richiamano le disposizioni, che costituiscono la cornice di riferimento di ogni intervento legislativo regionale. Tra queste è centrale la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità[3] che richiama gli Stati ad un senso di responsabilità nel prevedere misure a contrasto dell’esclusione delle persone con disabilità da numerosi ambiti della vita economica, politica, culturale e sociale[4]. Per farlo occorre che, dinnanzi alla consapevolezza del diverso e necessitato modo di vivere delle persone con disabilità rispetto a quello della persona senza disabilità, occorre, come alcuni autori hanno affermato, che «il diritto ad essere trattati diversamente non trascenda nella discriminazione o nella mancanza di garanzia della dignità»[5]. In altre parole, affinché sia effettivamente garantito l’esercizio di pari diritti in capo alle persone con disabilità occorre che sia data effettività al diritto di uguaglianza sostanziale.

L’art. 1 della Convezione ONU ha adottato questo concetto che traspare dalla stessa definizione di «persone con disabilità» da intendersi come coloro che «hanno minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine che, in interazione con varie barriere possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri»[6]. La disabilità assurge così a una condizione di salute correlata ad un ambiente sfavorevole[7]7; in altre parole la condizione di disabilità, oltre ad essere connessa alla menomazione fisica o mentale, che indubbiamente rende maggiormente complesso il vivere quotidiano, dipende dal contesto in cui le persone sono costrette a vivere intriso da barriere non solo architettoniche ma anche sociali e culturali. Barriere che una società civile ha l’obbligo di abbattere affinché non costituiscano un ulteriore gravoso impedimento allo sviluppo della personalità individuale e all’espletamento dell’esistenza.

Il cambiamento culturale si fonda altresì sulla visione della disabilità alla luce dei canoni della giustizia e dell’«uguaglianza antropologica»[8] poiché le fragilità umane possono sì sussistere dal momento della nascita dell’individuo ma possono altresì sorgere durante il percorso di vita dunque occorrerebbe cessare di immaginare la disabilità come un “problema altrui” e di pochi poiché, invece, può diventare, in modo del tutto inaspettato, un aspetto dell’esistenza dell’individuo[9] . Per questo il manifestarsi della disabilità, per esempio correlata ad una grave malattia o ad un incidente stradale, non dovrebbe rappresentare un elemento estraneo e fonte di trattamenti discriminatori quanto piuttosto dovrebbe costituire lo stimolo per mettere a punto e sviluppare condizioni di proseguimento dell’esistenza senza subire trattamenti discriminatori diretti o indiretti da parte di quella stessa società di cui la medesima persona faceva parte prima e dopo il manifestarsi della condizione di disabilità. L’approccio culturale richiamato dal legislatore regionale sembrerebbe altresì condurre verso lo scardinamento del c.d. «paradigma abilista» secondo cui solo l’individuo pienamente autonomo ed indipendente può diventare punto di riferimento di policies del settore lavorativo poiché le persone con disabilità, a causa della loro mancanza di autonomia,necessariamente non possono essere considerate come sufficientemente produttive[10]. La realizzazione dell’uguaglianza sostanziale, a cui anche la legge in commento aspira, dovrebbe invece attribuire valore positivo a qualsiasi forma di esperienza sociale e lavorativa condotta dalle persone con disabilità permettendo alle stesse di scegliere il luogo di lavoro adatto alle proprie attitudini e alle proprie aspirazioni[11].

A tal proposito, tra le altre norme che compongono la cornice di principi cui la legge della regione Piemonte si conforma è citato il Trattato sulla Comunità Europea che all’art. 13 prevede che il Consiglio possa assumere opportuni provvedimenti al fine di contrastare le discriminazioni fondate sulla disabilità. In attuazione della disposizione è stata emanata la Direttiva 2000/78/CE[12] con cui non solo si è stabilita la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, contrastando ogni forma di discriminazione sul posto di lavoro basata sull’handicap, ma anzi si debbano enucleare «misure che tengano conto dei bisogni dei disabili sul luogo di lavoro» (Considerando 16). La legge regionale si inserisce altresì nel quadro delle norme costituzionali e nazionali di riferimento tra cui la nota legge 5 febbraio 1992, n. 104 dal titolo «Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate»[13] che costituisce un perno imprescindibile della disciplina dei settori più disparati tra cui: istruzione, lavoro, trasporti, concorsi pubblici, mobilità e cure mediche.

2. Interventi e linee di azione a favore dei diritti delle persone con disabilità.

Entrando ora nel merito degli interventi e delle linee di azione delle politiche regionali, enucleate agli artt. 2 e 3 della legge n. 3/2019, se ne rileva immediatamente l’ampiezza quasi come se fosse una manifestazione ulteriore dei principi di legge sopra esplicitati. Infatti, gli interventi regionali si rivolgono alla promozione della autodeterminazione e autonomia delle persone con disabilità; alla piena inclusione e partecipazione effettiva delle persone con disabilità in tutti gli ambiti della vita tra cui quello sociale, scolastico, formativo, lavorativo, economico, culturale, sportivo e politico oltre che alla promozione di condizione di pari opportunità e di non discriminazione di genere; allo sviluppo di sistemi di mobilità; informazione e comunicazione in condizioni di uguaglianza rispetto alle altre persone non disabili.

2.1. L’uso delle parole per un cambiamento culturale, diritto all’accesso all’informazione e lotta alla discriminazione.

Il successivo art. 4 nel disciplinare l’attività informativa e di sensibilizzazione sulla materia sembra vertere su tre tematiche di estremo interesse tuttavia apparentemente distanti: l’uso del linguaggio come leva e strumento di cambiamento culturale; la completezza e l’aggiornamento delle informazioni sui servizi e diritti come strumento di garanzia di inclusione sociale delle persone con disabilità ed infine, nuovamente, il divieto di discriminazione. Per quanto concerne il linguaggio, il legislatore regionale ha previsto la promozione dell’utilizzo esclusivo di termini come “disabilità” e “persone con disabilità” tanto nelle leggi che nei regolamenti promuovendo così una terminologia uniforme in tutti gli enti pubblici che conduca all’abbandono di altre espressioni discriminanti come “diversamente abile” o “handicappato” affinché il cambiamento linguistico agevoli e sostenga il cambiamento culturale[14].

Per quanto concerne l’informazione, il co. 1 dell’art. 4 della l. r. 3/2019 sancisce l’impegno della Regione nella raccolta delle informazioni, atti, e comunicazioni al fine di garantire un aggiornamento costante del contenuto della sezione del sito istituzionale dedicato alla disabilità[15]. L’iniziativa regionale merita di essere accolta con assoluto favore in quanto mira a far sì che le politiche e le istituzioni si facciano portatrici dello sforzo comune di chiarezza e trasparenza su tutti gli interventi attuati a favore dei cittadini con disabilità così da consentire e favorire il più largo utilizzo delle misure destinate[16]. Tuttavia, ad avviso di chi scrive, sebbene sia importante, al fine di fornire idonei strumenti per esercitare i diritti, garantire la completezza e correttezza delle informazioni presenti, è auspicabile che il legislatore focalizzi l’attenzione su una problematica posta ancora a monte: il concreto realizzarsi, per la persona con disabilità, della possibilità di utilizzare gli strumenti informatici sempre più maggiore autonomia. Quanto meno dal tenore letterale della disposizione sembra invece che il legislatore si sia focalizzato su aspetti concernenti la diffusione delle notizie e su quelli strettamente legati all’’utilizzo stesso delle tecnologie. Sarebbe auspicabile infatti che si valorizzasse ed implementasse lo sviluppo delle tecnologie assistive – hardware e software – indispensabili affinché per le persone disabili si riducano, se non del tutto superino, quelle condizioni di svantaggio nell’accedere alle fonti informative. Affinché si persegua il fine di attuare una reale uguaglianza sostanziale occorre infatti che chiunque sia messo nelle condizioni di accedere in autonomia all’universo informativo disponibile sulla rete la cui inaccessibilità, all’opposto, rappresenta una grave causa di «disuguaglianza digitale»[17]. Ad ogni buon conto, indipendentemente dalla mancanza, nella disposizione regionale, di richiami espressi ad interventi volti ad abbattere le barriere di natura digitale, viene in sostegno il rimando generico alla normativa statale di riferimento al fine di ipotizzare che anche la Regione Piemonte si muoverà verso la concreta predisposizione di misure di tutela e uguaglianza delle persone con disabilità. Occorre infatti ricordare che già il legislatore nazionale con legge 9 gennaio 2004, n. 4 dal titolo «Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici» ha tutelato e garantito il diritto di accesso ai servizi informativi e telematici della pubblica amministrazione e ai servizi di pubblica utilità da parte delle persone disabili, in ottemperanza al principio di uguaglianza ai sensi dell’art. 3 della Costituzione.

Altresì l’art. 4 della Convenzione ONU prevede che gli Stati affinché adottino misure normative che regolamentino la progettazione, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di tecnologie accessibili di informazione e di comunicazione sin dalle primissime fasi del processo produttivo, in modo che tali tecnologie e sistemi divengano accessibili a minor costo[18]. L’elemento dell’accessibilità delle tecnologie informatiche potrebbe dunque diventare oggetto di valutazione delle offerte di prodotti affinché la domanda pubblica diventi propulsore di un positivo circuito di inclusione sociale e concreta attuazione dell’esercizio di identici diritti.

Infine, l’articolo si chiude con il richiamo alla legge regionale 23 marzo 2016, n. 5 dedicata alle norme di attuazione del più generale divieto di ogni forma di discriminazione e della parità di trattamento rimarcando così l’impegno assunto dalla Regione Piemonte nel contrastare stereotipi e pratiche dannose riguardanti persone con disabilità. E’ evidente che, affinché la disposizione in commento non si traduca in una dichiarazione di intenti, le politiche regionali saranno chiamate a contrastare concretamente ogni forma di manifestazione di discriminazione che, l’art. 2 della Convenzione ONU, definisce qualsiasi «distinzione, esclusione o restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l’effetto di pregiudicare o annullare il riconoscimento, il godimento e l’esercizio, su base di eguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo. Essa include ogni forma di discriminazione, compreso il rifiuto di un accomodamento ragionevole».

2.2. Politiche del lavoro ed il ruolo del Disability Management.

L’art. 5della l. r. 3/2019 è dedicato al tema dell’accesso all’occupazione e della permanenza delle persone con disabilità in ambito lavorativo. Il legislatore regionale intende promuovere politiche incentivanti i servizi e lo sviluppo di una rete sociale idonea a dare attuazione all’istituto del collocamento, che trova la fonte giuridica nella legislazione nazionale[19]. La Regione promuove «l’integrazione lavorativa delle persone con disabilità attraverso interventi finalizzati all’inserimento nel mondo del lavoro, ivi compresi percorsi di riqualificazione personale» tramite l’esercizio di azioni dirette ad armonizzare il funzionamento dei servizi per il collocamento mirato tra cui: l’uso dello strumento della convenzione al fine di favorire l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità; l’elaborazione di percorsi di raccordo tra scuola e formazione professionale e la promozione del ruolo di Disability Manager.

Le politiche di inserimento nel mondo del lavoro sono chiamate ad essere “attive” cioè «finalizzate a trovare al disabile non un’occupazione purchessia, bensì un’occupazione confacente alle sue residue o particolari capacità, e ottenere, così, un suo inserimento “produttivo” (e, dunque, a pieno titolo) nel mondo del lavoro, e, per tale tramite, una sua piena integrazione sociale»[20]. Anche la legislazione regionale sposa la logica di “attribuzione” del lavoro alla persona con disabilità come “bene della vita” che, come tale, diventi strumento reale ed effettivo di inclusione sociale[21] adattandosi alle attitudini e ai desideri della persona con disabilità senza che a nessuno sia imposta un’occupazione qualsiasi come mezzo di sostentamento economico.

L’istituto del collocamento mirato, disciplinato con la legge 68/1999[22], ha subito negli anni numerose modifiche[23] indirizzate verso la valorizzazione delle competenze delle persone con disabilità affinché possano realizzare le proprie capacità e abitudini presso i posti di lavoro più confacenti con le loro attitudini.

L’evoluzione dell’istituto è stata scandita dall’entrata in vigore dell’art. 3, c. 3bis del d. lgs. n. 216 del 2003, che, nel recepire l’art. 5 della direttiva n. 78/2000/CE, ha previsto che alla persona disabile sia riconosciuta una “soluzione ragionevole” per garantire il rispetto del principio di parità di trattamento dei disabili. Ciò vuol dire che il datore di lavoro, in funzione delle esigenze concrete del lavoratore disabile, deve assumere provvedimenti appropriati, affinché sia messo in condizioni sostanzialmente paritarie rispetto ai colleghi, possa ricevere adeguata formazione e aspirare a promozioni e riconoscimenti economici. La Convenzione ONU qualifica “ragionevole” l’accomodamento allorquando il datore contempli «le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un carico sproporzionato ed eccessivo, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per assicurare alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali» (art. 2).

Il legislatore regionale ha affidato al Disability Manager la custodia del processo interno agli enti pubblici e alle aziende private di costruzione di reti, servizi e soluzioni per sostenere l’autonomia e per promuovere e garantire l’applicazione della legge 68/1999 attraverso il monitoraggio costante di tutto il percorso che inizia dal momento della valutazione del fabbisogno di personale delle aziende, da cui può dipendere l’inserimento lavorativo della persona disabile, fino a giungere alla valutazione dell’eventuale necessità formativa strettamente connessa e mirata alla figura richiesta, al matching tra datore di lavoro e lavoratore, alla fase di inserimento lavorativo.

La collocazione sistematica della figura del Disability Manager alla lettera d) del comma 2 dell’art. 5 della legge regionale sembrerebbe far propendere per un riconoscimento allo stesso di un ruolo di garante e custode dell’applicazione delle disposizioni concernenti il collocamento ragionevole. Tuttavia, occorre tenere presente che la figura professionale, dalle funzioni particolarmente eclettiche data l’ampiezza dei compiti, è stata per la prima volta prevista a livello amministrativo nel «Libro bianco su accessibilità e mobilità urbana», a cura del tavolo Tecnico istituito tra Comune di Parma e Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali[24], nelle vesti di responsabile tecnico in materia di disabilità con la funzione di promuovere e controllare le politiche sulla disabilità attuate dall’ente e non solo, quindi, per svolgere un ruolo limitato e strettamente collegato all’istituto del collocamento mirato.

Se dunque si volesse interpretare la funzione di Disability Manager, di cui all’articolo 5 della legge in commento, come quasi esclusivamente dotato di funzioni connesse all’implementazione di servizi di collocamento, ci si dovrebbe domandare in cosa lo distinguerebbe rispetto alla figura del Responsabile per l’inserimento lavorativo nei luoghi di lavoro la cui figura è stata istituita con il d. lgs. 151/2016. Ed infatti al Responsabile per l’inserimento lavorativo nei luoghi di lavoro il legislatore nazionale ha già affidato alcuni specifici compiti tra cui predisporre progetti personalizzati per le persone con disabilità e risolvere problemi legati alle condizioni di lavoro dei lavoratori con disabilità (in raccordo con l’INAIL per le persone con disabilità da lavoro). Ed ancora, una del tutto analoga figura è contemplata anche all’art. 17, lett. z) della legge 7 agosto 2015, n. 124 dal titolo «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche» a mente del quale «col fine di garantire un’efficace integrazione in ambiente di lavoro di persone con disabilità, si prevede la nomina di un responsabile dei processi di inserimento, i cui compiti vanno definiti “con particolare riferimento alla garanzia dell’accomodamento ragionevole di cui all’articolo 3, comma 3 bis, del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216». Dunque, indipendentemente dalla questione meramente qualificatoria della figura professionale, al fine di rendere maggiormente efficaci le azioni del Disability Manager e così rendere questa figura centrale del cambiamento culturale presso gli enti pubblici, occorrerebbe rendere maggiormente visibili i risultati delle azioni esercitate e dei compiti ad essi affidati al fine di monitorare lo stato di attuazione della normativa.

3. Indipendenza, autodeterminazione, inclusione sociale.

L’art. 6 della l. r. 3/2019 enuncia che la Regione promuove l’adozione di politiche volte a far godere alle persone con disabilità piena inclusione e partecipazione nella società. In attuazione alle line di intervento previste al precedente articolo 3 la Regione incentiva la vita indipendente, sostiene l’autodeterminazione delle persone con disabilità e sviluppa architetture di interni che permettano alle persone di vedersi garantita l’autonomia presso i luoghi di abitazione. L’indipendenza infatti sottende l’esercizio di «diritto alla libertà nonostante la disabilità»[25]. L’art. 19 della Convenzione ONU prevede che gli Stati permettano che «le persone con disabilità abbiano la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere e non siano obbligate a vivere in una particolare sistemazione». Inoltre, spetta alle politiche degli Stati garantire che «le persone con disabilità abbiano accesso ad una serie di servizi a domicilio o residenziali e ad altri servizi sociali di sostegno, compresa l’assistenza personale necessaria per consentire loro di vivere nella società e di inserirvisi e impedire che siano isolate o vittime di segregazione». La Regione promuove quindi «progetti di vita indipendenti basati sulla base di piani personalizzati» affinché le persone con disabilità possano programmare e realizzare il loro progetto di vita all’interno o all’esterno della famiglia e dell’abitazione di origine nonché servizi per l’abitare basati su progetti personali che garantiscano la centralità della persona.

La disposizione in commento sembra collocarsi nella stessa chiave prospettica sottesa alla ratio delle disposizioni previste nella legge 22 giugno 2016, n. 112, dal titolo «Disposizioni in materia di assistenza delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare», meglio nota come legge sul “Dopo di noi”. L’art. 4, co. 1, lett. a), infatti, favorisceproprio «percorsi di deistituzionalizzazione e di supporto alla domiciliarità che riproducano le condizioni abitative e relazionali della casa familiare» rivolti a quelle persone con disabilità grave e privi di sostegno familiare in quanto orfani o con genitori anch’essi malati. La legge si premura di contrastare, o meglio evitare, tristi casi di esclusione ed emarginazione sociale per tutte quelle persone con disabilità che non possono più ricevere quel fondamentale sostegno per vivere da parte di coloro che si occupavano della loro assistenza quotidiana, per lo più ovviamente i genitori.

La legge, per quanto concerne il concetto di «progetto di vita del soggetto assistito», prevede infatti una programmazione di strumenti dedicati tra cui trust, vincoli di destinazione e fondi speciali discendenti da contratti di affidamento fiduciario aggiornabili in rapporto all’evoluzione della vita della persona disabile. La lunghezza dell’orizzonte temporale, in relazione alle aspettative di vita del soggetto da assistere, incide non solo sul progetto di vita, sui relativi fabbisogni, sul ruolo dei soggetti deputati all’assistenza del disabile, ma anche sul «compendio patrimoniale segregato» affinché ne sia garantita l’adeguatezza[26].

Gli articoli 8, 11 e 12 della legge regionale prendono puntualmente in considerazione i settori in cui deve realizzarsi l’inclusione sociale delle persone con disabilità e così l’abbattimento di barriere culturali e sociali.

L’art. 8 della l. r. 3/2019 si rivolge ai bambini e ai giovani a cui deve essere garantito il diritto alla formazione e all’inclusione scolastica richiamando i principi e le disposizioni di rango internazionale, tra cui l’art. 10 della Carta sociale europea[27], che mettono al centro i diritti fondamentali del fanciullo all’educazione e all’accesso alla formazione professionale. Inoltre, all’art. 24 della Convenzione ONU è sancito il diritto all’istruzione delle persone con disabilità in condizioni di pari opportunità la cui effettività dipendente dalla previsione di un idoneo sistema educativo di cui deve farsi carico lo Stato. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 215 del 1987, ha statuito che «l’inserimento nella scuola e l’acquisizione di una compiuta istruzione sono strumento fondamentale per quel “pieno sviluppo della persona umana”» che gli articoli 2 e 3, c. 2, della Costituzione «additano come meta da raggiungere». L’inserimento degli studenti con disabilità nelle scuole rappresenta dunque il primo ineludibile presupposto della piena inclusione sociale[28] e di attuazione del principio enunciato al co. 3 dell’art. 38 della nostra Costituzione ove è enunciato il diritto per inabili e minorati all’educazione e all’avviamento professionale. La legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone diversamente abili stabilisce, ai commi 3 e 13 dell’art. 12, che per diritto all’integrazione scolastica deve intendersi il diritto allo «sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione»[29].

Gli art. 11 e 12 disciplinano politiche di integrazione ed inclusione tramite l’accesso ai luoghi di cultura e all’attività sportiva da intendersi strumenti educativi, di crescita armonica delle capacità intellettive oltre che fisiche della persona, di aggregazione sociale e di autodeterminazione[30].

3.1. Trasporti e politiche di welfare abitativo.

Le disposizioni di cui all’art. 7 e 10 concernono rispettivamente l’abbattimento delle barriere architettoniche al fine di permettere l’accesso ai mezzi pubblici di trasporto[31] e l’abitabilità delle dimore. Garantire la possibilità di movimento di una persona con disabilità nella città in cui vive, o nelle città che vorrebbe visitare o nella casa in cui vorrebbe sentirsi al sicuro dovrebbe essere fattore imprescindibile per qualificare una società, una società civile. Per perseguire questo scopo, la Regione Piemonte si fa carico di numerosi interventi tra cui: l’applicazione ed il rispetto di standard minimi di costruzione indicati anche nelle linee guida predisposte per l’accessibilità a strutture e a servizi aperti o offerti al pubblico; il monitoraggio della realizzazione del piano per l’eliminazione delle barriere architettoniche; la produzione e distribuzione di tecnologie di informazione sullo stato dei trasporti fruibili ed a basso costo; la formazione del personale delle aziende di trasporto pubblico locale sul tema specifico del trasporto delle persone con disabilità. Tuttavia, l’attuazione di questa disposizione più che mai sconta la difficoltà di reperire fondi e finanziamenti al fine di apportare le modifiche strutturali necessarie così rischiando di far rimanere la disposizione di legge lettera morta; di questo occorrerebbe farsi carico per apportare realmente soluzioni diverse e migliori.

L’art. 10 della l. r. 3/2019 si occupa del “Welfare abitativo” a sostegno delle politiche abitative di abbattimento delle barriere fisiche all’interno degli edifici di privata abitazione; in attuazione dell’articolo in commento la Regione ha costituito la “Rete del welfare abitativo” che coinvolge tutti i soggetti istituzionali che hanno competenze in materia: comuni, agenzie territoriali della casa, associazioni delle cooperative edilizie e delle imprese di costruzione, enti gestori delle politiche sociali, associazioni del terzo settore ed enti caritatevoli, università, istituti di ricerca. L’obiettivo è di avviare un confronto sulla nuova pianificazione strategica delle politiche sociali regionali, in cui entra a pieno titolo il tema della casa che si intende realizzare attraverso tre azioni: la programmazione di nuovi bandi; il sostentamento di persone fragili con percorsi di accompagnamento e il rafforzamento della rete di collaborazione tra ATC e i territori della Regione[32].

3.2. Salute e politiche sociali e sussidiarietà orizzontale.

L’art. 9 della l. r. 3/2019 merita particolare attenzione per l’importanza che il legislatore regionale ha attribuito alla visione globale della presa in carico della salute del paziente con disabilità. Secondo questo modello la sanità regionale dovrebbe superare l’approccio alla disabilità separato e frammentato nelle singole patologie al fine di procedere con un «incarico globale del paziente». La nuova visione prospettica richiede che si tenga conto, in modo dinamico, tanto dei fattori ambientali quanto di quelli personali, secondo il modello bio-psicosociale, assicurando il mantenimento delle migliori condizioni possibili di benessere e autonomia. Le azioni attuate dalla Regione sono già molteplici a riguardo, infatti, sono stati elaborati percorsi di accompagnamento e accesso facilitato a persone con disabilità psico-fisica grave, nell’ambito della organizzazione dei servizi sanitari volti alla erogazione delle prestazioni specialistiche e di diagnostica strumentale, anche attraverso una specifica qualificazione dei punti di accoglienza ed orientamento presenti nelle aziende sanitarie regionali. Ne consegue che il dritto alla salute è strettamente connesso con l’operato di enti ed associazioni che, con loro operato e la loro presenza sul territorio, attuano il principio di sussidiarietà orizzontale. D’altronde, proprio gli stessi enti, istituzionalmente deputati a svolgere servizi sul territorio, sono maggiormente consapevoli e competenti nel cogliere le effettive esigenze dell’individuo considerato nel tessuto familiare e sociale in cui si svolge la sua personalità.

4. Profili organizzativi: tavolo di lavoro permanente e istituzione di una Cabina di Regia.

Quindi l’efficace integrazione e compenetrazione tra politiche sanitarie e sociali non può che avvenire se non attraverso un dialogo continuo con i gruppi rappresentativi degli interessi e le istituzioni; in questa visione prospettica può essere interpretata la scelta di istituire un tavolo di lavoro di confronto permanente sul tema della disabilità tra Regione e le autonomie locali, associazioni a tutela delle persone con disabilità e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul territorio. Accanto al tavolo di lavoro permanente, il legislatore regionale ha altresì istituito una Cabina di regia (art. 14 della l.r. 3/2019) presso la Giunta regionale, presieduta dall’Assessore delle politiche sociali, o suo delegato, cui ha affidato compiti consultivi e propositivi in materia di disabilità, con l’incarico di monitorare lo stato di attuazione della legge e proporre progetti per l’accessibilità, l’inclusione e la partecipazione delle persone con disabilità fornendo consulenza agli operatori pubblici coinvolti nei percorsi dedicati. La Giunta regionale ogni anno dovrà presentare alla Commissione consiliare competente e al Comitato per la qualità della normazione e la valutazione delle politiche una relazione sull’attuazione della legge e delle criticità di cui si è avuta contezza.

5. Clausola di invarianza finanziaria: l’invalicabile limite del rispetto del nucleo indefettibile di garanzie.

A chiusura l’art. 16 prevede che «dalla presente legge non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio regionale». Siffatta disposizione solleva alcuni dubbi sulla sostenibilità economica e finanziaria degli interventi previsti dal legislatore regionale e dunque sull’effettività dell’esercizio dei diritti condizionatamente finanziabili o dei diritti cosiddetti condizionati da risorse scarse. I principi espressi negli articoli precedenti militano per la valorizzazione dei diritti sociali, dell’inclusione nella società e riconoscimento di diritti umani in capo alle persone con disabilità, tuttavia più che mai occorrono risorse finanziarie per rendere dignitosa la vita di una persona gravemente affetta da disabilità. La Corte costituzionale, già parecchi anni fa, ha precisato che «la natura fondamentale del diritto in oggetto impone al legislatore l’onere di riempire quella situazione soggettiva di contenuti concreti, attraverso la predisposizione degli strumenti idonei alla sua realizzazione ed attuazione nel difetto dei quali lo stesso si ridurrebbe a mera previsione programmatica»[33]. Anche di recente, la Corte costituzionale[34], pronunciandosi in materia di incomprimibilità del numero di ore per l’esercizio del diritto a ricevere insegnamento di sostegno dell’alunno disabile, ha nuovamente affermato che deve essere «la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione»; dunque un diritto incomprimibile non può trovare un limite nell’art. 81 Cost. I diritti delle persone con disabilità non possono essere “sacrificati” da altre questioni addotte a sostegno del rispetto dell’equilibrio di bilancio. Così la Corte ha affermato «l’incostituzionalità di misure di austerità eccessive, tali da compromettere il godimento dei diritti a causa del mancato finanziamento dei relativi servizi, in mancanza di alcun piano di riallocazione o riorganizzazione del servizio»[35].

6. Spunti conclusivi.

La legge regionale pone al centro la dignità dell’individuo che, dinnanzi ad alcune difficoltà umane, deve essere oggetto di attenzione da parte della società civile. Nel caso della disabilità occorre innestare politiche che si prendano carico delle diversità senza tuttavia renderle motivo di atti di discriminazione o isolamento fisico e sociale. Come visto, la Regione Piemonte è intervenuta in modo organico mettendo la persona al centro di ogni politica. Non può quindi che accogliersi ed essere guardato con favore un impegno di così ampia portata auspicando tuttavia che l’intento nobile sia effettivamente sostenuto da risorse economiche ulteriori rispetto a quelle garantite dalla pianificazione sanitaria regionale che, anche in questo caso, devono costituire il fulcro imprescindibile di garanzia attuativa[36].

A tal proposito, in mancanza di specifica previsione nella legge 3/2019, si auspica che, seppur nei limiti oggettivi e soggettivi di applicazione, alcune delle politiche regionali previste possano trovare sostegno economico dalla ripartizione di fondi prevista dal D.P.C.M. 21 novembre 2019 “Adozione del Piano nazionale per la non autosufficienza e riparto del Fondo per le non autosufficienze del triennio 2019-2021”, pubblicato nella Gazz. Uff. 4 febbraio 2020, n. 28. Il D.P.C.M. stabilisce un quadro di programmazione nazionale e regionale per attuare il Piano nazionale per la non autosufficienza, che include un percorso di aggiornamento dei LEA delle prestazioni da assicurare alle persone “non autosufficienti”, i cui interventi sono coperti dal Fondo per le non autosufficienze. Tuttavia, siffatto fondo copre azioni di natura più assistenziale e non anche quelli di più ampio respiro auspicati dalle emergenti politiche in favore delle persone con disabilità alla luce del cambiamento culturale in atto.

A tal fine occorrerà allora probabilmente attendere l’attuazione della legge di Bilancio 2020 che, invece, contempla un aggiuntivo Fondo per la disabilità e la non autosufficienza, con una dotazione di 29 milioni di euro per il 2020, di 200 milioni di euro per il 2021, di 300 milioni di euro annui a decorrere dal 2022. La denominazione di quest’ultimo, alquanto similare rispetto a quella del fondo sopra citato, non deve trarre in inganno: si tratterebbe infatti di una nuova risorsa finanziaria rispetto a quella rivolta alle non autosufficienze poiché andrebbe a coprire provvedimenti volti alla piena inclusione e partecipazione alla vita sociale delle persone con disabilità.

 

[1] Dott.ssa di ricerca – Università del Piemonte Orientale.

[2] Pubblicata su B.U. 14 febbraio 2019, 3° suppl. al n. 7.

[3] La Convenzione è stata ratificata in Italia con legge 3 marzo 2009, n. 18 commentata da alcuni autori tra cui N. Fogetti, La tutela delle persone con disabilità nel diritto internazionale, Collana diretta da Angelo D. Marra, in Disabilità e diritto, pp. 11 ss; V. De Amicis, La legge 3 marzo 2009, n. 18, ratifica della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, in Giu. Merito 2009,10, 2375.

[4] Per una disamina della ridefinizione dei limiti del concetto di disabilità in una prospettiva sociale i contributi di L. Azzena – E. Malfatti, Poteri normativi del governo ed effettività dei diritti sociali, Pisa University Press, Pisa, 2017pp. 67 ss; cfr. M. Della Morte, La dis-eguaglianza nello Stato costituzionale, Atti del Convegno di Campobasso 19-20 giugno 2015, Collana del Gruppo di Pisa, Editoriale Scientifica, 2016, in cui, in nota alle pp. 174 e 175 è fornita un’ampia rassegna giurisprudenziale sull’argomento.

[5] M. Barbera, Il nuovo diritto antidiscriminatorio: innovazione e continuità, in Il nuovo diritto antidiscriminatorio, 2007, Giuffrè, Milano, p. 81 in cui si approfondisce la relazione che sussiste tra disabilità e l’uguaglianza.

[6] Ciò anche in linea con quanto stabilito dall’ICF (International Classification of Founding) come criterio in grado di dare conto in modo complesso e pluridimensionale dello stato di salute psicofisica dell’individuo. Mentre la precedente ICIDH (International Classification of Impairments Disabilities and Handicaps) si basava sulla perdita della capacità, delle abilità o delle limitazioni nello svolgimento delle proprie facoltà, la ICF si basa prima di tutto sulle abilità residue dell’individuo sostituendo al concetto di “grado di disabilità” quello di “soglia funzionale”, e dunque descrive i vari gradi di funzionalità partendo dall’interazione dei vari fattori che la compongono.

[7] V. Della Fina, La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, in Assistenza inclusione sociale e diritti delle persone con disabilità (a cura di) C. Colapietro – A. Salvia, Editoriale Scientifica, Napoli, 2013, pp. 302 ss.

[8] A. Pessina, Etica della condizione umana e giustizia, negli Atti del III Congresso internazionale sulla disabilità promosso da “Mediterraneo senza handicap”, 2007.

[9] A. Pessina, Disabilità come… filosofia” in M. Luongo, A.G. Malafarina, Intervista con il disabile, FrancoAngeli, Milano, 2007, pp. 95-97 ss.

[10] M. G. Bernardini, Disabilità, giustizia, diritto e Disability Studies, Giappichelli Editore, 2016, prefazione al testo.

[11] A. Sen, Scelta, benessere, equità, Mulino, Bologna, 2006, p. 39. Dello stesso autore, L’idea di giustizia, Mondadori, Milano, 2010, pp. 267-268.

[12]La Direttiva 2000/78/CE del Consiglio del 27 novembre 2000 stabilisce “un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro” reperibile sul sito internet https://eur-lex.europa.eu/ .

[13] Sebbene risenta ancora del diverso approccio linguistico di cui all’art. 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 che definisce persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva; lontano dall’impianto internazionale di cui sopra si è fatto cenno.

[14] P. Baratella – E. Littamè, I diritti delle persone con disabilità – Dalla Convenzione Internazionale ONU alle buone pratiche, pp. 29 ss. Prima si utilizzavano i termini “handicap” o “handicappato” per descrivere un individuo svantaggiato, e come tale fragile, bisognoso di aiuto e di assistenza. Successivamente la parola “dis-abile” in cui il prefisso continua riprodurre una forma di mancanza e privazione che connota la persona e che la rende diversa da cui è “abile”. Risale al 1980 la prima Classificazione Internazionale dei Danni, Disabilità e Handicap (ICIDH), elaborata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che fornisce una distinzione tra i concetti di disabilità e di handicap. L’ handicap viene definito come la “condizione di svantaggio vissuta da una determinata persona a causa della disabilità determinata da un menomazione”; la disabilità è dunque originata da una menomazione, ma non coincide con l’handicap sebbene negli anni a seguire i due termini siano stati utilizzati quasi come sinonimi. La terza tappa è stata caratterizzata dall’utilizzo dell’espressione “diversamente abile”; tuttavia, anche questa è stata fortemente criticata in quanto sembra non prendere adeguatamente in considerazione le specifiche esigenze di coloro che devono convivere con la disabilità. L’ultima tappa coincide con l’elaborazione della Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, c.d. ICF, che tiene conto per la concettualizzazione della disabilità di fattori contestuali ed ambientali in cui la persona è inserita.

[15] E’ stata pubblicata una guida dal titolo “Guida agli interventi a favore delle persone disabili 2018” aggiornata a febbraio 2019, reperibile al link https://www.regione.piemonte.it/web/temi/diritti-politiche-sociali/disabilita/promozione-dellautonomia/pubblicata-guida-agli-interventi-favore-delle-persone-disabili

[16] La “Guida agli interventi a favore delle persone disabili 2018” rappresenta il frutto di un lavoro comune e concertato da parte della Regione Piemonte, dell’Agenzia delle Entrate, dell’INAIL, INPS e Regione Piemonte Agenzia Piemonte Lavoro che rappresentano i soggetti pubblici protagonisti di politiche attive a favore delle persone con disabilità e che rappresenta il tessuto istituzionale regionale. Essa è reperibile on line al link Piemonte https://www.regione.piemonte.it/web/sites/default/files/media/documenti/2019-01/guida_disabili_2018_0.pdf .

[17] S. Bentivegna, Disuguaglianze digitali, Laterza, Roma -Bari. 2009, p. 31 ss. Cit. in nota 9 da M. Lazzari, La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e le tecnologie telematiche, in O. Osio e P. Braibanti (a cura di), Il diritto ai diritti, Franco Angeli, 2012.

[18] Report Accessibility Progress, elaborato dall’Associazione Disabled People’s International, o il General comment No.2 pubblicato a maggio 2014 in cui si evidenziala centralità dell’aspetto connesso alle nuove tecnologie informatiche e di internet. N. Fogetti, op. cit., pp. 133 ss.

[19] La disciplina del collocamento rinviene la propria fonte principale nella legge 12 marzo 1999 n. 68 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”; cfr. Albini – M. Crespi – E. Di Seri, Il nuovo diritto al lavoro dei disabili, Cedam, Padova, 2000; C. La Macchia (a cura di), Disabilità e lavoro, Roma, 2009, 33 ss.

[20] M. Cinelli – P. Sandulli, Diritto al lavoro dei disabili, Giappichelli Editore, Torino, 2000, pp. 4 ss.

[21]Tra le attività attuate dalla Regione Piemonte al fine di realizzare le politiche attive di cui nell’articolo merita attenzione il bando previsto per il finanziamento di progetti innovativi rivolti a persona con disabilità grave, al fine di migliorarne l’occupabilità e l’inserimento socio-lavorativo la cui documentazione è reperibile al sito internet https://bandi.regione.piemonte.it/contributi-finanziamenti/progetti-speciali-linclusione-socio-lavorativa-persone-disabilita.

[22] Numerosi i contributi di dottrina sul tema del collocamento mirato alla luce dei principi costituzionali E. Ghera, L’assunzione obbligatoria degli invalidi civili e i principi costituzionali circa i limiti all’autonomia privata in materia di iniziativa economica, in Mass. Giur. Lav., 1966, pag. 230 e segg.; G. Suppiej, Collocamento obbligatorio e Costituzione, in Studi sul lavoro. Scritti in onore di G. Giugni, Bari, 1999, pag. 1295 e segg., op. ult. cit., p. 17 e segg.; P. Bozzai, Il collocamento mirato e le relative convenzioni, in M. Cinelli, P. Sandulli (a cura di), P. Sandulli, p. cit., pag. 194 e segg. Sull’evoluzione della disciplina delle fonti nazionali ed internazionali cfr. C. Colapietro, Diritto al lavoro dei disabili e Costituzione, in Dir. Lav. Rel. Ind., 2009, 607 ss.; Id. Diritti dei disabili e Costituzione, Napoli, 2011, pp.43 ss.; P. Tullini, Il diritto al lavoro delle persone con disabilità, in Assistenza inclusione sociale e diritti delle persone con disabilità (a cura di) C. Colapietro – A. Salvia, Editoriale scientifica, 2013, pp. 228 ss.

[23] Alcuni autori si sono occupati dell’evoluzione dell’istituto del collocamento mirato negli anni, tra cui A. Di Stasi, Il diritto al lavoro dei disabili e le aspettative tradite del “collocamento mirato”, in Argomenti Dir. Lav., 2013, 4-5-, 880, M. Cinelli, Profili del collocamento obbligatorio riformato, in M. Cinelli, P. Sandulli (a cura di), op. cit., pag. 4.; F. LIMENA, Il Restyling della l. n. 68/1999 sul collocamento dei disabili, in Lavoro nella Giur., 2016, 5, 429.

[24] Per un approfondimento sul tema S. Angeloni, Il Disability Management Integrato – Un’analisi interdisciplinare per la valorizzazione delle persone con disabilità, in Rivista Italiana di ragioneria ed economia aziendale, fasc. 5-6/2011, Quaderni monografici Rirea.

[25] R. Belli, Introduzione, in ID. (a cura di) Libertà inviolabili e persone con disabilità, Milano, 2000, 7; C. Colapietro, Diritti dei disabili e Costituzione, Napoli, 2011, 40 ss.

[26] P. Bertolaso Brisotto – G. Rizzonelli, La protezione patrimoniale dei soggetti disabili – Come applicare la legge sul “Dopo di Noi”, Maggioli Editore, 2017, Santarcangelo di Romagna.

[27] Adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europea a Torio il 18 ottobre 1961 e aperta alla firma il 3 maggio 1996. La Carta è entrata in vigore il 1° luglio 1999. In Italia l’autorizzazione alla ratifica e ordine di esecuzione è avvenuta con legge 30 del 9 febbraio 1999.

[28] E. Parella, Il diritto all’integrazione e all’istruzione scolastica dei soggetti diversamente abili: una fondamentale declinazione del diritto allo studio nella prassi amministrativa e nelle recenti politiche governative, in Studi in onore di Vincenzo Atripaldi, II, Napoli, 2010, 961 e ss. L, Nannipieri, Il diritto all’istruzione del disabile nelle fonti nazionali tra problemi definitori giurisprudenza costituzionale e giudici di merito, in www.rivistaaic.it, n. 3/2012; C.S. Vigilanti, Il diritto all’istruzione dei disabili come paradigma della tabella die diritti sociali,in www.forumcostituzionale.it(Paper, 7 marzo 2012).

[29] Corte costituzionale 26 febbraio 2010, n. 80 ha affermato «la natura incomprimibile – rispetto a contingenti esigenze della finanza pubblica – del diritto fondamentale del soggetto affetto da disabilità grave a fruire di un percorso scolastico effettivo, ed ha altresì espressamente circoscritto lo spazio della discrezionalità legislativa in materia entro limiti tali da non interferire con la garanzia del richiamato diritto fondamentale, escludendo in tal modo che quest’ultimo possa qualificarsi come diritto finanziariamente condizionato» richiamata dal TAR Catania, sez. III, 18 gennaio 2016, n. 124 e reperibile in Foro amm. CDS 2010, 4, 797.

[30] A. Fusco, Le rilevanti peculiarità del Testo Unico in materia di cultura della Regione Piemonte, in Le regioni 1 -2020, pp. 11 e 12; J. Tognon, A. Stelitano, Sport, Unione europea e diritti umani, Il fenomeno sportivo e le sue funzioni nelle normative comunitarie e internazionali, Cleup, Univesità degli studi di Pisa, 2011, pp. 202 ss..; cfr. M.C. Vitucci, La tutela dei diritti umani nello sport e la promozione di essi attraverso lo sport, in Rivista della Facoltà di scienza Motorie dell’Università degli studi di Palermo, Vo. I, Fasc. I, sez. I, 2008, pp. 73-84.

[31] Per un approfondimento sul tema del trasporto della persona disabile si rimanda al contributo di G. Camarda, Il trasporto dei disabili. Profili giuridici pluriordinamentali, in Rivista di Diritto dell’Economia, dei Trasporti e dell’ambiente, Vol. IX, 2011, pp. 183-205.

[32]L’iniziativa regionale è ampiamente documentata al link https://www.regione.piemonte.it/web/temi/diritti-politiche-sociali/casa/welfare-abitativo-primi-passi-della-nuova-retecontiene una ricca documentazione.

[33] Sentenza n. 215/1987 richiamata da numerose pronunce del giudice amministrativo tra cui Consiglio di Stato, VI, 3 maggio 2017 n. 2023 reperibile in www.giustizia-amministrativa.it.

[34] Con Sentenza 16.12.2016 n. 275 la Corte costituzionale ha ribadito che «va incluso in quel “nucleo duro indefettibile” di garanzie fondamentale del disabile l’assegnazione da parte dell’amministrazione scolastica di un numero di docenti di sostegno per ciascun alunno disabile, in correlazione alla documentazione medica circa lo stato e la gravità della disabilità, secondo la valutazione effettuata all’interno di ciascun istituto scolastico in occasione della predisposizione del “progetto educativo didattico” e del piano educativo individualizzato. Quindi, se anche non è configurabile un diritto incondizionato all’assistenza “ottimale” (essendo i diritti sociali a prestazione diritti finanziariamente condizionati), esiste, pur sempre, un nocciolo duro di garanzie atto ad impedire che il diritto allo studio di questi soggetti possa essere semplicemente nominale, sacrificato sull’altare delle disponibilità finanziarie». La sentenza è stata richiamata dal Cons. giust. amm. Sicilia sez. giurisd., 21/11/2018, n.788 reperibile in www.giustizia-amministrativa.it.

[35] Corte cost. 29 gennaio 2016, n. 10, che ha ad oggetto la Legge finanziaria 2014 della Regione Piemonte, Corte cost. 6 giugno 2016, n. 129, relativa ai tagli al fondo destinato ai Comuni derivante da una delle leggi in tema di spending review e Corte cost. 16 dicembre 2016, n. 275, sul mancato stanziamento nel bilancio della Regione di fondi vincolati per la Provincia ai fini del cofinanziamento del servizio trasporto disabili.

[36]Al fine di garantire effettività all’esercizio dei diritti fondamentali di cui si tratta, ci si auspica che la misura di stanziamenti dello Stato a favore della Regione e della Regione a favore degli ambiti territoriali sia appropriata e misurata in forza del principio di adeguata e congrua corrispondenza tra risorse e funzioni amministrative graniticamente sancito dalla Corte Costituzionale secondo cui “le risorse assegnate dallo Stato alle Regioni debbono essere tali da assicurare l’esercizio dei compiti loro attribuiti richiamando la necessità di veri?care l’esistenza di un rapportodi complessiva corrispondenza […] fra bisogni regionali e mezzi ?nanziari per farvi fronte» (cfr. Sent. n.16/2016 e nn. 307/1983, 381/1990 e 123/1992 in www.cortecostituzionale.it). Sul tema la nota di G. Boggero, Una sentenza manipolativa di bilancio: la Corte costituzionale “soccorre” le Provincie piemontesi – Nota alla sentenza n. 188/2015 in Giurisprudenza Costituzionale, Anno LX Fasc. 4 – 2015, pp. 1445 ss.