Prime riflessioni sul diritto all’autodeterminazione della Crimea e di Sebastopoli nella crisi costituzionale dell’Ucraina

Giovanni Boggero1

In data 7 marzo 2014, il Segretario generale del Consiglio d’Europa, Thorbjørn Jagland, ha richiesto un parere giuridico alla Commissione di Venezia sulla compatibilità con “principi costituzionali” della risoluzione del Consiglio supremo della Repubblica autonoma di Crimea di organizzare un referendum sul quesito se aderire alla Federazione russa o restaurare la Costituzione della Crimea del 1992. Secondo la Commissione di Venezia, tanto la risoluzione, quanto i quesiti referendari non sono conformi alla Costituzione ucraina del 2004/2014, ma anzi violano l’integrità territoriale dello Stato e non rispettano gli standard europei in materia elettorale, così come elaborati nel diritto del Consiglio d’Europa. In questa sede, a partire dal parere della Commissione di Venezia e allargando l’obiettivo alle risoluzioni adottate in sede di Unione europea e di Nazioni Unite, si cercherà di ripercorrere le tappe della crisi costituzionale ucraina, esaminando gli argomenti favorevoli e contrari alla legittimità del referendum sull’autodeterminazione della Crimea e di Sebastopoli e le conseguenze per le garanzie europee del sistema delle autonomie che interessano anche il caso italiano del referendum informale sulla c.d. secessione del Veneto.

1. Lo statuto di autonomia della Crimea e della città di Sebastopoli nell’ordinamento costituzionale ucraino finora vigente

Innanzitutto, occorre osservare che, per una serie di ragioni storiche2, la Repubblica autonoma di Crimea gode di una autonomia speciale nell’ordinamento costituzionale ucraino finora vigente, disciplinata dal Titolo X della Costituzione. In particolare, la Repubblica autonoma ha il potere di darsi una “Costituzione”, adottata dal Consiglio supremo della Crimea e approvata dalla Verkhovna Rada ucraina a maggioranza semplice (art. 135). La “Costituzione regionale”, promulgata nel 1998, ha tuttavia solo il rango di una legge ordinaria nazionale, mentre il Consiglio supremo della Crimea emana atti aventi natura regolamentare e non legislativa. In caso di contrasto tra norme regolamentari della Repubblica autonoma e norme di legge nazionale, il Presidente ucraino può sospendere con decreto l’applicazione delle prime e impugnarle dinanzi alla Corte costituzionale (art. 137, co. 2). All’art. 134 della Costituzione ucraina e così anche all’art. 1, co. 1 della Costituzione regionale, è esplicitamente stabilito che la Crimea è parte integrante inscindibile del territorio ucraino. Benché alla disciplina costituzionale della Repubblica sia riservato un titolo ad hoc, diverso da quello riservato alle garanzie di autonomia locale e la Crimea non possa quindi essere considerata alla stregua delle altre ventiquattro Regioni (oblast), l’Ucraina resta uno Stato unitario (art. 2, co. 2) e la Crimea non può ritenersi stato membro di una Federazione3.

Speciale è anche lo status della città di Sebastopoli, che, insieme con la città di Kiev, gode di una particolare autonomia garantita dalla Costituzione (art. 133, co. 3) e non fa nemmeno parte del territorio della Repubblica autonoma di Crimea, la cui Costituzione all’art. 7, co. 1, per. 2 stabilisce, tuttavia, che: «The Government of the City of Sevastopol may be established and act under the Supreme Rada of the Autonomous Republic of Crimea»4. A questo proposito, giova ricordare che il 16 marzo 2014 anche i residenti nella città di Sebastopoli hanno preso parte al referendum sull’autodeterminazione della Crimea, pur non facendo parte di tale ente dotato di particolare autonomia amministrativa. Come si può leggere nella dichiarazione di indipendenza approvata dal Consiglio supremo della Repubblica autonoma di Crimea e dal Consiglio della Città di Sebastopoli dell’11 marzo 20145, infatti, «if a decision to become part of Russia is made at the referendum of the March 16, 2014, Crimea including the Autonomous Republic of Crimea and the city of Sevastopol will be announced an independent and sovereign state with a republican order.» L’esito positivo del referendum secessionista ha cioè determinato la creazione di uno Stato sovrano ed indipendente derivante dalla fusione di due diverse unità amministrative dello Stato dal quale è avvenuta la secessione. In un secondo tempo, continua la dichiarazione di indipendenza, «the Republic of Crimea, as an independent and sovereign state will turn to the Russian Federation with the proposition to accept the Republic of Crimea on the basis of a respective interstate treaty into the Russian Federation as a new constituent entity of the Russian Federation».

Il parere della Commissione di Venezia6, nell’analizzare la conformità dei quesiti referendari a principi costituzionali, manca di rilevare l’anomalia derivante dall’indizione di un referendum per la città di Sebastopoli avente ad oggetto l’autonomia di un’altra unità amministrativa7. Tale anomalia è invece sottolineata dalla Corte costituzionale ucraina nella sua sentenza del 14 marzo 2014: «The City of Sevastopol is not a part of the Autonomous Republic of Crimea, has a special status determined by the law of Ukraine». Mentre la Repubblica autonoma di Crimea ha infatti una “Costituzione” ed un Consiglio supremo, dotato del potere di adottare atti regolamentari in un gran numero di materie (art. 137), la città di Sebastopoli è un ente locale dotato, al pari della capitale Kiev, di una autonomia amministrativa speciale (artt. 118, co. 2 e 140, co. 2), ma senza una propria Costituzione, senza un proprio bilancio e con poteri regolamentari limitati.

2. La tesi del constitutional vacuum: un Presidente ad interim illegittimo non poteva impugnare il referendum sull’autodeterminazione?

Secondo le autorità della Federazione russa8, anche qualora la risoluzione di indizione del referendum risalente al 6 marzo 2014 fosse stata adottata in contrasto con la Costituzione della Repubblica autonoma del 1998 e con la Costituzione ucraina del 2004, essa non avrebbe comunque potuto essere legittimamente impugnata con il decreto n. 261/2014 dal Presidente ed essere dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale9, dal momento che il Presidente ucraino ad interim non sarebbe in realtà stato il legittimo Presidente dello Stato. In una situazione di vuoto di potere (legal vacuum), il Consiglio supremo avrebbe quindi potuto adottare anche una risoluzione sull’autodeterminazione della Regione. Di tale questione, di cui la Commissione di Venezia non si occupa, nonostante la richiesta depositata dalla delegazione russa (prima della sua sospensione) in sede di Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa10, occorre tuttavia discutere subito, esaminando le diverse fasi che hanno preceduto e seguito l’instaurazione del regime transitorio.

In data 21 febbraio 2014, il Parlamento ucraino ha votato, con una maggioranza di 386 deputati su 450, la legge n. 742-VII che stabiliva la cessazione dell’efficacia della Costituzione ucraina nella sua versione del 1996 e la restaurazione della Costituzione ucraina così come riformata dalla legge 8 dicembre 2004 n. 2222-VI e successive modificazioni11. All’approvazione della legge non ha fatto immediatamente seguito la sua promulgazione da parte del Presidente in carica, Viktor Yanukovich, riparato nella notte tra il 21 e il 22 febbraio nell’Est del Paese. Secondo le autorità della Federazione russa, egli sarebbe stato costretto alla fuga, mentre secondo l’opposizione parlamentare ucraina egli avrebbe deciso di fuggire per non dare attuazione all’accordo raggiunto con essa il 21 febbraio (v. infra). Per questa ragione, il 22 febbraio 2014, assunti i pieni poteri, il Parlamento ucraino ha emanato il decreto n. 750-VII che disponeva l’applicazione provvisoria della Costituzione ucraina nella versione emendata del 2004, in attesa della promulgazione presidenziale della legge votata il giorno prima, la quale avrebbe reso definitiva la restaurazione12.

Nello stesso giorno, con una maggioranza di 328 deputati su 450, il Parlamento ha votato anche una risoluzione che prendeva atto del fatto che il Presidente era venuto meno ai suoi obblighi costituzionali e si era “ritirato” dall’ufficio (self-withdrawal)13. Nella medesima risoluzione, la Verkhovna Rada ha disposto anche l’indizione di nuove elezioni presidenziali anticipate per il 25 maggio 2014 ex art. 85, co. 1, per. 7 Cost. del 2004. Allo stesso tempo, ai sensi dell’art. 112 della Costituzione del 2004, l’assemblea ha stabilito con i decreti n. 764-VII e n. 788-VII che, ad assumere la carica di Presidente ad interim con il potere di promulgare tutte le leggi ucraine, sarebbe stato il Presidente della Verkhovna Rada, Oleksandr Turchynov,e non,come previsto invece dall’art. 112 della Costituzione del 1996, il Primo Ministro, Sergey Arbuzov, peraltro ormai dimessosi con il suo governo il 28 gennaio 201414. A questo proposito, il 27 febbraio 2014, la Verkhovna Rada ha approvato i decreti n. 800-VII, 801-VII e 802-VII, con i quali ha preso atto della decadenza del Primo Ministro e del suo governo ed elesse il nuovo Primo Ministro, Arseny Yatsenyuk, e il nuovo governo ex art. 85 co. 1 per. 12 della Costituzione in combinato disposto con l’art. 106, co. 1, per. 9-10.

Secondo le autorità della Federazione russa, la Costituzione ucraina del 1996 sarebbe stata illegittimamente sospesa, dal momento che è mancata la promulgazione della legge speciale da parte del legittimo Presidente e dal momento che, ai fini della rimozione dal suo ufficio, il Presidente non è stato messo in stato di accusa come pure previsto dalla Costituzione, sia nella sua versione originaria, sia in quella emendata del 2004. Priva di valore giuridico sarebbe quindi da considerarsi l’impugnazione di fronte alla Corte costituzionale da parte del Presidente ad interim Turchynov della risoluzione di indizione del referendum da parte del Consiglio supremo della Crimea e della città di Sebastopoli, i quali, di fronte ad un vuoto di potere, avrebbero potuto legittimamente indire un referendum vincolante sulla propria autodeterminazione.

L’esegesi del combinato disposto degli artt. 105, co. 3, 108 co. 2 e 111 della Costituzione ucraina (sia nella versione originaria, sia in quella emendata) non consente in effetti di attribuire all’istituto della messa in stato di accusa del Presidente un significato meramente esemplificativo delle procedure costituzionali per procedere alla rimozione del Presidente dal suo ufficio. In altre parole, il Presidente ucraino non può auto-sollevarsi dall’incarico (self-withdraw), ma può dimettersi o essere rimosso soltanto una volta che siano avvenute indagini sul suo operato da parte di una commissione d’inchiesta parlamentare e su di essa si sia espressa la Corte costituzionale. Solo a quel punto la Verkhovna Rada può votare a maggioranza dei tre quarti per la sua rimozione (art. 111, co. 6). Contrariamente a quanto rilevato dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa nel rapporto allegato alla sua risoluzione dell’8 aprile 201415, non è quindi soltanto mancata la firma del Presidente Yanukovich per la promulgazione della legge che stabiliva il ritorno alla Costituzione del 2004. Al contrario, anche la procedura costituzionale per la rimozione del Capo dello Stato non è stata seguita, nè la maggioranza dei tre quarti per l’approvazione della risoluzione è stata raggiunta. Non a caso, nella sua risoluzione del 27 febbraio 2014 sulla situazione in Ucraina, anche il Parlamento europeo usa l’espressione dismissal (destituzione o deposizione) o ouster (estromissione o espulsione)16.

D’altro canto, il punto n. 1 dell’accordo di compromesso raggiunto il mattino del 21 febbraio 201417 tra il Presidente ucraino, Viktor Yanukovich, ed i principali segretari dei partiti dell’opposizione, sotto gli auspici dei Ministri degli Esteri di Francia, Germania e Polonia, ma non dell’inviato speciale della Federazione russa, conteneva l’impegno da parte del Presidente di promulgare entro 48 ore una legge speciale per restaurare la Costituzione del 2004, mentre il punto n. 3 recava l’impegno di convocare elezioni presidenziali anticipate, sino alle quali Yanukovich sarebbe rimasto in carica come Presidente. Entrambi gli impegni non sono stati osservati dal Presidente, il quale, tuttavia, il 27 febbraio 2014, aveva ancora comunicato di voler dare attuazione all’accordo18.

L’assunzione di pieni poteri da parte della Verkhovna Rada e l’emanazione di un decreto con il quale applicare immediatamente le norme della Costituzione nella versione emendata del 2004 sembrano insomma poggiare su basi costituzionali lacunose.

Ma anche ammettendo che la restaurazione della Costituzione del 2004 sia avvenuta in maniera non conforme alla Costituzione del 199619, occorre verificare se la convocazione e l’organizzazione di un referendum sull’autodeterminazione della Crimea fosse quantomeno conforme alla Costituzione ucraina del 1996. Al riguardo, non si può infatti sostenere che, a causa della sospensione illegittima della Costituzione del 1996 e a causa del fatto che la riforma costituzionale del 2004 era stata dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale nel 2010, l’Ucraina si è trovata, dopo il 22 febbraio 2014, senza una Costituzione e perciò in una situazione di vuoto di potere. Caso mai si doveva sostenere che l’Ucraina fosse ancora retta dalla Costituzione sulla quale aveva giurato il suo Presidente eletto. Probabilmente l’interpretazione più corretta è che la restaurazione della Costituzione del 2004 si fonda sull’instaurazione di fatto di un nuovo governo riconosciuto dagli Stati membri dell’Unione europea, non invece dalla Federazione russa. Lo stesso Presidente ad interim era legittimato quindi da una Costituzione provvisoria implicita negli atti sopra descritti a ricorrere alla Corte costituzionale dell’Ucraina.

3. Un referendum contrario alla Costituzione ucraina e alla Costituzione della Repubblica autonoma di Crimea

Secondo l’interpretazione delle autorità russe favorevoli all’ipotesi di indire un referendum sull’autodeterminazione della Crimea, la delibera del Consiglio supremo della Repubblica autonoma n. 1702 del 6 marzo 2014 non avrebbe violato l’integrità territoriale garantita dalla Costituzione ucraina, dal momento che il Consiglio supremo avrebbe esercitato il potere di convocare e organizzare referendum rientranti tra le competenze della Repubblica autonoma, sulla base del combinato disposto degli artt. 18, co. 1, per. 7 e 26, co. 2, per. 3 della Costituzione della Repubblica autonoma, i quali stabiliscono che rientri tra le competenze regionali convocare e organizzare referendum repubblicani (locali) su questioni rientranti nei poteri della Repubblica autonoma di Crimea e che il Consiglio Supremo può approvare risoluzioni sull’indizione di referendum repubblicani (locali). Tali disposizioni trovano a loro volta fondamento nell’art. 138, co. 2 della Costituzione ucraina, il quale stabilisce che tra le competenze della Repubblica autonoma di Crimea rientra l’indizione e organizzazione di referendum locali.

Sia in base alla versione originaria della Costituzione ucraina, sia in base alla sua versione emendata nel 2004, il potere della Repubblica autonoma di Crimea di organizzare referendum a livello locale, riconosciuto dal combinato disposto degli artt. 38, 69 e 138, co. 2 della Costituzione e a sua volta specificato dagli artt. 18, co.1, per. 7 e 26, co. 2, per. 3 della Costituzione regionale della Crimea del 1998, va inteso come un potere limitato alle materie di competenza regolamentare della Crimea (art. 137) e non come una norma autorizzatoria di consultazioni referendarie sull’autodeterminazione del popolo crimeano, dal momento che gli atti adottati dal Consiglio supremo della Crimea non possono essere adottati in contrasto con la Costituzione ucraina e con le leggi dell’Ucraina (art. 135, co. 2)20. Tutt’al più sarebbe stata forse lecita la convocazione di un referendum consultivo, ai sensi dell’art. 48, co. 2 della Costituzione ucraina21, non però di un referendum che recasse come primo quesito la secessione dall’Ucraina, dal momento che la secessione viola il principio dell’indivisibilità dello Stato (artt. 1 e 2) e la norma in base alla quale la Crimea è da considerarsi parte integrante inscindibile del territorio dello Stato ucraino (art. 134). Le norme da ultimo evocate non sono peraltro nemmeno suscettibili di revisione costituzionale (art. 157)22.

Come ha ricordato anche la Corte costituzionale ucraina nella sua sentenza del 14 marzo 2014, il potere del Consiglio Supremo della Crimea di indire il referendum in questione era in ogni caso escluso dall’art. 73 della Costituzione ucraina, il quale stabilisce che «issues of altering the territory of Ukraine are resolved exclusively by an All-Ukrainian referendum», i quali, sulla base dell’art. 85 co. 2 della Costituzione ucraina, possono essere convocati soltanto dalla Verkhovna Rada ucraina (punto 4.4 del Considerato in Diritto)23.

Altra questione, non direttamente affrontata dalla sentenza è l’interpretazione principio della sovranità popolare di cui all’art. 5, co. 2 e 3 della Costituzione del 2004/2014: «The people are the bearers of sovereignty and the only source of power in Ukraine. The people exercise power directly and through bodies of state power and bodies of local self-government. The right to determine and change the constitutional order in Ukraine belongs exclusively to the people and shall not be usurped by the State, its bodies or officials». La sovranità popolare costituente è narrata dal Preambolo della Costituzione come esercitata dal Parlamento soltanto «on behalf of the Ukrainian people – citizens of Ukraine of all nationalities, expressing the sovereign will of the people». Il referendum in questione tuttavia non invocava il popolo ucraino, né intendeva rappresentare una cittadinanza ucraina di nazionalità russa, bensì una cittadinanza crimeana prossima a diventare russa.

4. L’autonomia locale della Crimea e di Sebastopoli e il diritto di secessione proiettato nella Carta europea dell’autonomia locale (CEAL)

L’ordinamento costituzionale ucraino riconosce la cd. autodeterminazione interna della Crimea, ma non autorizza alla secessione (c.d. autodeterminazione esterna) delle sue unità amministrative, neanche di quelle aventi una autonomia speciale24. Nell’ordinamento del Consiglio d’Europa, infatti, soltanto la Costituzione del Principato del Liechtenstein reca una norma che autorizza esplicitamente la dissoluzione dello Stato in nuovi soggetti indipendenti (art. 4, co. 2 Cost. Liechtenstein), mentre la Costituzione dei Paesi Bassi autorizza esclusivamente la secessione dell’isola di Aruba dal Regno (artt. 58-60 della Carta del Regno dei Paesi Bassi). A questo proposito, vale la pena sottolineare che il Consiglio della città di Sebastopoli, nella risoluzione del 6 marzo 2014 che ha indetto un referendum sull’autodeterminazione della città, ha fatto esplicito riferimento, tra gli altri, anche alla Carta europea dell’autonomia locale (CEAL), ratificata dall’Ucraina l’11 settembre 1997 e, presumibilmente, all’art. 3 par. 2 della Carta, il quale stabilisce che il diritto all’autonomia locale possa essere esercitato anche attraverso l’istituto referendario25. In altre parole, secondo i rappresentanti della città di Sebastopoli, il diritto di secessione di un ente locale troverebbe fondamento in un trattato internazionale, negoziato e ratificato da Stati sovrani. È appena il caso di rilevare quanto bizzarra sia una ricostruzione di questo tipo. In primo luogo, come rilevato anche dalla Corte costituzionale ucraina, la Carta si limita a stabilire uno standard minimo di garanzie per l’autonomia locale negli Stati parte e non contiene alcun riferimento al diritto degli enti locali di secedere dallo Stato. Sarebbe anzi assai controintuitivo che Stati sovrani avessero trovato un accordo per disciplinare casi e modalità della dissoluzione della propria integrità territoriale, ribadito invece quale principio di diritto internazionale generale all’art. 2, par. 4 della Carta delle Nazioni Unite, nella Dichiarazione del 1970 sulle relazioni amichevoli tra gli Stati e nell’Atto finale della Conferenza di Helsinki del 1975. Peraltro, la Carta non propone nemmeno un concetto di autonomia locale inteso come diritto fondamentale delle collettività territoriali da opporre allo Stato, qual era ad esempio il caso nella Costituzione tedesca di Weimar del 1919 e, prima ancora, nella Paulskirchenverfassung del 1849. L’autonomia locale non è cioè il diritto di ogni ente locale di godere di una sfera di amministrazione del tutto aliena dallo Stato. Al contrario essa va intesa come semplice garanzia istituzionale (e più limitatamente anche di una parziale garanzia soggettiva di un singolo ente) finalizzata all’esercizio da parte di specifici enti, detti enti locali, di una parte significativa di funzioni amministrative. Tali enti, tuttavia, esistono solo e soltanto se pensati nel loro rapporto con lo Stato26. Quanto al diritto degli enti locali ad esercitare l’autonomia locale anche attraverso l’istituto del referendum, va sottolineato che l’interpretazione del principio di cui all’art. 3, par. 2 della Carta data dagli organi del Consiglio d’Europa, ne limita comunque l’ambito di applicazione alle sole materie oggetto di competenza degli enti locali27.

Se quindi il diritto di secedere dallo Stato non è sancito dal diritto internazionale pattizio, occorre brevemente verificare lo stato del diritto internazionale consuetudinario in materia. A questo proposito, occorre premettere che la circostanza per la quale la Costituzione ucraina vieti la secessione non rileva di per sé nel diritto internazionale generale, il quale riconosce tale diritto indipendentemente da quanto stabilito nel diritto interno dei vari ordinamenti nazionali. Tuttavia, il riconoscimento del diritto alla secessione è circoscritto a casi eccezionali e ha ancora oggi confini non del tutto acclarati. Nel suo parere consultivo sul Kosovo, la Corte internazionale di Giustizia (CIG) si espresse soltanto sulla conformità al diritto internazionale della dichiarazione unilaterale di indipendenza proclamata dall’Assemblea del Kosovo il 17 febbraio 2008, non sull’esistenza di un diritto a secedere under international law28. A questo proposito, una dichiarazione unilaterale di indipendenza da parte di un popolo non è di per sé contraria al diritto internazionale, a meno che la dichiarazione non vada ricollegata «with the unlawful use of force or other egregious violations of norms of general international law, in particular those of a peremptory character (jus cogens)», le quali dovrebbero essere determinate sulla base di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, come avvenuto in passato nei casi della Rodesia del Sud, di Cipro del Nord e della Repubblica serba di Bosnia ed Erzegovina (§ 81). Né nel caso del Kosovo, né nel caso della Crimea è stata adottata una risoluzione del Consiglio di Sicurezza, anche se nel caso della Crimea esiste pur sempre una risoluzione dell’Assemblea Generale, adottata a larga maggioranza, che riafferma l’integrità territoriale dell’Ucraina e condanna la minaccia o l’uso della forza intesi a minarla29.

Per il resto, la CIG si limita a riconoscere il diritto all’autodeterminazione dei popoli soggetti a dominio coloniale (§ 79 e § 82), ma lascia aperta la questione «if the international law of self-determination confers upon part of the population of an existing State a right to separate from that State», così come «whether international law provides for a right of “remedial secession” and, if so, in what circumstances» (§§ 82-83). A questo proposito, occorre sottolineare che il diritto all’autodeterminazione dei popoli non coincide di per sé con il diritto alla secessione, ma esprime il diritto di ogni popolo di determinare la propria organizzazione politico-istituzionale innanzitutto all’interno dei confini statuali e lo speculare obbligo degli Stati di non negare questa aspirazione, ossia di garantire, all’interno della cornice istituzionale dello Stato, autonomia, rappresentatività e diritti di partecipazione ad ogni popolo o minoranza di cui lo Stato è composto. Solo nel caso in cui queste condizioni non siano rispettate, ad essa sarebbe concesso secedere dallo Stato (remedial secession)30.

Come si è visto, la Costituzione ucraina del 2004/2014 riconosce il diritto alla c.d. autodeterminazione interna alla Repubblica autonoma di Crimea, i cui cittadini non erano formalmente discriminati rispetto agli altri cittadini ucraini – il russo era anzi costituzionalmente riconosciuto quale prima lingua officiale della Regione autonoma31 – né era stato loro impedito di esercitare i diritti di partecipazione e di autogoverno previsti dalla Costituzione ucraina. Anche la tesi secondo la quale l’approvazione di una legge di iniziativa governativa da parte della Verkhovna Rada che aboliva il russo come lingua officiale dello Stato avrebbe legittimato l’indizione di un referendum sull’autodeterminazione della Regione, pur potendosi considerare come spia di un rapporto molto teso tra comunità ucraina (24 per cento del totale della popolazione della Crimea) e comunità russofona (58 per cento), non può fare sorgere come tale un diritto alla secessione da parte del popolo della Crimea, dal momento che tale legge non è comunque stata controfirmata dal Presidente ucraino ad interim, né è entrata in vigore32.

Quanto al rispetto dell’autonomia locale, la raccomandazione n. 348 (2013) del Congresso dei Poteri locali e regionali del Consiglio d’Europa evidenzia l’obbligo dell’Ucraina di adottare misure adeguate per garantire che: gli enti locali siano messi nelle condizioni di esercitare i propri poteri in tutte le materie loro conferite; si indìcano presto nuove elezioni per quei comuni, inclusa la capitale Kiev, nei quali la carica di sindaco è vacante a causa degli atti unilaterali di rimozione da parte delle autorità statali; gli enti locali abbiano a disposizione risorse adeguate per l’esercizio delle funzioni loro assegnate; l’amministrazione statale sia chiaramente separata dall’amministrazione locale; le funzioni amministrative di recente assegnate alle competenze delle autorità statali siano nuovamente decentrate33. Nondimeno, è arduo affermare che l’Ucraina abbia riconosciuto soltanto formalmente il diritto all’autonomia locale e che le violazioni della Carta europea dell’autonomia locale (CEAL) rilevate dal Congresso giustificassero di per sé la secessione della Crimea e di Sebastopoli. Lo stesso Congresso, nella sua dichiarazione n. 2 (2014) sulla situazione in Ucraina34, invita il governo transitorio a rimuovere «the constitutional and legislative restrictions to which the local authorities are subject» e consolidare il principio di sussidiarietà «by granting local authorities competence for a substantial share of public affairs», oltreché a trasferire «the administrative competences of the districts and regions to elected bodies in order to establish an administration under their responsibility», ma ribadisce pur sempre «its full support for Crimea and Sebastopol to be an undisputed part of Ukraine and for the integrity of the Ukrainian territory to be restored». Allo stesso modo, nella sua risoluzione del 3 aprile 2014, anche il Comitato delle Regioni dell’Unione europea ha invitato il nuovo governo ucraino a rispettare i principi di sussidiarietà e proporzionalità, suggerendo di includerli anche nel nuovo testo della Costituzione da approvare dopo le elezioni presidenziali del 25 maggio 2014 ed incoraggiando un decentramento di funzioni amministrative e risorse dallo Stato agli enti locali e alle Regioni, ma ha riaffermato l’integrità territoriale dell’Ucraina, definendo illegale ed illegittimo il referendum svoltosi in Crimea e a Sebastopoli35.

1 Dottorando di ricerca in diritto pubblico dell’Università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”.

 

2 Per un quadro riassuntivo della storia costituzionale della Crimea si veda: A. Tatarenko, The Legal Status and Modern History of Crimean Authority, in www.verfassungsblog.de, 2 aprile 2014.

 

3 Sulle proposte attualmente in discussione sulla federalizzazione dell’Ucraina si veda l’analisi, di stampo politologico, apparsa sul Washington Post a cura di G. Sasse e J. Hughes, Building a Federal Ukraine?, www.washingtonpost.com, 19 marzo 2014.

 

4 Lo status della città di Sebastopoli è fonte di controversie tra Russia ed Ucraina sin dall’indipendenza di quest’ultima, avvenuta il 24 agosto 1991. In particolare, nel 1992, alcuni deputati russi sostennero la tesi che Sebastopoli, anche dopo l’incorporazione della Crimea nella Repubblica socialista sovietica di Ucraina e la sua separazione dalla Repubblica socialista federativa sovietica russa, avvenuta in seguito all’approvazione del decreto del Presidio del Soviet supremo del 19 febbraio 1954, fosse rimasta entro i confini russi, dal momento che un decreto del Presidio del Soviet supremo del 29 ottobre 1948 aveva riconosciuto Sebastopoli come “centro economico-amministrativo indipendente con un proprio bilancio speciale” e rientrante nella “categoria delle città subordinate al controllo della Repubblica”. Il 9 luglio 1993, nonostante la posizione contraria del Presidente russo, il Soviet supremo adottò all’unanimità una risoluzione per “confermare l’appartenenza della città di Sebastopoli alla Federazione russa”. La decisione causò la reazione della comunità internazionale e il Consiglio di Sicurezza adottò una dichiarazione il 20 luglio 1993, nella quale affermava che la risoluzione del Soviet supremo era incompatibile con l’Accordo del 20 novembre 1990 tra Russia e Ucraina e con gli obiettivi e i principi della Carta delle Nazioni Unite. Per approfondire si veda: Complaint by Ukraine regarding the Decree of the Supreme Soviet of the Russian Federation concerning Sevastopol, in www.un.org, 20 luglio 1993.

 

5 Declaration of Independence of the Republic of Crimea, in www.rada.crimea.ua, 11 marzo 2014.

 

6 Opinion n. 762/2014 on “Whether the decision taken by the Supreme Council of the Autonomous Republic of Crimea in Ukraine to organise a referendum on becoming a constituent territory of the Russian Federation or restoring Crimea’s 1992 constitution is compatible with constitutional principles” adopted by the Venice Commission at its 98th Plenary Session (Venice, 21-22 March 2014), in www.venice.coe.int.

 

7 In un periodo anteriore alla dichiarazione di indipendenza, le autorità di Sebastopoli sembravano intenzionate ad indire un referendum ad hoc per la sola città di Sebastopoli. Cfr. Referendum on Sevastopol’s annexation to Russia to be held on March 16, in www.voiceofrussia.com, 6 marzo 2014.

 

8 Si vedano le dichiarazioni dell’ambasciatore russo presso le Nazioni Unite, Vitaly Churkin, risalenti al 13 marzo 2014 secondo il quale: «It is clear that the implementation of the right of self-determination in the form of separation from the existing state is an extraordinary measure. In Crimea such a case apparently arose as a result of a legal vacuum, which emerged as a result of unconstitutional, violent coup d’état carried out in Kiev by radical nationalists, as well as direct threats by the latter to impose their order on the whole territory of Ukraine».

 

9 Judgement of the Constitutional Court of Ukraine on all-Crimean Referendum Case No. 1-13/2014, reperibile online all’indirizzo: www.mfa.gov.ua.

 

10 Russia asks Venice Commission to assess Ukraine parliament legitimacy, inwww.en.itar-tass.com, 5 marzo 2014.

 

11 Law of Ukraine No. 742-VII “On Restoring Specific Provisions of the Constitution of Ukraine”. La riforma costituzionale del 2004 trasformava sostanzialmente l’Ucraina da una Repubblica presidenziale in una Repubblica parlamentare, ma fu dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale ucraina in una sentenza del 30 settembre 2010. Il 22 febbraio 2014, la Verkhovna Rada ha restaurato la Costituzione così come emendata dalla riforma del 2004, ma ha riconosciuto il giudicato della Corte costituizonale ucraina: «The Law of Ukraine № 2222-VI dated 08.12.2004 is recognized as such that does not correspond to the Constitution of Ukraine (is unconstitutional), in accordance with the Decision the Constitutional Court of Ukraine № 20-рп/2010 dated 30.09.2010 due to infringement of the constitutional procedure of its consideration and adoption.» Sulla sentenza del 2010 si veda: A. Tatarenko, A brief history of Ukrainian Constitutional Law, in www.verfassunsgblog.de, 10 marzo 2014.

 

12 Resolution of the Verkhovna Rada of Ukraine No. 750-VII “On the text of the Constitution of Ukraine in the version of June 28, 1996 with changes and supplements, made by the respective laws of Ukraine of December 8, 2004 No. 2222-VI, of February 1, 2011 No. 2952-VI and of September 19, 2013 No. 586-VI”, in www.rada.gov.ua, 22 febbraio 2014.

 

13 Resolution of the Verkhovna Rada of Ukraine No. 757-VII “On self-withdrawal of the President of Ukraine from performing his constitutional duties and setting early elections of the President of Ukraine” in www.rada.gov.ua, 22 febbraio 2014.

 

14 Sul punto si rinvia a: M. Popova, Was Yanukovich’s Removal Unconstitutional?, in www.ponarseurasia.org, 20 marzo 2014 e D. Sindelar, Was Yanukovich’s Ouster Constitutional?, in www.rferl.org, 23 febbraio 2014. Così anche C. Marxsen, The Crimea Crisis: An International Law Perspective, in Zeitschrift für ausländisches öffentliches Recht und Völkerrecht, 74 (2014), Issue 2, 367-391.

 

15 Parliamentary Assembly of the Council of Europe, Recent developments in Ukraine: threats to the functioning of democratic institutions, § 26. Ma poi, al successivo §§ 38, l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa ammette che: «The impeachment decision seems therefore to have been in line with the spirit of the constitutional provisions, although the procedure itself left a lot to be desired».

 

16 European Parliament, Resolution of 27 February 2014 on the situation in Ukraine, lett. F) e punto n. 3.

 

17 Agreement on the Settlement of Crisis in Ukraine, in www.theguardian.com 21 febbraio 2014.

 

18 Yanukovich insists on fulfillment of compromise agreement settling Ukrainian crisis, in www.kyivpost.com 27 febbraio 2014.

 

19 In senso contrario cfr. invece la posizione espressa dall’Ucraina in sede di United Nations, General Assembly, Note verbale dated 1 March 2014 from the Permanent Mission of Ukraine to the United Nations Office and other international organizations in Geneva addressed to the President of the Human Rights Council, 7 marzo 2014, dove si parla di “self-removal” del Presidente.

 

20 Opinion n. 762/2014, cit., §§ 7-8.

 

21 Ibid. – § 20.

 

22 Ibid. – §§ 9-14.

 

23 Cfr. sul punto l’intervista a O. Luchterhandt, Krim Referendum ist verfassungswidrig, in www.dw.de, 28 febbraio 2014 e C. Borgen, Can Crimea Secede by Referendum?, in www.opiniojuris.org, 6 marzo 2014. Sui problemi di natura costituzionale derivante dall’annessione si veda: C. Filippini, La Crimea: da Repubblica autonoma dell’Ucraina a Repubblica della Federazione russa? in www.federalismi.it n. 6/2014, 19 marzo 2014, 6 e sgg. oltreché Opinion n. 763 on “Whether Draft Federal constitutional Law No. 462741-6 on amending the Federal constitutional Law of the Russian Federation on the procedure of admission to the Russian Federation and creation of a new subject within the Russian Federation is compatible with international law”, adopted by the Venice Commission at its 98th Plenary Session (Venice, 21-22 March 2014), in www.venice.coe.int.

 

24 Per i concetti di autodeterminazione interna ed esterna si veda: A. Falzea, P. Grossi, E. Cheli, U. Breccia, Autodeterminazione dei popoli (voce), in Enciclopedia del Diritto – Annali, 2007, 114 e sgg.

 

25 La notizia è stata riportata dall’agenzia di stampa Ria Novosti. Cf. Stadtrat von Sewastopol stimmt für Beitritt zu Russland, 7 marzo 2014. A questo proposito si veda la posizione ufficiale del Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d’Europa, corpo consultivo che vigila sull’attuazione della Carta nei 47 Stati membri. Declaration of Congress President on Proposed Crimean Referendum, in www.coe.int/congress, 7 marzo 2014.

 

26 Cfr. sul punto B. Schaffarzik, Handbuch der Europäischen Charta der kommunalen Selbstverwaltung, Dresden, 2002, 357 e sgg.

 

27 Si veda, ad esempio, Committee of Ministers, Recommendation No. R (96) 2, on Referendums and Popular Initiatives at Local Level, adopted on 15 February 1996, cit.: «Local referendums and popular initiatives should be organised by the local authorities only on questions which fall within their sphere of competence».

 

28 ICJ, Accordance with international law of the unilateral declaration of independence in respect of Kosovo, 22 luglio 2010, in http://www.icj-cij.org/docket/files/141/16010.pdf .

 

29 United Nations General Assembly Resolution 68/262 – Territorial Integrity of Ukraine. Vedi anche J. Vidmar, Crimea’s Referendum and Secession: Why It Resembles Northern Cyprus more than Kosovo, in www.ejiltak.org, 20 marzo 2014.

 

30 Cfr. sul punto Supreme Court of Canada, In Re Secession of Quebec, 1998, 2 S.C.R. 217, 222.

 

31 Si veda il recente rapporto di monitoraggio del Consiglio d’Europa sull’attuazione della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie in Ucraina – ECRML (2014) 3, 15 gennaio 2014, 153-163.

 

32 Ukraine’s parliament-appointed acting president says language law to stay effective, in www.en.itar-tass.com, 1 marzo 2014. A questo proposito si veda anche: § 20 di European Parliament Resolution on the Invasion of Ukraine by Russia, 13 marzo 2014 e § 11 di Committee of the Regions of the European Union Resolution, The development of the situation in Ukraine, 106th Plenary Session, 2-3 aprile 2014.

 

33 Congress of Local and Regional Authorities of the Council of Europe, Recommendation n. 348 (2013), Local and regional democracy in Ukraine, 25th Plenary Session, 29-31 ottobre 2013 – Explanatory Memorandum CG(25)8FINAL.

 

34 Congress of Local and Regional Authorities of the Council of Europe, Declaration n. 2 (2014) on the situation in Ukraine, 26th Plenary Session, 25-27 marzo 2014.

 

35 Comittee of the Regions of the European Union Resolution, ibid., § 3 e §§ 12 -13.