Considerazioni a margine della condanna della Repubblica federale tedesca per l’eccidio di Borgo Ticino (nota a Tribunale di Novara, sentenza del 31 gennaio 2022, n. 50)

Giorgia Berrino[1]

(ABSTRACT)

Il 31 gennaio 2022, il Tribunale di Novara ha condannato la Repubblica federale tedesca a risarcire i danni derivanti dai crimini di guerra e contro l’umanità commessi a Borgo Ticino dai membri del reparto d’assalto della Marina del Terzo Reich il 13 agosto 1944.

La decisione, ponendosi nel solco della consolidata giurisprudenza italiana che disconosce l’immunità della Germania dalla giurisdizione civile di cognizione nelle cause promosse dalle vittime dei crimini perpetrati dalle forze armate del Terzo Reich durante la seconda guerra mondiale, offre lo spunto per alcune riflessioni.

In particolare, nello scritto ci si domanda se tale giurisprudenza abbia raggiunto i suoi obiettivi: in primis, garantire una forma di riparazione nei confronti delle vittime; in secundis, fornire un contributo all’evoluzione della norma di diritto internazionale consuetudinario sull’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile di cognizione straniera.

Sommario:

1. Una lunga premessa – 2. I fatti di causa: l’eccidio di Borgo Ticino – 3. La sentenza del Tribunale di Novara – 4. Gli obiettivi della giurisprudenza italiana – 5. (segue) La riparazione nei confronti delle vittime – 6. (segue) L’evoluzione della norma di diritto internazionale consuetudinario – 7. Osservazioni conclusive

1. Una lunga premessa

Come risaputo, negli ultimi anni si è affermato da parte dei nostri giudici un costante orientamento giurisprudenziale che nega l’immunità dalla giurisdizione civile di cognizione italiana degli Stati esteri qualora questi nell’esercizio di acta iure imperii – ovvero atti che costituiscono la concretizzazione delle prerogative sovrane statuali, per cui tradizionalmente, in conformità alla norma di diritto internazionale consuetudinario che sancisce l’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile di cognizione straniera, era sempre stata riconosciuta, senza alcuna eccezione, l’esenzione dalla giurisdizione – si siano resi responsabili di gravi violazioni dei diritti umani fondamentali.

Tale giurisprudenza, come altrettanto noto, si è sviluppata a seguito delle azioni civili promosse, al fine di ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali, nei confronti dello Stato tedesco dinanzi ai giudici italiani dalle vittime – o dai familiari delle vittime – dei crimini di guerra e contro l’umanità perpetrati dalle forze armate del Terzo Reich sul territorio italiano durante il secondo conflitto mondiale.

In particolare, l’orientamento giurisprudenziale è stato inaugurato dalla Corte di Cassazione con la sentenza Ferrini nel 2004[2]. In estrema sintesi, i giudici di legittimità nella sentenza, adottando un approccio fondato sull’interpretazione del diritto internazionale (c.d. approccio internazionalista), hanno affermato che la norma consuetudinaria che impone agli Stati di astenersi dall’esercitare la giurisdizione sugli Stati esteri non è assoluta, dovendo essere bilanciata con le norme di ius cogens a protezione dei diritti umani fondamentali, le quali, ponendosi all’apice della gerarchia delle fonti del diritto internazionale, debbono prevalere sulla norma di diritto internazionale consuetudinario che prevede l’immunità, nel caso in cui si registri tra tali norme un’antinomia.

Il dictum della Ferrini è stato seguito dai giudici italiani, che hanno costantemente disconosciuto l’immunità della Germania e condannato tale Stato al risarcimento dei danni cagionati dal Terzo Reich durante il secondo conflitto mondiale[3].

Tuttavia, a seguito del ricorso presentato nel 2008 della Germania alla Corte internazionale di giustizia (CIG) per violazione delle immunità giurisdizionali da parte dell’Italia[4], la situazione è mutata.

I giudici dell’Aja, nella sentenza del 3 febbraio 2012[5], hanno infatti affermato che la norma di diritto internazionale consuetudinario che garantisce l’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile di cognizione straniera trova applicazione per tutti gli acta iure imperii, senza eccezioni, precisando che tra gli acta iure imperii si annoverano anche gli atti posti in essere dal Terzo Reich durante la seconda guerra mondiale in violazione del diritto internazionale, trattandosi di atti che costituiscono estrinsecazione delle prerogative sovrane di uno Stato, la cui illiceità non incide in alcun modo sulla loro classificazione.

La CIG, rigettando tutti gli argomenti presentati dalla difesa italiana, ha chiarito che la norma sull’immunità in quanto norma procedurale non entra in conflitto con le norme a tutela dei diritti umani fondamentali, essendo queste norme di natura sostanziale, e pertanto ha negato che vi dovesse essere una prevalenza delle norme sostanziali in quanto gerarchicamente superiori (norme di ius cogens).

I giudici hanno inoltre rigettato la tesi della territorial tort exception, sostenendo come non fosse possibile affermare che dovesse essere negata l’immunità nei confronti di uno Stato qualora questi abbia posto in essere tramite le proprie forze armate atti sul territorio dello Stato del foro che cagionino la morte o lesioni personali a persone, oppure danni a cose.

La CIG ha altresì statuito che non vi fossero elementi per sostenere che l’immunità dovesse essere disconosciuta qualora questa rappresenti il c.d. last resort argument, ovvero qualora il diniego dell’immunità rappresenti l’unico rimedio esperibile – l’extrema ratio – da parte delle vittime per ottenere una riparazione, a fronte del fallimento di tutti gli altri tentativi operati.

Infine, i giudici dell’Aja hanno escluso che la combinazione delle argomentazioni presentate dalla difesa italiana potesse giustificare il diniego dell’immunità di uno Stato dalla giurisdizione civile di cognizione straniera per acta iure imperii.

Al fine di dare attuazione a quanto stabilito dalla CIG nella sua decisione, l’Italia ha adottato la L. n. 5 del 2013, che, all’art. 3[6], c. 1, stabiliva l’obbligo per il giudice italiano di dichiarare il proprio difetto di giurisdizione in ogni stato e grado del processo, quando la CIG ha escluso, in un procedimento in cui è parte lo Stato italiano, l’assoggettamento di specifiche condotte di un altro Stato alla giurisdizione civile. Inoltre, al c. 2 del medesimo articolo era prevista una nuova ipotesi di revocazione per difetto di giurisdizione rispetto a sentenze passate in giudicato in contrasto con la decisione della CIG.

La giurisprudenza italiana, pertanto, ha mutato il proprio orientamento, e, in conformità a quanto statuito dai giudici dell’Aja, ha riconosciuto l’immunità dalla giurisdizione civile di cognizione nei confronti dello Stato tedesco per i crimini della seconda guerra mondiale[7].

Senonché, l’intervento della Corte costituzionale con la sentenza n. 238/2014 ha nuovamente modificato il corso della giurisprudenza italiana[8].

La Consulta, ricorrendo ad un approccio alla questione dell’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile di cognizione straniera fondato sulla necessità di salvaguardare i principi fondamentali della Costituzione italiana (c.d. approccio costituzionalista), ha, infatti, sostenuto, tramite una pronuncia interpretativa di rigetto, che, in virtù dell’applicazione dei controlimiti, la norma consuetudinaria sull’immunità degli Stati, così come interpretata dalla CIG nella sentenza del 3 febbraio 2012, non entri nel nostro ordinamento nella parte in cui estende l’immunità alle azioni di danni provocati da crimini di guerra commessi almeno in parte sul territorio italiano da parte del Terzo Reich, ponendosi in contrasto con i principi fondamentali della Costituzione (rectius artt. 2 e 24 Cost.). Inoltre, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme nazionali che davano attuazione alla sentenza della CIG per violazione dei predetti principi[9].

Come noto, la pronuncia interpretativa di rigetto vincola soltanto il giudice a quo[10]. Ciò nonostante, i giudici italiani, che si sono pronunciati successivamente alla 238/2014 sulla questione dell’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile di cognizione straniera per gravi violazioni dei diritti umani fondamentali, hanno costantemente disconosciuto l’immunità nei confronti degli Stati esteri, anche in casi riguardanti fatti diversi dai crimini della seconda guerra mondiale commessi dallo Stato tedesco[11].

Tali pronunce si sono però caratterizzate per non costituire una pedissequa affermazione di quanto asserito dalla Consulta, quanto piuttosto per aver dato luogo ad una sorta di “commistione” tra l’argomentazione costituzionalista della 238/2014 e quella internazionalista che era stata utilizzata dalla giurisprudenza Ferrini e rigettata dalla CIG, dando così vita a quello che in dottrina è stato definito un orientamento «ondivago»[12].

Come vedremo, nell’ambito della giurisprudenza successiva alla 238/2014, si colloca anche la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Novara nei confronti della Germania il 31 gennaio 2022, a seguito di un’azione promossa nel 2017 contro lo Stato tedesco dal Comune di Borgo Ticino e da quattro persone fisiche per una delle vicende più aberranti tra quelle legate all’occupazione tedesca dell’Italia.

Ponendosi nel solco di tale giurisprudenza, la decisione – lo si anticipa – consente di operare alcune riflessioni, legate agli obiettivi perseguiti dalla giurisprudenza italiana.

2. I fatti di causa: l’eccidio di Borgo Ticino

Secondo la ricostruzione dei fatti fornita dalle parti attrici nell’atto di citazione, il 13 agosto 1944, sei componenti del Marine Einsatz Kommando 80 (MEK 80), reparto d’assalto della Marina del Terzo Reich di stanza a Castelletto Ticino, si recavano a Novara per un approvvigionamento di carburante; durante il viaggio di ritorno, i tedeschi subivano un’imboscata ad opera dei partigiani, a circa 800 metri da Borgo Ticino, ed in quattro rimanevano feriti.

Una volta rientrati alla base, i militari avvisavano Waldemar Krumhaar, l’Ufficiale Comandante del MEK 80, di quanto accaduto, e questi si metteva subito in contatto con l’Ufficio delle SS per le misure antipartigiane del nord-ovest d’Italia. Dall’Ufficio delle SS veniva impartito l’ordine di procedere ad una rappresaglia nei confronti dei civili di Borgo Ticino, consistente nell’uccisione di tre persone per ogni militare tedesco ferito, nell’imposizione alla comunità del pagamento di una somma pari a 300.000 lire, nell’incendio di una parte dell’abitato nonché nella requisizione di ogni mezzo di comunicazione e di trasporto.

A fronte degli ordini ricevuti, i membri della Marina tedesca partivano alla volta di Borgo Ticino insieme ad un contingente della Xª Flottiglia MAS, corpo militare indipendente, ufficialmente di fanteria della Marina della Repubblica Sociale Italiana, che occupava l’idroscalo di Sant’Anna di Sesto Calende.

Giunti al comune, i militari radunavano tutti i civili nella piazza centrale e selezionavano, del tutto casualmente, dodici uomini al fine di procedere alla loro fucilazione.

A nulla serviva l’esibizione da parte delle persone selezionate delle carte di identità, nel tentativo di provare di essere regolari cittadini estranei alla lotta partigiana, né l’esborso da parte del Comune della somma di 300.000 lire, che era stata richiesta da Krumhaar con la promessa che se fosse stata versata non si sarebbe proceduto all’esecuzione.

I militari uccidevano dodici uomini tra i 17 e i 35 anni, mentre i parenti di questi ed i loro compaesani erano lì presenti e costretti ad assistere sotto la minaccia delle armi.

Conclusa la fucilazione, la popolazione veniva evacuata dal paese e la rappresaglia continuava con le razzie, non soltanto di mezzi di trasporto e comunicazione ma di ogni tipo di bene compresi i generi alimentari, e l’incendio dell’abitato, finché nel tardo pomeriggio i militari lasciavano Borgo Ticino[13].

3. La sentenza del Tribunale di Novara

Nella sua decisione, il Tribunale di Novara si è preliminarmente pronunciato sulla sussistenza della giurisdizione italiana, prendendo in considerazione la questione dell’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile di cognizione straniera.

È opportuno precisare che la Repubblica federale tedesca – come ormai di prassi negli ultimi anni – non è si costituita in giudizio, limitandosi ad inviare una comunicazione alla cancelleria del Tribunale indirizzata al giudice, nella quale ha affermato che le cause promosse dinanzi ai giudici italiani contro la Germania per le gravi violazioni di diritto internazionale umanitario commesse tra il 1943 e il 1945 rappresentano una violazione dei principi del diritto internazionale stabiliti dalla CIG nella sentenza del 3 febbraio 2012, e, pertanto, lo Stato tedesco non avrebbe depositato nel giudizio ulteriori atti.

Il giudice novarese ha ritenuto che le considerazioni esposte nella comunicazione non potessero essere oggetto di valutazione, non essendo contenute in una rituale comparsa di costituzione e risposta.

Tuttavia, essendo l’eventuale difetto di giurisdizione rilevabile ex officio, il Tribunale ha chiarito che rispetto alle domande azionate dovesse essere riconosciuta la giurisdizione italiana.

La pronuncia, come anticipato, non sembra apportare alcun elemento di novità rispetto alle decisioni emesse dai giudici italiani successivamente alla sentenza della Corte costituzionale n. 238/2014.

Il Tribunale di Novara ha, infatti, affermato – in ossequio all’approccio costituzionalista – come la norma consuetudinaria sull’immunità non operi nel nostro ordinamento per i delicta imperii. La ragione della mancata operatività della norma non è stata però individuata – così come avrebbe dovuto essere conformemente all’argomentazione costituzionalista – nella contrarietà ai principi supremi della Costituzione (rectius artt. 2 e 24 Cost.). Il giudice ha, infatti, sostenuto – sulla base della combinazione tra gli argomenti della sentenza n. 238/2014 e quelli usati dalla sentenza Ferrini – che la mancata operatività della norma consuetudinaria nell’ordinamento nazionale per i delicta imperii dipenda dal fatto che questi siano stati compiuti in violazione di norme internazionali di ius cogens, e pertanto siano lesivi di valori universali che trascendono gli interessi delle singole comunità statali.

Nel merito, il Tribunale ha accolto la ricostruzione prospettata nell’atto di citazione, ritenendo che il fatto ivi contestato, così come le sue concrete modalità di svolgimento e l’individuazione dei responsabili, potessero dirsi provate sulla base degli accertamenti condotti nel corso dei processi penali celebrati a carico di alcuni dei soggetti – tra cui Waldemar Krumhaar – coinvolti nell’esecuzione dell’eccidio, i cui verbali sono stati prodotti nel giudizio civile[14]. Sulla base di tale presupposto, è stata riconosciuta la responsabilità della Germania per i fatti di causa – qualificati come crimini di guerra e contro l’umanità – in virtù del rapporto organico intercorso tra i membri del MEK80 ed il Terzo Reich.

Tuttavia, soltanto alcune delle domande attoree sono state ritenute fondate.

Il Tribunale ha accolto la richiesta di risarcimento dei danni presentata dal Comune di Borgo Ticino, in qualità di ente esponenziale della comunità territoriale, per le sofferenze ed il turbamento morale subiti dalla collettività, liquidando nei confronti dell’ente una somma pari a 400.000 euro.

Non tutte le richieste presentate dalle persone fisiche invece sono state accolte.

Il danno iure proprio euro patito per la lesione del rapporto parentale è stato riconosciuto nei confronti di una delle ricorrenti, la quale all’epoca dei fatti aveva otto anni e conviveva con lo zio, deceduto nell’eccidio. Il danno, quantificato nella misura di 50.000 euro, è stato ritenuto provato sulla base sia della presunta esistenza tra i due di un pregresso vincolo affettivo, reciso a seguito della strage, sia di ulteriori elementi di prova forniti rispetto all’impatto negativo che l’uccisione dello zio aveva avuto sull’intera esistenza della ricorrente.

Le altre richieste per il risarcimento del danno a seguito della lesione del rapporto parentale presentate iure proprio, così come quelle presentate iure successionis, nonché le richieste di risarcimento per il c.d. danno catastrofale iure hereditatis sono state invece rigettate in quanto considerate non provate o tardive.

4. Gli obiettivi della giurisprudenza italiana

Come anticipato, la decisione del Tribunale di Novara, inserendosi nel consolidato solco giurisprudenziale che nega l’immunità dello Stato tedesco nelle cause promosse dalle vittime – o dai loro eredi – dei crimini internazionali perpetrati dal Terzo Reich nello svolgimento delle attività belliche sul territorio italiano tra il 1943 ed il 1945, offre lo spunto per alcune riflessioni di carattere generale.

In particolare, ci si domanda se l’orientamento dalla giurisprudenza italiana, ribadito ancora una volta dal giudice novarese, abbia centrato quelli che potremmo definire i suoi obiettivi.

Tale analisi verrà condotta alla luce di alcuni importanti cambiamenti che si sono recentemente registrati in materia.

Il primo obiettivo rispetto al quale ci si interroga attiene allo specifico caso che coinvolge Germania-Italia oggetto delle pronunce, e consiste nell’assicurare una forma di riparazione alle vittime dei crimini perpetrati dal Terzo Reich che ne erano rimaste sprovviste, e che, pertanto, hanno promosso una causa contro lo Stato tedesco al fine di ottenere il risarcimento dei danni.

Il secondo obiettivo ha invece una portata più ampia che trascende il caso italo-tedesco e riguarda il contributo all’evoluzione della norma di diritto internazionale consuetudinario sull’immunità degli Stati così come interpretata dalla CIG nella sentenza del 3 febbraio 2012, nel senso di escludere che uno Stato possa andare esente dalla giurisdizione straniera ogniqualvolta si sia reso responsabile sul territorio dello Stato del foro di gravi violazioni dei diritti umani fondamentali ancorché nell’esercizio di attività classicamente qualificate come iure imperii.

5. (segue) La riparazione nei confronti delle vittime

Il disconoscimento dell’immunità dello Stato tedesco dalla giurisdizione civile di cognizione italiana operato dai nostri giudici a fronte di azioni promosse dalle vittime dei crimini commessi da parte del Terzo Reich durante la Seconda guerra mondiale si è sempre fondato su un preciso presupposto ed obiettivo, ovvero la necessità di garantire una forma di riparazione nei confronti delle vittime che ne erano rimaste sprovviste[15].

Tale dato è stato confermato tanto da quanto sostenuto dalla difesa italiana dinanzi alla CIG con riferimento al c.d. last resort argument, tanto da quanto statuito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 238/2014, in cui è stato in più punti evidenziato come non vi fossero rimedi giurisdizionali alternativi a tutela delle vittime[16].

L’obiettivo della giurisprudenza italiana è parso, però, per lungo tempo destinato a rimanere lettera morta.

Contrariamente, infatti, a quanto auspicato dalla CIG nella sua decisione del 2012[17], Italia e Germania non hanno instaurato dei negoziati al fine risolvere la questione della mancata riparazione di alcune categorie di vittime. Inoltre, la Germania si è sempre rifiutata di adempiere alle sentenze di condanna, le quali non hanno potuto trovare attuazione nemmeno tramite l’esecuzione forzata. Si consenta, infatti, di ricordare brevemente che, sulla base di quanto disposto dal diritto internazionale consuetudinario, e confermato dalla CIG nella sentenza del 3 febbraio 2012, affinché possa essere adottata una misura coercitiva nei confronti dei beni di proprietà di uno Stato estero siti sul territorio di un altro Stato occorre che un immobile sia utilizzato per usi diversi da quelli pubblici non commerciali[18]. La difficoltà dunque di individuare beni di proprietà della Germania siti sul territorio italiano destinati a usi commerciali, e l’impossibilità di aggredire beni pubblici, ha reso impossibile l’esecuzione delle sentenze[19].

La situazione, tuttavia, è recentemente mutata.

Al fine di dare esecuzione ad alcune pronunce di condanna per i fatti della seconda guerra mondiale, sono stati infatti aggrediti alcuni beni sul territorio italiano di proprietà della Germania – rivendicati da tale Stato come beni a destinazione pubblicistica – ed il Tribunale di Roma ha rigettato la richiesta di sospensione dell’esecuzione forzata presentata dallo Stato tedesco, sostenendo come i principi della 238/2014 dovessero trovare applicazione anche in materia di esecuzione[20].

Ciò ha fatto sì che la Germania, al fine di evitare la vendita dei beni pignorati, presentasse un nuovo ricorso alla CIG per violazione delle immunità giurisdizionali da parte dell’Italia[21].

La risposta dello Stato italiano al nuovo ricorso tedesco è stata l’istituzione, il 30 aprile scorso, tramite l’art. 43 D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito con modificazioni con L. 29 giugno 2022 n. 79, del Fondo per il ristoro dei danni subiti dalle vittime dei crimini di guerra e contro l’umanità per la lesione dei diritti inviolabili della persona commessi sul territorio italiano, o comunque in danno di cittadini italiani, dalle forze armate del Reich tra il 1° settembre 1939 e l’8 maggio 1945[22].

L’intervento normativo è testualmente volto ad assicurare continuità all’Accordo italo-tedesco per il regolamento di alcune questioni di carattere patrimoniale, economico e finanziario concluso a Bonn il 2 giugno 1961, reso esecutivo in Italia tramite d.P.R. del 14 aprile 1963, n. 1263.

L’articolo 43 del decreto legge, così come convertito, chiarisce che le sentenze di accertamento e liquidazione dei danni alle quali il Fondo è dedicato acquistino efficacia esecutiva soltanto al momento del passaggio in giudicato, e possano essere eseguite soltanto a valere sul Fondo; viene, infatti, preclusa la possibilità di iniziare o proseguire procedure esecutive fondate su tali sentenze, oltre che sulle sentenze straniere recanti la condanna della Germania per il risarcimento dei danni provocati dal Terzo Reich tra il 1939 ed il 1945, e viene stabilito che i giudizi di esecuzione eventualmente intrapresi siano estinti.

Al Fondo, che attualmente presenta una dotazione pari a 20.000.000 euro per il 2023 e di 11.808.000 euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026[23], possono accedere coloro che, a seguito di un’azione giudiziaria avviata entro la data di entrata in vigore del decreto o entro 180 giorni da tale data, siano titolari di una sentenza di accertamento e liquidazione dei danni a cui il Fondo è dedicato che sia passata in giudicato o di un accordo di transazione.

Viene inoltre specificato che il pagamento effettuato tramite il Fondo estingue ogni diritto o ragione di credito correlata alle pretese risarcitorie.

L’individuazione delle procedure di accesso al Fondo, così come le modalità di erogazione degli importi agli aventi diritto, e le ulteriori disposizioni per l’attuazione dell’art. 43, sono state rinviate all’adozione di un decreto interministeriale, che avrebbe dovuto essere adottato entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto ma di cui ad oggi, a causa del recente cambio di Governo, non vi è ancora traccia[24].

Gli interrogativi che l’art. 43 pone sono plurimi, e non è possibile analizzarli in questa sede[25].

Ciò nonostante, l’istituzione del Fondo rende certamente possibile affermare che perlomeno alcune delle vittime dei crimini commessi dal Terzo Reich, che erano rimaste prive di una forma di riparazione e si sono rivolte ai tribunali italiani al fine di ottenere un risarcimento, potranno ora beneficiare di un ristoro.

6. (segue) L’evoluzione della norma di diritto internazionale consuetudinario

Più complessa appare la questione attinente al raggiungimento del secondo obiettivo.

Come noto, la Corte Costituzionale nella sentenza n. 238/2014, dopo aver riconosciuto che l’interpretazione della norma consuetudinaria sull’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile straniera fornita dalla CIG nella sentenza del 3 febbraio 2012 è particolarmente qualificata, e che l’applicazione di tale norma da parte dei giudici nazionali deve essere effettuata, in virtù del principio di conformità, nell’osservanza dell’interpretazione datane nell’ordinamento di origine[26], ha chiarito tuttavia di detenere la competenza esclusiva a vagliare la compatibilità della norma di diritto internazionale consuetudinario sull’immunità con la Costituzione ed i suoi principi fondamentali, compatibilità che nel caso di specie è stata esclusa con «l’effetto di produrre un ulteriore ridimensionamento della portata della predetta norma, limitata al diritto interno ma tale da concorrere altresì ad un’auspicabile e da più parti auspicata evoluzione dello stato del diritto internazionale»[27].

Sulla capacità della sentenza 238/2014 di contribuire all’evoluzione della norma di diritto internazionale consuetudinario in questione vi è sempre stato un forte scetticismo da parte della dottrina.

Tale scetticismo si è fondato principalmente su due motivazioni.

La prima ragione riguarda lo specifico approccio utilizzato nella sentenza.

Tale approccio, di natura costituzionalista, andrebbe ad alimentare il dualismo tra ordinamento internazionale e ordinamento interno, e non fondandosi su un’interpretazione della norma di diritto internazionale consuetudinario non sarebbe in grado di condurre ad una sua evoluzione[28].

Questa preoccupazione tuttavia sembrerebbe superabile.

In primis, la stessa 238/2014, per quanto formalmente abbia fondato il suo ragionamento su un approccio costituzionalista, rispettoso dell’interpretazione fornita dalla CIG nel 2012 della norma internazionale consuetudinaria, si è in più punti della decisione – più o meno indirettamente – contrapposta a quanto affermato dai giudici dell’Aja[29], svelando dunque una prospettiva anche internazionalista.

In secondo luogo, non si deve dimenticare che le argomentazioni utilizzate per il bilanciamento tra la norma di diritto internazionale consuetudinario e gli artt. 2 e 24 Cost. ben potrebbero essere trasposte nell’ordinamento internazionale, il quale attribuisce un ruolo centrale alla tutela dei diritti umani fondamentali[30].

Vi è poi un ulteriore dato che non può essere ignorato.

Come detto, la giurisprudenza italiana successiva alla 238/2014 si è caratterizza per essere una giurisprudenza “ondivaga”. Di conseguenza, il portato ultimo della 238/2014, su cui si basa l’attuale prassi della magistratura italiana, non può dirsi limitato all’argomentazione costituzionalista, estendendosi alla prospettiva internazionalista[31].

La seconda ragione in base alla quale la dottrina ha ritenuto che la 238/2014 non sia in grado di porre in essere una modifica nel diritto internazionale consuetudinario non riguarda specificamente l’argomentazione utilizzata dalla Consulta nella sentenza, quanto piuttosto il problema della uniformità della prassi dello Stato italiano.

Taluni autori hanno, infatti, ricordato come la prassi di uno Stato debba essere valutata nel suo insieme, prendendo in considerazione quanto praticato da parte di tutti gli organi statali. Sulla base di tale presupposto è stato sostenuto come il fatto che l’esecutivo italiano, dopo la sentenza 238/2014, abbia costantemente affermato per il tramite dell’Avvocatura di Stato l’assenza della giurisdizione italiana nelle cause promosse contro lo Stato tedesco per delicta imperii[32], potesse avere un impatto negativo sul tentativo della giurisprudenza italiana di indurre un’evoluzione del diritto internazionale consuetudinario[33].

Sotto questo punto di vista, l’art. 43 del D.L. 36/2022 non sembrerebbe apportare un cambiamento significativo.

L’articolo prevede infatti espressamente che uno dei requisiti per l’accesso al Fondo siano le sentenze di condanna definitive pronunciate a carico della Germania, le quali presuppongono necessariamente il disconoscimento dell’esenzione dalla giurisdizione nei confronti di tale Stato. Inoltre, la norma consente di esercitare nuove azioni – seppur entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto – nei confronti della Repubblica federale tedesca, alle quali seguirà inevitabilmente il diniego dell’immunità (salvi i casi in cui vi sarà un accordo transattivo prima che i giudici si pronuncino sulla questione della giurisdizione).

Va anche considerato che la previsione del termine decadenziale per l’esercizio di nuove azioni non sembrerebbe inficiare l’eventuale “legittimazione” da parte del Governo al disconoscimento dell’immunità da parte dei nostri giudici, incidendo unicamente sul problematico aspetto che concerne la questione della decadenza-prescrizione[34].

Occorre, tuttavia, tenere presente che – come già ricordato – l’istituzione del Fondo, secondo quanto affermato nell’art. 43, assicura continuità all’Accordo italo-tedesco concluso a Bonn nel 1961. Pertanto, l’intervento governativo, più che come condivisione della posizione della magistratura, potrebbe essere qualificato come l’unica strada percorribile, nel rispetto della pronuncia della Consulta, per manlevare lo Stato tedesco nel rispetto dell’Accordo.

La mancanza della condivisione della posizione della magistratura sembrerebbe confermata peraltro dal fatto che l’accesso al Fondo non venga garantito nei confronti di coloro che siano titolari di sentenze straniere, che, a seguito del disconoscimento dell’immunità, abbiano condannato la Germania per i fatti della seconda guerra mondiale, e siano poi state oggetto di exequatur da parte dei giudici italiani.

Sembra, dunque, difficile sostenere che il recente intervento normativo possa consentire alla prassi italiana in materia di immunità di assumere una maggiore uniformità[35].

Tanto premesso rispetto all’ordinamento italiano, per tentare di rispondere al quesito che ci si è posti, e dunque valutare se vi sia un’eventuale evoluzione, con il contributo fornito dall’orientamento giurisprudenziale italiano, della norma di diritto internazionale consuetudinario così come interpretata dalla CIG nel 2012, occorre vagliare – seppur sinteticamente – alcune recenti decisioni adottate dai tribunali di altri Paesi, che hanno negato l’immunità di uno Stato estero a fronte di gravi violazioni dei diritti umani ancorché commessi nell’esercizio di atti classicamente qualificati come iure imperii.

La prima sentenza che viene in considerazione è quella pronunciata nel c.d. caso delle comfort women dalla Corte del distretto centrale di Seoul l’8 gennaio 2021, con cui i giudici hanno disconosciuto l’immunità del Giappone e riconosciuto le richieste di risarcimento dei danni avanzate nei confronti di tale Stato da parte di dodici donne sudcoreane, vittime di schiavitù sessuale a seguito del sistema creato dall’Impero giapponese tra la Prima e la Seconda guerra mondiale nei territori asiatici occupati[36].

Anzitutto, i giudici, dopo aver riconosciuto che i fatti oggetto di causa dovessero essere qualificati come atti compiuti iure imperii, hanno analizzato lo status del diritto internazionale consuetudinario in materia di immunità degli Stati dalla giurisdizione civile straniera – richiamando anche la sentenza Ferrini, la decisione della CIG del 2012, nonché la pronuncia n. 238/2014 – e sostenuto come possano essere rinvenute delle eccezioni all’immunità per acta iure imperii.

Tali eccezioni troverebbero applicazione per i fatti di causa, costituendo questi ultimi crimini contro l’umanità posti in essere dal Giappone in violazione delle norme di ius cogens nei confronti di cittadini sudcoreani sul territorio dello Stato del foro illecitamente occupato.

La Corte, in particolare, ha specificato che l’immunità di uno Stato è una norma procedurale attinente alla determinazione della giurisdizione e funzionale alla realizzazione dei diritti sostanziali, chiarendo come tale norma possa talvolta limitare i diritti sostanziali, ma mai fino al punto di farli venire meno o distorcerli. Dopodiché ha affermato che le norme di ius cogens non possano mai essere derogate da norme di rango inferiore, tra cui si annovera la norma internazionale consuetudinaria sull’immunità.

I giudici hanno poi sostenuto l’importanza di porre in essere un’interpretazione della norma consuetudinaria internazionale che non conduca a conclusioni irragionevoli o ingiuste.

Sulla base dell’importanza dell’art. 27 della Costituzione sudcoreana, che sancisce il diritto di accesso al giudice e garantisce la tutela di altri diritti fondamentali, è stato affermato come la norma di diritto internazionale consuetudinario sull’immunità non possa violare la Costituzione di uno Stato, ponendosi quest’ultima all’apice nell’ordinamento interno. Di conseguenza, è stato concluso che nel caso in cui la norma internazionale consuetudinaria sull’immunità garantisca l’esenzione dalla giurisdizione per atti così gravi e lesivi dei diritti umani fondamentali come quelli di causa non possa produrre effetti nell’ordinamento interno.

Infine, è stato evidenziato come l’unico rimedio per le vittime in questo caso potesse essere individuato nel disconoscimento dell’immunità dello Stato convenuto e nella conseguente celebrazione della causa.

La seconda decisione che deve essere richiamata è quella pronunciata dalla Corte suprema brasiliana il 23 settembre 2021 nel c.d. caso Changri-la, con la quale è stata disconosciuta l’immunità della Germania ed accolta una richiesta di risarcimento dei danni presentata dai parenti delle vittime di un peschereccio affondato nelle acque territoriali del Brasile da un sottomarino tedesco durante la seconda guerra mondiale[37].

La Corte, nella sua pronuncia, ha posto in essere un ragionamento che è parso preludere all’affermazione dell’esistenza di un’eccezione all’immunità per gli acta iure imperii, a fronte di gravi violazioni dei diritti umani fondamentali.

È stato, infatti, chiarito che l’immunità per acta iure imperii trova la sua fonte nel diritto internazionale consuetudinario, il quale, pur avendo uno status elevato nel diritto internazionale, non dovrebbe prevalere nel caso di specie essendo gli atti oggetto di causa illegittimi.

Dopodiché, la Corte ha sottolineato come l’immunità non sia una regola assoluta, prendendo in considerazione le eccezioni rinvenibili nei trattati, nelle legislazioni dei vari Paesi, nonché richiamando la giurisprudenza Ferrini e le tesi in essa espresse, e sottolineando come la decisione della CIG del 3 febbraio 2012 non produca effetti erga omnes ma sia vincolante soltanto per le parti di causa. Sulla base dell’analisi condotta, è stato affermato come nel diritto internazionale la questione dell’immunità per acta iure imperii in caso di violazione dei diritti umani resti all’ordine del giorno.

Senonché la Corte ha, infine, negato l’immunità sostenendo che per rendere efficace l’art. 4, par. 2, della Cost. brasiliana, che attribuisce la prevalenza ai diritti umani come principio che regola le relazioni internazionali dello Stato brasiliano, l’esenzione di uno Stato estero dalla giurisdizione debba essere esclusa nel caso in cui questo si sia reso responsabile di atti illeciti che violino i diritti umani.

Da ultimo, occorre menzionare una serie di pronunce emesse tra l’aprile ed il giugno di quest’anno da parte della Corte suprema ucraina, attraverso le quali la Corte ha negato l’immunità dalla giurisdizione nei confronti della Federazione Russa per le gravi violazioni dei diritti umani fondamentali commesse da tale Stato sul territorio ucraino a partire dall’inizio del conflitto nel 2014.

Con tali decisioni, la Corte ha mutato il suo consolidato orientamento giurisprudenziale che aveva fino a quel momento riconosciuto l’immunità alla Russia in forza di quanto disposto dall’art. 79, par. 1, della legge ucraina sul diritto internazionale privato, secondo cui non è possibile esercitare la giurisdizione in assenza del consenso dello Stato convenuto [38].

La sentenza del 14 aprile 2022 si è fondata su due diverse argomentazioni[39].

L’immunità è anzitutto stata disconosciuta sulla base dell’applicazione della territorial tort exception, richiamando l’art. 11 della Convenzione europea sull’immunità degli Stati del 1972 e l’art. 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni del 2004, e sostenendo come tali trattati, nonostante non siano stati ratificati né dalla Russia né dall’Ucraina, riflettano una tendenza nello sviluppo del diritto internazionale in merito al riconoscimento di determinati limiti entro i quali uno Stato estero può chiedere l’immunità in sede civile.

Inoltre, è stato affermato come l’Ucraina non avesse alcun obbligo di rispettare e concedere l’immunità allo Stato russo, dal momento che gli atti oggetto di causa non erano qualificabili come iure imperii, trattandosi di atti di aggressione armata contro l’Ucraina, costituenti una violazione dell’obbligo, sancito dalla Carta ONU, di rispettare la sovranità e l’integrità territoriale di un altro Stato, nonché di crimini internazionali.

La decisione è stata seguita da una serie di pronunce similari, che hanno confermato il diniego dell’immunità dalla giurisdizione civile di cognizione nei confronti della Russia sia sulla base delle argomentazioni poste a sostegno della sentenza del 14 aprile 2022, sia sulla base di ulteriori motivazioni[40].

Tra le nuove argomentazioni, la Corte ha sostenuto che il riconoscimento dell’immunità nei confronti della Russia avrebbe privato i ricorrenti di una tutela giurisdizionale effettiva, e ciò sarebbe stato incompatibile con quanto previsto dall’art. 6, par. 1, della CEDU e dall’art. 55 della Costituzione ucraina[41].

In particolare, i giudici hanno richiamato le condizioni sancite dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo affinché la limitazione del diritto di accesso alla giustizia mediante l’applicazione della norma sull’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile straniera non violi l’art. 6, par. 1, della CEDU[42]. Sulla base di tale presupposto, è stata esclusa l’immunità della Russia sostenendo come l’esenzione dalla giurisdizione ucraina in questo caso non perseguisse uno scopo legittimo, dal momento che i rapporti di civiltà e buone relazioni tra gli Stati – a cui la norma sull’immunità tende – risultano preclusi nel caso di specie dalla commissione da parte dello Stato russo di atti di aggressione e crimini internazionali ai danni dell’Ucraina. Inoltre, è stato evidenziato come non vi fosse alcun motivo ragionevole per presumere che il diritto degli attori potesse essere tutelato presentando un ricorso presso i tribunali russi, considerato che la Federazione Russa rifiuta il riconoscimento di qualsiasi responsabilità circa attività militari illegali sul territorio ucraino, e che non vi fossero disponibili meccanismi o accordi internazionali per la riparazione delle vittime tra i due Stati. Pertanto, la Corte ha concluso che, nel caso di specie, l’unico rimedio a disposizione delle vittime fosse l’accesso ai tribunali ucraini, la cui privazione avrebbe determinato la negazione dell’essenza stessa del diritto.

Un’ulteriore argomentazione che la Corte ha invocato a supporto della propria decisione è stato il fatto che il riconoscimento dell’immunità alla Russia avrebbe comportato una violazione da parte dell’Ucraina degli obblighi internazionali a cui tale Stato è tenuto in forza della Convenzione del Consiglio d’Europa per la prevenzione del terrorismo e la Convenzione internazionale per la soppressione del finanziamento del terrorismo.

È evidente come tutte le sentenze richiamate, con argomentazioni in parte sovrapponibili ed in parte dissimili, che riflettono anche quanto già affermato dalla giurisprudenza italiana, si pongano in contrasto con quanto sostenuto dai giudici dell’Aja nella decisione del 3 febbraio 2012.

L’accento sul diritto interno, sempre presente nelle decisioni, sembrerebbe in realtà costituire un’argomentazione a fortiori, “di chiusura” e conferma di quanto sarebbe già possibile rilevare analizzando il diritto internazionale.

Tuttavia, l’esiguo numero delle decisioni e la poliedricità delle argomentazioni in esse richiamate rende difficile poter affermare che sia in corso un’evoluzione della norma di diritto internazionale consuetudinario così come interpretata dalla CIG.

7. Osservazioni conclusive

Provando a trarre le fila di quanto finora illustrato, e, dunque, cercare di comprendere se la giurisprudenza italiana abbia centrato i suoi obiettivi, sembrerebbe potersi affermare che il primo obiettivo sia stato – perlomeno parzialmente – raggiunto.

L’iniziativa governativa di cui all’art. 43 del D.L. n. 36/2022, per quanto sia stata fortemente criticata[43] e – come detto – abbia sollevato una pluralità di interrogativi, consentirà di erogare una forma di riparazione ad alcune delle vittime dei crimini di guerra e contro l’umanità commessi dal Terzo Reich durante la seconda guerra mondiale che ne erano rimaste sprovviste.

Occorre però porre l’accento su quali vittime rientrino nella categoria individuata dall’iniziativa assunta dal Governo.

Come già evidenziato, l’articolo 43 prevede testualmente l’istituzione «del Fondo per il ristoro dei danni subiti dalle vittime di crimini di guerra e contro l’umanità per la lesione dei diritti inviolabili della persona, compiuti sul territorio italiano, o comunque in danno di cittadini italiani, dalle forze del Terzo Reich nel periodo tra il 1° settembre 1939 e l’8 maggio 1945», individuando come requisiti per l’accesso al Fondo la titolarità di una sentenza di accertamento e liquidazione dei danni a cui il Fondo è dedicato – conseguita a seguito di un’azione giudiziaria avviata entro la data di entrata in vigore del decreto o entro 180 giorni da tale data – che sia passata in giudicato o di un accordo di transazione.

È indubbio come tra le vittime rientrino le persone fisiche, tuttavia nulla viene specificato rispetto agli enti pubblici collettivi, come il Comune di Borgo Ticino.

Ad opinione di chi scrive, le somme del Fondo saranno erogate anche nei confronti di tali enti, rientrando questi nella categoria descritta dall’art. 43.

La possibilità di ricomprendere anche i Comuni tra i beneficiari si fonderebbe su due diversi dati.

Anzitutto, il fatto che i Comuni, nei casi attinenti ai crimini di guerra e contro l’umanità, non agiscono per «una lesione dell’immagine, una perdita della credibilità […] o un ostacolo al perseguimento dei fini istituzionali» ma per «un danno patito […] quali soggett esponenzial degli interessi dei consociati»[44]: proprio nella loro qualità, dunque, di “vittime esponenziali” sarebbero legittimati ad accedere al Fondo.

Inoltre, non si deve dimenticare il riferimento all’art. 43 nell’Accordo italo-tedesco di Bonn del 1961. Secondo tale Accordo, a fronte dell’esborso da parte della Germania di 40 milioni di marchi nei confronti dell’Italia, il Governo italiano ha dichiarato che sono definite tutte le rivendicazioni e richieste della Repubblica italiana, così come delle persone fisiche o giuridiche italiane, ancora pendenti nei confronti della Germania, o di persone fisiche o giuridiche tedesche, purché derivanti da diritti o ragioni sorti nel periodo tra il 1 settembre 1939 e l’8 maggio 1945, e si è impegnato a mantenere indenne la Repubblica federale tedesca da ogni eventuale azione o pretesa legale da parte di persone fisiche o giuridiche italiane per le rivendicazioni e le richieste suddette[45].

Quali categorie di vittime rimangono allora escluse?

L’art. 43 sembra inequivocabilmente non consentire l’accesso al Fondo ai titolari delle sentenze estere che abbiano condannato la Germania per i fatti del secondo conflitto mondiale, nei confronti dei quali viene anche preclusa l’esecuzione delle sentenze nell’ordinamento italiano.

Da questo punto di vista, dunque, non può dirsi che l’obiettivo della giurisprudenza sia stato centrato in pieno, avendo i giudici italiani – come già ricordato – concesso l’exequatur di tali sentenze, sulla base degli stessi presupposti in forza dei quali è stata disconosciuta l’immunità della Germania dalla giurisdizione civile di cognizione italiana.

Per quanto concerne il secondo obiettivo, non sembra possibile sostenere che questo attualmente sia stato raggiunto.

Stabilire se sia in atto un’evoluzione, sulla spinta della giurisprudenza italiana, della norma di diritto internazionale consuetudinario sull’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile di cognizione straniera, così come interpretata dalla CIG nel 2012, è ancora prematuro: «we are too early in the game»[46].

Anzitutto, il numero delle sentenze che disconoscono l’immunità di uno Stato estero a fronte della commissione di delicta imperii è ancora troppo esiguo.

Inoltre, l’impressione che si ha leggendo le decisioni della magistratura estera poc’anzi richiamate è che si proceda “per tentativi”, essendo i giudici ben consci di porsi in contrasto con l’autorevole interpretazione fornita dalla Corte dell’Aja.

Tale impressione viene amplificata dall’esistenza di sentenze di Stati stranieri che continuano a riconoscere l’immunità dalla giurisdizione nei confronti dei Paesi che si siano resi responsabili di gravi violazioni dei diritti umani fondamentali[47], talvolta emesse a pochi mesi di distanza da una decisione che aveva invece negato l’immunità per fatti analoghi, così come è stato in un altro caso relativo alle comfort women da parte della Corte del distretto centrale di Seul, che il 21 aprile 2021 – riconoscendo l’immunità del Giappone dalla giurisdizione sudcoreana – ha adottato una decisione di segno opposto a quella pronunciata nel gennaio dello stesso anno[48].

Sebbene, dunque, non possa affermarsi che vi sia stata, o sia in atto, un’evoluzione della norma consuetudinaria secondo l’interpretazione data dalla CIG nel 2012, occorre comunque valorizzare il fatto che la giurisprudenza del nostro Paese non possa più dirsi isolata, e che in alcune sentenze pronunciate dai tribunali di altri Paesi non solo vi sia una visione certamente diversa da quella dei giudici dell’Aja, ma sia anche possibile scorgere il contributo e l’influenza della giurisprudenza italiana – al di là del fatto che questa venga o meno espressamente richiamata – sia sotto il profilo costituzionalista della 238/2014, sia sotto il profilo internazionalista inaugurato dalla Ferrini ad oggi tornato in auge nel nostro ordinamento grazie alla giurisprudenza “ondivaga” di cui la sentenza del Tribunale di Novara è l’ennesima espressione.

  1. Assegnista di ricerca in diritto penale presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Ferrara.
  2. Corte di Cassazione, sez. un. civ., sentenza dell’11 marzo 2004, n. 5044. Sulla sentenza v. ex multis Gianelli A. (2005), Crimini internazionali ed immunità degli Stati dalla giurisdizione nella sentenza Ferrini, in Rivista di diritto internazionale, vol. 87, fasc. 3, pp. 643-684.
  3. V. ex multis Corte di Cassazione, sez. I pen., sentenza del 13 gennaio 2009, n. 1072.
  4. Application Instituting Proceedings, Jurisdictional Immunities of the State (Germany v. Italy), 23 dicembre 2008, in www.icj-cij.org/public/files/case-related/143/14923.pdf, consultato il 30 aprile 2022.
  5. Corte internazionale di giustizia, Jurisdictional Immunities of the State (Germany v. Italy; Greece Intervening), sentenza del 3 febbraio 2012. Sulla sentenza v. ex multis Pisillo Mazzeschi R. (2012), Il rapporto tra norme di ius cogens e la regola sull’immunità degli Stati: alcune osservazioni critiche sulla sentenza della Corte internazionale di giustizia del 3 febbraio 2012, in Diritti umani e diritto internazionale, vol. 6, fasc. 2, pp. 310-326.
  6. Sull’art. 3 della L. n. 5 del 2013 v. Ciampi A. (2013), L’Italia attua la sentenza della Corte internazionale di giustizia nel caso Germania c. Italia, in Rivista di diritto internazionale, vol. 96, pp. 146-149.
  7. V. ex multis Corte di Cassazione, sez. un. civ., sentenza del 21 gennaio 2014, n. 1136.
  8. Corte Costituzionale, sentenza del 22 ottobre 2014, n. 238. Sulla sentenza v. ex multis Veronesi P. (2017), Colpe di Stato. I crimini di guerra e contro l’umanità davanti alla Corte costituzionale, Milano, Franco Angeli; Torretta P. (2018), Giudicare la storia. Crimini di guerra immunità giurisdizionale degli Stati diritti fondamentali, Napoli, Editoriale Scientifica.
  9. Oltre all’illegittimità costituzionale dell’art. 3 della L. n. 5 del 2013, la Corte ha altresì dichiarato la parziale illegittimità costituzionale dell’art. 1 della L. n. 848 del 1957, limitatamente all’esecuzione data all’art. 94 della Carta delle Nazioni Unite, esclusivamente nella parte in cui obbliga il giudice italiano ad adeguarsi alla pronuncia della CIG del 3 febbraio 2012, che gli impone di negare la propria giurisdizione in riferimento ad atti di uno Stato straniero che consistano in crimini di guerra e contro l’umanità lesivi dei diritti inviolabili della persona.
  10. Su tale aspetto v. per tutti Lamarque E. (2015), La Corte costituzionale ha voluto dimostrare di sapere anche mordere, in Questione giustizia, fasc. 1, pp. 72-83, p. 82.
  11. V. ex multis Cass., sez. un. civ., sentenza del 29 luglio 2016, n. 15812; Id., sentenza del 13 gennaio 2017, n. 762; Cass., I sez. pen., sentenza del 29 ottobre 2015, n. 43696.
  12. V. Papa M.I., Zanobetti A. (2018), Eccidio di Roccaraso: giurisdizione italiana e immunità degli Stati dalla giurisdizione civile, in Il Corriere giuridico, 2018, fasc. 6, pp. 788-798, pp. 795 s. Sul tema della giurisprudenza “ondivaga” si consenta anche il rinvio a Berrino G. (2021), “Plus Ça Change, Plus C’est la Même Chose”: State Immunity and International Crimes in Judgment No. 20442/2020 of the Corte di Cassazione, in The Italian Review of International and Comparative Law, vol. 1, fasc. 2, pp. 373-391, pp. 384-387.
  13. Sull’eccidio di Borgo Ticino v. ex multis Massara E. (1956), Crimini dei nazifascisti nella provincia di Novara, Novara, Foresta Rossa, pp. 63-65; Schreiber G. (2000), La vendetta tedesca, 1943-1945. Le rappresaglie naziste in Italia, Milano, Mondadori, p. 205. V. anche la scheda di Pulga V., Borgo Ticino, 13.08.1944 (Novara-Piemonte), in www.straginazifasciste.it/BORGOTICINO,.pdf, consultato il 20 ottobre 2022, nonché il documentario realizzato da Salè E. O. (2011), 13 agosto 1944, reperibile sul sito dell’Istituto Storico Resistenza Novara-VCO “Piero Fornara” all’indirizzo www.isrn.it/strage-borgo-ticino-settantaduesimo-anniversario/, consultato il 20 ottobre 2022.
  14. Sui processi penali celebrati a carico di individui coinvolti nella strage di Borgo Ticino v. Tribunale Militare di Torino nei confronti di Waldemar Krumhaar, sentenza del 31 marzo 1949; Tribunale Militare di Verona a carico di Ernst Wadenpfhul, sentenza del 17 ottobre 2012; Corte di Assise di Roma nei confronti di Junio Valerio Borghese, sentenza del 17 febbraio 1949.
  15. Sul punto si rinvia alle considerazioni della CIG nella sentenza del 3 febbraio 2012, par. 99.
  16. Cfr. punti 3.1 e 3.4 del Considerato in diritto.
  17. Cfr. par. 104.
  18. V. par. 118.
  19. V. anche l’art. 19-bis della L. n. 162 del 2014, secondo cui i conti correnti di Stati esteri in Italia non possono essere oggetto di misure esecutive, qualora siano destinate all’espletamento di funzioni pubbliche sulla base di quanto dichiarato dagli Stati stranieri.
  20. Cfr. Tribunale di Roma, sez. IV, in composizione monocratica, ordinanza del 12 luglio 2021. L’ordinanza è stata poi confermata in sede di reclamo, sulla base tuttavia di una motivazione diversa da quella sostenuta dal Tribunale in composizione monocratica, ovvero in considerazione del fatto che non fosse stata provata la destinazione pubblicistica dei beni oggetto di pignoramento, v. Tribunale di Roma, sez. IV, in composizione collegiale, ordinanza del 3 novembre 2021.
  21. V. Application Instituting Proceedings and Request for Provisional Measures, Certain Questions of Jurisdictional Immunity and Enforcement of Judgments, 29 aprile 2022, in www.icj-cij.org/case-related/183/.pdf, consultato il 30 aprile 2022. Sul ricorso tedesco alla CIG si consenta il rinvio a Berrino G. (2022), Un’istantanea del nuovo ricorso della Repubblica federale tedesca alla Corte internazionale di giustizia per violazione delle immunità giurisdizionali da parte dello Stato italiano, in www.sidiblog.org, consultato il 16 maggio 2022.
  22. Decreto Legge 30 aprile 2022, n. 36, Ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNNR), Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana 30 aprile 2022, n. 100, convertito in legge con Legge del 29 giugno 2022, n. 79, G. U. 29 giugno 2022, n. 150.
  23. La nota di lettura n. 306 del Servizio del Bilancio del Senato al decreto-legge n. 36/2022 ha segnalato come le somme individuate non rappresentano dei limiti massimi di spesa, riferendosi unicamente alla predisposizione delle risorse che si rendono necessarie per attuare l’articolo 43, evidenziando come l’autorizzazione di spesa sarà condizionata all’andamento delle sentenze di condanna e risarcimento per i fatti criminosi a cui il Fondo è dedicato. V. www.senato.it/DOSSIER, consultato il 25 giugno 2022.
  24. Sul punto v. Baiada L. (2022), Niente “ristoro” per stragi e deportazioni, in www.terzogiornale.it, consultato l’11 novembre 2022.
  25. Sull’art. 43 del D.L. n. 36/2022 e le questioni che tale articolo pone cfr. ex multis Boggero G. (2022), La reazione del Governo italiano al (nuovo) ricorso tedesco di fronte alla CIG. Prime note sugli effetti dell’art. 43 D.L. 30 aprile 2022, n. 36, in www.sidiblog.org, consultato il 25 maggio 2022; Berrino G. (2022), Il «ristoro» dei cittadini italiani vittime di crimini di guerra e contro l’umanità commessi dalla Germania durante il secondo conflitto mondiale, in Rivista di diritto internazionale, vol. 105, fasc. 3, pp. 827-835; Id. (2022), The impact of Article 43 of Decree-Law no 36/2022 on enforcement proceedings regarding German State-owned assets, in QIL Zoom-in, vol. 94, pp. 59-72; Asprella C. (2022), Aspetti processuali dell’art. 43 del decreto legge 36/2022: l’istituzione del Fondo per il ristoro dei danni subiti dalle vittime di crimini di guerra e contro l’umanità dalle forze del Terzo Reich, in www.questionegiustizia.it, consultato il 25 giugno 2022; Caroli P. (2022), Crimini tedeschi e soldi italiani? Osservazioni sull’epilogo della triste saga dei risarcimenti alle vittime degli eccidi nazisti, in https://www.lalegislazionepenale.eu/, consultato il 20 settembre 2022.
  26. V. punto 3.1. del Considerato in diritto.
  27. V. punto 3.3. del Considerato in diritto. Il corsivo è dell’autrice.
  28. V. per tutti Cannizzaro E. (2015), Jurisdictional Immunities and Judicial Protection: The Decision of the Italian Constitutional Court No. 238 of 2014, in Rivista di diritto internazionale, vol. 98, pp. 126-134, pp. 127 s.
  29. Sulla contrapposizione della Consulta alla sentenza della CIG del 3 febbraio 2012 si rinvia ex multis alle considerazioni di Pisillo Mazzeschi R. (2015), La sentenza n. 238 del 2014 della Corte costituzionale ed i suoi possibili effetti sul diritto internazionale, in Diritti umani e diritto internazionale, vol. 9, fasc. 1, pp. 23-40, pp. 26 ss. V. anche Focarelli C. (2021), State Immunity and Serious Violations of Human Rights: Judgment No. 238 of 2014 of the Italian Constitutional Court Seven Years On, in The Italian Review of International and Comparative Law, vol. 1, fasc. 1, pp. 29-58, pp. 46 s.
  30. In tal senso v. ex multis Gaja G. (2018), Alternative ai controlimiti rispetto a norme internazionali generali e a norme dell’Unione europea, in Rivista di diritto internazionale, vol. 101, fasc. 4, pp. 1035-1051, p. 1041; Pisillo Mazzeschi R. (2015), op. cit., p. 26 ss. Sulla possibilità di trasposizione di quanto affermato nell’ordinamento interno anche nell’ambito dell’ordinamento internazionale v. Cataldi G. (2015), La Corte costituzionale e il ricorso ai ‘controlimiti’ nel rapporto tra consuetudini internazionali e diritti fondamentali: “oportet ut scandala eveniant”, vol. 9, fasc. 1, pp. 41-50, p. 47.
  31. V. Berrino (2021), op. cit., p. 387.
  32. Cfr. Scovazzi T. (2021), Come se non esistesse, in Rivista di diritto internazionale, vol. 104, fasc. 1, pp. 167-181.
  33. V. Palchetti P. (2021), Right of Access to (Italian) Courts über alles? Legal Implications Beyond Germany’s Jurisdictional Immunities, in Volpe V., Peters A., Battini S. (a cura di), Remedies against Immunity?, Berlin Heidelberg, Springer, 2021, pp. 39-53, pp. 42 s. Sulla difficoltà di individuare un’uniformità nella condotta degli organi statali italiani ed il suo impatto sul rilevamento della consuetudine v. anche, ex multis, Papa M. I. (2015), Il ruolo della Corte Costituzionale nella ricognizione del diritto internazionale generale esistente e nella promozione del suo sviluppo progressivo. Osservazioni critiche a margine della sentenza n. 238/2014, in Rivista AIC, fasc. 3, pp. 1-25, pp. 14-19 ed i riferimenti ivi indicati.
  34. V. Boggero G. (2022), op. cit.; Asprella C. (2022), op. cit.
  35. Sul punto v. anche Rossi, il quale evidenzia come l’opinio iuris dell’Italia sembri non essere toccata dal “silenzio” del D.L. 36/2022 sulla legittimità delle sentenze dal punto di vista del diritto internazionale. Rossi P. (2022), Italian courts and the evolution of the law of State immunity: A reassessment of Judgment no 238/2014, in QIL-Zoom, vol. 94, pp. 41-57, pp. 49 s.
  36. Corte del distretto centrale di Seoul, Korean comfort women v. Japan, sentenza dell’8 gennaio 2021, caso n. 2016 Ga-Hap 505092. La traduzione in lingua inglese della sentenza è reperibile al seguente link:
    https://womenandwar.net/kr/wp-content/uploads/2021/07/ENG-2016_Ga_Hap_505092_30Jun2021.pdf, consultato il 20 aprile 2022. Sulla sentenza v. ex multis Bufalini A. (2021), Immunità degli Stati dalla giurisdizione e negoziazione fra Stati: sulla vicenda delle comfort women coreane, in Diritti umani e diritto internazionale, vol. 15, fasc. 3, pp. 699-708; Gervasi M. (2022), Immunità giurisdizionale degli Stati ed eccezione umanitaria: in margine alla recente giurisprudenza sudcoreana sul sistema delle «donne di conforto», in Rivista di diritto internazionale, vol. 105, fasc. 1, pp. 167-180.
  37. Il testo della sentenza in lingua portoghese è reperibile in https://portal.stf.jus.br/processos/downloadPeca.asp?id=15347973404&ext=.pdf, consultato il 27 gennaio 2022. Sulla sentenza v. Saliba A.T., Lima L. (2021), The Law of State Immunity before the Brazilian Supreme Court: What is at Stake with the “Changri-la” Case?, in Brazilian Journal of International Law, vol. 18, fasc. 1, pp. 53-58; Branca E. (2022), Immunità degli Stati e violazione dei diritti umani. Riflessioni a margine della sentenza “Changri-la” del Supremo Tribunal Federal brasiliano, in www.sidiblog.org consultato il 27 gennaio 2022.
  38. Il testo della legge in lingua inglese è reperibile in https://zakon.rada.gov.ua/laws/, consultato il 10 settembre 2022.
  39. Corte Suprema Ucraina, sentenza del 14 aprile 2022, caso n. 308/9708/19. La traduzione in lingua inglese della sentenza è reperibile in https://court.gov.ua/Rish_sud_imun_angl.pdf, consultato il 10 settembre 2022. Per un commento alla pronuncia v. Karnauh B. (2022), Territorial Tort Exception? The Ukrainan Supreme Court Held That the Russian Federation Could Not Plead Immunity with regard to Tort Claims Brought by the Victims of the Russia-Ukraine War, in Access to Justice in Eastern Europe, vol. 15, fasc. 3, pp. 165-177.
  40. Si tratta delle pronunce del 18 maggio 2022, caso n. 428/11673/19; 18 maggio 2022, caso n. 760/17232/20; 8 giugno 2022, caso n. 490/9551/19; 22 giugno 2022, caso n. 311/498/20. Le sentenze, per quanto a conoscenza dell’autrice, sono unicamente disponibili in lingua ucraina in https://court.gov.ua, consultato il 10 settembre 2022. Tuttavia, una sintesi della sentenza del 18 maggio 2022, caso n. 760/17232/20, è disponibile al seguente link https://court.gov.ua/eng/supreme/pres-centr/news/1282788/, consultato il 30 giugno 2022. Sulle sentenze della Corte Suprema Ucraina v. Badanova I. (2022), Jurisdictional Immunities v. Grave Crimes: Reflections on New Developments from Ukraine, in www.ejiltalk.org consultato il 10 settembre 2022.
  41. Il testo in inglese della Costituzione ucraina è reperibile in www.refworld.org/pdfid/44a280124.pdf, consultato il 10 settembre 2022.
  42. V. Corte europea dei diritti dell’uomo, Oleynikov v. Russia, ricorso n. 36703/04, sentenza del 14 marzo 2013, par. 60.
  43. Sul punto cfr. ex multis le dichiarazioni del Presidente del Consiglio regionale del Piemonte Stefano Allasia, il quale ha affermato che «nessun indennizzo può cancellare le responsabilità storiche e sanare i crimini commessi. La mancanza di giustizia è un’ulteriore offesa per la memoria storica», www.cr.piemonte.it/web/comunicati-stampa/fondo-per-il-ristoro-danni-del-terzo-reich, consultato il 2 settembre 2022. V. anche la petizione n. 1099/2022 presentata il 17 maggio 2022 da parte del dott. Baiada, del dott. Gallo e del Prof. Scovazzi, nella quale è stato chiesto di non convertire in legge l’art. 43 https://www.senato.it/leg/Schede, consultato il 30 maggio 2022. Tra le critiche mosse in dottrina si segnala anche quanto affermato da Caroli, il quale ha sostenuto come l’iniziativa governativa risulti discriminatoria per le vittime, prevedendo una distinzione tra coloro che abbiano ottenuto un riconoscimento giudiziale e tutte le altre vittime. In particolare, l’autore ha affermato che «come evidenziato dalle associazioni delle vittime, sembrerebbe che lo Stato italiano ancora non abbia le idee chiare su cosa è accaduto durante la Seconda guerra mondiale e abbia bisogno di delegare a un giudice un accertamento cui consegue lo status di vittima, secondo le rigide regole probatorie del processo». V. Caroli P. (2022), op. cit.
  44. Facci G. (2018), Crimini di guerra e risarcimento danni, in Il Corriere giuridico, 2018, fasc. 6, pp. 798-805, p. 804.
  45. Cfr. art. 2. Il corsivo è dell’autrice.
  46. V. Rossi P. (2022), op. cit., p. 45.
  47. V. Corte suprema degli Stati Uniti, Federal Republic of Germany et al. v. Philipp et al., sentenza del 3 febbraio 2021, No. 19-351, 592 U.S.
  48. Corte del distretto centrale di Seul, Korean comfort women v. Japan, sentenza del 21 aprile 2021, caso n. 2016 Ga-Hap 580239.