Dal riesame in materia di accesso agli atti amministrativi alle funzioni del difensore civico contro la mala gestio della P.A. Come è cambiato il modo di interfacciarsi dell’avvocato con la difesa civica

Intervento al convegno “Quarant’anni di difesa civica”, 8 aprile 2022, Palazzo Capris, via Santa Maria n. 1, Torino

Silvia Ingegnatti [1]

Sommario:

1. Premessa – 2. L’istanza di riesame innanzi al difensore civico – 3. Il difensore civico quale Garante per il diritto alla salute – 4. La funzione di moral suasion del difensore civico – 5. Conclusioni

1. Premessa

Dall’istituzione del difensore civico si è assistito ad un’evoluzione del modo di rapportarsi dell’avvocato con la difesa civica.

Se, ab origine, l’avvocato vedeva nella difesa civica uno strumento a sé stante, di dubbia utilità e dai contorni non ben delineati, con il progredire del tempo ha individuato in quest’ultima un sempre più valido strumento di ausilio, stragiudiziale, per il proprio cliente, vuoi come strumento deflattivo del contenzioso, vuoi come strumento atto, grazie al potere di moral suasion del difensore civico, ad ottenere risposte e/o elementi rilevanti per la strategia difensiva del proprio assistito.

Certamente l’avvocato ed il difensore civico hanno ruoli e funzioni nettamente distinti.

Il difensore civico è un organo statutariamente indipendente, che opera in totale autonomia; l’avvocato opera anch’egli in autonomia, nel rispetto dei doveri deontologici di lealtà, probità, decoro, diligenza e competenza, a seguito del mandato ricevuto dal proprio cliente.

Altra fondamentale differenza si rileva nel fatto che, mentre il difensore civico è garante nei confronti di tutti i cittadini, l’avvocato interviene solo in tutela del proprio assistito.

Al difensore civico ci si rivolge per proporre istanza di riesame in caso di diniego di accesso agli atti, per segnalare disservizi, ritardi o, più in generale, omissioni della P.A.; all’avvocato ci si rivolge per la tutela di propri diritti soggettivi o interessi legittimi, che si ritengono essere stati lesi o violati.

Il difensore civico, diversamente dall’avvocato, non può esercitare il diritto di difesa, non potendo rappresentare il diretto interessato in giudizio ed opera gratuitamente. L’avvocato è l’unico che può esercitare il diritto di difesa e deve essere remunerato dal proprio assistito, salvo che questi abbia accesso al gratuito patrocinio.

Infine, il difensore civico consente, con il suo intervento, un confronto istituzionale con la P.A., sebbene non possa sostituirsi a quest’ultima; l’avvocato, invece, non gode di alcuna relazione privilegiata con la P.A., potendo al massimo sollecitare il potere di revoca o di annullamento in autotutela del provvedimento che ritiene illegittimo.

Poste, quindi, queste palesi differenze di ruolo e di funzioni, la domanda che sorge spontanea è se esista o meno una possibilità di contatto tra queste due figure e, in caso di risposta affermativa, come possa la funzione del difensore civico rivelarsi utile per l’avvocato.

Il difensore civico svolge diverse funzioni che possono essere così schematizzate: interviene in caso di disfunzioni o di abusi della P.A.; può essere garante per il diritto alla salute; interviene in materia di accesso a seguito di riesame del diniego della P.A.; esercita nei confronti della P.A. poteri di sollecitazione.

Nell’ambito di queste sue funzioni, non solo vi è una possibilità di contatto tra il difensore civico e l’avvocato, ma soprattutto tale interazione, da parte dell’avvocato, può risultare di rilevante ausilio nell’ambito della difesa del proprio assistito.

2. L’istanza di riesame innanzi al difensore civico

Il primo ambito in cui può verificarsi un’interfaccia tra queste due figure è proprio in materia di accesso agli atti (documentale e civico generalizzato).

Avverso il diniego o il differimento di accesso agli atti, il legislatore ha previsto, a fianco dello strumento giurisdizionale del ricorso al T.A.R. ex art. 116 c.p.a. di competenza dell’avvocato, la possibilità di optare per il rimedio giustiziale del riesame.

Precisamente, in caso di diniego o differimento in materia di accesso documentale, l’art. 25 della L. 241/1990 ha attribuito la funzione del riesame alla Commissione per l’accesso (in caso di atti delle amministrazioni centrali o periferiche dello Stato) e al difensore civico territorialmente competente (in caso di atti delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali); nel caso in cui il diniego o il differimento all’accesso riguardi l’accesso civico generalizzato, l’art. 5, comma 8, d.lgs 33/2013 ha attribuito tale funzione al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza oltre che al difensore civico territorialmente competente (in caso di atti delle amministrazioni regionali o degli enti locali).

Va subito precisato che, diversamente da quanto previsto per l’accesso civico generalizzato, il legislatore non ha previsto per l’accesso documentale la possibilità per i contro interessati (in caso di accoglimento dell’istanza di accesso) di poter proporre istanza di riesame innanzi al difensore civico territorialmente competente, rimanendo per loro quale unica via il ricorso in sede giurisdizionale.

L’istanza di riesame innanzi al difensore civico è l’unico caso in cui, a seguito dell’intervento del difensore civico, si ha l’interruzione dei termini prescrizionali.

Il procedimento di riesame ha il pregio di essere un procedimento celere, la cui conclusione deve avvenire entro il termine di 30 giorni dalla presentazione dell’istanza.

Il difensore civico, ricevuta l’istanza, è chiamato a svolgere un’istruttoria per verificare se il diniego o il differimento della P.A. sia legittimo.

Ove lo ritenga legittimo, può anche non pronunciarsi espressamente e il suo silenzio, decorsi i trenta giorni dalla presentazione dell’istanza di riesame, varrà come rigetto, con conseguente possibilità per il diretto interessato di adire il T.A.R. con il ricorso in sede giurisdizionale, entro il termine prescrizionale di trenta giorni dal rigetto dell’istanza di riesame o, in caso di silenzio, dallo scadere dei trenta giorni dalla presentazione dell’istanza medesima.

Laddove il difensore civico ritenga, invece, che il diniego o il differimento all’accesso da parte della P.A. sia stato illegittimo, ne dà tempestiva comunicazione tanto al soggetto istante quanto alla P.A. procedente.

Il provvedimento del difensore civico favorevole all’accesso non comporta né l’immediato accesso alla documentazione richiesta né l’obbligo per la P.A. di conformarsi a quanto ritenuto dal difensore civico; impone solo alla P.A. l’obbligo di rivedere la propria precedente statuizione alla luce di quanto ravvisato dal difensore civico.

In sede di rivalutazione della propria precedente statuizione la P.A. potrà:

  • conformarsi al provvedimento del difensore civico, consentendo l’accesso inizialmente negato o differito;
  • rimanere silente e, in tal caso, il suo silenzio varrà come silenzio assenso, consentendo al soggetto istante di avere accesso alla documentazione richiesta;
  • confermare la propria precedente statuizione di diniego o di differimento, con conseguente unica possibilità per il soggetto istante di adire il T.A.R. (entro il termine prescrizionale di trenta giorni), non potendo presentare innanzi al difensore civico altra istanza di riesame avverso tale nuovo provvedimento di diniego della P.A.

Il riesame in materia di accesso può risultare utile per l’avvocato, tanto da essere consigliato al proprio cliente, in luogo dell’immediato ricorso in sede giurisdizionale, per molteplici ragioni.

Innanzitutto quale strumento deflattivo del contenzioso, in grado di ridurre i tempi e i costi di un procedimento in sede giurisdizionale (fermo restando che, laddove il riesame non dovesse avere l’esito sperato, si potrà comunque adire il T.A.R.). Inoltre, laddove il riesame porti all’ostensione del documento, l’avvocato avrà conseguito un ulteriore vantaggio per il proprio cliente, dato dall’acquisizione del documento in tempi brevi e dalla possibilità di anticipare il successivo giudizio di merito, posto che, generalmente, l’accesso alla documentazione richiesta è sempre propedeutico ad una successiva azione legale a tutela dei diritti o interessi del proprio assistito.

Infatti, nel caso in cui il difensore civico si sia espresso circa l’illegittimità del diniego o del differimento opposto dalla P.A. e quest’ultima abbia, comunque, confermato la propria precedente statuizione, l’avvocato potrà trarre in sede giudiziale, dalle argomentazioni espresse dal difensore civico a sostegno dell’accesso agli atti, un rafforzamento della propria linea difensiva e delle proprie argomentazioni giuridiche. Analogamente, nel caso in cui il difensore civico rigetti l’istanza di riesame, ritenendo che il diniego o il differimento siano legittimi, l’avvocato potrà trarre utile spunto sia per riconsiderare eventualmente l’opportunità di adire al T.A.R. (potendo l’avvocato ritenere che davvero l’accesso non possa essere concesso al proprio assistito) che per diversificare la propria strategia, vagliando argomenti o ragioni non presi in considerazione dal difensore civico o presentando argomentazioni atte a scardinare anche il provvedimento contrario del difensore civico nell’azione giudiziaria innanzi al T.A.R. ex art. 116 c.p.a.

3. Il difensore civico quale garante per il diritto alla salute

Altro settore in cui possiamo individuare un’interfaccia tra il difensore civico e l’avvocato è quello inerente alla funzione di garante per il diritto alla salute, che può essere attribuita al difensore civico.

La legge Gelli-Bianco (8 marzo 2017, n.24) all’art. 2 ha previsto la possibilità per le Regioni e per le Province autonome di Trento e di Bolzano, di poter affidare all’ufficio del difensore civico il ruolo di garante per il diritto alla salute oltre a disciplinarne la relativa struttura organizzativa e supporto tecnico.

Ne discende che la predetta funzione non viene attribuita automaticamente al difensore civico per il sol fatto che lo stesso sia stato istituito, dando origine ad una mera facoltà, che richiede una previsione normativa ad hoc per la sua attuazione.

Non tutti i difensori civici regionali si sono visti attribuire tale funzione (con conseguente disparità tra le regioni) così come non tutti i difensori civici regionali che hanno conseguito il ruolo di garante per il diritto alla salute si sono visti riconoscere una struttura organizzativa ad hoc per l’espletamento di tale funzione.

Per quanto concerne il difensore civico della Regione Piemonte, la l.r. 19/2018 gli ha attribuito tale funzione, sebbene non sia stata prevista una struttura organizzativa ad hoc.

Prima di entrare in medias res, appare opportuno precisare che cosa si intenda per diritto alla salute di cui è garante il difensore civico.

Il diritto alla salute è un diritto costituzionalmente garantito all’art. 32, comma 1, della nostra Costituzione.

Il diritto alla salute viene qualificato come nozione polisemica, che ricomprende al suo interno tanto il diritto all’integrità psico-fisica dell’individuo, quanto il diritto sociale alla salute, quanto ancora il diritto alla libertà di cura e all’autodeterminazione.

Ora, nell’accezione di diritto alla salute di cui il difensore civico è garante, pare che il legislatore abbia voluto ricomprendervi solo l’accezione di diritto sociale alla salute, ossia il diritto di ciascuno ad ottenere cure e prestazioni sanitarie adeguate.

Tale accezione trova piena conferma nelle stesse leggi regionali attributive di tale funzione al difensore civico; ad esempio, la l.r. del Piemonte 19/2018 all’art. 153, dando attuazione alla previsione della legge Gelli-Bianco, ha affidato al difensore civico della Regione Piemonte il ruolo di garante per il diritto alla salute con il precipuo compito di verificare il soddisfacimento dell’interesse alla qualità, efficienza e buon funzionamento dei servizi apportati dal sistema nazionale e in regime convenzionato.

In veste di garante per il diritto alla salute, ciascun soggetto destinatario di prestazioni sanitarie può segnalare disfunzioni del sistema di assistenza sanitaria e sociosanitaria rivolgendosi al difensore civico.

La segnalazione al difensore civico può avvenire personalmente, da parte del diretto interessato, o per il tramite di un suo delegato (quindi anche dell’avvocato); la segnalazione al difensore civico è gratuita e deve concernere, come anticipato, una disfunzione del sistema di assistenza sanitaria e/o sociosanitaria, che abbia leso il diritto alla salute del segnalante.

Le disfunzioni in questo ambito segnalabili al difensore civico sono davvero molteplici:

  • inefficienze che inibiscono la completa fruizione delle prestazioni sanitarie (come, ad esempio, le problematiche connesse a particolari esami o cure che devono essere espletate in altre città della stessa regione o addirittura fuori regione, non essendo disponibili presso la propria città di residenza);
  • inefficienze che rendono difficile l’accesso ai servizi, quali, ad esempio, liste di attesa, ticket etc.;
  • inefficienze del personale medico-infermieristico, che incidono sulla fruizione delle prestazioni (ad esempio ritardo nell’esecuzione della prestazione sanitaria in quanto il medico di turno non risulta essere presente in reparto o slittamento dell’appuntamento ad altra giornata, causa carenza di personale etc.);
  • inadeguatezza delle strutture ospedaliere e sanitarie (macchinari o strutture vetusti);
  • inefficienze che incidono sul rilascio della documentazione sanitaria.

Una volta ricevuta la segnalazione, il difensore civico, verificata l’ammissibilità e la fondatezza della segnalazione medesima, attraverso apposita istruttoria, interviene in caso di lesione del diritto alla salute del denunciante.

Sebbene in dottrina si disquisisca sull’individuazione effettiva della lesione del diritto alla salute in base alla quale il difensore civico dovrebbe attivarsi, distinguendo tra lesione concreta (impossibilità di accesso alla cura) o solo potenziale (ritardo nell’accesso alla prestazione sanitaria) l’orientamento maggioritario ritiene questa disquisizione sterile, posto che già solo in presenza di un ritardo o, comunque, di ostacoli per la fruizione della prestazione sanitaria si sarebbe già in presenza di una lesione del diritto alla salute.

In ordine alle modalità concrete di intervento del difensore civico, anche queste sono differenziate su scala regionale, in base ai poteri conferiti al difensore civico in sede di attribuzione della funzione di garante per il diritto alla salute.

Limitando l’attenzione al difensore civico della Regione Piemonte, la l.r. 19/2018, all’art. 154 ha previsto anche il potere del difensore civico di visitare le strutture sanitarie pubbliche e quelle operanti in regime convenzionato presenti sul territorio regionale, al fine di vigilare su eventuali violazioni della dignità della persona ricoverata (pulizia dei locali, effettiva assistenza, assenza di abusi degli strumenti di contenzione del paziente etc…).

Uno dei settori di maggior rilievo è sicuramente quello concernente l’accessibilità ai dati sanitari.

Il G.D.P.R. definisce i dati sanitari come: “i dati personali attinenti alla salute fisica o mentale di una persona fisica, compresa la prestazione di servizi di assistenza sanitaria, che rivelino informazioni relative al suo stato di salute”.

Per dati sanitari si intendono, dunque, in primis, la cartella clinica (principale strumento per l’avvocato per le azioni di responsabilità medica) e più in generale tutti i documenti atti a fornire informazioni sullo stato di salute psico-fisica del soggetto o sui trattamenti sanitari a cui si è sottoposto (visite mediche, esami diagnostici, referti etc).

Particolare questione attiene all’accessibilità agli atti del comitato valutazione sinistri e alle perizie medico-legali in caso di incidenti durante il decorso operatorio del paziente.

Il T.A.R. Lombardia, in proposito, ha riconosciuto che l’accesso alle perizie mediche e ai verbali dei comitati valutazione sinistri, istituiti presso le strutture ospedaliere, non possa essere negato da parte della P.A. in quanto – seppur documenti non funzionali all’attività di cura prestata al paziente – presentano natura affine alla documentazione medica, venendo ad accertare la presenza o meno di malpractice medica a danno del paziente[2]

Il Consiglio di Stato nel riformare parzialmente tale pronuncia ha riconosciuto sì che anche le perizie mediche e i verbali dei comitati valutazione sinistri possono contenere elementi concernenti la strategia difensiva della P.A., come tali sottratti all’accesso; ma ha riconosciuto, altresì, come gli stessi debbano ritenersi accessibili in quanto, comunque, contenenti elementi cognitivi di ricostruzione della vicenda e della dinamica degli eventi oltre che valutativi del rispetto o meno delle regole dell’arte nell’esecuzione della prestazione medica, a seguito proprio della perizia medico legale.

Ragion per cui, ad avviso del Supremo Consesso, l’ostensione di tale documentazione, ove richiesta, deve essere concessa, con le opportune omissioni al fine di salvaguardare anche il diritto di difesa della pubblica amministrazione.[3]

In materia di accesso ai dati sanitari, il ricorso al difensore civico può rilevarsi utile tanto nella sua funzione propria in sede di riesame quanto nella sua funzione di garante per il diritto alla salute.

In veste di garante per il diritto alla salute opera laddove l’accesso ai dati sanitari non sia consentito al diretto interessato: la legge Gelli-Bianco, infatti, all’art. 4, comma 2, ha previsto che, in presenza di richiesta del diretto interessato alla propria documentazione sanitaria, la direzione della struttura debba provvedervi entro il termine di sette giorni (elevabile a trenta giorni solo per le eventuali integrazioni). Laddove, poi, tale termine non venga rispettato, trattandosi di accesso dovuto per legge, il difensore civico, in qualità di garante per il diritto alla salute, solleciterà il rispetto delle tempistiche di legge nella consegna della documentazione sanitaria.

L’accesso ai dati sanitari, però, può essere richiesto anche da soggetti diversi dal diretto interessato, che possono materialmente conseguirne l’accesso (ai sensi dell’art. 92, comma 2, D.Lgs 196/2003) solo provando la sussistenza di una posizione giuridica soggettiva del soggetto domandante l’accesso di rango pari a quella del diretto interessato di cui si chiede l’ostensione della documentazione, al fine di tutelare una propria situazione giuridica o al fine di esercitare o difendere un proprio diritto in sede giudiziaria, oltre che in presenza di un diritto della personalità o di altro diritto o libertà fondamentale.

Entra qui in gioco la possibilità di ricorrere al difensore civico in sede di riesame.

Non solo, l’accesso ai dati sanitari può essere richiesto anche con riguardo ad una persona deceduta (ad esempio per provare l’incapacità di intendere e di volere del de cuius ed impugnare le disposizioni testamentarie) la cui legittimazione, come riconosciuto dalla giurisprudenza [4]spetta non solo agli eredi ma a tutti i soggetti successibili.

Il fondamento normativo lo rintracciamo all’art. 2 terdecies D.Lgs 196/2003, per il quale i diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del regolamento, riferiti ai dati personali concernenti persone decedute, possono essere esercitati da chi ha un proprio interesse o da chi agisce a tutela dell’interessato in qualità di suo mandatario o per ragioni familiari meritevoli di protezione.

In caso di diniego all’accesso, tali soggetti potranno anche qui avvalersi del difensore civico, optando per l’istanza di riesame.

Anche in veste di funzione di garante per il diritto alla salute l’avvocato può trarre utilità dal ricorso al difensore civico nell’ambito della difesa prestata al proprio assistito.

Innanzitutto può ottenere, grazie al potere di sollecitazione del difensore civico, pronto intervento e pronta risoluzione delle problematiche riguardanti il suo assistito, specie in quei casi in cui il ricorso alla giustizia appaia non così agevole sia per i tempi che per le tipologie di azione a disposizione.

Senza considerare il rilievo del difensore civico in caso di ritardo, diniego o differimento all’accesso ai dati sanitari.

4. La funzione di moral suasion del difensore civico

Sicuramente la principale funzione spettante al difensore civico che può essere di estremo ausilio per l’avvocato è proprio il potere di moral suasion.

Per moral suasion si intende l’invito, rivolto da un soggetto che gode di una certa autorevolezza, a correggere o a rivedere scelte o comportamenti precedentemente adottati.

Con riguardo al difensore civico, la funzione di moral suasion si estrinseca in richieste, proposte, sollecitazioni ed informazioni ed è volto ad indurre la P.A. a tenere comportamenti e ad assumere decisioni nel rispetto dei principi di buona amministrazione.

Per quanto concerne il difensore civico della Regione Piemonte, l’art. 2, comma 3, della l.r. 50 del 09.12.1981 (istituzione dell’ufficio del difensore civico) individua nel suggerimento di mezzi e rimedi lo strumento principale riconosciuto al difensore civico per eliminare ritardi, negligenze ed irregolarità da lui accertati.

Le aree di intervento del difensore civico in cui può esercitare il potere di moral suasion sono notevoli: dal lavoro (concorsi, avviamento etc.) alla scuola (tariffe mensa scolastica, bullismo, buoni scuola etc.) alla casa (accesso alla casa quale bisogno sociale ineludibile: si pensi all’accesso alle case popolari etc.) ai trasporti (scuolabus, disservizi per gli utenti, parcheggi e facilitazioni per persone con disabilità etc.) all’Inps (ritardi nei pagamenti o nel rilascio della documentazione etc.) fino alla parità di genere (divieto di discriminazione e pari opportunità).

Nell’ambito di queste macro aree di intervento del potere di moral suasion del difensore civico, il rilievo che lo stesso può avere per l’avvocato nella difesa del proprio cliente è svariato.

Può rilevare innanzitutto come strumento deflattivo del contenzioso, in quanto il potere di moral suasion del difensore civico può portare alla definizione della questione in via stragiudiziale, senza necessità di intraprendere un’azione legale, lunga e complessa.

Può, altresì, rilevare anche laddove il potere di moral suasion del difensore civico non abbia portato alla risoluzione della questione, potendo dalle osservazioni, richieste o suggerimento di mezzi e proposte formulate dal difensore civico, trarre in sede giudiziale elementi di rafforzamento delle proprie argomentazioni difensive.

Il potere di moral suasion del difensore civico sicuramente può essere di grande rilievo, quando la vertenza legale, pur essendo possibile da espletare, sia particolarmente dispendiosa per il cliente o laddove sia arduo individuare un’azione legale da espletarsi per il soddisfacimento della pretesa del cliente.

Senza considerare che attraverso il potere di moral suasion del difensore civico si possono ottenere benefici incidenti, non solo sulla posizione del singolo segnalante, ma anche a favore dell’intera collettività; è il caso, ad esempio, della tariffa delle mense scolastiche, dove l’intervento del difensore civico può andare a beneficio non solo del segnalante, ma dell’intera collettività frequentante quel determinato istituto scolastico.

5. Conclusioni

Dall’analisi fin qui condotta emerge chiaramente come le funzioni svolte dal difensore civico possano essere prese in considerazione dall’avvocato in sede di determinazione della strategia difensiva più opportuna per il proprio assistito; specie laddove il ricorso al difensore civico possa rivelarsi una valida alternativa all’azione giudiziaria, al fine di consentire il conseguimento, in tempi celeri, della risoluzione della problematica del proprio cliente.

  1. Avvocato del Foro di Torino.
  2. Così T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 12 novembre 2019, n. 2396.
  3. Consiglio di Stato, Sez. III, 31 dicembre 2020 n.808.
  4. Ex multis CdS, Sez. III, 12 giugno 2012, n.3459 e T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 03 gennaio 2018, n.2)