Gli accordi tra enti e la revoca dei finanziamenti statali: esercizio del potere di recesso e principio di leale collaborazione (nota a T.A.R. Piemonte, Sez. II, sentenza del 20 gennaio 2022, n. 53)

Michele Ricciardo Calderaro[1]

(ABSTRACT)

L’articolo esamina la tematica del rapporto tra Stato, amministrazioni regionali e locali a fronte dell’erogazione di finanziamenti pubblici.

In particolar modo, l’Autore esamina il modello di amministrazione concertata per mezzo degli accordi amministrativi e la possibilità per una delle amministrazioni coinvolte di risolvere unilateralmente il vincolo consensuale e di ritirare i finanziamenti senza ledere il principio di leale collaborazione che deve guidare il rapporto tra le diverse amministrazioni.

(ABSTRACT) (EN)

The essay examines the issue of the relationship between the State, regional and local Administrations in relation to the provision of public financing.

In particular, the author examines the concerted administration model by means of administrative agreements and the possibility for one of the administrations involved to unilaterally resolve the consensual bond and to withdraw the financing without affecting the principle of loyal collaboration that must guide the relationship between the various public administrations.

Sommario:

1. Il caso di specie e la sentenza del T.A.R. Piemonte, Sez. II, 20 gennaio 2022, n. 53 – 2. I finanziamenti statali e gli accordi tra amministrazioni: in particolare, gli accordi di programma – 3. Il recesso unilaterale dagli accordi tra amministrazioni e la revoca dei finanziamenti – 4. I finanziamenti statali ed il principio di leale collaborazione nel rapporto tra enti

1. Il caso di specie e la sentenza del T.A.R. Piemonte, Sez. II, 20 gennaio 2022, n. 53

Il caso di specie deve essere ricostruito attentamente per dar conto della complessa vicenda fattuale che ha dato origine alla controversia su cui è stato chiamato a pronunziarsi il T.A.R. Piemonte.

Il Ministero delle Infrastrutture, con proprio decreto del 26 marzo 2008, ha attivato il “Programma di riqualificazione urbana per alloggi a canone sostenibile” (d’ora in poi PRUACS) da finanziarsi pro quota con risorse statali messe a disposizione delle singole Regioni e pro quota con risorse regionali.

La Regione Piemonte, dichiarata la propria disponibilità a cofinanziare il PRUACS, ha approvato il bando e successivamente la graduatoria delle proposte presentate da sette Comuni (Torino, Orbassano, Trofarello, Cuneo, Nole, Rivalta di Torino e Novara), graduatoria poi ratificata con decreto ministeriale n. 38 del 19 gennaio 2010. Quest’ultimo decreto ha demandato la definizione delle procedure attuative del PRUACS a un accordo di programma tra il Ministero e la Regione.

L’accordo di programma è stato sottoscritto il 3 giugno 2010, con l’indicazione, oltreché delle quote di finanziamento statali e regionali, di tutta una serie di regole operative per il controllo del programma finanziato; in particolare, si è previsto che entro i successivi centottanta giorni la Regione avrebbe dovuto sottoscrivere con ciascun Comune ammesso al finanziamento appositi accordi, intese o convenzioni per stabilire le modalità attuative dei singoli programmi di riqualificazione e le modalità di erogazione delle risorse pubbliche statali e regionali; si è disposto altresì che spetta alla Regione il compito di vigilare sul rispetto dei tempi di attuazione di ciascun programma nonché di recuperare i finanziamenti statali e regionali, nel caso di inadempienza da parte del Comune secondo quanto stabilito negli accordi, intese o convenzioni dandone comunicazione al Ministero delle Infrastrutture.

Una volta sottoscritto l’accordo di programma, la Regione Piemonte ha proceduto all’attuazione a livello locale, stipulando apposite intese il 30 novembre 2011 con i Comuni di Nole e di Rivalta, mentre, a causa di svariate criticità, l’intesa con il Comune di Novara è stata sottoscritta solamente il 22 gennaio 2016, in data successiva al decreto ministeriale del 28 luglio 2011 con cui il Ministero ha ripartito tra le varie regioni delle risorse aggiuntive premiali relative al PRUACS, nonché al nuovo accordo di programma tra Ministero e Regione Piemonte stipulato il 23 luglio 2015.

Quest’accordo di programma del 2015 contiene regole operative analoghe all’accordo del 2010, tra cui, in modo particolare, la previsione per cui le intese con i singoli Comuni avrebbero dovuto essere sottoscritte entro i successivi centottanta giorni.

Il Ministero, con nota del 26 settembre 2016, n. 9606, prendendo atto che i programmi attivati nelle varie regioni stavano subendo ritardi, ha emesso alcune direttive generali secondo cui “a) i programmi per i quali alla data della presente [nota] ministeriale non è stato dato corso alla sottoscrizione e registrazione degli accordi tra Regione e Comune, sono revocati d’ufficio. La Regione dovrà procedere con proprio atto di revoca del programma e di riduzione del finanziamento statale assegnato; b) per le amministrazioni comunali che hanno sottoscritto accordi con la Regione da oltre diciotto mesi e che alla data della presente comunicazione non hanno dato corso ad alcun appalto di opere per l’avvio dei programmi, la Regione dovrà procedere con le modalità riportate al precedente punto a); c) le amministrazioni comunali che hanno avviato solo parte degli interventi pianificati e per le quali è scaduto il termine di ultimazione del programma stabilito nell’accordo con la Regione… si concede una proroga massima di tre mesi dalla presente nota per procedere alla pubblicazione del bando di affidamento dei lavori dei restanti interventi ed una proroga di diciotto mesi per la fine dei lavori di ciascun intervento a partire dall’avvenuta aggiudicazione…; e) per i programmi in corso di realizzazione che presentino criticità dovute a variazioni di interventi che implicano ad esempio cambio di localizzazione, modifiche di costi e/o di tipologie edilizie, proposte di interventi sostitutivi… dovranno essere valutate dalla Regione d’intesa con questo Ministero (ai sensi dell’art. 6 lett. d dell’accordo Stato/Regione) ed essere successivamente ratificate fra la Regione ed il Comune”.

La Regione Piemonte, ribadendo le criticità riscontrate, ha proposto la rimodulazione dei programmi di Rivalta e di Nole. La proposta non è stata però accolta dal Ministero, che ha continuato a contestare l’insufficienza delle informazioni trasmesse, finché, con nota del 9 ottobre 2019, ha affermato l’inammissibilità delle proposte di rimodulazione relative ai programmi di Rivalta e Nole, invitando altresì la Regione Piemonte a revocare l’intero programma, e quindi i relativi finanziamenti, previsti per la Città di Novara.

Nella continua interlocuzione tra gli uffici del Ministero e della Regione, i programmi di Nole, Rivalta e Novara si sono conclusi e sono stati tutti collaudati dalla competente commissione, formata altresì da un rappresentante ministeriale ai sensi dell’art. 8 degli accordi di programma; la commissione ha attestato la regolare e puntuale esecuzione dei lavori richiesti dal programma di finanziamento.

Tuttavia, con decreto dirigenziale del 15 marzo 2021, il Ministero ha deciso di revocare i finanziamenti statali e regionali previsti dall’accordo di programma 2010 (ma non anche di quelli del 2015) per i programmi di Novara e Rivalta, nonché di ridurre il finanziamento statale e regionale di Nole (escludendovi, in sostanza, le opere diverse da quelle di edilizia residenziale pubblica), destinando le relative somme all’eventuale attivazione di altri programmi rientranti nelle finalità del PRUACS.

La domanda giudiziale su cui si è pronunziato il T.A.R. Piemonte verte proprio su questo provvedimento del Ministero che è stato impugnato dalla Regione e dai Comuni, i quali hanno inoltre chiesto la condanna del Ministero alla corresponsione dei finanziamenti statali non ancora erogati per l’attuazione dei programmi.

Il T.A.R. Piemonte, con la sentenza che si commenta, ha accolto i ricorsi proposti, annullando il decreto dirigenziale del Ministero delle Infrastrutture e condannando questo all’erogazione dei finanziamenti statali ancora dovuti alla Regione.

Occorre ora comprendere le ragioni giuridiche alla base della pronunzia e se queste sono condivisibili.

2. I finanziamenti statali e gli accordi tra amministrazioni: in particolare, gli accordi di programma

Nel caso in esame l’erogazione dei finanziamenti da parte dello Stato era subordinata alla conclusione di un accordo di programma tra il Ministero delle Infrastrutture e la Regione Piemonte.

L’accordo è stato correttamente stipulato, anzi ve ne sono stati due, uno nel 2010 ed uno nel 2015.

Non vi è dubbio che si è dinnanzi ad un accordo di programma di cui all’art. 34, d.lgs. n. 267/2000, Testo Unico degli enti locali, modulo consensuale intersoggettivo[2] necessario per la definizione e l’attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l’azione integrata e coordinata di Comuni, di Province e Regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici[3].

L’accordo di programma, che individua senza dubbio un modello di amministrazione concertata[4], costituisce altresì un’ipotesi di urbanistica negoziata, particolarmente utile per la ponderazione di interessi pubblici concorrenti[5].

Questo strumento, introdotto nel nostro ordinamento con interventi normativi settoriali[6], può essere utilizzato non solo per la realizzazione di un’opera in senso stretto, ma anche per l’attuazione di un intervento o di un programma di intervento che comporti la modifica della disciplina urbanistica di una determinata zona; allo stesso modo, è connaturato allo strumento il tema di una ampia considerazione dell’interesse giustificativo, atteso che l’accordo di programma non serve unicamente per la realizzazione di opere ed interventi pubblici in senso stretto, visto che manca nella norma una clausola escludente, ma anche per interventi di interesse pubblico, come peraltro accade nelle evenienze più diffuse[7].

Di conseguenza, i destinatari degli accordi di programma sono inevitabilmente le amministrazioni pubbliche, sicché i privati non possono essere portatori di diritti soggettivi nascenti dall’accordo ma, se incisi dallo stesso, sono portatori di un interesse legittimo al corretto esercizio del potere amministrativo, suscettibile di tutela con gli ordinari rimedi consentiti dall’ordinamento[8].

Nella stipula dell’accordo il consenso delle due parti pubbliche si forma progressivamente[9] con la specificazione di termini, modalità di realizzazione degli interventi pubblici, concessione di finanziamenti e forme di controllo sull’avanzamento dei lavori programmati[10].

Mediante quest’istituto si dovrebbe riuscire, quindi, a superare criticità tipiche di altri strumenti di concertazione tra parti pubbliche, che le più recenti riforme hanno espressamente riferito alla semplificazione amministrativa, ma che, il più delle volte, tra modalità sincrone, asincrone, telematiche, appaiono strumenti di complicazione del sistema.

Il riferimento è ovviamente alla conferenza di servizi, che peraltro costituisce più correttamente una semplice articolazione procedimentale[11].

L’accordo di programma dovrebbe evitare tutto ciò, essendo configurato, già nelle intenzioni del legislatore, come uno strumento flessibile di formazione di un consenso plurisoggettivo[12].

L’accordo di programma, di conseguenza, dovrebbe realizzare il coordinamento dell’attività amministrativa attraverso la semplificazione e l’accelerazione dei procedimenti preordinati alla cura dei diversi interessi[13], pertanto, più che un semplice modulo procedimentale, l’accordo si configura come espressione dei poteri pubblicistici facenti capo ai soggetti partecipanti[14], la cui attività amministrativa viene così resa più efficiente, efficace, razionale ed adeguata alla cura degli interessi a ciascuno di essi assegnati dall’ordinamento, in ossequio ai principii fissati nell’articolo 97 della Costituzione[15].

Ciò che emerge con chiarezza dalla disciplina positiva è la comunanza dello scopo con tutti quei moduli di composizione degli interessi tra amministrazioni diverse, di cui l’accordo di programma è tra i più rilevanti, che con efficace espressione sono stati definiti “procedimenti di coordinamento infrastrutturale”[16].

Nella formazione del consenso le amministrazioni coinvolte godono di un’ampia discrezionalità ed il contenuto può essere composito[17], anche se quasi sempre strumentale e teleologicamente rivolto al perseguimento dell’attività che si intendono realizzare, come si è visto chiaramente nel caso in esame.

Quale che sia il contenuto, però, non v’è dubbio che l’accordo di programma, dando vita ad un momento di coamministrazione[18], costituisca una specie del più ampio genus degli accordi di programmazione negoziata e, in linea ancora più generale, dell’istituto degli accordi fra amministrazioni di cui all’art. 15 legge n. 241 del 1990, che ne stabilisce la disciplina residuale[19]: questa è una precisazione di non poco conto, perché occorre comprendere se esista e quale sia nel caso la disciplina relativa alla possibilità che una delle amministrazioni coinvolte si sciolga unilateralmente dal vincolo consensuale.

Questi accordi, che l’art. 15, legge 7 agosto 1990, n. 241 ha previsto e disciplinato con formulazione assai ampia consentendo sempre alle Amministrazioni pubbliche di stipulare accordi tra loro per lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune, al di fuori di qualunque canonizzazione procedimentale e limitazione sostanziale, possono essere fatti rientrare nella categoria che la dottrina ha elaborato degli “accordi organizzativi”[20].

Questi accordi, al pari di quelli tra amministrazioni e privati, hanno trovato una sempre maggiore diffusione, perché vi è una “concezione nuova della pluralità dei centri di potere, una pluralità effettiva, cioè paritaria, sia che riguardi i rapporti tra centri di potere pubblici sia che riguardi i rapporti tra centri pubblici e privati[21].

Proprio nell’art. 15 della legge n. 241 del 1990 occorre quindi rinvenire la disciplina fondamentale degli accordi di programma di cui al Testo Unico degli enti locali, perché a questa disciplina deve essere attribuito il ruolo di disciplina fondamentale dell’attività amministrativa entro cui deve rispecchiarsi anche l’autonomia degli enti locali[22].

3. Il recesso unilaterale dagli accordi tra amministrazioni e la revoca dei finanziamenti

Il comma 2 dell’art. 15 stabilisce che agli accordi tra pubbliche amministrazioni si applichino le disposizioni fondamentali degli accordi tra amministrazioni e privati, in modo particolare la necessità della stipula, a pena di nullità, per atto scritto; l’applicazione dei principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili nonché la necessità della motivazione.

Non viene richiamata, tuttavia, una previsione importante dell’art. 11, ovvero quella del co. 4, secondo cui “per sopravvenuti motivi di pubblico interesse l’amministrazione recede unilateralmente dall’accordo, salvo l’obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi verificatisi in danno del privato”.

Dinnanzi a questo mancato richiamo si sono formati due orientamenti contrapposti.

Il primo, minoritario e oramai superato, ritiene che quest’omesso rinvio alla disposizione del co. 4 dovrebbe essere inteso come diretto ad escludere che, nell’ambito dei rapporti convenzionali tra soggetti pubblici, questi ultimi possano risolvere unilateralmente il rapporto per ragioni di pubblico interesse[23]; ciò, sul piano sistematico, troverebbe la sua spiegazione nel fatto che in tali rapporti le parti contraenti perseguono interessi pubblici equiordinati tra loro, laddove invece negli accordi con soggetti privati la parte pubblica sarebbe portatrice di un interesse ontologicamente superiore, come tale legittimante la titolarità del potere di recesso[24].

Ne consegue che, seguendo questo ragionamento, salvo il caso in cui siano state le stesse parti pubbliche a prevedere il diritto di recesso nel momento in cui hanno concordato tra loro il regolamento pattizio, il contenuto dell’accordo è modificabile solo mediante una nuova determinazione espressa da tutte le amministrazioni contraenti[25] che giungono ad una nuova sistemazione concordata dell’assetto degli interessi sottostanti all’azione amministrativa[26].

Questa tesi non è condivisibile perché non tiene in considerazione che la potestà di recesso trova in realtà la sua giustificazione non nell’astratta superiorità del pubblico interesse su quello privato (prospettiva non accettabile nell’ottica di un rapporto paritario tra amministrazione e cittadino[27]) ma piuttosto nell’esigenza di garantire la costante funzionalità al pubblico interesse delle scelte amministrative, altresì quando queste si concretizzano in un accordo tra amministrazioni diverse[28].

Un secondo orientamento, invece, seguito anche dalla giurisprudenza più recente, ritiene che il potere di recesso, in quanto esplicazione del generale potere di revoca delle determinazioni amministrative, non richiede di per sé un’espressa previsione legislativa, con la conseguenza che l’omesso rinvio al co. 4 dell’art. 11 può essere interpretato non come diretto a negare tale potere ma piuttosto come rivolto ad escludere l’obbligo per l’amministrazione recedente di corrispondere l’indennizzo alle altre amministrazioni contraenti[29].

Difatti, costituiscono ineludibili corollari della natura pubblicistica di questi accordi l’inapplicabilità del principio civilistico della fissità degli effetti del contratto (artt. 1321, 1372 e 1373 cod. civ.) ed il fatto che l’amministrazione possa sempre recedere dall’accordo in quanto tale potere è espressione del principio di inesauribilità del potere pubblico, che caratterizza l’esercizio delle funzioni pubbliche[30].

La ragione per cui il co. 4 dell’art. 11 non è stato espressamente richiamato nell’art. 15 deve essere rinvenuta non tanto nella volontà del legislatore di imporre un divieto di recesso implicito, atteso che ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit, quanto nella scelta di escludere la tutela indennitaria per le amministrazioni che abbiano sottoscritto l’accordo e che abbiano subito il recesso di un’altra amministrazione[31].

Il potere di recedere (nel pubblico interesse) dagli accordi amministrativi, quindi, non rappresenta altro se non la particolare configurazione che la potestà di revoca assume quando il potere amministrativo è stato esercitato mediante un accordo iniziale anziché in forma unilaterale[32], sia che l’accordo prevedesse espressamente questa facoltà sia che nulla fosse previsto a tal proposito[33].

La sentenza del T.A.R. Piemonte in commento si inserisce in questo filone interpretativo giungendo a ritenere possibile il recesso pubblicistico del Ministero dagli accordi di programma stipulati ma nei limiti per cui la revoca può incidere solamente sulle determinazioni assunte dall’ente recedente e non anche su quelle imputabili alle altre amministrazioni, pena l’indebita insinuazione nel potere altrui.

Ciò comporta l’incompetenza del Ministero a ritirare la quota di finanziamento della Regione: poiché la potestà di sciogliersi dall’accordo è espressione del residuale potere di revoca in autotutela e non discende da apposite previsioni degli accordi di programma, il Ministero poteva esercitarla con effetti limitati ai finanziamenti di matrice statale e non anche con quelli di competenza della Regione Piemonte.

Peraltro, il potere di recesso, rispettando il fondamentale principio di leale collaborazione che permea il rapporto tra le diverse amministrazioni, deve essere esercitato nei limiti dell’art. 21-quinquies, legge 241/1990 ed è quindi subordinato alla sopravvenienza di un superiore interesse pubblico, all’imprevedibile mutamento della situazione di fatto ovvero di una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, fermo il dovere di esplicitare tali presupposti nella motivazione del provvedimento. Il Ministero delle Infrastrutture, invece, ha proceduto alla revoca dei finanziamenti solamente per aver ravvisato delle irregolarità nell’attuazione dei programmi di realizzazione delle opere senza motivare in alcun modo circa la sussistenza di eventuali ragioni d’interesse pubblico che fossero incompatibili con la permanenza dei programmi di finanziamenti[34].

Il provvedimento del Ministero di revoca dei finanziamenti, quindi, è stato correttamente considerato dal T.A.R. illegittimo per violazione dell’art. 21-quinquies ed in considerazione di ciò suscettibile di annullamento giurisdizionale.

4. I finanziamenti statali ed il principio di leale collaborazione nel rapporto tra enti

Il provvedimento in esame è stato censurato, però, anche per un’ulteriore ragione, ovvero per la violazione del principio di leale collaborazione tra Stato, Regione ed Enti locali.

A giudizio del T.A.R. Piemonte, difatti, anche laddove si volesse ammettere una corresponsabilità dei Comuni nei ritardi operativi e della Regione nel monitoraggio e nella formulazione delle proposte di rimodulazione dei programmi, è dirimente per evidenziare la illegittimità dell’azione del Ministero la circostanza che la revoca è intervenuta quando tali programmi erano ormai completati e le opere erano già collaudate. Ne consegue che è del tutto irragionevole ritirare dei finanziamenti che avevano ormai già raggiunto lo scopo, in quanto i programmi erano stati realizzati ed erano stati ritenuti – per stessa ammissione del componente ministeriale della commissione di collaudo – conformi alle caratteristiche primarie del PRUACS, tra l’altro destinando un’altra ingente parte di risorse ad analoghi programmi ancora da approvare e realizzare.

L’azione del Ministero, perciò, risulta inevitabilmente lesiva delle legittime aspettative dei Comuni al finanziamento completo delle opere oramai realizzate e collidente con il principio di leale collaborazione che dovrebbe guidare il rapporto tra enti, ed in particolar modo tra Stato e Regioni.

Il principio di leale collaborazione, che ha trovato espresso riconoscimento nel nostro ordinamento all’interno dell’ultimo comma dell’art. 120 Cost.[35] così come modificato con la revisione costituzionale del Titolo V[36], a norma del quale “la legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione”, ha in realtà ottenuto nella giurisprudenza amministrativa[37] un campo di applicazione più diffuso, perché questo principio viene interpretato come canone di legittimità della decisione amministrativa pluristrutturata[38].

Ciò vuol dire che, ove l’attività amministrativa sia ripartita tra diverse competenze, e quindi la decisione si forma nell’articolato rapporto tra gli enti che costituiscono la Repubblica, il principio di leale collaborazione permea l’agere pubblico richiedendo che le diverse amministrazioni coinvolte collaborino concretamente nella salvaguardia dell’esercizio reciproco delle funzioni, acquisendo così una congrua e completa conoscenza dei fatti e la possibilità di una considerazione adeguata e proporzionata degli interessi coinvolti, nell’ottica della migliore ponderazione possibile degli stessi[39].

A prescindere dalla circostanza che lo scrutinio del rispetto del principio di leale collaborazione trova la sua naturale sede nel giudizio sui conflitti di attribuzione tra enti, all’interno del quale la Corte costituzionale lo utilizza come parametro per valutare l’esercizio armonico di composite competenze amministrative[40], si deve affermare, per quanto in questa sede interessa, che questo principio costituisce altresì la base per valutare che l’azione amministrativa, laddove coinvolga diversi livelli di Governo, sia efficiente e conforme al principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost[41].

Questo vale anche, e forse a maggior ragione di più, laddove l’esercizio del potere coinvolga l’erogazione di finanziamenti necessari per la realizzazione di opere pubbliche indispensabili per lo sviluppo dei territori, anche in considerazione del fatto che, sulla base dell’art. 119, co. 4 Cost.[42], la giurisprudenza della Corte costituzionale ha più volte affermato che l’autonomia finanziaria costituzionalmente garantita agli enti territoriali[43] non comporta una rigida garanzia quantitativa e che le risorse disponibili possono subire modifiche[44], a condizione però che le eventuali riduzioni non pregiudichino lo svolgimento delle funzioni attribuite agli enti territoriali medesimi[45].

È evidente, perciò, che nel caso di specie, pur essendo astrattamente configurabile la facoltà di sciogliere unilateralmente il vincolo dell’accordo di programma a fronte della sussistenza di una delle ragioni di cui all’art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990, ciò è avvenuto arbitrariamente, nell’insussistenza di valide ragioni di interesse pubblico ed a fronte di opere collaudate anche dallo stesso Ministero.

La revoca dei finanziamenti da parte del Ministero, di conseguenza, è stata correttamente ritenuta collidente anche con il principio di leale collaborazione, che deve sempre ispirare i rapporti tra i diversi livelli di Governo, e quindi illegittima per eccesso di potere[46].

  1. Ricercatore di diritto amministrativo nell’Università di Torino.
  2. Sul rapporto tra potestà amministrativa e contratto occorre riferirsi allo studio di Greco G., Accordi amministrativi, Torino, Giappichelli, 2003, 3 ss.; nonché a Ledda F., Dell’autorità e del consenso nel diritto dell’amministrazione pubblica, in Foro amm., 1997, 1273 ss.
  3. Al riguardo occorre senz’altro fare riferimento all’analisi di Sticchi Damiani E., Attività amministrativa consensuale e accordi di programma, Milano, Giuffrè, 1992.
  4. Su cui v. l’ampio studio di Ferrara R., Gli accordi di programma: potere, poteri pubblici e modelli dell’amministrazione concertata, Padova, Cedam, 1993.
  5. Ex multis, T.A.R. Piemonte, Sez. II, 16 maggio 2018, n. 604, in giustizia-amministrativa.it.
  6. Si tratta anzitutto della legge 17 maggio 1985, n. 210, istitutiva dell’Ente Ferrovie dello Stato, e della legge 1° marzo 1986, n. 64: sulla prima v. Cassese S., Le intese e gli accordi di programma con gli enti pubblici e le pubbliche amministrazioni, in L’ente ferrovie dello Stato, le forniture, gli appalti e i contratti alla luce della normativa introdotta dalla L. 17 maggio 1985 n. 210 (Atti del Convegno di Roma, 18 dicembre 1985), Rimini, 1986, 40 ss.; sulla seconda, invece, Di Gaspare G., L’accordo di programma: struttura, efficacia giuridica e problemi di gestione, in Le Regioni, 1988, 278 ss.
  7. In tema cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 5 febbraio 2015, n. 566, in Riv. giur. edil., 2015, 1, I, 105.
  8. Cfr. Cons. Stato, Sez. I, 25 novembre 2015, n. 361, in Foro amm., 2015, 2825 ss.; Cons. Stato, Sez. IV, 25 giugno 2013, n. 3458, in Foro amm. – CdS, 2013, 1619 ss.
  9. Cfr. Pugliese F.P., Il procedimento amministrativo tra autorità e «contrattazione», in Riv. trim. dir. pubbl., 1971, 1499, che descrive il fenomeno della “contrattazione”, e quindi della formazione del consenso, come “formazione graduale partecipativa dell’oggetto”.
  10. In questi termini anche Valaguzza S., L’accordo di programma: peculiarità del modello, impiego dei principi del codice civile e applicazione del metodo tipologico, in Dir. amm., 2010, 395 ss.
  11. Per un commento alle più recenti novità (problematiche) introdotte nella disciplina della conferenza di servizi, dalla riforma Madia ai decreti semplificazioni, cfr., ex multis, Gambardella F., Il superamento della dimensione negoziale della conferenza di servizi decisoria: dalla riforma Madia alla recente legislazione emergenziale, in Federalismi.it, n. 6-2021, 18 ss.; Scotti E., La conferenza di servizi tra pluralismo e unilateralismo costituzionalmente orientato (a proposito di Corte cost. n. 9/2019), in Federalismi.it, n. 17-2019, 2 ss.; D’Arienzo M., Semplificazione dei processi decisionali nella nuova conferenza di servizi: problemi attuativi, di coordinamento e di gestione degli interessi sensibili, in Dir. e soc., 2017, 545 ss.; Vesperini G., La nuova conferenza di servizi, in Giorn. dir. amm., 2016, 580 ss.
  12. V., in tema, Gallo C.E., La collaborazione tra enti locali: convenzioni, unioni, accordi di programma, in Aa. Vv., Studi in onore di Vittorio Ottaviano, Milano, Giuffrè, 1993.
  13. Cons. Stato, Sez. IV, 2 marzo 2011, n. 1339, in Foro amm. CdS, 2011, 839 ss., secondo cui “l’accordo di programma, disciplinato in ambito statale dall’art. 34 t.u. 18 agosto 2000 n. 267, rappresenta un duttile strumento di azione amministrativa preordinata, senza rigidi caratteri di specificità, alla rapida conclusione di una molteplicità di procedimenti tutte le volte in cui il loro ordinario svolgimento richiederebbe l’espletamento di più subprocedimenti, indispensabili per la ponderazione di interessi pubblici concorrenti”.
  14. Sul punto, già con riferimento alla disciplina previgente dettata dall’art. 27, legge n. 142/1990, Cass. civ., Sez. Un., 4 gennaio 1995, n. 91, in Giur. it., 1995, I, 1, 1173 ss.
  15. Cons. Stato, Sez. IV, 27 maggio 2002, n. 2909, in Riv. giur. edil., 2002, I, 1326 ss.
  16. Così Merusi F., Il coordinamento e la collaborazione degli interessi pubblici e privati dopo la riforma delle autonomie locali e del procedimento amministrativo, in Gerarchia e coordinamento degli interessi pubblici e privati dopo la riforma delle autonomie locali e del procedimento amministrativo (Atti del XXXVII Convegno di Studi di scienza dell’amministrazione, Varenna, Villa Monastero, 19-21 settembre 1991), Milano, Giuffrè, 1994, 39 ss.
  17. Cfr. Manganaro F., Il coordinamento degli interessi pubblici nell’accordo di programma, in Giur. it., 1994, IV, 36 ss.; Greco G., Accordi di programma e procedimento amministrativo, in I rapporti fra cittadini e istituzioni (Atti del Convegno di Milano, 14 gennaio 1991), Milano, Giuffrè, 1992, 47 ss.
  18. Sul punto v. anche Pioggia A., Gli accordi di programma, in Cavallo B. (a cura di) Il procedimento amministrativo tra semplificazione partecipata e pubblica trasparenza, Torino, Giappichelli, 2001, 160 ss., che osserva come, con l’accordo di programma, si realizzi “un’inversione del rapporto tra azione e organizzazione pubblica, in modo che sia l’ultima ad essere subordinata alla prima e non, come fino ad ora è avvenuto, l’inverso”.
  19. Da ultimo v. Cons. Stato, Sez. IV, 24 gennaio 2022, n. 443, in giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, Sez. IV, 9 marzo 2021, n. 1948, ivi.
  20. Su questa categoria v. lo studio di Amorosino, S., Gli accordi organizzativi tra amministrazioni, Padova, Cedam, 1984; contra a questa classificazione è l’opinione di Pericu G., L’attività consensuale della pubblica amministrazione, in Mazzarolli L., Pericu G., Romano A., Roversi Monaco F.A., Scoca F.G. (a cura di) Diritto amministrativo, II, Bologna, Monduzzi Editore, 1993, 1290.
  21. Così Nigro M., Conclusioni, in A. Masucci (a cura di), L’accordo nell’azione amministrativa, Roma, 1988, Quaderni del Formez, n. 51, 79 ss..; nonché Berti G., Dalla unilateralità alla consensualità nell’azione amministrativa, ivi, 25 ss.; Pastori G., Accordo e organizzazione amministrativa, ivi, 39 ss.; Corso G., Gli accordi di programma, ivi, 51 ss. Le ragioni della diffusione dell’accordo come strumento di azione e di organizzazione dei pubblici poteri sono chiaramente evidenziate da Giannini M.S., Il pubblico potere. Stati e amministrazioni pubbliche, Bologna, Il Mulino, 1986, 125 ss.
  22. Concorde è l’opinione di Civitarese Matteucci S., Accordo di programma (diritto amministrativo), in Encicl. dir., Aggiornamento III, Milano, Giuffrè, 1999, 13.; sul punto cfr. altresì Damonte R., L’accordo di programma in generale e suoi effetti sui procedimenti urbanistici, in Riv. giur. edil., 2002, 41 ss.
  23. In giurisprudenza v. T.A.R Lazio, Roma, Sez. I, 3 ottobre 1997, n. 1434, in Foro amm., 1998, 1850.
  24. Sembrano propendere per questa soluzione Sticchi Damiani E., Attività amministrativa consensuale e accordi di programma, cit., 42 ss.; Ferrara R., Gli accordi di programma: potere, poteri pubblici e modelli dell’amministrazione concertata, cit., 132 ss.
  25. In dottrina sostengono questa posizione, dimenticando però di considerare l’immanente potere di revoca in autotutela che spetta alle Amministrazioni, Giglioni F., Nervi A., Gli accordi delle pubbliche amministrazioni, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2019, 109.
  26. Così, ad esempio, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 24 gennaio 2015, n. 1355, in giustizia-amministrativa.it.
  27. Si deve necessariamente richiamare F. Benvenuti, Per un diritto amministrativo paritario, in Aa. Vv., Studi in onore di Enrico Guicciardi, Padova, Cedam, 1975, 807 ss.
  28. In questo senso anche Bruti Liberati E., Accordi pubblici, in Encicl. dir., Aggiornamento V, Milano, Giuffrè, 2001, 31.
  29. In questo senso, ad esempio, Greco G., Art. 15, in Bassani M., Italia V. (a cura di), Procedimento amministrativo e diritto di accesso ai documenti (Legge 7 agosto 1990, n. 241), Milano, Giuffrè, 1991, 286 ss.
  30. Così Cons. Stato, Sez. VI, 29 luglio 2008, n. 3786, in Foro amm. CdS, 2008, 2146 ss.
  31. Tra le ultime, T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, Sez. I, 3 marzo 2021, n. 89, in Foro amm., 2021, 557 ss.
  32. V., ad esempio, T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. II, 20 dicembre 2014, n. 3141, in Foro amm., 2014, 3263 ss.
  33. Così T.A.R. Piemonte, Sez. I, 16 maggio 2019, n. 600, in giustizia-amministrativa.it.
  34. Sulla necessità, nell’attuale ordinamento, di una stretta collaborazione tra tutti gli attori pubblici cfr. Valaguzza S., Collaborare nell’interesse pubblico, Napoli, Editoriale Scientifica, 2019, 13 ss.
  35. In questa sede non possono essere ricostruite le posizioni dottrinali che riconoscono la portata generale o limitata ai poteri sostitutivi del principio di leale collaborazione. Si v., comunque, per le prime Antonini L., Bergo M., Il principio di leale collaborazione e la remuntada delle Regioni nei rapporti finanziari con lo Stato: brevi riflessioni a margine di alcune recenti sentenze della Corte costituzionale, in Federalismi, n. 12-2018, 3 ss.; Marzaro P., Leale collaborazione e raccordo tra Amministrazioni; su un principio del sistema a margine delle “riforme Madia”, in Federalismi.it, n. 23-2017, p. 13 s.; Agosta S., La leale collaborazione tra Stato e Regioni, Milano, Giuffrè, 2008, 183 ss.; Gratteri A., La faticosa emersione del principio costituzionale di leale collaborazione, in Bettinelli E., Rigano F. (a cura di), La riforma del Titolo V della Costituzione e la giurisprudenza costituzionale, Torino, Giappichelli, 2004, 416 ss.; per le seconde v., invece, Mangiameli S., Leale collaborazione (dir. cost.), in Encicl. giur. Treccani, Roma, 2007, 6 ss.; Merloni F., Una definitiva conferma della legittimità dei poteri sostitutivi regionali, in Le Regioni, 2004, 1082 ss.; Id., La leale collaborazione nella Repubblica delle autonomie, in Dir. pubbl., 3, 2002, 865 ss.
  36. Sui rapporti tra Stato, enti territoriali ed enti locali dopo la modifica del Titolo V cfr., per tutti, Caravita B., La costituzione dopo la riforma del titolo V, Torino, Giappichelli, 2002, 88 ss.; Torchia L., “Concorrenza” fra Stato e Regioni dopo la riforma del Titolo V: dalla collaborazione unilaterale alla collaborazione paritaria, in Le Regioni, 2002, 647 ss.
  37. In tema cfr. Taccogna G., Il principio di leale collaborazione nella recente giurisprudenza amministrativa, in Foro amm. CdS, 2008, 1313 ss.
  38. In questo senso Di Giglio R., Il principio di leale collaborazione come canone di legittimità dell’azione amministrativa nella dialettica tra Stato e Regione, in Foro amm., 2020, 1959 ss.
  39. Cons. Stato, Sez. VI, 5 marzo 2014, n. 1059, in giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, Sez. VI, 27 dicembre 2007, n. 6672, in Foro amm. CdS, 2007, 3523 ss.
  40. V., ad esempio, Corte cost., 17 novembre 2020, n. 240, in Foro amm., 2021, 739 ss.
  41. Riconosciuto, come noto, anche dall’art. 41 della Carta fondamentale dei diritti dell’Unione europea. Cfr., sul punto, Marzaro P., Semplificazione, coordinamento degli interessi pubblici e leale collaborazione come canone di legittimità dell’azione amministrativa, in Dir. soc., 3, 2019, 508 ss.; Spasiano M.R., Il principio di buon andamento, in Renna M., Saitta F. (a cura di), Studi sui principi del diritto amministrativo, Milano, Giuffrè, 2012, 122 ss.; Trimarchi Banfi F., Il diritto ad una buona amministrazione, in Chiti M.P., Greco G. (a cura di), Trattato di diritto amministrativo europeo, Vol. II, Milano, Giuffrè, 2007, 51 ss.; ma sul punto v. già Bartole S., Supremazia e collaborazione nei rapporti tra Stato e Regioni, in Riv. trim. dir. pubbl., 1971, 174.
  42. Per un primo commento v. Fransoni G., Della Cananea G., Art. 119 Cost., in Bifulco R., Celotto A., Olivetti M. (a cura di), Commentario alla Costituzione, Torino, Utet, 2006, 2358 ss.
  43. Su cui v. Rivosecchi G., La Corte torna sui trasferimenti vincolati e ripristina l’autonomia finanziaria e la leale collaborazione, in Giur. cost., 2018, 690 ss.
  44. Sulla necessità che vi sia unità dell’ordinamento anche a livello finanziario, pur nella riconosciuta autonomia degli enti territoriali, cfr. Cavallo Perin R., I principi costituzionali ed il potere di coordinamento della finanza pubblica come potere unilaterale della Repubblica italiana, in Dir. amm., 2015, 639 ss.
  45. Così, tra le ultime, Corte cost., 24 aprile 2020, n. 76, in Giur. cost., 2020, 853 ss.
  46. In tema di controllo giurisdizionale del provvedimento di recesso, in particolare sotto il profilo dell’eccesso di potere, come garanzia di chiusura della stabilità dell’accordo cfr. Santacroce C.P., La stabilità degli accordi tra pubbliche amministrazioni, Padova, Cedam, 2014, 247.