Il difficile contemperamento degli interessi nella disciplina piemontese del gioco d’azzardo

Tanja Cerruti[1]

Sommario:

1. La disciplina statale del gioco d’azzardo fra tutela della salute e interessi economici – 2. La “collocazione” della materia e il riparto di competenze nella giurisprudenza costituzionale – 3. La legge regionale piemontese del 2016 e le prevalenti esigenze della tutela “dal” gioco d’azzardo – 4. La legge regionale piemontese del 2021 e il contemperamento fra la “tutela dal” e la “disciplina del” gioco d’azzardo – 5. Poliedricità del gioco d’azzardo e ruolo delle Regioni.

(ABSTRACT)

Dopo aver ripercorso alcuni passaggi fondamentali dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale che ha interessato la materia del gioco d’azzardo in italia, il contributo si sofferma sulle scelte compiute in proposito dalla regione piemonte, mettendo in luce le affinità e i punti di divergenza fra i due importanti interventi normativi che si sono succeduti nel settore nel 2016 e nel 2021.

1. La disciplina statale del gioco d’azzardo fra tutela della salute e interessi economici.

Il gioco d’azzardo si caratterizza per essere al centro di interessi diversi, spesso contrapposti, ancorati ad altrettanti principi costituzionali.

Da un lato infatti esso rappresenta un’attività ricreativa per le persone che vi sono dedite ma anche l’esercizio di quell’iniziativa economica che l’art. 41 Cost. rende libera con il limite di non contrastare con l’utilità sociale e non recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana, e comunque una fonte di entrata, sia per lo Stato, responsabile della gestione e principale beneficiario dei proventi, sia per coloro che nel settore trovano la propria collocazione professionale.

Dall’altro lato e in relazione a entrambi gli aspetti il gioco d’azzardo presenta dei risvolti problematici che si riscontrano sia nel rischio, debitamente contrastato dalle previsioni della legislazione non solo penale, che esso costituisca un fattore di minaccia per l’ordine e la sicurezza pubblica, sia nel fatto che la sua pratica, anche quando lecita, può dare vita a fenomeni come la dipendenza, suscettibili di incidere negativamente sul diritto alla salute, tutelato dall’art. 32 Cost. e correttamente riferito alla «persona nel suo complesso, quale aspetto ricollegabile al suo sano e libero sviluppo, al suo equilibrio psichico, mentale e fisico»[2].

Per molto tempo è prevalsa una lettura del fenomeno che, iscrivendolo nel solo filone relativo all’ordine e alla sicurezza pubblica, ne ha riservato la disciplina allo Stato, cui competeva, oltre alla prevenzione e repressione dei reati nei quali può sfociare la prassi in esame, la regolamentazione di molti aspetti relativi al c.d. “gioco lecito”. A questo proposito, pur non intendendosi qui procedere a una rassegna esaustiva degli interventi normativi in materia, occorre innanzitutto constatare che la disciplina relativa a licenze, installazione e uso di apparecchi da gioco, inclusa la previsione di sanzioni per il mancato rispetto delle sue prescrizioni, continua a fare riferimento al R.D. 773/1931 (T.U.L.P.S.)[3], come successivamente modificato, cui ha fatto seguito, già durante il periodo repubblicano, il d.lgs. 496/1948, intervenuto, in particolare, sul tema delle concessioni per ribadire il monopolio statale[4].

Sulla scia di quanto sottolineato a più riprese dalla giurisprudenza costituzionale, è inevitabile però constatare la perdurante carenza di un intervento organico dello Stato, parzialmente compensata, soprattutto nell’ultimo ventennio, dal ruolo integrativo o, per alcuni aspetti, sostitutivo, di Regioni e Comuni per gli ambiti di loro competenza. La sempre più estesa e problematica diffusione, soprattutto tra alcune fasce della popolazione, che il fenomeno ha conosciuto negli scorsi decenni ha indotto infatti gli enti territoriali a tentare di limitare le derive di una prassi che risulta spesso lesiva del benessere degli individui e meritevole di attenzione nell’ambito di quelle politiche sociali di cui essi sono, a diverso titolo, responsabili.

Forse proprio questa consapevolezza ha spinto anche lo Stato a intervenire nella materia nella prospettiva di tutelare non solo la sicurezza pubblica, ma anche la salute, per la cui integrità il gioco d’azzardo c.d. “patologico” (d’ora in avanti, GAP) viene a costituire una minaccia.

In tale filone – sul quale si concentrerà l’attenzione di queste brevi note – s’iscrive innanzitutto il d.l. 158/2012, noto come “decreto Balduzzi”, che, oltre all’intento di porre delle regole condivise a livello nazionale, esprime sin dalle premesse la finalizzazione delle misure previste, fra le altre cose, «alla garanzia dei livelli essenziali di assistenza per le persone affette… da dipendenza da gioco con vincita di denaro», imponendo l’inserimento delle «prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione» relative alla «ludopatia, intesa come patologia che caratterizza i soggetti affetti da sindrome da gioco con vincita in denaro, così come definita dall’Organizzazione mondiale della sanità (G.A.P.)» fra i livelli essenziali di assistenza (art. 5)[5]. In ottemperanza a tale indicazione, il DPCM che, nel 2017, ha ridefinito i LEA, contempla quella da gioco d’azzardo fra le dipendenze patologiche per cui sono garantite determinate prestazioni nell’ambito dell’assistenza sociosanitaria anche di tipo semiresidenziale e residenziale[6].

Dal punto di vista operativo, l’art. 7 del decreto Balduzzi ha previsto una serie di misure preposte al contingentamento della pratica dei giochi e delle scommesse che, come risultanti anche da successive modifiche, sono state in parte riprese dalla normativa regionale (divieto di messa a disposizione di apparecchiature che consentano il gioco online, divieto di accesso alle aree destinate al gioco con vincite in denaro ai minori, divieto di pubblicità, soprattutto se destinata ai minori o qualora non specifichi la percentuale di probabilità di vincita, obbligo di segnalare tali probabilità nonché il rischio di dipendenza dalla pratica di giochi con vincite in denaro, impegno ad allertare le scuole sui rischi, pianificazione di controlli da parte delle autorità statali competenti), prescrivendo in alcuni casi le relative sanzioni[7].

Fra tali misure si annovera uno strumento risultato poi particolarmente controverso nella delimitazione degli ambiti di competenza fra gli enti territoriali, cioè la ricollocazione degli esercizi in cui si pratica il gioco attraverso la fissazione di limiti di distanza da alcuni luoghi c.d. sensibili. Oggetto di intervento da parte dei Comuni e, successivamente, delle Regioni (v. infra), tale strumento avrebbe dovuto essere pianificato a livello statale sulla base di criteri determinati in un decreto ministeriale che non ha però mai visto la luce[8].

Fra le novità di questo intento riformatore merita ancora ricordare l’istituzione, con la legge di conversione, di un apposito Osservatorio, attualmente collocato presso il Ministero della Salute[9].

Poco tempo dopo il decreto Balduzzi è stato lo stesso Parlamento a far trapelare la consapevolezza della necessità di un intervento organico statale, attribuendo al Governo la delega «ad attuare (…) il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici» in conformità a una serie di principi e criteri direttivi fra cui «l’esigenza di prevenire i fenomeni di ludopatia ovvero di gioco d’azzardo patologico e di gioco minorile»[10].

La delega è rimasta inattuata ma il legislatore statale ha continuato a riservare attenzione al tema, seppur in modo frazionato, sotto il profilo della tutela della salute. Questo fine è stato enunciato espressamente nella di poco successiva l. 208/2015, che ha imposto la definizione, in seno alla Conferenza unificata, delle «caratteristiche dei punti di vendita ove si raccoglie gioco pubblico, nonché i criteri per la loro distribuzione e concentrazione territoriale», con l’obiettivo di garantire «i migliori livelli di sicurezza per la tutela della salute, dell’ordine pubblico e della pubblica fede dei giocatori e di prevenire il rischio di accesso dei minori di età» (art. 1 c. 936)[11].

Approvata nel 2017, l’intesa tra Governo, Regioni ed Enti locali invocata dalla l. 208/2015, prescrivendo l’adozione di misure come la rottamazione delle macchine o la riduzione dei punti di vendita, ha perseguito l’obiettivo di diminuire l’offerta del gioco pubblico[12]. I suoi contenuti sono stati ricondotti a due punti fermi: il bilanciamento costituzionale degli interessi in gioco, fra cui soprattutto la protezione della salute e della sicurezza pubblica da un lato e la tutela della libertà di iniziativa economica privata dall’altro lato, avrebbe dovuto essere guidato dai principi di proporzionalità e ragionevolezza; i nuovi criteri si sarebbero applicati solo alle attività future, mentre quelle già esistenti avrebbero potuto seguire i regimi transitori più favorevoli previsti a livello regionale e locale[13].

Fra gli interventi normativi successivi al 2015 si possono richiamare il d.l. 50/2017 che, fornendo indicazioni sulla riduzione dei nulla osta, ha anticipato alcuni contenuti dell’intesa[14]; la l. 205/2017, che ha autorizzato le Regioni a disporre, con le proprie leggi, il trasferimento dei punti di vendita[15]; il d.l. 87/2018 che, oltre ad impegnare il Governo a proporre una riforma in materia di giochi pubblici per contrastare il disturbo da gioco d’azzardo, il gioco illegale e le frodi a danno dell’erario, ha imposto un divieto di pubblicità ad ampio raggio – pur attenuato da talune eccezioni – e istituito il logo “No slot”[16]; la l. 145/2018 che, fra le altre cose, ha previsto la collaborazione fra gli Enti locali e l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli sul rispetto degli orari di funzionamento degli apparecchi[17].

Più orientati a considerare la materia con la lente dell’ordine e della sicurezza pubblica sono parsi due interventi del 2019 che hanno sancito l’istituzione, finalizzata al contrasto della criminalità organizzata, di un Registro unico degli operatori del gioco pubblico e disposto in senso riduttivo sulle concessioni, circoscrivendone fra l’altro la durata a nove anni non rinnovabili[18].

A testimonianza del rinnovato modo di intendere il settore si può invece richiamare il fatto che dalle linee guida concordate in seno all’Osservatorio nazionale in vista della riapertura della rete distributiva di gioco d’azzardo dopo le chiusure dovute al COVID emergono non solo le misure da adottare affinché tali luoghi non si rivelino sedi di diffusione del contagio, ma anche la preoccupazione per l’impatto negativo che la rinnovata possibilità di accesso alle sedi del gioco potrebbe avere sulle condizioni di salute sia delle persone già affette dalla dipendenza, sia di quelle più esposte alla stessa[19]. Proprio da questa prospettiva muove il successivo regolamento ministeriale che, nell’adottare le linee d’azione per la prevenzione, la cura e la riabilitazione del fenomeno, ne affida l’attuazione alle Regioni[20].

2. La “collocazione” della materia e il riparto di competenze nella giurisprudenza costituzionale.

Oltre a perseguire obiettivi diversi – fra cui la tutela dell’ordine pubblico e il tentativo, più che di limitare la prassi in esame, di farla confluire nel gioco lecito per sottrarla alla criminalità organizzata – gli interventi del legislatore statale si sono dovuti confrontare con l’attivismo di Comuni e Regioni che, nell’assenza di una normativa nazionale organica e dettagliata, hanno a loro volta disposto sul punto, soprattutto nella prospettiva della tutela della salute.

Il significativo aumento del gioco con vincite in denaro ha provocato infatti un’intensificazione dell’interessamento dei Comuni, i cui regolamenti si sono preoccupati spesso di circoscrivere le licenze e gli orari di apertura degli esercizi, vietandone l’accesso ai minori e la collocazione nei pressi dei c.d. luoghi sensibili, pretendendo la pubblicazione di informazioni sulle probabilità di vincita, assegnando benefici ai locali che rinunciassero ai giochi in denaro, limitando l’accesso nei paraggi degli stessi, sancendo l’obbligo per gli esercenti di partecipare a corsi di formazione e disponendo sanzioni[21].

L’interventismo dei Comuni e, più di recente, delle Regioni non ha mancato di alimentare un nutrito contenzioso i cui esiti, sul foro sia amministrativo, sia costituzionale, riflettono a loro volta, oltre all’esigenza di dipanare le questioni di competenza fra lo Stato e le autonomie locali, quell’evoluzione dell’inquadramento della materia che trapela dalla legislazione.

La giurisprudenza amministrativa, che non sarà qui oggetto di indagine, si è rivelata sostanzialmente aderente a tale evoluzione, passando dalla sanzione dell’illegittimità dei regolamenti comunali che ponevano limiti alla pratica del gioco, se approvati in assenza di adeguata copertura legislativa[22], alla sempre più frequente adozione di pronunce che, andando in senso opposto, riconoscevano in capo a tali provvedimenti, anche quando disponevano in materia di distanze minime, il perseguimento legittimo del fine di tutelare la salute[23].

La giurisprudenza costituzionale, di cui si ripercorreranno le principali decisioni, prende le mosse dalla sentenza 237/1975, che si è pronunciata sulla compatibilità dell’art. 720 del codice penale (Partecipazione a giuochi d’azzardo) con gli artt. 3, 14, 17, 18 e 41 della Costituzione. Per quanto in particolare concerne l’art. 41, la Corte, dopo aver rigettato le altre censure, ha ritenuto non pertinente il riferimento, in quanto «il divieto posto dalle norme penali impugnate non oltrepassa il limite che l’art. 41 consente di porre all’iniziativa economica privata»; esse contribuiscono anzi a fare in modo che tale iniziativa non contrasti con quella utilità sociale che è posta alla base del dettato costituzionale.

Molto più di recente la Consulta è tornata a prendere in esame la compatibilità della disciplina del gioco d’azzardo con l’art. 41 Cost. Chiamata a giudicare l’asserita violazione degli artt. 3, 41 c. 1 e 42 c. 3 Cost. da parte della legge statale che, imponendo ai concessionari di esercizi in cui si pratica il gioco l’adeguamento a nuove regole, estendeva tale prescrizione anche ai rapporti già in corso, Essa si è pronunciata per la non fondatezza della questione (sent. 56/2015). Per quanto in particolare attiene all’art. 41 c. 1 Cost. – dopo aver richiamato il proprio consolidato orientamento sul fatto che la libertà di iniziativa economica, inclusa quella considerata come pubblico servizio, non subisce un vulnus ad opera dei limiti che, rispettando determinate condizioni, perseguano fini di utilità sociale –, il giudizio si è basato sulla constatazione per cui nella materia in questione è «connaturale l’imposizione di penetranti limitazioni della libertà di iniziativa economica», che, come quelli menzionati nella stessa legge impugnata, rispondono alla protezione di «preminenti interessi generali», tanto più in un settore che «presenta profili di delicatezza del tutto particolari, connessi alla rischiosità e ai pericoli propri della peculiare attività economica soggetta al regime di concessione». Le norme censurate perseguono quindi la finalità di «contemperare gli interessi privati dei concessionari con i prevalenti interessi pubblici coinvolti nel settore dei giochi e delle scommesse e a migliorarne la tutela»[24].

Riprendendo l’ordine cronologico, in seguito alla sent. 237/1975 la Consulta ha avuto modo di affermare la necessità di una disciplina statale organica sulle case da gioco «che nazionalizzi l’intero settore, precisando tra l’altro i possibili modi di intervento delle regioni e degli altri enti locali» (sent. 152/1985[25]) e, a fronte della perdurante inerzia statale, ha ribadito tale esigenza anche negli anni successivi, definendola «improrogabile» (sent. 291/2001, v. anche 438/2002[26] e 185/2004[27]).

Dopo la revisione del Titolo V, come in molti altri ambiti, anche nelle pronunce sul gioco d’azzardo la Corte si è trovata a porre alcuni punti fermi a proposito del riparto di competenze fra lo Stato e gli enti territoriali. Su questo aspetto se nelle sentenze 237/2006 e 72/2010 la Consulta ha ribadito che la materia, per quanto in particolare concerne la regolamentazione delle modalità di installazione e di utilizzo degli apparecchi da gioco leciti e l’individuazione di quelli illeciti, è da ricondurre sotto l’etichetta «ordine pubblico e sicurezza», che il nuovo testo dell’art. 117 c. 2 Cost. riserva in via esclusiva allo Stato, in alcune pronunce successive Essa ha colto invece l’occasione per individuare i profili della disciplina che, ascrivibili ad altri titoli competenziali, possono essere riconosciuti alle Regioni.

Apripista di questo filone di pronunce è stata la sent. 300/2011. L’oggetto del contendere era originato dalle previsioni di una legge della Provincia autonoma di Bolzano che, tentando di contingentare la prassi in esame, disponevano, in particolare, sulle distanze minime fra sale gioco e luoghi considerati sensibili. Nel riconoscere la legittimità dell’intervento provinciale, preoccupato «delle conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché dell’impatto sul territorio dell’afflusso a detti giochi degli utenti», la sentenza è risultata innovativa sia dal punto di vista del riparto di competenze, rispetto al quale ha ribaltato la precedente giurisprudenza, sia dal punto di vista dell’interpretazione della materia, prima ricondotta principalmente alla finalità securitaria[28].

Quanto al riparto, elaborando un’interpretazione “elastica” della riserva statale in materia di giochi e scommesse e volendo eludere i rischi di un’indebita invasione della sfera di competenza regionale derivanti dalla «smisurata dilatazione della nozione di sicurezza e ordine pubblico»[29], la Consulta è parsa infatti aprire la strada ad un filone giurisprudenziale favorevole alle autonomie locali, incoraggiando forse le Regioni, che vi hanno infatti provveduto per lo più nel periodo immediatamente successivo (v. infra), a regolamentare con proprie leggi il settore. Quanto all’interpretazione, la pronuncia è parsa ricollocare il gioco d’azzardo «a cavallo tra la materia della tutela della salute e quella dei servizi sociali»[30], anticipando in qualche modo il percorso che di lì a poco, a partire dal sopracitato decreto Balduzzi, avrebbe intrapreso il legislatore statale.

Nella sentenza 220/2014 l’oggetto della censura si è spostato sulle prerogative degli enti locali. In particolare, erano stati impugnati, per asserita lesione degli artt. 32 e 118 Cost., l’art. 50 c. 7 del d.lgs. 267/2000 e l’art. 31 c. 1 del d.l. 201/2011, convertito nella l. 214/2011, nella parte in cui, attribuendo poteri normativi e provvedimentali ai loro organi rappresentativi, escludevano la finalità del contrasto alla diffusione del GAP. La Corte ha dichiarato le questioni inammissibili sulla base del fatto che il giudice a quo avrebbe omesso di considerare che i Sindaci sono già titolari di tali prerogative. «L’evoluzione della giurisprudenza amministrativa, sia di legittimità, sia di merito, ha elaborato un’interpretazione dell’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000, compatibile con i principi costituzionali evocati, nel senso di ritenere che la stessa disposizione censurata fornisca un fondamento legislativo al potere sindacale in questione. In particolare, è stato riconosciuto che… il sindaco può disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali siano installate apparecchiature per il gioco e che ciò può fare per esigenze di tutela della salute, della quiete pubblica, ovvero della circolazione stradale».

Negli anni successivi il Giudice delle Leggi ha avuto modo di rinforzare l’orientamento favorevole all’intervento regionale, soprattutto quanto alla fissazione delle distanze degli esercizi in cui si pratica il gioco dai luoghi sensibili e sulla definizione degli stessi. Significativa in tal senso è la sent. 108/2017, con cui la Corte ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale relativa alla legge della Regione Puglia, accusata di violare la sfera di competenza riservata allo Stato in via esclusiva con riferimento a ordine pubblico e sicurezza e limitatamente ai principi fondamentali con riferimento alla tutela della salute.

Quanto alla prima censura, la Corte, richiamata la definizione della materia parametro (nella quale rientrano le previsioni sulla prevenzione dei reati e sul mantenimento dell’ordine pubblico, inteso quale «complesso degli interessi pubblici primari sui quali si regge la civile convivenza della comunità nazionale»[31]), ha ricordato che, in riferimento al gioco d’azzardo, questo include la definizione dei giochi da considerare leciti, la disciplina delle modalità di installazione e di utilizzo dei relativi apparecchi e le misure di contrasto al gioco illecito, mentre non ricomprende gli interventi volti a prevenire in generale il fenomeno della dipendenza, anche attraverso la regolazione della ubicazione territoriale degli esercizi. Su questo profilo alla pronuncia in esame è stato attribuito il merito di aver compiuto un passaggio ulteriore rispetto alla precedente sentenza 300/2011, che si limitava a escludere che tali ambiti rientrassero nella materia ordine pubblico, riconducendoli apertamente nella tutela della salute, di potestà concorrente[32].

Quanto alla presunta violazione dei principi fondamentali in tale materia, rappresentati, nel caso specifico, dell’art. 7 c. 10 del d.l. 158/2012 (v. nota 7), la Consulta ha ripreso le affermazioni del Consiglio di Stato sul fatto che dalle sue disposizioni si ricavi, quale principio fondamentale, la necessità della previsione di distanze minime, ma non della sua previa definizione con una pianificazione nazionale. Il Giudice delle Leggi ha poi fatto proprio, pervenendo però a conclusioni opposte, l’argomento sollevato proprio dalle parti private sul fatto che la legge delega n. 23/2014 (v. supra, par. 1), successiva al decreto Balduzzi, inserendo tra i criteri direttivi la salvaguardia delle regolazioni adottate a livello locale, pur riferendosi ai Comuni avrebbe mirato a legittimare, a maggior ragione, anche l’intervento regionale.

La tendenza favorevole al riconoscimento del ruolo delle autonomie ha trovato ulteriore conferma nella sent. 27/2019, in cui la Corte ha fatto salva la l.r. Abruzzo 40/2013, sulla prevenzione dei fenomeni di dipendenza dal gioco, nella parte in cui include le «caserme militari» fra i luoghi sensibili. Dopo aver ribadito nei termini già noti il riparto di competenze in materia, includendo, fra i titoli in base a cui gli enti infrastatuali possono intervenire, anche il governo del territorio, la Consulta ha affermato che la fissazione degli aspetti di dettaglio nella materia della tutela della salute, in cui rientra l’individuazione, da parte delle leggi regionali, dei luoghi sensibili, non può ritenersi inibita a causa della (già menzionata) mancata adozione da parte dello Stato delle linee guida di cui all’art. 7 c. 10 d.l. 158/2012. Quasi tutte le Regioni hanno infatti disposto sul punto, in risposta alle esigenze del proprio territorio, spesso nel senso di innalzare il livello di tutela rispetto a quello fissato dalla legge dello Stato, che conterrebbe quindi solo un elenco esemplificativo dei luoghi sensibili, suscettibile di essere ampliato da parte degli enti territoriali[33].

Nella ponderazione di tutti gli elementi sottesi alla questione, la Corte ha tenuto apparentemente conto anche dell’inerzia dello Stato[34], dovuta forse alla precisa volontà di non uscire dall’impasse in cui lo pone il fatto di essere al contempo beneficiario dei consistenti incassi derivanti da giochi e scommesse e tenuto a far fronte ai rischi rappresentati dalla diffusione della ludopatia non solo dal punto di vista dell’ordine pubblico ma anche per l’impatto sul sistema socio-sanitario. Allo stesso tempo, la normativa regionale, riconosciuta come legittima dal Giudice delle Leggi, non potrà non operare come limite con cui dovrà misurarsi in futuro il legislatore statale, evitando di disciplinare determinati aspetti o introducendovi solo disposizioni cedevoli[35].

3. La legge regionale piemontese del 2016 e le prevalenti esigenze della tutela “dal” gioco d’azzardo.

Dopo la riforma del Titolo V della Costituzione ma, soprattutto, in seguito all’avallo della Corte costituzionale che, a partire dal 2011, ha riconosciuto il loro ambito di competenza, nello scorso decennio le Regioni sono intervenute per disciplinare con apposte leggi il contrasto al gioco d’azzardo patologico[36].

Come in riferimento ad altri ambiti, pur nella generalizzata adesione all’intento di normare un settore percepito come meritevole di una disciplina conforme alle peculiarità locali, le modalità in cui questo è avvenuto non sono risultate omogenee fra le diverse Regioni. In talune di esse, fra cui il Piemonte, sono stati approvati provvedimenti più articolati, che prevedono strumenti di programmazione spesso integrata (Emilia-Romagna, Lazio, Marche, Molise), la divisione dei compiti tra i diversi soggetti coinvolti, fra cui le ASL (Basilicata, Liguria, Lombardia, Marche, Puglia, Veneto), forme di aiuto per le persone affette da dipendenza (Lazio; Puglia, ove vi provvedono associazioni di mutuo aiuto); in altre la normativa è più sbrigativa.

A parte l’estensione e il carattere più o meno dettagliato delle leggi, la disciplina regionale – a sua volta ispiratasi a quella comunale – non denota però sostanziali differenze, a partire dalla finalità, condivisa dalla quasi totalità dei provvedimenti, che pare essere quella di disincentivare, più che di regolare, giochi d’azzardo e scommesse[37].

Oltre ai divieti relativi alla pratica del gioco in determinati luoghi o per determinate categorie di soggetti e alla relativa pubblicità, la maggior parte delle leggi regionali è intervenuta, come anticipato nel paragrafo precedente, sugli aspetti concernenti le distanze degli esercizi dai luoghi sensibili, riconoscendo talvolta ai Comuni la facoltà di disporre limitazioni ulteriori. In alcuni casi le Regioni hanno previsto azioni di sensibilizzazione e contrasto alla dipendenza, talvolta disciplinate in modo piuttosto dettagliato, talaltra solo accennate; spesso hanno istituito elementi simbolici, come il logo o marchio regionale, la Giornata dedicata o, come in altri settori, appositi Osservatori e previsto incentivi per gli esercizi che non rendano possibile il gioco al loro interno[38].

In questo quadro si è inserito il primo intervento organico della Regione Piemonte, attuato con la legge 9/2016, Norme per la prevenzione e il contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico e incastonato in un più ampio programma politico che ha portato all’approvazione di una serie di leggi in materia di sanità e assistenza sociale[39].

Per quanto concerne gli obiettivi della normativa, dichiarando di disporre nell’alveo delle competenze regionali in materia di tutela della salute e politiche sociali, la legge enuncia fra le sue finalità la prevenzione del GAP, la tutela delle fasce più deboli e vulnerabili della popolazione e il contenimento dell’impatto delle attività connesse al gioco lecito sulla sicurezza urbana, la viabilità, l’inquinamento acustico e la quiete pubblica (art. 1 c. 1).

In attuazione degli obiettivi prefissati, la Regione promuove interventi finalizzati: «a) alla prevenzione ed al contrasto del gioco d’azzardo in forma problematica o patologica, nonché al trattamento terapeutico ed al recupero dei soggetti che ne sono affetti ed al supporto delle loro famiglie…; b) alla diffusione ed alla divulgazione dell’utilizzo responsabile del denaro…; c) al rafforzamento della cultura del gioco misurato, responsabile e consapevole, e al contrasto, alla prevenzione ed alla riduzione del rischio della dipendenza dal gioco; d) a stabilire misure volte al contenimento dell’impatto negativo delle attività connesse alla pratica del gioco sul tessuto sociale, sull’educazione e formazione delle nuove generazioni» (art. 1 c. 2).

Poste alcune premesse di carattere definitorio (art. 2), la legge si sofferma quindi in modo più dettagliato sui compiti demandati alla Regione, affidando la progettazione delle azioni in materia al Piano integrato per il contrasto, la prevenzione e la riduzione del rischio della dipendenza dal gioco d’azzardo patologico, di durata triennale, approvato dal Consiglio su proposta della Giunta.

Fra i contenuti di questo atto rientra la promozione di una serie di interventi fra cui quelli di «prevenzione del rischio della dipendenza dal gioco» mediante iniziative finalizzate, in particolare, ad accrescere fra la popolazione la consapevolezza del fenomeno e dei relativi rischi e le informazioni sugli strumenti per aiutare chi ne sia coinvolto; di formazione e aggiornamento obbligatorio per i gestori e il personale operante nel settore (le cui spese sono a carico dei gestori, art. 9); la previsione (da pubblicizzare sugli apparecchi per il gioco) di uno specifico servizio di assistenza telefonica (art. 3 c. 1).

Fedele all’approccio basato sul principio di sussidiarietà (in entrambe le sue accezioni) che caratterizza il modus operandi del Piemonte, la legge prevede che la Regione può «stipulare convenzioni ed accordi con i comuni, in forma singola od associata, le aziende sanitarie locali (ASL), i soggetti del terzo settore e gli enti accreditati per i servizi nell’area delle dipendenze», ma anche con le associazioni dei consumatori e degli utenti, le associazioni di categoria delle imprese e degli operatori di settore (art. 3 c. 2), delle quali si impegna a promuovere le iniziative (art. 4 c. 1).

Ancora, la Giunta è incaricata di predisporre i contenuti grafici del marchio regionale “Slot no grazie”, da rilasciare agli esercenti, menzionati in un apposito albo, che scelgono di non installare o di disinstallare apparecchi per il gioco, scelta considerata altresì requisito essenziale, sempre nell’ottica di disincentivare la prassi in esame, nella concessione di benefici economici. Nei confronti dei locali che possiedono invece tali apparecchi, la Giunta è tenuta a mettere a disposizione materiale informativo sui rischi correlati al gioco e sui servizi di assistenza (art. 4 c. 2, 3, 4).

In analogia con la normativa statale, il provvedimento vieta il gioco ai soggetti minori di anni diciotto (art. 8) e qualsiasi forma di pubblicità dei luoghi e degli apparecchi a questo preposti, impegnando la Regione a rendere operativo il divieto anche sui mezzi di trasporto (art. 7).

Di ancora maggiore impatto sulla pratica del GAP si sono rivelate però le disposizioni volte a circoscriverne l’esercizio con limitazioni e divieti spesso più stringenti di quelli disposti in altre Regioni.

A questo proposito rileva innanzitutto l’art. 5 che, prefiggendosi di tutelare le categorie più vulnerabili e prevenire il disturbo da gioco d’azzardo, interviene sull’ubicazione degli apparecchi per il gioco, vietandone la collocazione a una distanza minima (trecento metri per i Comuni con popolazione fino a cinquemila abitanti e cinquecento metri per quelli con popolazione superiore a tale soglia) da alcuni luoghi sensibili («istituti scolastici di ogni ordine e grado; centri di formazione per giovani e adulti; luoghi di culto; impianti sportivi; ospedali, strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio-sanitario; strutture ricettive per categorie protette, luoghi di aggregazione giovanile ed oratori; istituti di credito e sportelli bancomat; esercizi di compravendita di oggetti preziosi ed oro usati; movicentro e stazioni ferroviarie») e autorizzando i Comuni ad individuare ulteriori luoghi cui applicare tali restrizioni.

I Comuni sono poi tenuti a prevedere limitazioni temporali all’esercizio del gioco, nella misura di almeno tre ore nell’orario di apertura dei locali in cui questo si svolge (art. 6)[40] e, nel rispetto delle competenze degli organi statali e dell’autorità di pubblica sicurezza, a vigilare sull’osservanza delle disposizioni della legge, oltre che a trasmettere alla Giunta regionale gli atti adottati in attuazione della stessa (art. 10).

Sempre ai Comuni spetta l’accertamento e la riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie comminate a chi non osservi quanto previsto sulle distanze dai luoghi sensibili, le limitazioni agli orari di esercizio del gioco, il divieto di pubblicità, l’utilizzo da parte dei minori. Qualora sia invece violato l’obbligo di formazione e aggiornamento, il Comune diffida il gestore in questione e, in caso di suo perdurate inadempimento, dispone la chiusura degli apparecchi (art. 11).

Un altro strumento di contrasto al gioco, estraneo alla legislazione nazionale ma non a quella di altre Regioni[41] e inserito fra le norme transitorie, consiste nel fatto che la legge non rivolge le proprie prescrizioni solo al futuro ma ne estende espressamente l’efficacia agli apparecchi già installati, in relazione ai quali vengono assegnati ai gestori i termini temporali e le condizioni a cui adeguarsi (art. 13).

Secondo il rapporto sull’attuazione del Piano regionale di prevenzione e contrasto al GAP, presentato nel gennaio 2021, i primi anni di applicazione della legge avrebbero prodotto risultati positivi in termini di riduzione dei volumi di gioco fisico e di perdite al gioco, mentre un analogo miglioramento non avrebbe riguardato la dimensione telematica del fenomeno, il cui aumento è stato però sostanzialmente in linea con quello registrato a livello nazionale[42].

4. La legge regionale piemontese del 2021 e il contemperamento fra la “tutela dal” e la “disciplina del” gioco d’azzardo.

Pochi anni dopo l’entrata in vigore della l.r. 9/2016, la Regione Piemonte, mutata la maggioranza politica al governo, ha deciso di intervenire nuovamente sul gioco d’azzardo e ha approvato una legge che, disciplinando a sua volta in modo organico la materia, ha abrogato interamente la precedente.

Sin dalle prime battute del testo emerge che la nuova disciplina, pur riprendendo in buona parte, e ampliando anzi per taluni aspetti, i contenuti di quella già in vigore, si caratterizza per un approccio apparentemente ispirato a una maggiore tolleranza verso il fenomeno del gioco e a una minore severità nella determinazione delle misure ostative alla sua diffusione.

Tale impressione è suscitata innanzitutto sul piano formale dalla stessa denominazione della legge, che, rubricata Contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico, non contiene più quel riferimento alla prevenzione che compariva invece nel titolo della vecchia.

L’impressione è poi avvalorata dall’introduzione, all’art. 2, dei «destinatari» del provvedimento (individuati nei soggetti che si trovano nella condizione di dipendenza da GAP – come definita dall’Organizzazione mondiale della sanità e diagnosticata dalle strutture sanitarie competenti – o dall’utilizzo di nuove tecnologie e social network con vincite in denaro e in coloro che rischiano d’incorrere nelle sopracitate dipendenze, in particolare, minori, giovani e anziani), la cui mancata indicazione nel vecchio testo poteva lasciare dedurre che la legge si rivolgesse alla generalità della popolazione regionale, tutta potenzialmente esposta ai rischi del fenomeno.

Nello stesso senso sembrano deporre le, pur non estese, modifiche apportate alle espressioni oggetto di definizione. Fra queste occorre menzionare innanzitutto l’inserimento del «gioco lecito», prima assente, così come il fatto che il «gioco d’azzardo patologico» viene descritto in termini più restrittivi che nel 2016, laddove alla previsione «la condizione patologica che caratterizza i soggetti affetti da una dipendenza comportamentale da gioco con vincita in denaro, contante o virtuale», analoga a quella di allora, si aggiunge «in grado di compromettere la salute psicofisica e la condizione sociale del singolo individuo e della sua famiglia», parendosi ancora una volta circoscrivere la patologia del gioco solo alle situazioni che costituiscono un rischio per la salute e la condizione sociale; nello stesso senso, nel definire le «sale da gioco» come quei luoghi in cui si svolgono «i giochi leciti» (espressione sostitutiva di quella della vecchia legge «i giochi a rischio di sviluppare dipendenza…»), si precisa «in via esclusiva o prevalente» (art. 3), sembrando non rivolgersi quindi a quegli esercizi in cui la pratica di tale gioco non costituisca l’attività principale[43].

Dal punto di vista delle competenze della Regione, opportunamente riordinate in un unico articolo, la nuova legge riprende la precedente, spesso ampliandone o specificandone meglio i contenuti, nell’assegnarle le funzioni di: programmazione, grazie anche all’apposito Piano[44]; promozione delle iniziative delle associazioni impegnate nel settore, «anche in collaborazione con enti locali, ASL, istituti scolastici e tutti i soggetti interessati presenti sul territorio, compresi i gestori di pubblici esercizi» e delle associazioni di categoria dei gestori di sale da gioco, «che si dotano di un codice etico di autoregolamentazione che li responsabilizza e vincola alla sorveglianza delle condizioni e delle caratteristiche di fragilità dei giocatori, nonché al rispetto della legalità, al fine di prevenire tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata»; promozione dell’informazione e della formazione degli esercenti e dei lavoratori del settore, così come delle forze dell’ordine e degli operatori sociali e sanitari a vario titolo coinvolti; disciplina dei corsi di formazione finalizzati alla prevenzione della dipendenza da GAP, in particolare attraverso il riconoscimento delle situazioni di rischio[45].

Nel vecchio testo non figuravano invece espressamente i compiti, disciplinati dalla nuova, relativi al monitoraggio dei fenomeni di dipendenza dal gioco d’azzardo patologico, mediante un apposito Osservatorio[46] e la collaborazione con gli altri osservatori istituiti a livello regionale e nazionale; il sostegno agli enti del Terzo settore; la progettazione territoriale sociosanitaria sul fenomeno del gioco lecito e del GAP, anche in collaborazione con le aziende sanitarie locali (ASL) e gli enti locali.

Ancora sul fronte istituzionale, la legge prevede, come e forse in misura più accentuata della precedente, il coinvolgimento di altri attori (art. 4 c. 2, c. 4), predisponendo anzi un elenco di «soggetti attuatori», così individuati «a) gli enti locali e le ASL; b) gli enti del terzo settore (d.lgs. 117/2017, art. 4) riconosciuti dalla Regione e gli enti accreditati per i servizi nell’area delle dipendenze; c) le associazioni di rappresentanza delle imprese e degli operatori di settore; d) le associazioni di tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti; e) gli enti di ricerca pubblici incaricati dalla Regione di effettuare studi sul fenomeno in esame nel territorio» (art. 5).

Le disposizioni successive rafforzano ulteriormente l’approccio sinergico, prevedendo la collaborazione non solo con gli enti locali, definiti, in base al principio di sussidiarietà di cui all’art. 118 Cost., «competenti in via generale all’attuazione della legge» e preposti in particolare alla promozione di iniziative e attività volte a prevenire e contrastare la diffusione delle dipendenze da gioco (art. 17), ma anche con quelli del Terzo settore (art. 15) e con le ASL[47].

La legge riprende in parte la vecchia (e la normativa statale) nell’affidare alla Regione alcuni strumenti di contrasto al fenomeno (diffusione di materiale informativo predisposto dalle ASL fra gli esercenti, divieto di uso degli spazi pubblicitari, concessione di benefici in via preferenziale agli esercizi che non contengano apparecchi o distribuiscano materiale informativo sui rischi legati al GAP, artt. 11, 21; negazione, anche attraverso convenzioni con enti locali, del patrocinio agli eventi che pubblicizzino attività che, benché lecite, possano favorire la dipendenza dal GAP, art. 13). Ulteriori benefici vengono garantiti ad aziende o a progetti che si prefiggano attività di informazione (art. 22). A proposito degli incentivi nessuna delle due versioni della legge piemontese ha previsto di utilizzare a tale scopo l’aliquota IRAP, disponendone una riduzione per gli esercizi che non dispongano o rimuovano gli apparecchi o un aumento per quelli che invece ne dispongano, come scelto invece da altre Regioni.

Fra le iniziative di nuova introduzione, la legge contempla quelle contro l’usura (alla quale potrebbero ricorrere i soggetti affetti da dipendenza da GAP) prevedendo, con il coinvolgimento dell’Osservatorio competente, campagne di informazione sia nelle scuole, sia, in collaborazione con le Camere di commercio, nei confronti degli esercenti e la diffusione della cultura dell’utilizzo corretto del denaro (art. 14)[48].

Una nota caratteristica di questa legge si può poi ravvisare nel tentativo di rivolgere la sua tutela in particolare ai minori. Oltre a ribadire i divieti già disposti nel 2016 (e a livello nazionale), supportandoli con maggiori dettagli ad esempio sulle modalità di verifica dell’età, il testo pone in capo agli istituti di istruzione la predisposizione di iniziative volte a rappresentare agli studenti «il senso autentico del gioco e i potenziali rischi connessi all’abuso o all’errata percezione del medesimo» e prevede l’organizzazione di lezioni a tema, tenendo conto del metodo della peer education (art. 8, art. 7 c. 5 e 6).

Riproponendo la creazione del logo “Slot, no grazie!”, il nuovo provvedimento dispone che venga scelto in esito a un concorso riservato agli studenti e, come nel precedente, che venga successivamente distribuito dai Comuni a tutti gli esercizi aperti al pubblico che rifiutino o rimuovano l’installazione di apparecchi adibiti al gioco, esercizi censiti in un apposito Albo comunale. Nuova è invece l’idea di dedicare a tale motto anche una giornata, destinata alla sensibilizzazione delle nuove generazioni (art. 9).

Uno degli aspetti più innovativi della disciplina del 2021 rispetto a quella del 2016 concerne però alcuni dei limiti che, come si è avuto modo di vedere, rivestono un ruolo centrale nella normativa sul contrasto al GAP. Le modifiche riguardano due aspetti in particolare e cioè l’ubicazione degli esercizi, che viene assoggettata a regole leggermente più blande sia dal punto di vista della distanza dai luoghi sensibili (scesa, per i Comuni con più di 5.000 abitanti, a 400 metri), sia dal punto di vista dell’elenco di tali luoghi (che, rispetto alla versione previgente, non contempla più scuole primarie; centri di formazione per giovani e adulti; luoghi di culto; impianti sportivi; luoghi di aggregazione giovanile ed oratori; movicentro e stazioni ferroviarie) e, soprattutto, l’esclusione dalle preclusioni per gli esercizi rispetto ai quali le distanze vengano meno per fatti sopravvenuti (art. 16).

Quanto alle chiusure giornaliere, riducendo la discrezionalità prima attribuita ai Comuni, la nuova legge precisa in quale fascia oraria notturna gli esercizi non possono restare aperti, distinguendo sale gioco e sale scommesse, che beneficiano di un periodo di apertura più lungo, dai punti per il gioco non rientranti in tali categorie, soggetti invece a un regime più severo che contempla anche la chiusura diurna (art. 19)[49]. Vengono inoltre poste delle regole sulle dimensioni dei locali di nuova apertura che ospitano apparecchi da gioco (art. 18).

Anche la legge del 2021 prevede delle sanzioni per il mancato rispetto delle regole concernenti le distanze minime dai luoghi sensibili, le dimensioni dei locali e la frequenza dei corsi di formazione obbligatoria per gli esercenti, che possono portare, nell’ultimo caso, alla chiusura temporanea o definitiva degli apparecchi per il gioco da parte del Comune, cui è affidata la vigilanza sul rispetto delle regole e l’irrogazione delle sanzioni (art. 23).

La clausola valutativa contempla la presentazione della relazione annuale, da parte della Giunta al Consiglio, con contenuti parzialmente diversi dalla normativa previgente ma che, come quelli, alludono alla descrizione in termini numerici del fenomeno del gioco e della rispondenza dei servizi predisposti dalla Regione alle esigenze della popolazione (art. 24).

La legge del 2021 non ha mancato di suscitare il disappunto di coloro che, rivendicando i meriti di quella abrogata[50], hanno posto l’accento su due aspetti in particolare, suscettibili entrambi di portare a un’espansione del gioco d’azzardo. Il primo attiene alla già menzionata attenuazione dei divieti concernenti le distanze dai luoghi sensibili; il secondo si appunta sul tentativo di vanificare gli effetti di riduzione del fenomeno prodotti durante la vigenza della l.r. 9/2016, attraverso la previsione espressa del fatto che le sale gioco e scommesse che avevano dismesso gli apparecchi dopo la sua entrata in vigore avrebbero potuto rivolgere istanza di reinstallazione, la cui accoglienza sarebbe stata subordinata al mancato superamento del numero massimo di esercizi presenti allora (art. 26)[51].

5. Poliedricità del gioco d’azzardo e ruolo delle Regioni.

Al crocevia fra principi e valori diversi, talvolta anche divergenti, la disciplina del gioco d’azzardo si trova oggi affidata in Italia a una pluralità di enti regolatori che, con l’avallo dei giudici costituzionale e amministrativi, si spartiscono alcuni aspetti della materia e ne condividono altri, non senza, a volte, contenderseli.

La stratificazione normativa e giurisprudenziale sul tema rivela infatti un’evoluzione che è andata nel senso di ampliare sia gli ambiti materiali di riferimento che, non includendo più solo la sfera economica e dell’ordine pubblico, sono ricondotti oggi a titoli competenziali come la tutela della salute e il governo del territorio, sia i soggetti chiamati a regolarli, che vedono lo Stato affiancato dall’attività, spesso solerte, delle autonomie territoriali.

Le Regioni, in particolare, hanno dato prova della consapevolezza della necessità di intervenire sul gioco d’azzardo nell’intento di prevenire e contrastare un fenomeno potenzialmente molto nocivo per la popolazione, con particolare riferimento ad alcune sue frange, prevedendo strumenti in parte già tratteggiati dalla disciplina statale (a volte anticipati dagli enti locali) e adattandoli alle esigenze locali[52].

Anche la Regione Piemonte non si è sottratta a tale incombenza, facendovi anzi fronte per ben due volte nell’arco di pochi anni.

Come si è cercato di fare emergere in queste note, nonostante i numerosi punti di contatto fra i due interventi, le principali differenze concernono il fatto che mentre il primo si è caratterizzato per aver assegnato un peso preponderante alle esigenze della tutela della salute, a scapito degli interessi economici sottesi alla materia (ascrivibili alle categorie professionali coinvolte nel settore e, da ultimo, allo stesso erario statale), il secondo denota la volontà di operare un bilanciamento più neutro fra i diversi oggetti meritevoli di protezione o, comunque, di considerazione, sacrificando eventualmente quella più ampia tutela che la prima legge riconosceva ad alcuni di essi.

In proposito, i detrattori della legge del 2021 le rimproverano infatti di mirare a vanificare gli effetti riduttivi del numero degli esercizi abilitati all’offerta del gioco che la precedente aveva (o avrebbe, una volta portato a termine il periodo transitorio) invece prodotto, aprendo così il varco a una nuova potenziale espansione del fenomeno, la cui prospettiva ha alimentato l’accesa opposizione di alcune forze politiche che hanno contrastato il nuovo atto nelle fasi della sua approvazione[53] e ne hanno accolto freddamente l’entrata in vigore.

I sostenitori del parziale revirement operato dal legislatore regionale – oltre a richiamare la constatazione, non certo priva di fondamento, per cui le regole dovrebbero incidere sull’attività ludica anche nella sua dimensione telematica che, come sempre avviene quando si parla della rete, più facilmente sfugge alle previsioni legislative – attribuiscono invece al nuovo atto il merito di aver operato un più ragionevole bilanciamento fra tutti gli interessi coinvolti che vedono, accanto alla preoccupazione di derive sul fronte penale o per la salute degli individui, le aspettative economiche di chi nel gioco d’azzardo è impegnato dal punto di vista professionale[54]. In questo, le scelte del legislatore piemontese parrebbero ricalcare quelle adottate dallo Stato, cui si rimprovera di aver disciplinato l’offerta del gioco senza aver tenuto in sufficiente considerazione il limite dell’utilità sociale, perseguendo invece il fine di realizzare degli utili[55] che vengono però di fatto vanificati dalle perdite indirettamente causate alle casse pubbliche dalle spese di carattere sociosanitario, nonché dalla riduzione della capacità contributiva e del reddito[56] di coloro che nel gioco d’azzardo trovano non solo un passatempo ma una fonte di dipendenza patologica.

Lo spazio rilevante riconosciuto alle Regioni in materia affonda le sue radici in alcuni titoli competenziali che, pur consentendo loro di prendere in considerazione tutti gli interessi coinvolti, inclusi quelli di carattere lavoristico ed economico, ne invocano un ruolo prevalentemente rivolto alla tutela socio-sanitaria della maggioranza dei cittadini. In questo senso depone la giurisprudenza costituzionale che, come principale fondamento per l’intervento degli enti territoriali, richiama costantemente la tutela della salute, concordemente intesa come comprensiva del benessere fisico e psichico ma anche di quel diritto all’ambiente salubre che, condizionando in maniera rilevante il benessere, può a sua volta vantare una dimensione non ancorata esclusivamente a parametri di tipo fisico o naturalistico ma collegata anche alle dinamiche di carattere sociale in cui gli individui si trovano a compiere le proprie scelte e ad affrontare i relativi rischi.

Sarebbe allora opportuno che il legislatore regionale, forte di queste prerogative nonché di una conoscenza del territorio e delle sue problematiche più approfondita e capillare di quella dello Stato, le indirizzasse soprattutto verso il perseguimento del bene della popolazione, ponendo in secondo piano altre tipologie di interessi o aspettative che pur trovano il fondamento della loro tutela nella Carta costituzionale[57], anche a costo di incidere su quel diritto all’autodeterminazione degli individui che riveste un peso sempre maggiore nelle scelte di carattere sanitario.

A questo fine il tipo di bilanciamento operato dalla legge piemontese del 2016, che aveva infatti prodotto risultati positivi in termini di riduzione dei volumi del gioco d’azzardo, sembrava rispondere meglio di quello promosso dalla nuova disciplina che, pur perseguendo l’obiettivo legittimo di tutelare anche gli interessi delle categorie professionali impegnate nel settore, rischia di produrre un nuovo aumento del fenomeno e delle sue derive patologiche, probabilmente non compensato in modo adeguato dai vantaggi che ne conseguiranno sul fronte occupazionale.

  1. Professore associato di Istituzioni di diritto pubblico presso l’Università degli Studi di Torino.
  2. Perlingieri P. (2001), Art. 32, in Commentario alla Costituzione italiana, II ediz. aggiornata, Napoli, ESI, p. 203 s. Sulla necessità, condivisa da dottrina e giurisprudenza, di includere entrambe le dimensioni, fisica e mentale, nel diritto alla salute v. anche Luciani M., Diritto alla salute, in Enc. Giur. Treccani, vol. 32, p. 5.
  3. R.d. 18 giugno 1931, n. 773, Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. Fra gli altri interventi statali è opportuno ricordare quelli relativi alla previsione dei reati collegati al gioco d’azzardo (artt. 718 ss. c.p.) e alla disciplina del prelievo erariale sullo stesso.
  4. D.lgs. 14 aprile 1948, n. 496, Disciplina delle attività di giuoco, su cui di recente v. amplius Roma M. (2021), La Consulta sulla c.d. proroga tecnica per gli operatori del gioco lecito nella Legge di Bilancio 2018. Lo scrutinio “a maglie larghe” della Corte nella sentenza 49/2021, tra esigenze di finanza pubblica e libertà di iniziativa economica privata, in Consulta online, n. 2, p. 649 s.
  5. D.l. 3 settembre 2012, n. 158, Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute, convertito in l. 189/2012. L’articolo è stato abrogato dalla l. 208/2015, art. 1 c. 554.
  6. DPCM 12 gennaio 2017, Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, artt. 28 e 35. La quarta edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, c.d. DSM IV, annoverava il gioco d’azzardo patologico fra i «Disturbi del controllo degli impulsi non classificati altrove», definendolo un comportamento di gioco persistente, ricorrente e maladattivo che compromette le attività personali, familiari o lavorative. L’edizione successiva, DSM V, lo ha riclassificato nell’area delle dipendenze, denominandolo «disturbo da gioco d’azzardo».
  7. A questo proposito, la Corte costituzionale (sent. 185/2021) ha recentemente dichiarato illegittimo l’art. 7 c. 6, secondo periodo, del decreto nella parte in cui prevedeva la sanzione per la mancata osservazione degli obblighi informativi statuiti dal precedente c. 5, senza la possibilità di graduarla in base alle circostanze del caso, fra cui le dimensioni e l’ubicazione degli esercizi, per la violazione dell’art. 3 Cost., in combinato disposto con gli artt. 42 e 117 c. 1 Cost., in relazione all’art. 1 Prot. addiz. CEDU, mentre è stata ritenuta assorbita la questione relativa all’art. 41 Cost.
  8. In proposito l’art. 7 c. 10 prevedeva che «L’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e, a seguito della sua incorporazione, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, tenuto conto degli interessi pubblici di settore, sulla base di criteri, anche relativi alle distanze da istituti di istruzione primaria e secondaria, da strutture sanitarie e ospedaliere, da luoghi di culto, da centri socio-ricreativi e sportivi, definiti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata, di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, provvede a pianificare forme di progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco praticato…». La disposizione estende l’applicazione delle pianificazioni distanziali solo alle concessioni bandite dopo l’entrata in vigore della legge di conversione, così operando, secondo De Giorgi M. (2019), Solo solide argomentazioni giuridiche possono limitare il diritto al gioco e alla scommessa. Alcuni dubbi su un recente orientamento del Consiglio di Stato, in Vita notarile, n. 1, p. 45, un corretto bilanciamento fra i contrapposti interessi in gioco.
  9. Il trasferimento è stato disposto dalla l. 23 dicembre 2014, n. 190, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015), art. 1 c. 133. Attualmente denominato Osservatorio per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave, l’organo vanta fra le prime attività l’approvazione del Piano d’azione nazionale 2013-2015, rivolto alla prevenzione delle problematiche connesse al gioco, v. https://www.salute.gov.it/portale/p5_2.jsp.
  10. L. 11 marzo 2014, n. 23, Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita, art. 14 c. 1 e 2, a.
  11. L’intesa (Intesa ai sensi dell’art. 1 c. 936 della l. 208/2015 tra Governo, regioni ed enti locali, concernente le caratteristiche dei punti di raccolta del gioco pubblico, Rep. Atti n. 103/Cu), approvata il 7.9.2017, era destinata ad essere recepita in un decreto ministeriale poi non adottato. Al punto 2 il documento stabilisce che «le regioni e gli enti locali (…) adotteranno, nei rispettivi piani urbanistici e nei regolamenti comunali, criteri che, tenendo anche conto della ubicazione degli investimenti esistenti, relativi agli attuali punti di vendita con attività di gioco prevalente, con la finalità di garantire la tutela della salute pubblica e della pubblica sicurezza, consentano una equilibrata distribuzione nel territorio allo scopo di evitare il formarsi di ampie aree nelle quali l’offerta di gioco pubblico sia o totalmente assente o eccessivamente concentrata».
  12. Questa è la lettura, condivisibile, data al provvedimento da Rospi M. (2020), Il nuovo assetto costituzionale della materia di giochi e scommesse tra competenza dello Stato e competenza delle Regioni e degli altri Enti locali alla luce del principio di proporzionalità, in federalismi, n. 29, p. 174 s.
  13. D.l. 24 aprile 2017, n. 50, Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo, convertito nella l. 96/2017, art. 6bis.
  14. L. 27 dicembre 2017, n. 205, Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020 (legge di stabilità per il 2018), art. 1 c. 1049.
  15. D.l. 12 luglio 2018, n. 87, Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese, convertito in l. 96/2018, art. 9 c. 6bis.
  16. L. 30 dicembre 2018, n. 145, Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021.
  17. D.l. 26 ottobre 2019, n. 124, Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili, convertito in l. 157/2019, art. 27 e l. 27 dicembre 2019, n. 160, Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, art. 1 c. 727 ss.
  18. Ministero della Salute, Direzione generale per la prevenzione sanitaria (direttore Giovanni Rezza). La riunione dell’Osservatorio per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave si è svolta il 23.6.2021.
  19. Decreto 16 luglio 2021, n. 136, Regolamento recante adozione delle linee di azione per garantire le prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette dal gioco d’azzardo patologico, che suggerisce alle Regioni di procedere favorendo l’integrazione fra soggetti pubblici ed enti privati.
  20. Massavelli M. (2021), Interventi in materia di ludopatia: la limitazione degli orari di gioco [Nota a sentenza: TAR UM Perugia, sez. I, 29 luglio 2020, n. 343], in Disciplina del commercio e dei servizi, p. 63 ss.
  21. Scagliarini S. (2017), Rien ne va plus: la Consulta conferma la competenza regionale
  22. sulla ubicazione delle slot machines, in Le Regioni, p. 1085.
  23. Fra i molti Lipari M. (2020), Gioco d’azzardo, poteri amministrativi e tutela della salute: l’evoluzione della normativa e della giurisprudenza, in Corti Supreme e salute, n. 1, pp. 286 ss.; Linguanti S. (2020), in Disciplina del commercio e dei servizi, n. 3, pp. 132 ss. A detta di Cecere A.M. (2019), Dalla tutela dell’interesse della comunità locale alla tutela dei diritti. Il sindacato del giudice amministrativo sugli atti di prevenzione del gioco d’azzardo, in Munus, n. 1, p. 339, la recente giurisprudenza amministrativa (soprattutto su orari di apertura e localizzazione), condizionata anche da quella costituzionale, sarebbe stata propensa a cogliere la finalità di tutela della parte debole, cioè della persona esposta al rischio d’incorrere nella ludopatia, perseguita dagli enti locali.
  24. In proposito Macchia M. (2020), Il regime concessorio dei giochi e delle scommesse pubbliche, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, p. 1042, ricorda che nel nostro Paese il gioco d’azzardo non è riservato alla libertà d’impresa, ma soggetto al regime concessorio sia per ragioni di carattere economico, sia per tutelare interessi pubblici come la prevenzione da interferenze della criminalità organizzata, la diffusione di fenomeni illegali, gli incentivi alla moralità.
  25. Secondo Brancasi A. (1985), Una brutta sentenza in tema di casinò ed una occasione perduta per la finanza regionale, in Le Regioni, p. 1068, in questa pronuncia la Corte avrebbe anzi operato «una sorta di supplenza del legislatore».
  26. Morone F.A. (2003), Case da giuoco: una disorganicità normativa compatibile con la Costituzione, in Giurisprudenza costituzionale, p. 3933, nota come dalle sentenze 152/1985 e 438/2002 emerga sostanzialmente la «disorganicità vigente in materia di deroga» agli art. 718 ss. c.p. Sempre a commento della sent. 438/2002 Vedaschi A. (2003), La gestione del casinò di Saint-Vincent spetta alla Regione, in Giurisprudenza costituzionale, pp. 444 s., osserva come i rilievi della Corte costituzionale e forse l’esempio di altri ordinamenti dell’UE, in cui le case da gioco costituiscono invece oggetto di una più ordinata disciplina, avrebbero incoraggiato anche in Italia la presentazione di diverse proposte di legge, il cui iter non è stato però portato a termine.
  27. Giuffrè F. (2004), Vecchi privilegi e nuovi moniti nella questione delle case da gioco “autorizzate”, in forumcostituzionale.it, sottolinea come anche in questa pronuncia la Corte ricordi che le differenze fra le persone e le loro attitudini devono indurre il legislatore alla prudenza nella formulazione dei giudizi di disvalore su cui basa le norme.
  28. In tal senso v. anche Angelini F. (2012), Quando non bastano le “regole del gioco” la Corte fa “ordine”. Note a margine della sentenza n. 300 del 2011, in Rivista Aic, n. 1, p. 4 s., secondo la quale l’intervento provinciale si sarebbe rivelato rafforzativo delle esigenze di ordine pubblico tutelate dallo Stato.
  29. A commento della sopracitata sent. 237/2006, Bonetti P. (2006), La giurisprudenza costituzionale sulla materia “sicurezza” conferma la penetrazione statale nelle materie di potestà legislativa regionale, in forumcostituzionale.it, metteva infatti in guardia dal rischio che, se non adeguatamente interpretata, la competenza dello Stato in questa materia si traducesse nell’invasione di sfere riservate alle Regioni.
  30. Rossi S. (2015), Una pronuncia di rigetto in rito e una posta in gioco ancora da definire: i sindaci no slot e i loro poteri, in Le Regioni, p. 432.
  31. La Corte ha avuto modo di ribadire tale definizione della materia in riferimento a fattispecie diverse (nella pronuncia in commento vengono richiamate le sent. 118/2013, 35/2011, 129/2009), spesso per sottrarle espressamente alla competenza regionale. Sul punto v., fra gli altri, Amorosi M.C. (2020), L’ordine pubblico e le tutele costituzionali, in Rivista del Gruppo di Pisa, n. 3, p. 30.
  32. Ben lo rileva Scagliarini S. (2017), Rien ne va plus: la Consulta conferma la competenza regionale sulla ubicazione delle slot machines, cit., p. 1087.
  33. De Maria B. (2019), Il gioco preso sul serio: la lotta alle ludopatie tra competenze statali e regionali, in Giurisprudenza costituzionale, pp. 1172, 1174.
  34. Longo E. (2018), La “ludopatia” e il contrasto al gioco d’azzardo nell’ultima legislazione regionale: un esame a partire da due recenti leggi toscane, in Osservatorio sulle fonti, n. 2, p. 6. Per quanto in particolare concerne l’oggetto del contendere, l’inclusione delle caserme fra i luoghi sensibili risponde a finalità di tutela della salute in quanto esse costituiscono luoghi di aggregazione di soggetti che non possono considerarsi meno esposti ai rischi per il solo fatto di appartenere a un corpo militare e, in virtù dell’attività in favore del pubblico, anche di soggetti potenzialmente in difficoltà, Manzione A. (2019), Ancora sulla legittimità costituzionale delle leggi regionali che stabiliscono distanze minime delle sale giochi da “luoghi sensibili”, in Disciplina del commercio e dei servizi, n. 3, pp. 91-93.
  35. Timo M. (2019), La tutela della concorrenza e della salute nella disciplina del gioco lecito, in Diritto amministrativo, n. 2, p. 444.
  36. L.r. Abruzzo 29 ottobre 2013, n. 40, Disposizioni per la prevenzione della diffusione dei fenomeni di dipendenza dal gioco, recentemente abrogata dalla l.r. 7 dicembre 2020, n. 37, Interventi per la prevenzione e il trattamento delle dipendenze patologiche ed altre disposizioni; l.r. Basilicata 27 ottobre 2014, n. 30, Misure per il contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico (G.A.P.); l.r. Basilicata 10 dicembre 2019, n. 28, Istituzione della giornata lucana per la lotta alla dipendenza da gioco d’azzardo; l.p.a. Bolzano 22 novembre 2010, n. 13, Disposizioni in materia di gioco lecito; l.r. Calabria 26 aprile 2018, n. 9, Interventi regionali per la prevenzione e il contrasto del fenomeno della ‘ndrangheta e per la promozione della legalità, dell’economia responsabile e della trasparenza; l.r. Campania 2 marzo 2020, n. 2, Disposizioni per la prevenzione e la cura del disturbo da gioco d’azzardo e per la tutela sanitaria, sociale ed economica delle persone affette e dei loro familiari; l.r. Emilia-Romagna 4 luglio 2013, n. 5, Norme per il contrasto, la prevenzione, la riduzione del rischio della dipendenza dal gioco d’azzardo patologico, nonché delle problematiche e delle patologie correlate; l.r. Lazio 5 agosto 2013, n. 5, Disposizioni per la prevenzione e il trattamento del gioco d’azzardo patologico (GAP); l.r. Liguria 30 aprile 2012, n. 17, Disciplina delle sale da gioco; l.r. Liguria 30 aprile 2012, n. 18, Norme per la prevenzione e il trattamento del gioco d’azzardo patologico; l.r. Lombardia 21 ottobre 2013, n. 8, Norme per la prevenzione e il trattamento del gioco d’azzardo patologico; l.r. Marche 7 febbraio 2017, n. 3, Norme per la prevenzione e il trattamento del gioco d’azzardo patologico e della dipendenza da nuove tecnologie e social network; l.r. Molise 17 dicembre 2016, n. 20, Disposizioni per la prevenzione del gioco d’azzardo patologico; l.r. Piemonte, 2 maggio 2016, n. 9, Norme per la prevenzione e il contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico; l.r. Puglia 13 dicembre 2013, n. 43, Contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico (GAP); l.r. Sardegna 11 gennaio 2019, n. 2, Disposizioni in materia di disturbo da gioco d’azzardo; l.r. Sicilia 21 ottobre 2020, n. 24, Norme per la prevenzione e il trattamento del disturbo da gioco d’azzardo; l.r. Toscana 18 ottobre 2013, n. 57, Disposizioni per il gioco consapevole e per la prevenzione del gioco d’azzardo patologico; l.r. Toscana 30 maggio 2018, n. 27, Prevenzione della ludopatia. Modifiche alla l.r. 57/2013; l.p.a. Trento 22 luglio 2015, n. 13, Interventi per la prevenzione e la cura della dipendenza da gioco; l.r. Umbria 21 novembre 2014, n. 21, Norme per la prevenzione, il contrasto e la riduzione del rischio della dipendenza da gioco d’azzardo patologico; l.r. Valle D’Aosta 15 giugno 2015, n. 14, Disposizioni in materia di prevenzione, contrasto e trattamento della dipendenza dal gioco d’azzardo patologico. Modificazioni alla legge regionale 29 marzo 2010, n. 11 (Politiche e iniziative regionali per la promozione della legalità e della sicurezza); l.r. Veneto 10 settembre 2019, n. 38, Norme sulla prevenzione e cura del disturbo da gioco d’azzardo patologico.
  37. Secondo Bifulco R. (2015), I giochi pubblici tra Stato e Regioni, in confronticostituzionali.eu, p. 3, pur nella somiglianza fra i provvedimenti regionali, emergerebbe invece una profonda differenziazione di disciplina, accentuando ulteriormente la carenza del coordinamento statale.
  38. Sul punto sia consentito rinviare a Cerruti T. (2020), Regioni e indirizzo politico: un itinerario tormentato. Le scelte in materie di istruzione e assistenza sociale, Napoli, ESI, p. 418 ss.
  39. In proposito v. Bertolino C. (2019), Un bilancio della X Legislatura piemontese e un auspicio per la nuova, in Il Piemonte delle Autonomie, n. 2. Benché sia considerato come un vizio che colpisce di più le fasce giovani della popolazione, la l.r. Piemonte 9 aprile 2019, n. 17, Promozione e valorizzazione dell’invecchiamento attivo, contempla la prevenzione e il contrasto della dipendenza da GAP fra gli obiettivi della formazione destinata alle persone anziane.
  40. A proposito degli orari, il TAR Piemonte (sent. 17/2019) ha riconosciuto la legittimità di un provvedimento adottato dal Sindaco di un Comune della Città metropolitana di Torino (Leinì), che disponeva alcuni limiti all’utilizzo di apparecchiature videoludiche, richiamando e condividendo (in riferimento al motivo di impugnazione concernente la violazione dell’art. 41 Cost.), la consolidata giurisprudenza che, in tema di ludopatia, considera le esigenze del diritto alla salute prevalenti su quelle della libertà di iniziativa economica, a commento della quale v. le osservazioni di Magrassi A. (2019), Il TAR Piemonte si pronuncia in favore dei limiti orari imposti alle sale-gioco (nota alla sentenza 3 gennaio 2019, n.17), in Il Piemonte delle Autonomie, n. 1.
  41. Sul punto v. amplius Marotta G. (2019), Gli interventi di contrasto del disturbo da gioco d’azzardo (DGA): analisi della normativa e della giurisprudenza, in Corti supreme e salute, n. 1, p. 168.
  42. Il documento, Le politiche di prevenzione e contrasto al gioco d’azzardo patologico in Piemonte. L’evoluzione del fenomeno, l’attuazione della legge regionale n. 9/2016 e le attività del piano triennale, in https://www.avvisopubblico.it/home/wp-content/uploads/2021/01/Report-Giunta-Regionale-Gioco-Azzardo-gennaio-2021.pdf, è stato redatto a cura di vari soggetti impegnati nell’attuazione del Piano regionale di prevenzione e contrasto al gioco d’azzardo patologico, fra cui alcune Direzioni regionali, l’Osservatorio epidemiologico per le dipendenze e l’IRES Piemonte.
  43. Fra le espressioni oggetto di definizione viene aggiunta «strutture ricettive per categorie protette», destinate a gruppi di persone in situazione di bisogno.
  44. Il Piano ripropone a sua volta in parte i contenuti di quello previsto nel 2016.
  45. I corsi sono disciplinati con deliberazione della Giunta regionale. Con il personale formato si mira poi a favorire la realizzazione di un test di verifica che permette una concreta valutazione del rischio di dipendenza. I gestori di sale da gioco e tutto il personale ivi operante sono tenuti a frequentare i corsi di formazione, con cadenza biennale, da effettuarsi entro sei mesi dall’apertura dell’attività.
  46. Una novità della legge del 2021 è costituita, sul fronte istituzionale, dalla previsione di una sezione sul GAP presso l’Osservatorio epidemiologico delle dipendenze patologiche (art. 10).
  47. A questo proposito, la legge autorizza la Giunta, fino alla «definitiva introduzione nei livelli essenziali di assistenza delle prestazioni relative al gioco d’azzardo patologico», a promuovere iniziative nei confronti delle persone affette da GAP, intervenendo su più livelli (prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione), anche in via sperimentale e avvalendosi di un apposito Sistema informativo per il monitoraggio (art. 20).
  48. Nella Regione Lazio è stata approvata la l.r. 3 novembre 2015, n. 14, Interventi regionali in favore dei soggetti interessati dal sovraindebitamento o vittime di usura o di estorsione, che esclude dal sostegno alle vittime di usura le piccole e medie imprese dedite al gioco d’azzardo e dispone la promozione di studi e ricerche sul legame fra la pratica di tale gioco e l’usura.
  49. Su questo aspetto, la legge è stata modificata dalla successiva l.r. Piemonte 19 ottobre 2021, n. 25, Legge annuale di riordino dell’ordinamento regionale anno 2021, art. 113, che ha esteso la chiusura degli altri punti da gioco dalle dieci ore giornaliere, originariamente previste, a dodici ore e mezzo, di cui dieci ore e mezzo consecutive dalle 23.00 alle 9.30 e ha anticipato di mezz’ora la chiusura obbligatoria durante il periodo di uscita dalle scuole (dalle 12.30 alle 14.30).
  50. Gli effetti positivi della vecchia legge nel perseguimento della finalità del contrasto al gioco d’azzardo sono messi in evidenza nel documento di IRES Piemonte a cura di Aimo N., Sisti M. (2019), 10 Numeri sul gioco d’azzardo in Piemonte, in Note brevi sul Piemonte, n. 1. I dati, aggiornati al 2019, rilevano che dopo il 2016 si è assistito ad una talvolta consistente diminuzione del numero degli apparecchi, dei volumi di gioco e delle perdite monetarie. Sul punto v. anche le cronache riportate in e in /www.quotidianocanavese.it-il-gioco-d-azzardo-cala-dell-11-30953. I risultati favorevoli della normativa del 2016 sono stati anche richiamati dal direttore di IRES Piemonte Vittorio Ferrero nel corso dell’audizione sul disegno della legge del 2021 svolta dalle Commissioni Attività produttive, Sanità e Legalità il 10.6.2021, v. http://www.cr.piemonte.it/web/comunicati-stampa/comunicati-stampa-2021/517-giugno-2021/10194-gioco-legale-audizione-ires.
  51. L’istanza di reinstallazione può essere avanzata (sempre entro la fine del 2021) anche dai titolari di autorizzazione che abbiano dismesso apparecchi per il gioco. I più recenti eventi sembrerebbero però denotare l’affermazione di un’interpretazione restrittiva di questa disposizione, cfr. Luise C., Niente slot all’interno dei bar, l’altolà degli uffici regionali, in La Stampa, 18.11.2021. Per l’attuazione della legge è stata prevista l’istituzione di un apposito organo, v. D.D. 16 settembre 2021, n. 510, Istituzione del Gruppo di lavoro interdirezionale ”Contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico (GAP)”, in BUR Piemonte 40/2021.
  52. Mette bene in luce la diversità degli obiettivi perseguiti da Regioni e Comuni rispetto allo Stato Sciarabba V. (2020), Spunti di indagine e di riflessione sulle e dalle misure comunali e regionali di contrasto “totale” al gioco d’azzardo (e alla pandemia) nella prospettiva costituzionale, in Consulta online, p. 86.
  53. Il travagliato iter che ha portato all’adozione della nuova legge viene ben illustrato da Sorrentino E. (2021), La tormentata approvazione della legge regionale sul gioco legale, in questo numero de Il Piemonte delle Autonomie.
  54. Comunicato stampa Giunta regionale Piemonte, Contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico, 8.7.2021, in http://www.regioni.it/dalleregioni/2021/07/08/contrasto-alla-diffusione-del-gioco-dazzardo-patologico/; v. quanto dichiarato dagli assessori alla sicurezza Ricca e alle attività produttive Tronzano a margine dell’approvazione del nuovo atto, in https://www.regione.piemonte.it/web/pinforma/notizie/cambia-legge-sul-gioco-dazzardo-patologico. La consapevolezza del rischio rappresentato dalla rete emerge bene dallo studio coordinato da Rolando S. (2021), “Perciò è azzardo: perché non sai cosa trovi”. Il rapporto tra videogiochi e gioco d’azzardo nella prospettiva dei giovani gamer, IRES Piemonte, che registra il processo di convergenza fra videogiochi e giochi d’azzardo.
  55. Cosulich M. (2018), “Fatti più in là/così vicino mi fai turbar”. La distanza delle sale scommesse dai luoghi sensibili in alcune recenti pronunce del Consiglio di Stato, in Corti Supreme e salute, n. 1, p. 7.
  56. Chieppa R. (2017), Gioco d’azzardo: rischi e pericolosi ritardi e timidezza dello Stato e competenza delle Regioni e Comuni nelle azioni di contrasto alle dilaganti patologie (ludopatia o gap), in Giurisprudenza costituzionale, n. 3, pp. 1122, 1125.
  57. Secondo Simoncini A., Longo E. (2006), Art. 32, in Commentario alla Costituzione, a cura di Bifulco R., Celotto A., Olivetti M., Torino, UTET, p. 671, l’elenco dei limiti all’iniziativa economica di cui all’art. 41 c. 2 costituirebbe un esempio di quei bilanciamenti in cui il diritto alla salute funge da “controlimite” o “moltiplicatore”. Sulla stessa linea, Ferrara R. (1997), Salute (diritto alla), in Dig. Disc. Pubbl., vol. XIII, Torino, UTET, p. 526, osserva che al contrario della libertà economica, che «non si presenta alla stregua di una situazione giuridica soggettiva connotata da caratteri di assolutezza e quindi di inviolabilità», il diritto alla salute è «assoluto e primario – e dunque inviolabile» e quindi inevitabilmente gerarchicamente sovraordinato alla prima.