Il Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti Urbani e di Bonifica delle Aree Inquinate (PRUBAI) nel paradigma dell’economia circolare e della sostenibilità ambientale

Anna Porporato[1]

(ABSTRACT)

Il contributo analizza, in particolare alla luce dei principi dell’economia circolare e del rispetto della gerarchia delle priorità nella gestione dei rifiuti, il Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Urbani e di Bonifica delle Aree Inquinate (PRUBAI), approvato dal Consiglio regionale del Piemonte con la Deliberazione, n. 277 –11379 del 9 maggio 2023. Si dà conto degli obiettivi prefissati nel Piano di gestione dei rifiuti urbani e delle azioni da intraprendere per la loro realizzazione, tra le quali in particolare la promozione dell’ecoprogettazione, la diffusione delle certificazioni ambientali, il ricorso ai sistemi di responsabilità estesa del produttore. Con riguardo al Piano di bonifica delle aree inquinate si sottolineano l’importanza dello strumento dell’Anagrafe regionale dei siti contaminati e l’esigenza di una sua revisione e si esamina la disciplina dei siti orfani sotto i profili interessati dalle recenti riforme legislative. Il PRUBAI è stato sottoposto a Valutazione ambientale strategica, al fine di verificarne l’incidenza sulle componenti ambientali e adottare le eventuali misure di mitigazione e compensazione necessarie. Nell’ambito della VAS il Piano è stato oggetto dello studio di incidenza, contenuto nel RA e diretto a verificare potenziali sue interferenze sui siti di Rete Natura 2000 e nelle aree naturali protette.

Sommario:

Sezione I – 1. Economia circolare e gerarchia delle priorità nella gestione dei rifiuti – 2. L’organizzazione della raccolta dei rifiuti. I sistemi di raccolta. La caratterizzazione dei rifiuti – 3. Quadro normativo di riferimento e obiettivi generali fissati dal PRGRU – 4. Possibili scenari di Piano e nuovi criteri di localizzazione degli impianti di trattamento e recupero dei rifiuti urbani – 5. Gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio – 6. Certificazioni ambientali – 7. Ecoprogettazione – 8. Prevenzione dei rifiuti alimentari – 9. Coinvogimento degli Enti pubblici territoriali, dei consumatori, delle imprese e delle associazioni – 10. La prevenzione della produzione dei rifiuti nella LCA di un bene – 11. Specifiche misure per la prevenzione della produzione di rifiuti – Sezione II – 1. Piano regionale di bonifica delle aree inquinate – 1. Piano regionale di bonifica delle aree inquinate – 2. Revisione dell’Anagrafe regionale dei siti contaminati – 3. Ordine di priorità degli interventi di bonifica – 4. Bonifica da parte della pubblica amministrazione e siti orfani – 5. Programma di bonifica a breve termine e siti orfani. Piani di gestione dell’inquinamento diffuso. Sezione III – 1. Valutazione ambientale strategica del PRUBAI – 2. Rapporto Ambientale. Incidenza del PRUBAI sulle componenti ambientali – 3. Valutazione di incidenza del PRUBAI – 4. Parere motivato adottato nel procedimento di VAS e Piano di Monitoraggio Ambientale – 5. Riflessioni conclusive

Questa pubblicazione è realizzata nell’ambito del progetto NODES, finanziato dal MUR sui fondi M4C2 – Investimento 1.5 Avviso “Ecosistemi dell’Innovazione”, nell’ambito del PNRR finanziato dall’Unione europea – NextGenerationEU (Grant agreement Cod. n. ECS00000036).

Sezione I

1. Economia circolare e gerarchia delle priorità nella gestione dei rifiuti

Il Consiglio regionale del Piemonte, con Deliberazione, n. 277-11379 del 9 maggio 2023, ha approvato il Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Urbani e di Bonifica delle Aree Inquinate (PRUBAI), costituito dall’Allegato 1, Piano di Monitoraggio Ambientale (PMA), dall’Allegato 1, Titolo 1, relativo alla Gestione dei Rifiuti Urbani e dall’Allegato 1, Titolo 2 relativo alla Bonifica delle Aree Inquinate[2]. Il Consiglio regionale del Piemonte ha, inoltre, preso atto del Rapporto ambientale, della relativa Sintesi non tecnica e della Dichiarazione di sintesi, che insieme compongono l’Allegato 2, e che costituiscono parte integrante del PRUBAI, così come disposto dall’art. 13 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, cosiddetto Codice dell’ambiente[3].

«La Regione Piemonte, con questo Piano, prosegue nel lavoro iniziato nelle precedenti pianificazioni di promozione della transizione da un’economia lineare ad un’economia circolare, facendo propri i principi elaborati a livello europeo e recepiti nella norma nazionale, ponendo una particolare attenzione nel sostenere le azioni tendenti a far rientrare il ciclo produzione-consumo all’interno dei limiti delle risorse del pianeta, riducendo “l’impronta ecologica” nel rispetto del principio di sostenibilità e promuovendo la reimmissione dei materiali trattati nei cicli produttivi, massimizzando, nell’ordine, la riduzione dei rifiuti ed il riciclaggio, privilegiando, nei limiti della sostenibilità economica e sociale, il recupero di materia rispetto al recupero di energia e minimizzando nel tempo, in modo sostanziale, lo smaltimento in discarica»[4].

Le parole riportate, contenute nel Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Urbani, di seguito PRGRU, costituiscono una sorta di “Manifesto” che la Regione Piemonte intende adottare con riguardo alla gestione dei rifiuti. Da tale “Manifesto” emerge con chiarezza che il paradigma su cui si fonda il concetto di economia circolare è rappresentato dal concetto di limite: le risorse del pianeta non sono inesauribili e la natura risponde alla limitatezza delle risorse propria degli ecosistemi naturali trasformando gli elementi della natura nella fase del loro fine vita in risorse, dando vita ad una sorta di circolo virtuoso. E’ proprio il modello della natura e del circolo virtuoso delle sue componenti che è capace di innescare ad aver ispirato l’economia nel cammino intrapreso verso la produzione di beni che possano trasformarsi in risorse e non in fattori di pressione per l’ambiente [5].

Nel piano si mira a realizzare la transizione da un’economia lineare, brown economy, che si fonda su di un modello diacronico, descrivibile secondo la sequenza: estrai, produci, usa, getta[6] ed ispirato al «paradigma meccanicistico», tipico del «mondo come macchina», ad una economia di tipo circolare che al paradigma meccanicistico preferisce il paradigma del «mondo come rete»[7].

Tra le molteplici definizioni di economia circolare si ritiene utile richiamare la definizione più celebre, ossia quella elaborata dalla Ellen MacArthur Foundation, secondo cui l’economia circolare è «un termine generico per definire un’economia pensata per potersi rigenerare da sola. In un’economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera. L’economia circolare è dunque un sistema in cui tutte le attività, a partire dall’estrazione e dalla produzione, sono organizzate in modo che i rifiuti di qualcuno diventino risorse per qualcun altro. Nell’economia lineare, invece, terminato il consumo termina anche il ciclo del prodotto che diventa rifiuto, costringendo la catena economica a riprendere continuamente lo stesso schema: estrazione, produzione, consumo, smaltimento»[8].

In altri termini, l’economia circolare rappresenta un modello economico a carattere rigenerativo, incentrato sulla progettazione consapevole e responsabile, che «rifugge dall’idea che i prodotti destinati al consumo (giustappunto consapevole e responsabile) siano, per così dire, ad obsolescenza programmata»[9] e che punta, invece, al recupero e al riuso, totale o parziale, dei materiali nobili e delle materie prime già utilizzati in vista del raggiungimento dell’obiettivo finale dell’azzeramento dei rifiuti[10].

Per quanto riguarda il nostro ordinamento, una definizione normativa di economia circolare è rinvenibile nell’allegato II al d.m. dell’11 giugno 2020, relativo alla riconversione dei processi produttivi, dove si afferma che «per economia circolare si intende un modello economico in cui il valore dei prodotti, dei materiali e delle risorse è mantenuto il più a lungo possibile e la produzione di rifiuti è ridotta al minimo»[11].

Sulla base delle definizioni richiamate si può evincere come l’economia circolare si differenzi dalla green economy, l’economia verde, per l’approccio sistemico che manca invece alla seconda. La green economy, infatti, risulta più concentrata sulla ricerca dell’efficienza energetica e sul ricorso alle fonti rinnovabili come risposta alla sfida del riscaldamento globale[12] e meno attenta alla promozione di interventi e strategie politiche capaci di incidere sul ciclo produttivo[13].

Le previsioni contenute nel PRGRU si collocano nel quadro delle strategie dell’economia circolare che sostanziano il modello europeo di transizione ecologica delineato dal Green New Deal[14], documento con il quale la Commissione europea mira a realizzare un’economia europea che si caratterizzi, nel contesto di una società prospera e giusta, per l’utilizzo efficiente delle risorse e che sia finalizzata al raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050, attraverso il mutamento dell’assetto energetico, senza rinunciare alla crescita della competitività dell’industria europea e ai suoi livelli occupazionali[15]. E’ stato osservato che le strategie intraprese a livello eurounitario, a partire già dall’Agenda ONU 2030, passando, come si è evidenziato, attraverso il Green New Deal ed il Next Generation EU, che sono dirette a realizzare un nuovo modello di società sostenibile e di Circular Industrial Policy che deve orientare le aziende nella direzione di scelte coerenti con gli obiettivi cogenti di decarbonizzazione[16], hanno riconosciuto all’ambiente «un effetto propulsivo per un diverso tipo di sviluppo, basato sulla centralità integrata dell’uomo e della natura»[17]: uno sviluppo “sostenibile” da intendersi nel senso di “sviluppo umano ed ecologico”[18]. Nel PNRR, il documento che il Governo italiano, al pari degli altri governi degli stati membri, ha predisposto per accedere ai fondi del Next Generation EU (NGEU)[19], sono state previste riforme e sono stati definiti investimenti per il periodo 2021-2026 con riguardo a tre assi strategici condivisi a livello europeo – digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica, inclusione sociale – sviluppati in sedici Componenti, raggruppate a loro volta in sei Missioni: Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura e Turismo; Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica; Infrastrutture per una Mobilità Sostenibile; Istruzione e Ricerca; Inclusione e Coesione; Salute[20]. Nell’ambito della Missione 2, attraverso la Componente 1, Economia circolare e agricoltura sostenibile, si persegue il duplice obiettivo di migliorare la gestione dei rifiuti e di promuovere il modello dell’economia circolare, «rafforzando le infrastrutture per la raccolta differenziata, ammodernando o sviluppando nuovi impianti di trattamento rifiuti, colmando il divario tra regioni del Nord e quelle del Centro-Sud e realizzando progetti flagship altamente innovativi per filiere strategiche quali rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), industria della carta e del carbone, tessile, riciclo meccanico e chimica delle plastiche»[21].

La gerarchia delle priorità da rispettare nella gestione dei rifiuti, alla quale fa riferimento il PRGRU, è delineata nell’art. 179 del d.lgs. 152/2006. La priorità va riconosciuta in primis alla prevenzione della produzione di rifiuti, in secondo luogo al riutilizzo, in virtù del quale il prodotto nel suo fine vita ritorna nel ciclo produttivo senza essere sottoposto a trattamenti significativi, in terzo luogo al riciclaggio, grazie al quale dal prodotto si ricava una materia prima omogenea o un materiale fertilizzate (riciclo organico), in quarto luogo al recupero che consente l’utilizzo del prodotto come combustibile, evitando il ricorso alle materie prime e in ultimo, e solo come soluzione residuale rispetto alle altre, allo smaltimento in discarica. Il principio di prevenzione trova applicazione, a valle del sistema produttivo, attraverso il ricorso all’end of waste, o cessazione della qualifica di rifiuto, o ai sottoprodotti.[22] L’end of waste si realizza quando, come prescritto dall’art. 184 ter del d.lgs. 152/2006, il rifiuto venga sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio, e soddisfi quattro specifiche condizioni: la sostanza o l’oggetto sono destinati ad essere utilizzati per scopi specifici; esiste un mercato o una domanda per la sostanza o l’oggetto; la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti; l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non comporta impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana. In ordine al tema dell’end of waste[23], una questione di assoluta rilevanza, oggetto di diversi interventi normativi, è quella relativa all’individuazione dei criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto. A tale riguardo, l’art. 184 ter, co. 2, del d.lgs. 152/2006 stabilisce che detti criteri siano adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE).

Come è noto, il fatto che la disciplina regolamentare fosse limitata solo ad alcune categorie di rifiuti ha reso necessario l’intervento dapprima del Ministero dell’Ambiente e poi del legislatore, quest’ultimo, come si vedrà nel prosieguo, in più occasioni. Il Ministero dell’Ambiente è intervenuto riconoscendo con la nota prot. n. 10045 del 1° luglio 2016 in capo alle Regioni e agli enti da esse delegati il potere di definire, in sede di rilascio delle autorizzazioni alla realizzazione ed all’esercizio degli impianti, a fronte dell’assenza di regolamenti europei o ministeriali, i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto, quindi, “caso per caso” in relazione alla singola tipologia di rifiuti considerata. La scelta del Ministero è stata contestata dal Consiglio di Stato[24] in ragione della appartenenza, secondo il consolidato orientamento della Corte costituzionale[25], della disciplina dei rifiuti alla materia della «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali» di cui alla lettera s) del secondo comma dell’art. 117 Cost.), rientrante nella competenza esclusiva dello Stato. L’intervento del legislatore si è concretizzato dapprima con l’adozione del c.d. decreto “Sblocca-cantieri”[26] e successivamente con l’approvazione dell’art. 14 bis, del d.l. 101/2019, introdotto dalla l. di conversione n. 128/2019, il quale ha modificato l’art. 184 ter, d.lgs. 152/2006, introducendo di fatto una previsione molto simile a quella contenuta nella citata nota ministeriale prot. n. 10045 del 2016 (con alcune precisazioni che tengono conto della disciplina dettata dalla Direttiva n. 2018/851/UE) e prevedendo nuove disposizioni sulla cessazione della qualifica di rifiuto[27]. A tale riguardo il novellato art. 184 ter, per il tramite della disposizione del comma 3, prevede che, ove non siano stati approvati a livello europeo o nazionale specifici criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto, le autorizzazioni di cui agli articoli 208, 209 e 211 o l’Autorizzazione Integrata Ambientale siano rilasciate o rinnovate, secondo una valutazione “in concreto” (ossia “caso per caso”), nel rispetto delle condizioni di cui all’art. 6, par. 1, della Direttiva 98/2008/CE[28] e sulla base di criteri dettagliati per la cessazione della qualifica di rifiuto individuati nell’ambito dei medesimi procedimenti autorizzatori[29], previo parere obbligatorio e vincolante dell’ISPRA o dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale territorialmente competente[30].

Infine, si noti che, come confermato dall’art. 184 ter, co. 5, la disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto.

Con riguardo ai sottoprodotti, si deve fare riferimento all’art. 184 bis del d.lgs. 152/2006 che definisce sottoprodotti gli oggetti o le sostanze in cui siano presenti quattro condizioni: la provenienza da un processo di produzione il cui scopo primario non è la produzione di tale oggetto o sostanza; la certezza del loro nuovo utilizzo nello stesso processo o in altri processi produttivi, da parte del produttore o di terzi; l’assenza di ulteriori trattamenti diversi dalla normale pratica industriale; la certezza che l’ulteriore utilizzo di essi sia legale, ossia che non determinerà impatti negativi sull’ambiente o sulla salute dell’uomo. Per completezza si rammenta la definizione di rifiuto contenuta nell’art. 183, co. 1, lett. a) del d.lgs. 152/2006, secondo cui per rifiuto deve intendersi qualsiasi sostanza o oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi. Due sono gli elementi che caratterizzano la nozione di rifiuto: l’elemento oggettivo, cioè il fatto che si tratti di “qualsiasi sostanza o oggetto” e l’elemento soggettivo, ossia la volontà o l’intenzione o l’obbligo del detentore di disfarsi.

Con il Piano si intende rafforzare l’applicazione del sistema dell’EPR (Extended Producer Responsibility), ossia della responsabilità estesa del produttore, che comporta l’internalizzazione dei costi del fine vita di un prodotto. Secondo tale sistema i costi che devono essere sostenuti nella fase finale del ciclo di vita di un prodotto, ossia nel momento in cui diviene fattore di pressione per l’ambiente, devono essere addossati al produttore. La ratio sottesa all’istituto dell’EPR si fonda sulla differenza di costi che dovranno sostenere i produttori: costi più elevati per il produttore di un prodotto non circolare giunto alla fase conclusiva del ciclo di vita e costi più contenuti per il produttore del prodotto omologo, riciclabile, cioè “circolare”. Di conseguenza, per evitare l’internalizzazione dei costi del fine vita di un prodotto, il produttore sarà incentivato a compiere scelte “ecologiche”, virtuose, quali, ad esempio, il ricorso all’ecoprogettazione, evitare prodotti “usa e getta”, optare per il vuoto a rendere [31].

La scelta della Regione Piemonte di implementare i sistemi di EPR rispecchia la posizione della Commissione europea che, per il tramite della Direttiva 851/2018, recepita con il d.lgs. 116 del 2020, ha inteso disciplinare più compiutamente l’istituto della responsabilità estesa del produttore, come si evince dal Considerando 14 della stessa Direttiva dove si riconosce in capo al produttore «la responsabilità finanziaria o quella finanziaria e operativa della gestione della fase del ciclo di vita in cui il prodotto diventa un rifiuto, incluse le operazioni di raccolta differenziata, di cernita e di trattamento». Come noto, l’istituto della responsabilità estesa del produttore, in virtù del quale chiunque produca o venda prodotti deve farsi carico dei costi del fine vita dello stesso, trova la sua disciplina, a livello europeo negli artt. 8 e 8 bis della Direttiva sui rifiuti 98/2008, come modificata dalla Direttiva 851/2018 e a livello nazionale negli artt. 178 bis e 178 ter del d.lgs. 152/2006, come modificati rispettivamente dall’art. 1, co. 3 e co. 4 del d.lgs. 3 settembre 2020, n. 116. Si tratta di uno strumento di mercato, diretto alla tutela dell’ambiente, che si caratterizza in particolare per la promozione sia di una progettazione che persegua la finalità di prevenzione della produzione di rifiuti [32] che di una progettazione di prodotti ecocompatibili, più durevoli e con minore impatto ambientale, in quanto riparabili, riutilizzabili o riciclabili[33].

Il quadro regolatorio che ha fatto da sfondo all’aggiornamento del Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Urbani è rappresentato, in particolare, dal pacchetto “Circular Economy”, costituito dalle quattro Direttive adottate dal Parlamento europeo e dal Consiglio il 30 maggio 2018. Si tratta delle Direttive 851/2018/UE, “Direttiva rifiuti”, 852/2018/UE, “Direttiva imballaggi”, 850/2018/UE, “Direttiva discariche” e 849/2018/UE, “Direttiva veicoli, pile, RAEE”[34]. Il pacchetto “Circular Economy” ha fissato nuovi obiettivi vincolanti per la riduzione dei rifiuti, da conseguire a livello dell’UE entro il 2025, il 2030 e il 2035. Si tratta nello specifico di: nuovi obiettivi di riciclaggio per i rifiuti urbani (55% entro il 2025, 60% entro il 2030, 65% entro il 2035); nuovi obiettivi per il riciclaggio dei rifiuti di imballaggio (65% entro il 2025, 70% entro il 2030); un obiettivo vincolante per ridurre al massimo al 10% il collocamento in discarica per tutti i rifiuti entro il 2035. Il pacchetto ha stabilito da un lato il divieto di collocamento in discarica dei rifiuti della raccolta differenziata e dall’altro la promozione di strumenti economici per scoraggiare il collocamento in discarica; ha previsto, inoltre, misure ed obiettivi per ridurre gli sprechi alimentari (del 30% entro il 2025, del 50% entro il 2030), incentivi economici per la produzione di prodotti più ecologici da immettere nel mercato e misure di sostegno ai sistemi di recupero e riciclaggio (es. per imballaggi, batterie, apparecchiature elettriche ed elettroniche, veicoli)[35]. Le Direttive del pacchetto Economia circolare sono state recepite per il tramite di quattro decreti legislativi adottati il 7 agosto 2020: il d.lgs. 116/2020, cosiddetto “Decreto Rifiuti” che recepisce unitamente le Direttive 851/2018 e 852/2018, il d.lgs. 121/2020 che recepisce la Direttiva 850/2018 sulle discariche, il d.lgs. 118/2020 e il d.lgs. 119/2020 che recepiscono la Direttiva 849/2018 su RAEE, rifiuti da pile e accumulatori e sui veicoli fuori uso.

2. L’organizzazione della raccolta dei rifiuti. I sistemi di raccolta. La caratterizzazione dei rifiuti

Nel PRGRU, con riguardo all’organizzazione della raccolta dei rifiuti urbani, viene rammentato che attraverso di essa si deve perseguire l’obiettivo di massimizzare il riciclaggio ed il recupero delle diverse frazioni merceologiche che costituiscono il rifiuto, rendendosi necessaria a tal fine la riorganizzazione dei servizi di raccolta dei rifiuti urbani da parte dei soggetti competenti[36]. Le operazioni di riciclaggio e di recupero delle diverse componenti merceologiche dei rifiuti sono compiute nell’ambito del sistema integrato di gestione dei rifiuti.

Negli anni ha assunto un ruolo sempre più centrale nei sistemi di raccolta dei rifiuti urbani la selezione del rifiuto fin dal momento della sua produzione, al fine di agevolare le successive fasi preordinate al recupero sotto forma di materia o di energia, riducendone anche i costi. Per incrementare i quantitativi e la qualità dei rifiuti raccolti in modo differenziato, il servizio pubblico prevede quali sistemi di raccolta: la raccolta effettuata presso l’utente e la raccolta effettuata tramite il conferimento del rifiuto, da parte dell’utente, presso il centro di raccolta. Entrambi i sistemi di raccolta dei rifiuti urbani permettono di conseguire gli obiettivi della programmazione: riduzione della produzione dei rifiuti urbani conferiti, aumento delle percentuali di raccolta differenziata, miglioramento della qualità merceologica del rifiuto raccolto e responsabilizzazione dei produttori[37]. Si osserva che la raccolta domiciliare, cioè effettuata presso l’utente, la quale ha progressivamente sostituito il sistema di raccolta stradale, dovrebbe essere estesa il più possibile ed inoltre essere abbinata sia a sistemi che consentano di individuare l’utente che a sistemi di pesatura dei rifiuti, in forma diretta o indiretta, così da poter collegare quantità e qualità del rifiuto prodotto al singolo utente e quindi applicare nei suoi confronti una tariffa puntuale in modo che egli paghi secondo la quantità e la qualità dei rifiuti prodotti[38].

Come evidenziato in diversi studi, infatti, la sola raccolta domiciliare, cioè non abbinata anche a sistemi che consentano di individuare l’utente, non consente ad oggi di raggiungere gli obiettivi in termini di RD, tasso di riciclaggio, riduzione della produzione dei rifiuti fissati a livello europeo, nazionale e regionale[39].

Si rammenta nel Piano che passi nella direzione auspicata della introduzione di sistemi di identificazione dell’utenza e di misurazione dei rifiuti effettivamente prodotti sono stati compiuti già nella vigenza della precedente pianificazione regionale, sia attraverso il finanziamento di numerosi progetti sul territorio, che tramite l’approvazione di specifiche linee guida per lo sviluppo di un sistema a supporto dell’applicazione della tariffazione puntuale del servizio dei rifiuti urbani svolto a livello regionale [40].

La programmazione della gestione dei rifiuti urbani contenuta nel PRGRU prende le mosse dall’attività di campionamento e successiva analisi merceologica dei rifiuti, attività che, ancorchè proprie di fasi ben distinte ma comunque correlate, «hanno assoluta rilevanza per valutare, con anticipo e razionalità, le caratteristiche del rifiuto di cui si intende programmare il recupero o lo smaltimento»[41]. L’attività di caratterizzazione dei rifiuti deve essere condotta secondo i criteri generali e le modalità operative cha la Regione Piemonte ha standardizzato[42] a fronte all’assenza di un metodo standardizzato stabilito a livello nazionale od europeo. Inoltre, vengono precisate le categorie merceologiche[43] di rifiuto che devono essere oggetto delle analisi merceologiche, da effettuarsi sul territorio regionale e da confrontare tra loro[44].

La conoscenza preventiva della composizione del rifiuto è finalizzata sia a consentire la verifica del rispetto di obblighi, divieti e obiettivi, che a predisporre le opportune azioni per fare in modo che le operazioni di raccolta, selezione e trattamento siano coerenti con la gerarchia delle priorità nella gestione dei rifiuti, avendo come obiettivo primario l’aumento di volumi e qualità merceologica del rifiuto raccolto in modo differenziato. La conoscenza della qualità del rifiuto risulta anche propedeutica alla scelta programmatica e tecnologica da adottare, potendo da un lato rendere più agevole l’individuazione degli interventi necessari, sia sotto il profilo delle esigenze impiantistiche che con riguardo alla individuazione delle filiere necessarie a massimizzare il recupero ed il riciclo dei rifiuti e dall’altro consentire di identificare i rifiuti che potrebbero incidere sul rischio ambientale ove fossero collocati in discarica[45].

Ai fini di valutare i risultati ottenuti nella gestione dei rifiuti urbani indifferenziati, dei loro scarti di trattamento e degli scarti di trattamento provenienti dai rifiuti da raccolta differenziata, sotto la vigenza del precedente piano regionale di gestione dei rifiuti, la Regione Piemonte ha assunto come anno di riferimento il 2019. Dall’analisi compiuta è risultato che i rifiuti urbani indifferenziati corrispondenti a 787.419 t nel 2019 sono stati avviati per circa il 58,0% a recupero energetico presso l’impianto di termovalorizzazione sito nel comune di Torino, per il 41,4% in impianti di TMB (Trattamento meccanico biologico) dislocati in Regione e, infine, per lo 0,6% in discarica. Un dato certamente positivo è rappresentato dalla riduzione significativa della quantità dei rifiuti urbani indifferenziati conferiti in discarica (da ca 639.000 t nel 2010 a 4.500 t nel 2019), riduzione alla quale è corrisposto un aumento del ricorso alla termovalorizzazione, mentre il ricorso al trattamento meccanico biologico si è mantenuto praticamente costante in un intervallo che oscilla tra 320.000 t e 354.000 t[46]. Viene evidenziato che, nonostante la riduzione dello smaltimento diretto in discarica – dato certamente positivo – il ricorso alla discarica continua ancora ad essere presente nella gestione dei rifiuti urbani e si osserva che esso consiste, non tanto nel conferimento diretto, quanto nel conferimento degli scarti del TMB. Con riguardo allo smaltimento in discarica si rammenta la regola prevista dall’art. 7 del d.lgs. 36/2003, così come modificato dal d.lgs. 121/2020, a mente della quale «I rifiuti possono essere collocati in discarica solo dopo trattamento», dovendosi escludere, di conseguenza, il conferimento in discarica dei rifiuti indifferenziati[47].

3. Quadro normativo di riferimento e obiettivi generali fissati dal PRGRU

Le previsioni contenute nel PRGRU si pongono, necessariamente, in continuità con gli obiettivi generali fissati dalla disciplina contenuta nei d.lgs. 116/2020 e d.lgs. 121/2020 che hanno recepito le Direttive 851/2018/UE, 852/2018/UE, 850/2018/UE e 849/2018/UE, le quali compongono, come già evidenziato, il “pacchetto economia circolare”. I principali obiettivi, che si traducono in una serie di nuovi obblighi e divieti in merito alla gestione dei rifiuti urbani su un arco temporale piuttosto lungo, ovvero fino al 2035, riguardano «l’aumento del tasso di riciclaggio, l’aumento complessivo del recupero e riciclaggio dei rifiuti di imballaggio, la riduzione dei rifiuti urbani biodegradabili da conferire in discarica ed il divieto di smaltimento in discarica di tutti i rifiuti idonei al riciclaggio o al recupero di altro tipo e l’adozione di misure necessarie per assicurare che la quantità di rifiuti urbani da collocare in discarica – compresi i rifiuti derivanti dal loro trattamento – sia ridotta ad un valore non superiore al 10%»[48]. Lo strumento pianificatorio tiene conto della disciplina recata dalla Direttiva 2019/904 sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente (acronimo S.U.P.), che, a partire dal luglio 2021, ha vietato l’immissione sul mercato di prodotti di plastica monouso per i quali esistono alternative più sostenibili, quali ad esempio posate, piatti, bastoncini cotonati, cannucce, mescolatori per bevande e aste dei palloncini, estendendo il divieto anche ai prodotti di plastica oxodegradabile ed ai contenitori per cibo da asporto in polistirene espanso.

Ai sensi dell’art. 198 bis, co. 2 del d.lgs. 152/2006, con il PNGR, Piano nazionale di gestione dei rifiuti, da adottarsi da parte del ministro dell’ambiente, devono essere definiti i criteri e le linee guida strategiche a cui le regioni e le province autonome dovranno attenersi nell’elaborazione dei Piani di gestione dei rifiuti. Il PNGR, la cui programmazione copre il periodo 2022-2028, è stato approvato dal Mase con il d.m. 257 del 24 giugno 2022. Il PNGR deve essere aggiornato ogni 6 anni, fatta salva la possibilità di anticipare la revisione nell’ipotesi di modifiche normative, organizzative e tecnologiche intervenute a livello nazionale e sovranazionale. Gli obiettivi di carattere generale perseguiti attraverso il PNGR possono così riassumersi: contribuire alla sostenibilità nell’uso delle risorse e ridurre i potenziali impatti ambientali negativi del ciclo dei rifiuti; riequilibrare progressivamente i divari socio-economici in ordine alla gestione dei rifiuti; rafforzare la consapevolezza e i comportamenti virtuosi degli attori economici e dei cittadini per la riduzione e la valorizzazione dei rifiuti; promuovere una gestione del ciclo dei rifiuti che contribuisca al raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica[49].

Di assoluta rilevanza in ordine alle strategie di prevenzione e gestione ottimale dei rifiuti che il PRGRU mira ad attuare sono le previsioni contenute nel Piano d’Azione per l’Economia Circolare, adottato dalla Commissione europea l’11 marzo 2020 ed approvato il 9 febbraio 2021dal Parlamento europeo. Il Piano, ponendosi in linea con l’obiettivo dell’UE di neutralità climatica entro il 2050, previsto dal Green Deal europeo, persegue l’obiettivo della prevenzione dei rifiuti e della loro gestione ottimale, intervenendo su due piani: da un lato, prevenendo la produzione di rifiuti e prevedendo la loro trasformazione in risorse secondarie di alta qualità, dall’altro, agendo a monte, per impedire che prodotti non sostenibili entrino nel mercato europeo. L’azione a monte riguarda la progettazione dei prodotti che dovranno essere pensati per durare, essere facilmente riutilizzabili, riparabili e riciclabili, e incorporare il più possibile materiale riciclato. L’azione a valle riguarda invece i consumatori che dovranno avere accesso a informazioni affidabili sulla durata e riparabilità dei prodotti, operando perché si affermi il diritto alla riparazione[50]. Anche il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – PNRR viene richiamato nel PRGRU, rammentando che in particolare nell’ambito della Missione 2 sono stati programmati investimenti diretti a colmare i divari di gestione dei rifiuti, sotto il profilo della capacità impiantistica e relativamente agli standard qualitativi, esistenti tra le diverse Regioni e aree del territorio nazionale, con l’obiettivo di recuperare i ritardi per raggiungere gli attuali e nuovi obiettivi previsti dalla normativa europea e nazionale (ad esempio il 65 % di raccolta differenziata al 2035) [51]. Nella cornice degli strumenti programmatici in materia ambientale entro cui deve muoversi il Piano viene citata la Strategia Nazionale per l’Economia circolare. A tale proposito nel Piano in commento vengono ricordati i principali obiettivi e le principali azioni previsti nella Strategia Nazionale per l’Economia Circolare, adottata dal MiTE con d.m. n. 259 del 24 giugno 2022, i quali possono essere così sintetizzati: definizione di nuovi strumenti amministrativi e fiscali per potenziare il mercato dell’end of waste; sviluppo di centri per il riuso e individuazione di strumenti normativi ed economici ad incentivo degli operatori; individuazione di specifici strumenti normativi ed economici per accelerare l’adozione dei decreti EoW e CAM ed incentivarne l’attuazione con particolare riferimento ai settori edilizia, tessile, plastica, RAEE; rafforzare la capacità tecnica delle stazioni appaltanti per la corretta applicazione dei CAM[52].

Alla luce sia della «strategia di promozione dell’economia circolare, che diventa obiettivo trasversale di riferimento, che della gerarchia di gestione dei rifiuti» nel PRGRU vengono individuati gli obiettivi generali che si intendono perseguire: «prevenire la produzione dei rifiuti; incrementare la preparazione al riutilizzo ed il riciclaggio, ossia il recupero di materia; promuovere il recupero energetico per le frazioni di rifiuti per le quali non è tecnicamente ed economicamente possibile il recupero di materia, al fine di ridurne il conferimento in discarica (conferimento in forma diretta o indiretta, a seguito di trattamento); minimizzare il ricorso allo smaltimento in discarica; favorire la realizzazione di un sistema impiantistico territoriale che consenta di ottemperare al principio di prossimità, garantendo la sostenibilità ambientale ed economica del ciclo dei rifiuti»[53]. Con riguardo all’obiettivo specifico della RD, nel PRGRU, rispetto alla percentuale di RD minima dell’80%, sufficiente a garantire un contributo regionale al raggiungimento del tasso di riciclaggio del 65% a livello nazionale, viene fissato un obiettivo di RD più ambizioso, pari ad almeno l’82% al 2035 [54].

Dei singoli obiettivi testè elencati viene offerta una puntuale descrizione, accompagnata dalla individuazione delle azioni finalizzate al raggiungimento degli stessi. Con riferimento al primo obiettivo, rappresentato dalla Prevenzione della produzione dei rifiuti, si evidenzia come «la prevenzione della produzione dei rifiuti interessa molteplici aspetti e problematiche che, in parte, esulano dalle competenze programmatiche e legislative regionali (quali, ad esempio, l’allungamento della vita dei prodotti, l’eco-progettazione, ecc.) e anche aspetti, quale ad esempio l’orientamento delle scelte dei consumatori verso prodotti e servizi che generano minor quantità di rifiuti, rispetto ai quali l’azione regionale può essere altamente incisiva»[55].

Di seguito verranno sintetizzate le azioni che la Regione Piemonte intende intraprendere per realizzare l’obiettivo della prevenzione della produzione dei rifiuti al fine di raggiungere il target rappresentato dalla riduzione della produzione dei rifiuti urbani ad un quantitativo non superiore a 2.000.000 t a livello regionale entro il 2035, corrispondente a 448 kg procapite per abitante a livello di sub-ambito di area vasta[56].

E’ con la Direttiva 2008/98/CE del 19 novembre 2008, direttiva “quadro” in materia di gestione dei rifiuti, come più volte ricordato, modificata dalla Direttiva 851/2018/UE del 30/05/2018, che viene offerta una definizione di prevenzione della produzione di rifiuti. A tale riguardo deve intendersi per prevenzione, quale azione prioritaria nella gerarchia di gestione dei rifiuti, l’insieme delle «misure, prese prima che una sostanza, un materiale o un prodotto sia diventato un rifiuto, che riducono: a) la quantità dei rifiuti, anche attraverso il riutilizzo dei prodotti o l’estensione del loro ciclo di vita; b) gli impatti negativi dei rifiuti prodotti sull’ambiente e la salute umana; oppure c) il contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti»[57].

Un ruolo sempre più importante nella prevenzione della produzione dei rifiuti è giocato dall’ecoprogettazione e dall’ecodesign che, nell’ottica dell’economia circolare, puntano soprattutto al prolungamento della vita dei prodotti, introducendo requisiti di riparabilità, di riciclabilità, di facile manutenzione e di riutilizzo degli stessi.

Con riferimento all’esigenza di prevenire lo spreco alimentare, si mira ad adottare azioni di devoluzione delle eccedenze alimentari (quali, ad esempio: raccolta di alimenti nelle attività commerciali e di alimenti e pasti non distribuiti nella ristorazione collettiva con l’obiettivo di destinarli a sostegno di persone che vivono in condizione di povertà alimentare) per ridurre i rifiuti alimentari. Si intende promuovere, attraverso la previsione di disposizioni regionali che coinvolgano gli enti di governo, sia il riuso dei beni, favorendo operazioni di scambio, commercializzazione o cessione gratuita di beni e/o di loro componenti, al fine di riutilizzarli per le stesse finalità per le quali sono stati originariamente prodotti, che la creazione dei centri del riuso e la diffusione dei mercatini dell’usato. Con riguardo al settore dei rifiuti di imballaggio si prevede l’adozione di azioni dirette alla promozione della vendita/acquisto di prodotti sfusi, con imballaggio riutilizzabile, alla promozione del consumo di acqua dell’acquedotto e alla promozione del “vuoto a rendere” per il successivo riutilizzo dell’imballaggio da parte delle aziende piemontesi di produzione e imbottigliamento di bevande, al fine di raggiungere l’obiettivo della riduzione della produzione di rifiuti di imballaggio. La prevenzione della produzione dei rifiuti passa anche dalla riduzione dell’utilizzo di prodotti monouso, in ordine alla quale può svolgere un ruolo decisivo sia l’attività di informazione e sensibilizzazione dei cittadini che la promozione di studi e ricerche, anche con il supporto tecnico dei poli di innovazione regionali, università, politecnico, finalizzati a sviluppare alternative “sostenibili” al monouso. Anche il sistema delle certificazioni ambientali e le regole e i principi del Green Public Procurement possono contribuire alla politica di riduzione della produzione dei rifiuti. A tale riguardo si intende promuovere la diffusione delle certificazioni ambientali per una produzione ambientalmente sostenibile di beni e manufatti e incentivare la diffusione del Green Public Procurement, anche attraverso la formazione delle stazioni appaltanti ai fini della redazione di capitolati che siano conformi ai Criteri Ambientali Minimi. Inoltre, attraverso l’incremento dell’utilizzo dei sistemi di tariffazione puntuale, in quanto sistemi in grado di correlare la produzione dei rifiuti alla singola utenza, nel rispetto del principio “chi inquina paga”, è possibile concorrere alla realizzazione del primo obiettivo indicato nel PRGRU. Da ultimo, la riduzione dei rifiuti può essere perseguita indirettamente anche attraverso la realizzazione di specifici obiettivi, quali la prevenzione dell’abbandono, la prevenzione della dispersione di rifiuti nell’ambiente, la prevenzione ed il contrasto dei fenomeni di illegalità nella gestione dei rifiuti e la limitazione dell’uso di prodotti in plastica. Con riguardo ai citati obiettivi si riconosce rilevanza all’organizzazione e alla diffusione di specifiche attività di sensibilizzazione al contrasto all’abbandono dei rifiuti, di campagne informative sul consumo consapevole dei prodotti e sulla corretta gestione dei rifiuti, oltre che sui servizi a disposizione per la raccolta dei rifiuti.

Con il secondo obiettivo il PRGRU mira ad implementare la preparazione al riutilizzo ed il riciclaggio, ossia il recupero di materia, quali «operazioni di fondamentale importanza nell’ambito della gerarchia dei rifiuti, successive solo alla prevenzione della produzione dei rifiuti»[58]. Si evidenzia che con il riciclaggio, in particolare, si può prevenire lo spreco di materiali potenzialmente utili, garantendo una maggiore sostenibilità al ciclo di produzione/utilizzazione dei materiali, in quanto viene ridotto il consumo di materie prime, l’utilizzo di energia e l’emissione di gas serra associati. Come si avrà modo di vedere, esaminando le varie azioni da intraprendere per realizzare il secondo obiettivo, e come sottolineato nel Piano stesso, il raggiungimento di tale obiettivo rende necessario il coinvolgimento di più soggetti, sia pubblici che privati.

Il risultato atteso nell’ambito del secondo obiettivo è costituito dal raggiungimento a livello regionale di una percentuale di RD di almeno 82%, dalla riduzione di almeno del 50% rispetto al 2019 della produzione di rifiuti urbani residui procapite (valore < 90 kg anno procapite a livello di sub-ambito di area vasta) e dal contributo al raggiungimento del tasso di riciclaggio del 65% a livello nazionale[59].

Il recupero di materia può essere realizzato perseguendo, come obiettivi specifici, su tutto il territorio regionale, la RD di almeno le seguenti frazioni: organico, verde, carta, metalli, plastica, vetro, legno, tessili, RAEE, ingombranti, compresi materassi e mobili e provvedendo, contestualmente, al consolidamento dei servizi raccolta domiciliare e alla riorganizzazione e/o ottimizzazione dei servizi di raccolta. Le azioni specifiche da attuare consistono nella promozione della diffusione di progetti di compostaggio locale (autocompostaggio, compostaggio di comunità e di prossimità), nell’incremento di determinate raccolte differenziate specifiche, tra le quali si ricordano: la raccolta del verde (rifiuti biodegradabili provenienti dalla manutenzione di parchi e giardini), la raccolta dei RAEE, la raccolta dei rifiuti costituiti da pile ed accumulatori, la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio. Tra le attività strategiche previste nell’ambito del secondo obiettivo meritano di essere ricordate la promozione della realizzazione di centri per la preparazione al riutilizzo, l’incremento della raccolta dei rifiuti tessili, il miglioramento dei processi di riciclaggio, in particolare per gli impianti di trattamento dei RAEE ed il miglioramento, ove possibile, del recupero delle materie prime “critiche”, definite “critiche” perché caratterizzate da un elevato rischio di approvvigionamento[60]. Ancora nell’ambito del secondo obiettivo viene evidenziata da un lato la necessità di tenere conto della disciplina recata dal decreto del ministro della transizione ecologica con cui sono stati approvati i CAM per l’affidamento del servizio di gestione dei rifiuti urbani[61] e dall’altro l’indispensabilità sia di correlare il costo sostenuto dall’utente per la gestione dei rifiuti al quantitativo di rifiuti prodotti, prevedendo a tal fine sistemi idonei ad accertarne peso e/o volume e sia di prevedere azioni incentivanti per le raccolte differenziate di qualità e modalità di raccolta che facilitino e responsabilizzino le utenze servite[62].

Da ultimo si riconosce l’importanza di attuare iniziative di formazione, informazione e sensibilizzazione finalizzate ad implementare ed aggiornare le conoscenze in materia di corretta gestione dei rifiuti e di riduzione degli stessi, anche coinvolgendo, a seconda degli obiettivi, le associazioni ambientaliste e di consumatori, le cooperative ed associazioni di operatori pubblici e privati del settore nonché le varie figure che compongono la governance della gestione dei rifiuti urbani[63].

Il terzo obiettivo del Piano è incentrato sulla promozione del ricorso al recupero energetico, solo ove non sia possibile il recupero di materia. Nel rispetto della gerarchia delle priorità nella gestione dei rifiuti, il recupero energetico può essere preso in considerazione solo ove non sia possibile, tecnicamente ed economicamente, il recupero di materia. Il recupero energetico si traduce, inoltre, in uno strumento che permette di evitare il conferimento in discarica dei rifiuti [64]. Il risultato atteso nell’ambito del terzo obiettivo è quello di: ridurre almeno del 50% rispetto al 2019 il quantitativo di rifiuti indifferenziati procapite avviati al trattamento meccanico biologico, attraverso il recupero energetico degli stessi; massimizzare il recupero energetico dei rifiuti non riciclabili, aumentando la produzione di energia termica da termovalorizzazione (+ 50% rispetto al 2019); aumentare di almeno il 20% rispetto al 2019 la produzione di biogas e/o biometano dalla digestione anaerobica della frazione organica biodegradabile da RD.

Nel rispetto della gerarchia tra recupero di materia, quale attività da perseguire in prima battuta e recupero energetico, quale attività subordinata alla impossibilità, tecnica ed economica, di recuperare la materia, si deve, da un lato, ammettere l’avvio al recupero energetico delle sole frazioni di rifiuti per le quali non è tecnicamente ed economicamente possibile il recupero di materia e dall’altro evitare il conferimento in discarica di matrici/rifiuti con valore energetico[65]. Come obiettivi specifici da perseguire nell’ambito del terzo obiettivo vengono individuati: l’incremento della produzione e dell’utilizzo di energia dalla termovalorizzazione dei rifiuti; la valorizzazione delle diverse componenti costituenti il biogas da rifiuti (es. CH4, CO2), la garanzia di un livello efficiente di captazione del biogas da discarica e di recupero dello stesso. Mentre le azioni da intraprendere sono: monitoraggio dei flussi dei rifiuti non riciclabili per i quali si prevede il recupero energetico, incremento dei quantitativi di rifiuti urbani indifferenziati avviati a recupero energetico, promozione in particolare di sistemi di conversione del biogas in biometano e monitoraggio del biogas prodotto e recuperato anche energeticamente[66].

Per il tramite del quarto obiettivo si mira a minimizzare il ricorso alla discarica, in linea con la gerarchia delle priorità in materia di gestione dei rifiuti. Si rammenta, infatti, al riguardo, che «la gerarchia dei rifiuti, giuridicamente vincolante secondo la Direttiva Quadro Europea, definisce l’ordine di priorità delle azioni, dando chiara prevalenza a prevenzione, riutilizzo, riciclaggio e recupero di materie, rispetto al recupero di energia, per minimizzare il ricorso allo smaltimento in discarica, che costituisce la fase finale del sistema di gestione dei rifiuti urbani a valle dei processi di trattamento, esclusivamente per i rifiuti per i quali, dopo le azioni di riciclaggio, non è tecnicamente possibile né economicamente sostenibile il recupero di materia o secondariamente il recupero di energia»[67]. Viene fatto osservare che nella gestione dei rifiuti urbani, non tanto come conferimento diretto quanto in forma indiretta, come, ad esempio, nel caso degli scarti del TMB o degli scarti di trattamento della RD, si fa ancora ricorso a impianti di discarica. Di fronte a tale scenario, «al fine di ridurre i conferimenti in discarica, si rende necessario intervenire sui volumi dei rifiuti, agendo sia a monte che durante il ciclo con azioni atte alla massimizzazione di prevenzione, riutilizzo, riciclo e recupero di materie, considerando il recupero di energia solo per la frazione residuale e azzerando i conferimenti sul territorio di rifiuti di provenienza extraregionale destinati a discarica e a recupero energetico»[68].

Il risultato atteso dal raggiungimento del quarto obiettivo è costituito dalla riduzione della quantità di rifiuti urbani collocati in discarica a valori uguali o inferiori al 5% rispetto al totale in peso dei rifiuti urbani prodotti a livello regionale, dall’azzeramento dello smaltimento in discarica di rifiuti urbani indifferenziati extraregionali nonchè dei rifiuti derivanti dal loro trattamento, dall’azzeramento del conferimento di rifiuti urbani biodegradabili in discarica oltre che dall’ottimizzazione del recupero delle scorie e ceneri non pericolose provenienti dalla termovalorizzazione in modo da garantire il 90% di riciclaggio [69].

Più nel dettaglio, la riduzione dei quantitativi di rifiuti conferiti in discarica, sia in Regione che in regioni limitrofe, quale obiettivo specifico, sarà realizzata attraverso: azioni di promozione di trattamenti finalizzati ad evitare il conferimento in discarica degli scarti di trattamento dei rifiuti urbani, sia derivanti da RD, sia derivanti da rifiuti urbani indifferenziati; attività dirette a massimizzare il recupero dei rifiuti ingombranti e dei rifiuti da spazzamento stradale; individuazione di strumenti fiscali al fine di disincentivare lo smaltimento in discarica [70].

L’ultimo obiettivo individuato nel PRGRU, il quinto obiettivo, assume una valenza generale e si traduce nell’esigenza di favorire la realizzazione di un sistema impiantistico territoriale che consenta di ottemperare al principio di prossimità, garantendo la sostenibilità ambientale ed economica del ciclo dei rifiuti, riducendo il trasporto di rifiuti extraregione[71]. Il risultato da raggiungere attraverso l’attuazione del quinto obiettivo è rappresentato dall’azzeramento del conferimento verso altre regioni di rifiuti urbani indifferenziati nonché dei rifiuti derivanti dal loro trattamento in impianti di TMB e dall’azzeramento del fabbisogno non soddisfatto di trattamento della frazione organica biodegradabile da RD calcolato sui nuovi obiettivi di raccolta.

Tra le azioni da intraprendere si possono segnalare: l’adozione di interventi per valorizzare le potenzialità impiantistiche di riciclo/recupero già presenti sul territorio e per favorire la localizzazione di imprese che effettuano riciclo/recupero di materia, al fine di poter gestire quei flussi di rifiuti che attualmente costituiscono la domanda inevasa; la messa a disposizione di un sistema informativo relativo alla localizzazione geografica degli impianti di gestione dei rifiuti autorizzati sul territorio e l’attuazione dei criteri di localizzazione affinchè un impianto di rifiuti possa trovare la giusta collocazione sul territorio[72].

Di particolare interesse è l’analisi contenuta nel nuovo PRGRU sulla continuità pianificatoria tra gli indirizzi programmatici della precedente programmazione 2020-2025-2030 e i nuovi obiettivi 2035 fissati dalla Regione Piemonte nel piano in commento. Come ricordato nel nuovo Piano, il Piano approvato nel 2016 aveva individuato, per gli anni 2015-2020, una serie di obiettivi generali (10) diretti in via prioritaria a ridurre la produzione dei rifiuti, migliorare la quantità e la qualità dei rifiuti raccolti in modo differenziato da inviare a riciclaggio, riservando il ricorso alla discarica ai soli rifiuti non riciclabili né recuperabili [73]. Nell’analisi vengono evidenziati gli aspetti comuni di “continuità pianificatoria”. A tal riguardo nel nuovo PRGRU vengono confermati, con riferimento all’obiettivo generale della riduzione della produzione di rifiuti, gli obiettivi individuati nel precedente piano, ossia gli obiettivi legati al riuso di beni e risorse nonché gli obiettivi riguardanti l’adozione di modelli di consumo da parte dei cittadini e di acquisti della PA che prevedano beni e servizi con minor utilizzo di materie prime e minor consumo di energia. In ordine all’obiettivo generale del riciclaggio (recupero di materia) dei rifiuti urbani, gli obiettivi di RD da raggiungere, pari alla percentuale di RD di almeno 75%, sono stati confermati nel nuovo piano, prendendo però a riferimento, non il livello di Ambito Territoriale Ottimale, ma il territorio regionale. Inoltre, non si stabiliscono livelli di tasso di riciclaggio da raggiungere a livello regionale in quanto gli obiettivi sono nazionali, dovendo la Regione concorrere al raggiungimento dell’obiettivo nazionale attraverso la previsione di un modello organizzativo del servizio di raccolta rifiuti che incrementi la quantità e la qualità delle raccolte differenziate, azioni di informazione e comunicazione dei cittadini, miglioramento della dotazione impiantistica a livello regionale per il riciclaggio dei rifiuti. In coerenza con le previsioni contenute nella precedente pianificazione si persegue l’obiettivo di aumentare la produzione di energia, elettrica ed anche termica, da fonti energetiche rinnovabili, nello specifico da biomasse (parte biodegradabile dei rifiuti urbani) e da biogas proveniente da discariche ed impianti di trattamento fanghi, liquami ed altri rifiuti a matrice organica. Viene nel nuovo piano confermato anche l’obiettivo di riduzione dei quantitativi di rifiuti urbani (compresi i rifiuti derivanti dal loro trattamento) da smaltire in discarica, prevedendosi però una modifica in ordine ai tempi di raggiungimento di tale obiettivo. A tale riguardo l’obiettivo di smaltimento dei rifiuti urbani in discarica <10% risulta raggiungibile nel 2030 e non già nel 2025, come previsto nel precedente piano. Infine, viene evidenziata una differenza rispetto al precedente piano consistente nel riconoscimento della necessità di trattare, anche mediante il ricorso alla valorizzazione energetica, tutti i rifiuti urbani indifferenziati, i rifiuti derivanti dagli impianti di TMB e dagli impianti di selezione e trattamento delle raccolte differenziate, al fine di evitare conferimenti fuori Regione di rifiuti [74].

4. Possibili scenari di Piano e nuovi criteri di localizzazione degli impianti di trattamento e recupero dei rifiuti urbani

Prendendo le mosse dagli obiettivi prefissati e valutando il fabbisogno impiantistico per il completamento del sistema integrato di gestione dei rifiuti urbani viene condotta un’analisi dei possibili scenari (e sottoscenari) di Piano. In estrema sintesi, gli scenari presi in considerazione dal Piano sono: lo scenario zero (o inerziale), ovvero lo scenario in cui non sono previsti né ulteriori interventi rispetto a quelli già messi in campo con la precedente pianificazione né modifiche rispetto al precedente sistema impiantistico; lo scenario indicato nella precedente pianificazione che non prevede dopo il 2033 la combustione dei rifiuti; quattro diversi scenari alternativi di Piano, indicati con le lettere comprese tra A e D; in tali scenari sono previsti dei correttivi preordinati al raggiungimento degli obiettivi europei e nazionali; i correttivi riguardano anche il sistema impiantistico per il quale si individuano uno o più sottoscenari con diverse modalità di trattamento dei rifiuti indifferenziati, dei rifiuti derivanti dal loro trattamento (i cosiddetti rifiuti decadenti) e degli scarti derivanti dal trattamento delle raccolte differenziate [75].

Ove, a fronte dei possibili scenari di Piano descritti, si valuti la necessità di realizzare impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, dovranno trovare applicazione i criteri di localizzazione definiti nel nuovo PRGRU[76]. In ordine all’individuazione di tali criteri di localizzazione, la cornice normativa di riferimento nella revisione dei criteri di localizzazione delineati nella precedente pianificazione è costituita sia dai “Criteri per l’individuazione da parte delle province e della Città metropolitana delle zone idonee alla localizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti”, contenuti nella D.G.R. 12 Novembre 2021, n. 18-4076, che dalle prescrizioni fissate nella Direttiva 2008/98/CE, in cui è stabilito che l’insieme della gestione dei rifiuti deve essere effettuata nella massima tutela dell’ambiente e della salute, senza creare rischi per le risorse idriche, l’aria, il suolo, la flora o la fauna, senza causare inconvenienti da rumori od odori e senza danneggiare il paesaggio o i siti di particolare interesse [77].

La procedura finalizzata all’individuazione delle aree idonee ad accogliere gli impianti di trattamento dei rifiuti si svolge in tre fasi. La prima fase, di competenza della Regione, consiste nella formulazione, attraverso lo strumento del PRGRU, sia dei criteri per l’individuazione delle aree non idonee e potenzialmente idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti che dei criteri per la definizione di misure di compensazione. La seconda fase, di competenza della provincia/Città Metropolitana di Torino, comporta l’individuazione delle aree non idonee e potenzialmente idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero (macro-localizzazione) e la definizione dei criteri di micro-localizzazione, oltre alla definizione di misure di compensazione ambientale. E’ necessaria in tale fase l’individuazione cartografica delle “zone non idonee” e delle “zone potenzialmente idonee” nel rispetto dei criteri stabiliti nel PRGRU e delle previsioni del PTCP, in base alle previsioni degli specifici strumenti di pianificazione territoriale. Si precisa, inoltre, nel nuovo Piano che i criteri provinciali possono contemplare elementi di salvaguardia aggiuntivi rispetto ai sovraordinati criteri regionali e mai, in ogni caso, elementi meno prescrittivi dei criteri stabiliti nel Piano regionale.

Infine, la terza fase, di competenza della Conferenza d’Ambito regionale, deve trovare applicazione esclusivamente per la localizzazione degli impianti definiti dalla l.r. 1/2018 di competenza dell’ambito regionale; in tale fase, preordinata all’individuazione del sito idoneo, devono essere rispettati i criteri di macro-localizzazione e di micro-localizzazione definiti nelle fasi precedenti.

I criteri localizzativi individuati nel nuovo PRGRU al capitolo sette devono trovare applicazione sia in ordine alla realizzazione di nuovi impianti (nuove attività di trattamento rifiuti per le quali è prevista la realizzazione di un impianto in un’area non edificata o da avviarsi all’interno di preesistenti edifici e infrastrutture, quindi in un’area già edificata) che con riguardo all’ampliamento o alla modifica della linea produttiva di impianti esistenti che implichino un ulteriore consumo di suolo, una modifica della “tipologia impiantistica” e/o una modifica che comporti l’assoggettamento a criteri localizzativi diversi sulla base della tipologia impiantistica [78].

Nel nuovo PRGRU sono previsti anche casi di esclusione dal campo di applicazione dei criteri localizzativi come nelle ipotesi di ampliamenti funzionali derivanti da ammodernamenti impiantistici e/o gestionali di siti esistenti e in attività; si tratta di ampliamenti che possono comprendere minimi adeguamenti dimensionali delle aree interessate e per i quali non saranno previste modifiche strutturali alla tipologia della linea produttiva esistente [79].

Nello strumento pianificatorio in commento, dopo aver precisato che «un impianto di trattamento rifiuti non può trovare una localizzazione in qualsiasi comparto ambientale e territoriale», occorrendo infatti «valutare gli aspetti tecnici dell’attività specifica svolta nell’impianto in relazione alle caratteristiche territoriali, urbanistiche, ambientali, idrauliche ed idrogeologiche, nonché storico culturali del sito che possono escludere completamente o precludere l’ubicazione di impianti in una specifica area del territorio» [80], sono previste tre tipologie di criteri, ossia il criterio escludente (E), il criterio penalizzante (P) e il criterio preferenziale (PF).

Il criterio escludente troverà applicazione nelle ipotesi in cui la proposta di realizzazione di nuovi impianti o di modifiche sostanziali agli impianti esistenti sia in contrasto con i vincoli e gli strumenti di pianificazione vigenti sulla porzione di territorio considerata. Nel caso di impianti esistenti che si trovino in aree per le quali trovano attuazione uno o più criteri escludenti, individuati nel capitolo 7 del PRGRU, in fase di rinnovo di autorizzazione o di modifica sostanziale dovranno essere privilegiate iniziative volte alla delocalizzazione degli stessi impianti qualora, per dimensioni e complessità tecnologica, questi possano essere ricollocati senza impegnativi sviluppi progettuali, rilevanti modifiche strutturali ed ingenti investimenti economici. Inoltre, ancora secondo il criterio escludente, potrà essere consentito l’eventuale rinnovo/modifica dell’autorizzazione solo dopo aver acquisito il parere favorevole e vincolante dell’Autorità o Ente preposti alla tutela del vincolo e dopo che siano previste idonee misure di mitigazione/compensazione relativamente alla componente interessata dal criterio[81].

In virtù del criterio penalizzante, la proposta di realizzazione dell’impianto potrà essere autorizzata soltanto dietro l’adozione di particolari attenzioni nella progettazione/realizzazione dello stesso, a seguito delle valutazioni sugli effetti della sua localizzazione in un determinato contesto ambientale e nel caso in cui le criticità esistenti vengano adeguatamente superate con opere di mitigazione e compensazione individuate nel progetto presentato. Secondo tale criterio, in fase di rilascio o rinnovo dell’autorizzazione, si deve acquisire il parere dell’autorità o ente preposto alla tutela del relativo vincolo e dovranno essere prescritte le idonee misure di mitigazione/compensazione relativamente alla componente interessata dal criterio[82].

Infine, il criterio preferenziale, ove sussistano elementi di idoneità e di opportunità realizzativa, fornisce informazioni aggiuntive di natura logistica ed economica dirette all’assunzione di una scelta strategica del sito[83].

5. Gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio

Con riguardo alla gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, disciplinata dal d.lgs. 152/2006, nella Parte IV, Titolo II, agli artt. dal 217 al 226, come si rammenta nel PRGRU si riconosce in capo ai produttori e agli utilizzatori di imballaggi la responsabilità della corretta ed efficace gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio in applicazione del principio della “responsabilità condivisa” e del principio “chi inquina paga”. Di conseguenza, tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione e nel consumo degli imballaggi da cui hanno origine i relativi rifiuti devono partecipare alla loro gestione, sostenendo gli oneri economici necessari a far fronte alla loro gestione e potendo scegliere se organizzarsi autonomamente oppure aderire ad un sistema di gestione basato su consorzi costituiti e gestiti dalle imprese stesse, ossia il Consorzio Nazionale imballaggi CONAI e i Consorzi di filiera di acciaio, alluminio, carta, legno, plastica, vetro. Da parte dei soggetti che aderiscono al CONAI è, come noto, prevista la corresponsione di un contributo economico (detto CAC – Contributo Ambientale CONAI), la cui entità varia per ciascun materiale di imballaggio e che è destinato al finanziamento delle operazioni di raccolta dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio pubblico nonché dei costi del loro avvio a recupero e riciclo [84].

Anche la gestione dei rifiuti di imballaggio deve essere svolta nel rispetto della scala gerarchica prevista per tutte le altre tipologie di rifiuti: in primo luogo la prevenzione, intesa sia come riduzione dei quantitativi di imballaggio immessi a consumo sia come miglioramento della compatibilità ambientale degli imballaggi, poi il riutilizzo, quindi l’avvio a riciclo per recuperare materia e infine il recupero energetico [85].

Per quanto riguarda gli imballaggi in PET, nel PRGRU si rammenta che il d.lgs. 196/2021, entrato in vigore il 14 gennaio 2022, con il quale è stata recepita la Direttiva 2019/904 (cosiddetta Direttiva SUP- Single Use Plastics), prevede relativamente alle bottiglie in PET l’obbligo di raggiungere almeno il 77% di raccolta differenziata entro il 2025, obiettivo che viene ulteriormente incrementato al 90% entro il 2029. Si mette in evidenza, inoltre, che, a fronte della mancata definizione da parte dell’Unione europea di un metodo standardizzato per verificare il raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio e recupero, per la verifica del raggiungimento degli obiettivi a livello piemontese, verrà utilizzata la metodologia adottata dal CONAI e Ispra, secondo la quale i quantitativi di rifiuti da imballaggio avviati a riciclaggio/recupero devono essere rapportati ai quantitativi di imballaggio immessi al consumo [86].

6. Certificazioni ambientali

Un ruolo importante nel cammino della prevenzione della produzione dei rifiuti è svolto dal sistema delle certificazioni ambientali, quali, ad esempio, EMAS ed ECOLABEL. Emas (Eco Management and Audit Scheme) è lo strumento ad adesione volontaria, disciplinato dal Regolamento 1221/2009, e finalizzato ad aiutare aziende ed organizzazioni, di tutti i settori economici, a valutare e migliorare le proprie prestazioni ambientali, anche sotto il profilo di una migliore efficienza nell’uso dei materiali e dell’energia e nella prospettiva della riduzione della quantità e pericolosità dei rifiuti prodotti.

L’obiettivo di Emas è quindi il miglioramento delle prestazioni ambientali delle organizzazioni che vi aderiscono, dovendosi intendere per organizzazione, ai sensi della disciplina europea, un gruppo, una società, un’azienda, un’impresa, un’autorità o un’istituzione, ovvero loro parti o combinazione, in forma associata o meno, pubblica o privata, situate all’interno o all’esterno dell’Unione, che siano dotate di una struttura funzionale ed amministrativa.

Ecolabel è un marchio di qualità ecologica, disciplinato dal Regolamento 66/2010, e attribuito a prodotti e servizi che siano in grado di garantire elevati standard prestazionali e si caratterizzino per un ridotto impatto ambientale durante l’intero ciclo di vita[87]. E’ uno strumento ad adesione volontaria e comporta l’attribuzione di un’etichetta che ha lo scopo di segnalare la rispondenza del prodotto alle esigenze di tutela dell’ambiente, orientando la scelta dei consumatori verso prodotti in grado di ridurre gli effetti ambientali del loro ciclo di vita rispetto ad altri prodotti dello stesso gruppo. Si rammenta che il marchio Ecolabel non può essere utilizzato per prodotti alimentari, bevande e farmaci.

I benefici che possono derivare dall’acquisizione di una certificazione che attesta la conformità della gestione ambientale a requisiti codificati in ambito europeo attengono a più profili. Sotto un primo profilo, i vantaggi potrebbero tradursi in un maggior livello di efficienza, attraverso l’eliminazione di sprechi di energia o di materie prime, in una riduzione del rischio di causare danni con conseguente possibile diminuzione dell’entità degli oneri assicurativi, in un contenimento degli eventuali costi di intervento e di ripristino ambientale in caso di incidente. Sotto un altro profilo, i benefici potrebbero consistere in un ritorno di immagine per l’organizzazione che ha aderito alla certificazione, in una maggior appetibilità del prodotto per i cittadini sensibili alle questioni ambientali, nella possibilità di conseguire punteggi elevati per le offerte presentate nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica[88].

7. Ecoprogettazione

Al fine di prevenire la produzione dei rifiuti un ruolo strategico è senz’altro svolto dalla progettazione ecocompatibile, alla quale è dedicata la Direttiva 125/2009/UE, cosiddetta Direttiva Ecodesign, recepita nel nostro ordinamento con il d.lgs. n. 15/2011. Nella Direttiva Ecodesign vengono fissate le regole per definire i requisiti tecnici dei dispositivi, demandando ai successivi regolamenti attuativi le definizioni puntuali di tali requisiti ai quali devono attenersi i produttori di dispositivi già in fase di progettazione, per incrementare l’efficienza energetica e ridurre l’impatto ambientale negativo dei propri prodotti durante tutto il loro ciclo di vita – produzione, uso, smaltimento finale. Nel 2019 la Commissione Europea ha adottato dieci regolamenti di attuazione che riguardano i seguenti apparecchi elettrici ed elettronici: frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie, display elettronici (compresi i televisori), sorgenti luminose, alimentatori esterni, motori elettrici, frigoriferi con funzione di vendita diretta (ad es. i distributori automatici di bevande fredde), trasformatori di potenza, impianti di saldatura. Le nuove misure di progettazione ecocompatibile, nell’ottica dell’economia circolare, puntano soprattutto al prolungamento della vita dei prodotti, introducendo requisiti di riparabilità, di riciclabilità, di facile manutenzione e di riutilizzo degli stessi [89].

8. Prevenzione dei rifiuti alimentari

Nella politica di prevenzione della produzione dei rifiuti un’attenzione via via crescente è dedicata alla prevenzione dei rifiuti alimentari. Basti pensare, a tal proposito, al Piano Nazionale di Prevenzione dello Spreco Alimentare (PINPAS), adottato dal Ministero dell’Ambiente nel 2015. In tale piano vengono individuate 10 azioni prioritarie da adottare a livello nazionale: educazione e formazione nelle scuole; comunicazione, sensibilizzazione, informazione (es. sito web dedicato, banca dati di buone pratiche, informazione su date di scadenza dei prodotti, ecc); raccolta dati e documentazione; ricerca e interventi normativi (es. istituzione di un fondo nazionale per finanziare la ricerca sulle perdite e gli sprechi nelle fasi di produzione, trasformazione, distribuzione); donazioni (semplificazione e razionalizzazione del quadro normativo); acquisti (criteri obbligatori per l’appalto dei servizi di catering e di ristorazione collettiva); accordi volontari (con la distribuzione commerciale e la ristorazione); trasformazione di prodotti ritirati dal mercato per ridestinarli all’alimentazione umana (es. prodotti lattiero caseari); responsabilità sociale d’impresa (report sulla prevenzione dello spreco alimentare); innovazione sociale (bandi e misure di finanziamento per sensibilizzazione e prevenzione dello spreco). Va citata anche la l. n. 166 del 3 agosto 2016 in materia di riduzione degli sprechi, anche riferiti al settore alimentare [90].

Dal momento che per la produzione di cibo vengono utilizzate molte risorse, tra cui suolo, acqua ed energia, generando un forte impatto ambientale, diviene fondamentale intervenire per la riduzione dello spreco alimentare attraverso misure di prevenzione e riduzione dei rifiuti alimentari [91]. La Regione Piemonte si mostra una regione virtuosa in merito alle iniziative di riduzione della produzione di rifiuti alimentari. Si deve alla l.r. n. 12/2015 lo sviluppo ed il sostegno di progetti ed attività di recupero, valorizzazione e distribuzione dei beni invenduti, il cui obiettivo è quello di diffondere una cultura del consumo critico come modello di vita virtuoso, con numerosi vantaggi economici, ambientali e sociali[92]. Nel contrastare lo spreco alimentare assume una particolare importanza l’attività di formazione ed informazione «sia per creare una “conoscenza” e consapevolezza sulle tematiche dello spreco alimentare, sia per superare criticità nelle procedure di donazione delle eccedenze che, se ritenute troppo complesse e onerose, disincentivano alla donazione, soprattutto per quanto riguarda i piccoli esercizi commerciali o della ristorazione»[93].

9. Coinvogimento degli Enti pubblici territoriali, dei consumatori, delle imprese e delle associazioni

Affinchè la politica di riduzione dei rifiuti possa essere efficace si rende necessario il coinvolgimento, accanto alla Regione, anche degli Enti locali che sono tenuti all’adozione di specifici “piani di riduzione dei rifiuti” per l’individuazione delle azioni da attivare sul proprio territorio. Oltre ai cittadini-consumatori e alle imprese produttrici, per la piena attuazione anche sul territorio regionale del Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti è fondamentale il coinvolgimento dei soggetti che operano nel settore istituzionale e in quelli economico e sociale. Si tratta quindi di coinvolgere l’amministrazione pubblica, le associazione d’Ambito regionale, i Consorzi di area vasta e i soggetti affidatari del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, i cittadini e le associazioni di tutela dei consumatori, gli istituti scolastici di ogni genere e grado, le associazioni del terzo settore, le associazioni ambientaliste e culturali, le pro loco, la grande, media e piccola distribuzione e le relative associazioni di categoria, le attività ricettive e di ristorazione e relative associazioni di categoria, le imprese artigianali e industriali e relative associazioni di categoria, le società di servizi, i professionisti e relativi albi professionali, l’ARPA Piemonte e altri soggetti con funzioni di vigilanza e controllo. I soggetti chiamati ad intervenire nell’ambito della Pubblica Amministrazione sono l’amministrazione regionale, nell’esercizio delle proprie funzioni legislative, pianificatorie e programmatorie, la Città metropolitana e le amministrazioni provinciali, nelle loro competenze autorizzatorie e di controllo sul territorio e, da ultimo, i comuni, le unioni di comuni e le comunità montane che, nella qualità di enti vicini ai cittadini e alle attività commerciali e produttive locali, possono, nella prospettiva della prevenzione della produzione dei rifiuti, attraverso mirate misure di informazione e formazione, indirizzare i cittadini e gli operatori a dare attuazione alle azioni previste dal Programma[94]. Più nel dettaglio, i consorzi di area vasta, attraverso lo strumento del Piano d’Ambito, sono chiamati a svolgere anche funzioni inerenti alla prevenzione della produzione di rifiuti e alla riduzione della produzione di rifiuti indifferenziati, in coerenza con le indicazioni del PRGRU e del Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti. Ai cittadini è richiesta l’adozione di comportamenti virtuosi sia all’atto dell’acquisto dei beni sia al momento di disfarsene, comportamenti che possono concorrere ad indirizzare il mercato verso prodotti a ridotto impatto ambientale.

Nel PRGRU si sottolinea l’esigenza di coinvolgere gli istituti scolastici di ogni genere e grado (studenti, docenti, personale amministrativo e ATA) in percorsi di sensibilizzazione, formazione ed informazione sulla “cultura” della prevenzione dei rifiuti, per la predisposizione di specifici studi e ricerche (scuola secondaria di secondo grado e università), e per la realizzazione diretta di alcuni progetti finalizzati alla riduzione dei rifiuti. Come già evidenziato, anche gli operatori che svolgono attività ricettive e di ristorazione e le relative associazioni di categoria, le imprese artigianali ed industriali e le relative associazioni di categoria e le società di servizi hanno una notevole potenzialità d’azione nell’ambito della prevenzione della produzione dei rifiuti e possono, a fronte del loro impegno in campo ambientale, trarre vantaggi in termini di immagine[95].

10. La prevenzione della produzione dei rifiuti nella LCA di un bene

Nel capitolo 11 del PRGRU vengono attentamente delineate le fasi di vita di un bene, Life Cycle Assessment, sulle quali deve operare la prevenzione della produzione dei rifiuti e vengono inoltre approfonditi e maggiormente dettagliati le azioni e gli strumenti da intraprendere, con riferimento specifico alle fasi del ciclo di vita di un bene, al fine di raggiungere l’obiettivo della prevenzione della produzione dei rifiuti urbani, il cui target è costituito, come già evidenziato in precedenza, dalla riduzione della produzione dei rifiuti urbani ad un quantitativo non superiore a 2.000.000 t a livello regionale entro il 2035, corrispondente a 448 kg procapite per abitante a livello di sub-ambito di area vasta [96].

In merito alla fase del ciclo di vita di un bene rappresentata dalla Progettazione/produzione (P), un obiettivo specifico per la prevenzione della produzione dei rifiuti urbani è rappresentato dalla promozione dell’ecodesign e dell’ecoprogettazione, obiettivo da raggiungere da un lato attraverso la stipula di accordi e intese per l’adozione, in fase progettuale, di tutte le misure necessarie affinché si utilizzino prodotti a minor impatto ambientale e siano rese più efficienti le operazioni di disassemblaggio (ecodesign o ecoprogettazione) e dall’altro tramite lo sviluppo di analisi dei rifiuti smaltiti per favorire percorsi di riprogettazione di beni e materiali. Con riguardo alla riduzione dei rifiuti alimentari devono essere intraprese nella fase della loro produzione azioni per la riduzione dei rifiuti alimentari nella produzione primaria e nel settore della trasformazione [97].

Nella fase della Distribuzione (D), al fine di prevenire la produzione di rifiuti urbani, vengono fissati nel nuovo PRGRU, quali obiettivi specifici, la riduzione della produzione di rifiuti di imballaggio e la promozione del “vuoto a rendere”, obiettivi da realizzare soprattutto per il tramite di azioni volte alla promozione della vendita/acquisto di prodotti sfusi, con imballaggio riutilizzabile, alla promozione del consumo di acqua dell’acquedotto e alla promozione del “vuoto a rendere” per il successivo riutilizzo dell’imballaggio da parte delle aziende piemontesi di produzione e imbottigliamento di bevande (acqua, vino, birra). Attività strategiche per il conseguimento dei citati obiettivi possono essere gli interventi di sostegno all’adozione di sistemi di restituzione con cauzione per gli imballaggi in plastica, in vetro e in metallo utilizzati per acqua e per altre bevande e la conclusione di accordi con il settore commerciale per la riduzione della produzione di rifiuti, in particolare di rifiuti di imballaggio e rifiuti alimentari. Nella fase della Distribuzione si rende altresì necessario agire per la riduzione dell’utilizzo di prodotti monouso e per la riduzione dei rifiuti alimentari, promuovendo studi e ricerche anche con il supporto tecnico dei poli di innovazione regionali, università, politecnico al fine di sviluppare alternative “sostenibili” al monouso (prodotti/servizi) e la raccolta di eccedenze di alimenti nelle attività commerciali e di alimenti e pasti non distribuiti nella ristorazione collettiva al fine di destinarli a sostegno di persone che vivono in condizione di povertà alimentare [98].

Nella fase della LCA rappresentata dal Consumo (C) si considera fondamentale da una parte incrementare l’utilizzo delle certificazioni ambientali finalizzato ad una produzione ambientalmente sostenibile di beni e manufatti e la diffusione del Green Public Procurement, anche attraverso la formazione delle stazioni appaltanti per la costruzione dei capitolati in conformità con i Criteri Ambientali Minimi emanati e dall’altra coinvolgere i cittadini-consumatori attraverso attività di informazione e sensibilizzazione volte alla riduzione dell’utilizzo di prodotti monouso [99].

Anche nella fase del Consumo va perseguita la riduzione dei rifiuti alimentari, attraverso la previsione di azioni di prevenzione dello spreco e devoluzione delle eccedenze e svolgendo attività di educazione, formazione, informazione e sensibilizzazione contro lo spreco alimentare [100].

Con riguardo alla quarta fase del LCA di un bene, costituita dall’Utilizzo (U), nel PRGRU l’attenzione si è concentrata da un lato sull’esigenza di ridurre i rifiuti alimentari, promuovendo il ricorso, anche nell’ambito di tale fase, sia ad attività di raccolta di alimenti nelle attività commerciali e nella ristorazione collettiva per destinarli a favore di realtà di povertà alimentare che ad attività di educazione, formazione, informazione e sensibilizzazione contro lo spreco alimentare e dall’altro sulla necessità di ridurre la produzione dei rifiuti durante gli eventi culturali, musicali e sportivi, obiettivo realizzabile attraverso l’attuazione di una progettazione ecosostenibile degli eventi [101].

Nella fase di Fine vita di un bene (FV), ultima fase della LCA di un bene, devono essere intraprese, si precisa nel PRGRU, molteplici azioni, in particolare da parte degli enti di governo, al fine di conseguire gli specifici obiettivi che sostanziano il più generale obiettivo della prevenzione della produzione di rifiuti. Tra gli obiettivi specifici da perseguire vengono indicati la promozione del riuso (favorendo operazioni di scambio, commercializzazione o cessione gratuita di beni e/o di loro componenti, al fine di riutilizzarli per le stesse finalità per le quali sono stati originariamente prodotti) con la contestuale promozione dei mercatini dell’usato e dei “centri del riuso”, oltre alla promozione della riparabilità dei beni. Per il raggiungimento degli obiettivi citati sarebbe necessaria la previsione di incentivi economici diretti a sostenere i costi per la realizzazione delle strutture in aree pubbliche e private da adibire a centri del riuso e la previsione di strumenti economici, fiscali e di regolamentazione finalizzati alla promozione della riparabilità/riparazione dei beni [102].

11. Specifiche misure per la prevenzione della produzione di rifiuti

In applicazione del principio “chi inquina paga” andrebbe incrementato l’utilizzo di sistemi in grado di collegare la produzione dei rifiuti alla singola utenza, prevedendo sistemi quale la tariffazione puntuale o sistemi alternativi in grado, comunque, di correlare la produzione dei rifiuti alla singola utenza. La Direttiva 851/2018/UE sui rifiuti, attraverso l’Allegato IV bis, riconosce la tariffa quale strumento economico, di natura volontaria, volto ad incentivare l’applicazione della gerarchia dei rifiuti (cfr. punto 2) e rientrante tra i “regimi di tariffe puntuali (pay-as-you-throw) che gravano sui produttori di rifiuti sulla base della quantità effettiva di rifiuti prodotti e forniscono incentivi alla separazione alla fonte dei rifiuti riciclabili e alla riduzione dei rifiuti indifferenziati”. In altri termini, si evidenzia nel Piano che la ripartizione tra gli utenti dei costi complessivi del servizio di gestione dei rifiuti urbani deve tener conto del principio europeo “chi inquina paga”[103]. A mente dell’art. 14, co. 1, della Direttiva 98/2008/CE “Secondo il principio «chi inquina paga», i costi della gestione dei rifiuti sono sostenuti dal produttore iniziale o dai detentori del momento o dai detentori precedenti dei rifiuti”. Tale principio esprime la necessità di commisurare il prelievo nei confronti degli utenti del servizio di gestione dei rifiuti urbani in modo da garantire che chi maggiormente contribuisce alla produzione dei rifiuti sia chiamato a contribuire maggiormente in termini economici ai relativi costi di gestione, ivi inclusi «i costi della necessaria infrastruttura e del suo funzionamento»[104].

Con riguardo alla fase finale -fine vita- del ciclo di vita di un bene si rende necessario agire per prevenire l’abbandono e la dispersione dei rifiuti nell’ambiente, per prevenire i fenomeni di illegalità nella gestione dei rifiuti e per limitare l’uso di prodotti in plastica. Tali specifici obiettivi sono perseguibili incentivando il vuoto a rendere, incrementando i servizi di raccolta domiciliare dei rifiuti ingombranti (compresi i RAEE ingombranti), incrementando la presenza e gli orari di apertura dei centri di raccolta dei rifiuti urbani e organizzando campagne informative sul consumo consapevole dei prodotti, sulla corretta gestione dei rifiuti e sui servizi a disposizione per la raccolta dei rifiuti[105].

Si mette in evidenza come la diffusione dei mercati agricoli “a km zero”, che si caratterizzano per la valorizzazione della filiera corta e del rapporto diretto fra produttore e consumatore, e che sono stati previsti in prima battuta per «garantire il sostegno al consumo in zona delle produzioni locali, incentivare il consumo stagionale e consentire il riconoscimento di un corrispettivo equo agli agricoltori», finisca con il contribuire a ridurre l’impatto ambientale derivante dal trasporto e da un utilizzo eccessivo di imballaggi, stimolando un consumo “consapevole” [106]. L’acquisto di prodotti alimentari sfusi, utilizzando propri contenitori riutilizzabili, è incentivato da parte del nostro legislatore che di tale modalità di acquisto si occupa nel d.l. 14 ottobre 2019, n. 111, convertito dalla l. 12/12/2019 n. 141 (cosiddetto “Decreto Clima”), il cui art. 7 prevede che ai clienti sia consentito utilizzare contenitori propri purché riutilizzabili, puliti e idonei per uso alimentare e che l’esercente possa rifiutare l’uso di contenitori che ritenga igienicamente non idonei, al fine di garantire che la pratica si svolga in sicurezza[107].

Attraverso la promozione del consumo di acqua dell’acquedotto si persegue la finalità di ridurre la produzione di rifiuti di imballaggio primari e secondari in plastica derivanti dal consumo di acqua minerale in bottiglia, promuovendo il consumo di acqua potabile in ambito domestico, nei locali pubblici, nella ristorazione collettiva e negli uffici pubblici. Viene osservato che, partendo dal dato che l’82% delle acque minerali è immesso al consumo in bottiglie di PET e considerando solo l’imballaggio primario in PET, è possibile stimare in circa 16.000 tonnellate il quantitativo annuo di rifiuti in PET prodotto in Piemonte a seguito del consumo di acqua minerale naturale, rifiuti che potrebbero essere evitati con il consumo di acqua dell’acquedotto[108].

Al fine di accrescere l’interesse ad allungare la vita utile del prodotto è necessario promuovere il modello “pay-per-use”, cioè il prodotto come servizio reso da parte del produttore o di chi mette a disposizione il bene. Il prolungamento della vita del prodotto passa necessariamente dalla promozione della riparabilità dei beni che, attraverso l’individuazione di misure, anche fiscali, andrebbe resa economicamente sostenibile [109]. Le azioni che la Regione Piemonte intende intraprendere nell’ottica di promuovere le attività e le operazioni dirette alla riparabilità dei beni riguardano l’individuazione di misure di finanziamento per aziende che operano nell’ambito della riparabilità/riparazione dei beni e il riconoscimento di premialità nell’accesso a fondi europei e regionali alle imprese che nelle loro attività prevedono misure legate alla riparabilità dei beni [110].

Sezione II

1. Piano regionale di bonifica delle aree inquinate

Ai sensi dell’art. 199 del d.lgs. 152/2006 le regioni devono provvedere alla valutazione, almeno ogni sei anni, della necessità di dare corso all’aggiornamento in via generale del Piano regionale di bonifica delle aree inquinate; l’art. 8 della l.r. 42/2000 prevede nello specifico che tale Piano abbia validità triennale e che la Giunta regionale nel corso del triennio possa aggiornare il programma di bonifica a breve termine[111]. Le finalità del Piano regionale di bonifica delle aree inquinate sono: individuazione dei siti da bonificare e delle caratteristiche generali degli inquinamenti presenti, attività di programmazione regionale, definizione di criteri di priorità e stima di oneri finanziari, in modo da agevolare l’attuazione dei programmi di bonifica da parte dell’Amministrazione regionale. Uno strumento fondamentale per l’attività di pianificazione e programmazione è l’Anagrafe regionale dei siti contaminati, definita nello stesso Piano «strumento dinamico per la raccolta, l’inserimento e l’aggiornamento delle informazioni tecniche e procedurali sui siti contaminati»[112] e «funzionale a fornire informazioni sullo stato ambientale ma anche informazioni utili per il governo del territorio e per la gestione dei finanziamenti»[113].

Si osserva nel Piano regionale di bonifica delle aree inquinate che, in virtù del principio di matrice europea “chi inquina paga”, la bonifica[114] è da considerare un obbligo e non una scelta e si richiama a fondamento di tale obbligo, nell’assenza di una disciplina specifica dettata a livello europeo, la disposizione di cui all’art. 191 del TFUE il cui comma secondo stabilisce che «la politica dell’Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell’Unione. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio «chi inquina paga»[115]. Nel nostro ordinamento la gestione dei siti contaminati trova la sua disciplina, come noto, nella Parte IV, Titolo V e nei relativi Allegati del Codice dell’ambiente, dove sono definite le competenze, le procedure, i criteri e le modalità per lo svolgimento delle operazioni necessarie per l’eliminazione delle sorgenti di inquinamento e per la riduzione delle concentrazioni di sostanze inquinanti.

Nell’art. 199 del d.lgs. 152/2006 viene precisato che i Piani regionali di bonifica delle aree inquinate sono «parte integrante del Piano Regionale di Gestone dei Rifiuti»[116].

A livello regionale la materia delle bonifiche è disciplinata dalla l.r. n. 42 del 7 aprile 2000.

Nel Piano viene fornita una fotografia dello stato di fatto dei siti contaminati presenti nella Regione Piemonte: circa 1900 siti, tra potenzialmente contaminati, contaminati e bonificati, censiti nell’Anagrafe regionale dei siti contaminati, ASCO. Sono presenti, inoltre, cinque Siti di Interesse Nazionale (SIN), riconosciuti dallo Stato in funzione delle caratteristiche del sito, delle caratteristiche degli inquinanti e della loro pericolosità, del rilievo dell’impatto sull’ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali[117].

2. Revisione dell’Anagrafe regionale dei siti contaminati

Il primo obiettivo perseguito dal Piano regionale di bonifica delle aree inquinate è quello di garantire un aggiornamento in tempo reale della situazione dei siti in bonifica e delle aree dismesse sul territorio regionale, dando corso ad una revisione dell’Anagrafe regionale dei siti contaminati. Parimenti nel Piano è prevista l’individuazione dei criteri per la valutazione delle priorità di intervento, partendo dall’aggiornamento dei criteri del precedente piano regionale approvato con la l.r. 42/2000. A fronte delle difficoltà di bilancio verificatesi negli anni, le quali non hanno reso possibile una costante attuazione dei programmi annuali di finanziamento regionale delle attività di bonifica, nel Piano si propone la redazione di elenchi aggiornati dei siti, da individuare secondo i nuovi criteri di priorità e l’individuazione degli interventi da proporre per il finanziamento nell’ambito degli strumenti che saranno previsti a livello statale e regionale[118]. Un altro obiettivo strategico perseguito dal Piano è rappresentato dalla semplificazione e omogenizzazione sul territorio delle procedure amministrative, da realizzare con la collaborazione degli enti locali coinvolti nei procedimenti di bonifica. Altra finalità perseguita dalla Regione è quella del ricorso nelle operazioni di bonifica a tecnologie di bonifica a basso impatto sull’ambiente, finalità realizzabile attraverso la previsione di studi di approfondimento e buone pratiche. Da ultimo, viene fissato l’obiettivo di avviare le attività per la gestione delle aree caratterizzate da inquinamento diffuso, nella prospettiva di predisporre i piani di inquinamento diffuso previsti dall’art. 239, comma 3 del d.lgs. n. 152/2006[119].

Oltre allo strumento dell’Anagrafe regionale dei siti in procedimento di bonifica, strumento preordinato a consentire la conoscenza dei siti in bonifica sul territorio regionale e, allo stesso tempo, a fornire informazioni in generale sullo stato ambientale ed informazioni utili per il governo del territorio e per la gestione dei finanziamenti, a livello nazionale è stata recentemente realizzata da SNPA la banca dati MOSAICO che raccoglie un set di dati omogeneo e consolidato a livello nazionale.

Tale banca dati consente di gestire le informazioni sullo stato di avanzamento delle operazioni previste sui siti oggetto di procedimento di bonifica, sullo stato della contaminazione e sulle matrici ambientali interessate e su altri temi di valenza tecnica, amministrativa ed ambientale[120]. Con riguardo alla banca dati Mosaico, alle regioni viene attribuito il compito di fornire i dati presenti nelle anagrafi regionali per ampliare i contenuti della stessa.

Si osserva nel Piano che, da un lato le numerose criticità che hanno riguardato e riguardano il funzionamento dell’Anagrafe della Regione Piemonte e dall’altro la creazione della banca dati nazionale MOSAICO, nella quale devono confluire dati ulteriori che non sono reperibili nell’attuale ASCO, hanno condotto la Regione a prevedere l’implementazione di una nuova anagrafe regionale.

Un obiettivo che si pone la Regione è quello di censire nel dettaglio le aree dismesse presenti sul territorio, comprendendo anche le aree per le quali non risulta ancora avviato un procedimento di bonifica ma che rappresentano, o potrebbero rappresentare, delle aree critiche dal punto di vista dell’inquinamento ambientale e prevedere azioni a supporto della bonifica e della messa in sicurezza delle stesse. Le aree che erano interessate da attività poi dismesse potrebbero, quindi, essere dei siti contaminati, potenzialmente contaminati e con possibili problematiche di carattere ambientale[121]. Il censimento delle aree dismesse rappresenta il primo necessario passo verso il recupero e il risanamento di aree degradate, abbandonate e dismesse, recupero che costituisce un obiettivo perseguito da parte di più atti di pianificazione regionale, nella più ampia prospettiva strategica di collocare sulle aree recuperate nuove attività, contribuendo in tal modo a limitare e contrastare il consumo di suolo[122].

3. Ordine di priorità degli interventi di bonifica

Ai sensi dell’art. 199 del d.lgs. 152/2006 i piani per la bonifica delle aree inquinate devono stabilire l’ordine di priorità degli interventi sulla base di un criterio di valutazione del rischio elaborato dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA).

I criteri di priorità di intervento vengono definiti nell’ambito dell’Analisi di Rischio relativa (AdR Relativa), cioè attraverso una valutazione semplificata della pericolosità associata alla contaminazione, certa o potenziale, di un sito nell’ambito di un confronto tra più siti.

L’AdR Relativa è un’analisi qualitativa che, basandosi su modelli a punteggi, valuta il grado di pericolosità di un sito rispetto ad altri ed assegna a ciascun sito un punteggio totale, consentendo così alle regioni di pianificare la realizzazione di interventi con risorse economiche limitate, definendo una lista di priorità degli interventi da eseguire. La Regione Piemonte ha definito nel nuovo Piano nuovi criteri, basandosi su parametri facilmente acquisibili, soprattutto attraverso l’accesso alle informazioni contenute nell’Anagrafe regionale dei siti contaminati. Ai fini della definizione dei nuovi criteri, la Regione Piemonte ha aggiornato gli indicatori, già individuati nel precedente Piano, tenendo in considerazione le tipologie di siti contaminati presenti attualmente sul territorio. Gli indicatori che concorrono a determinare il punteggio, e quindi la successiva definizione dell’ordine di priorità degli interventi e delle operazioni di bonifica da attuare, si suddividono in: indicatori di stato, che considerano le caratteristiche del sito e della sorgente e le criticità sito specifiche, indicatori di contaminazione del sito e indicatori di vulnerabilità del sito e delle aree ad esso correlate[123].

4. Bonifica da parte della Pubblica Amministrazione e siti orfani

Si osserva nel Piano che, dal momento che le operazioni previste dalla normativa in materia di bonifica non possono essere considerate oggetto di “una scelta”, ma piuttosto, in virtù del principio “chi inquina paga”, di un obbligo, nelle ipotesi in cui i responsabili della contaminazione non intervengano o non siano individuabili, spetterà alla pubblica amministrazione adottare gli interventi per il risanamento del sito, al fine di tutelare l’ambiente e la salute[124]. Coerentemente con il principio “chi inquina paga”, le pubbliche amministrazioni che si siano attivate dovranno adottare, ai sensi degli artt. 3 e 4 della l.r. 42/2000, le azioni di rivalsa per recuperare le somme spese.

Va rammentato che, ai sensi dell’art. 253, commi 1 e 2 del d.lgs. 156/2006, le spese sostenute dall’autorità amministrativa costituiscono onere reale e sono assistite da privilegio speciale immobiliare sull’area oggetto dall’attività di bonifica. Inoltre, la circostanza di fatto per cui l’onere è accompagnato da privilegio speciale comporta la possibilità in capo all’amministrazione che ha eseguito gli interventi di rivalersi sul soggetto responsabile nei limiti del valore dell’area bonificata, potendo anche esercitare, ove la rivalsa non vada a buon fine, le garanzie gravanti sul terreno oggetto dei medesimi interventi[125].

La disciplina che prevede l’intervento della pubblica amministrazione per il risanamento del sito è contenuta sia nell’art. 250 del d.lgs. 152/2006 che nel decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, n. 269 del 29 dicembre 2020, adottato in attuazione dell’art. 1, co. 800, della l. 145/2018 e riguardante la bonifica dei cosiddetti siti orfani. Come noto, l’art. 250, rubricato “Bonifica da parte dell’amministrazione”, prevede la necessità dell’intervento pubblico volto alla bonifica dei siti contaminati, qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente ovvero non siano individuabili[126] e non provvedano né il proprietario del sito, né altri soggetti interessati. Ove ricorrano tali ipotesi, le procedure e gli interventi di bonifica devono essere realizzati d’ufficio dal comune territorialmente competente. Il d.m. 269/2020 qualifica come “orfano” quel sito (che deve essere oggetto di interventi ed operazioni di bonifica da parte della pubblica amministrazione) in ordine al quale si verifichino le seguenti ipotesi: non sia stato avviato il procedimento volto ad identificare il responsabile del superamento dei livelli di contaminazione (art. 244 del d. lgs. 152/2006 e art. 8 del d.m. 471/1999), oppure si sia concluso il citato procedimento senza l’individuazione del responsabile della contaminazione oppure quando il responsabile, seppur individuato, non abbia provveduto agli adempimenti previsti dal d.lgs. 152/2006 in materia di bonifica e non vi abbiano provveduto nè il proprietario del sito né altro soggetto interessato. Da ultimo, è da considerare sito orfano quel sito interessato dall’attivazione delle procedure previste dal Titolo V, Parte IV, del d.lgs. 152/2006, le quali però non sono state concluse. Ai sensi della l.r. 42/2000 i comuni e le province sono identificati quali soggetti che devono procedere alla realizzazione degli interventi di messa in sicurezza, caratterizzazione, progettazione, bonifica.

5. Programma di bonifica a breve termine e siti orfani. Piani di gestione dell’inquinamento diffuso

Nel nuovo Piano regionale di bonifica delle aree inquinate è mutata la disciplina relativa al programma di bonifica a breve termine in quanto è prevista la sua applicazione anche con riguardo ai siti orfani. Il programma di bonifica a breve termine, introdotto dalla l.r. 42/2000, doveva trovare applicazione, a partire dal primo piano adottato nel 2000 ai sensi della l.r. 42/2000, con riguardo ai siti inquinati pubblici e privati per i quali fossero risultati più urgenti gli interventi di bonifica[127]. A mente dell’attuale Piano, come anticipato, oggetto del programma a breve termine devono essere gli interventi di competenza pubblica, ossia i cosiddetti siti orfani[128]. Per dare attuazione alla nuova disciplina sui siti orfani, recata, come già evidenziato, dal d.m. n. 269 del 29 dicembre 2020, adottato in attuazione dell’art. 1, comma 800 della l. 145/2018, la Regione Piemonte ha avviato, attraverso l’adozione della D.G.R. n. 7-2914 del 26 febbraio 2021, una ricognizione sul territorio, con la collaborazione delle amministrazioni provinciali e della Città metropolitana di Torino, per la stesura di un elenco di interventi che potrebbero essere finanziati nell’ambito del citato d.m. n. 269 del 29 dicembre 2020.

Al fine di favorire il finanziamento e la realizzazione degli interventi di bonifica rientranti nel programma a breve termine e quindi di competenza della pubblica amministrazione vengono individuati nel nuovo Piano quali passaggi necessari: l’aggiornamento annuale del programma di bonifica degli interventi di competenza pubblica; la predisposizione di progetti da proporre per il finanziamento; ed infine il finanziamento degli interventi, secondo il programma annuale di cui all’art. 16 della l.r.. 42/2000[129].

Il nuovo Piano regionale di bonifica delle aree inquinate persegue anche obiettivi di semplificazione ed accelerazione dei procedimenti amministrativi diretti alla bonifica dei siti contaminati presenti sul territorio. A tale riguardo, si prevede l’organizzazione di incontri e tavoli tecnici specifici, ove dovessero sorgere delle criticità, al fine di supportare le amministrazioni locali anche con la redazione di apposite linee guida regionali finalizzate alla semplificazione dei procedimenti[130]. Nel nuovo Piano regionale di bonifica delle aree inquinate si intende incentivare, attraverso lo svolgimento di attività specifiche e studi, l’utilizzo di tecnologie ambientalmente sostenibili nelle operazioni di bonifica, con l’obiettivo di minimizzare gli impatti sull’ambiente, ricorrendo, in particolare, ad una gestione sostenibile dei materiali e dei rifiuti che vengono prodotti durante la bonifica[131].

Alle Regioni spetta, ai sensi dell’art. 239, comma 3 del d.lgs. 152/2006, la pianificazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale per le aree caratterizzate da inquinamento diffuso, fatte salve le competenze e le procedure previste per i siti oggetto di bonifica di interesse nazionale.

Da ultimo si fa riferimento nel Piano all’inquinamento diffuso per il quale si intende, ai sensi dell’art. 240, comma 1, lettera r) del d.lgs. 152/2006, «la contaminazione o le alterazioni chimiche, fisiche o biologiche delle matrici ambientali determinate da fonti diffuse e non imputabili ad una singola origine». Nella redazione degli specifici piani, la Regione dovrà tener conto delle linee di indirizzo contenute nelle linee guida ISPRA 146/2017 “Criteri per la elaborazione di piani di gestione dell’inquinamento diffuso” e dovranno essere acquisiti i dati e le informazioni sulle contaminazioni diffuse derivanti dai procedimenti di bonifica svolti sul territorio regionale [132].

Sezione III

1. Valutazione ambientale strategica del PRUBAI

Il Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani e bonifica delle aree inquinate (PRUBAI) è stato sottoposto al procedimento di Valutazione Ambientale Strategica[133] in quanto piano che, ai sensi dell’art. 6, commi 1 e 2 del d.lgs. 152/2006, afferisce al settore della gestione dei rifiuti[134].

Le fasi in cui si è strutturato il procedimento di VAS per il PRUBAI, secondo quanto dispone la disciplina contenuta nella Parte II, Titolo II del d.lgs. 152/2006, sono state: fase di specificazione, Scoping; redazione della proposta di Piano, del relativo Rapporto Ambientale (RA) e della Sintesi non tecnica; consultazione dei soggetti competenti in materia ambientale (tra cui le Regioni confinanti) e in materie che influiscono sul Piano o ne sono influenzate, del pubblico interessato e del pubblico genericamente inteso; valutazione del Rapporto Ambientale e degli esiti della consultazione; integrazione degli esiti della valutazione nella proposta di Piano e sua adozione; informazione al pubblico sul processo decisionale e dei suoi risultati; monitoraggio degli effetti ambientali significativi derivanti dall’attuazione del Piano. Si tratta, come viene specificato nel RA, di fasi comuni sia al procedimento di pianificazione, sia a quello di valutazione, che permettono l’integrazione della componente ambientale nella pianificazione dalla prima fase di impostazione fino alla fase di attuazione e revisione del Piano[135]. La Regione Piemonte ha inteso valorizzare la partecipazione e le consultazioni, nelle diverse fasi del procedimento di VAS, improntando la propria azione politica alla democrazia partecipativa[136]. L’informazione al pubblico necessaria a garantire a tutti i soggetti interessati la possibilità di partecipare alla elaborazione di piani, programmi e politiche riguardanti l’ambiente è stata assicurata attraverso la pubblicazione sul sito ufficiale della Regione Piemonte di tutta la documentazione relativa al Piano e al procedimento di VAS. Con riferimento specifico agli stati confinanti quali soggetti consultabili, la Regione ha scelto di non procedere con la loro consultazione in quanto si è ritenuto che gli obiettivi e le scelte del PRUBAI non avessero ricadute ambientali significative sugli Stati confinanti, soprattutto a motivo della assenza di previsioni relative alla localizzazione puntuale di impianti sul territorio[137].

Per lo svolgimento della fase di scoping, cioè della fase preordinata alla definizione dei contenuti del Rapporto Ambientale, è stato predisposto il “Documento di specificazione dei contenuti del Rapporto Ambientale” nel quale si è dato conto del contesto programmatico, dell’ambito di influenza del PRUBAI e del livello di dettaglio delle informazioni da inserire nel Rapporto Ambientale, oltre che delle possibili interferenze con i siti di rete Natura 2000. Si è svolta la fase di specificazione dei contenuti del Rapporto Ambientale, come prescritto dall’art. 13, comma 1 del d.lgs. 152/2006, attraverso la consultazione dei soggetti competenti in materia ambientale e dei soggetti competenti in materie che possono influire sul PRUBAI. Nella fase di consultazione sono state proposte delle osservazioni, alcune delle quali recepite ed altre, al contrario, non recepite motivandone le ragioni[138].

2. Rapporto Ambientale. Incidenza del PRUBAI sulle componenti ambientali

Il Rapporto Ambientale, come stabilito dall’art 13, comma 3 del d.lgs. 152/2006, costituisce parte integrante del PRUBAI e ne accompagna l’intero processo di elaborazione ed approvazione. «Il RA ha lo scopo di restituire il quadro delle informazioni e dei dati conoscitivi relativi al PRUBAI e dei contesti ambientali e territoriali potenzialmente interferiti»[139]. La predisposizione del RA è avvenuta sulla base del “Documento di specificazione dei contenuti del Rapporto Ambientale” che è stato oggetto di consultazione, così come è previsto dall’art. 13, co. 1, del d.lgs. 152/2006[140]. Nel quadro delle diverse sezioni, denominate capitoli, di cui si compone il RA si volgerà l’attenzione, in particolare, ai capitoli 3, 4, 7 e 8.

Con il RA viene definito l’ambito di influenza ambientale del PRUBAI, cioè «gli aspetti ambientali ed i comparti con cui interagisce, determinando potenziali effetti sull’ambiente»[141]. Si precisa che le interazioni tra le previsioni del Piano e l’ambiente non devono essere interpretate sempre in modo negativo, potendosi, di fatto, generare dall’interazione tra il PRUBAI e l’ambiente circostante anche effetti ambientali positivi[142]. Gli aspetti ambientali interessati dall’attuazione del PRUBAI, suddivisi in tematiche ambientali e tematiche antropiche, sono, con riguardo alle tematiche ambientali: biodiversità (comprendente anche il tema foreste); paesaggio, beni culturali e materiali; suolo e consumo del suolo; aria; clima e cambiamento climatico; acqua. Gli aspetti ambientali correlati alle tematiche antropiche sono: salute umana; agricoltura e zootecnia; energia; mobilità e trasporti; rifiuti speciali. Per ciascuna tematica è stato tratteggiato lo stato dell’arte, prendendo le mosse dalle informazioni più aggiornate disponibili, detenute prevalentemente da fonti istituzionali e caratterizzate da omogeneità sul territorio regionale e dalla presenza di una serie storica e oggetto di un aggiornamento futuro[143].

Si prenderanno ora in esame le componenti ambientali elencate in precedenza su cui potrà avere incidenza il PRUBAI, partendo dalla caratterizzazione del territorio piemontese in ordine alla componente ambientale esaminata, per giungere prima alla valutazione dei possibili effetti negativi e positivi derivanti dalla pianificazione e poi alla individuazione di eventuali misure compensative degli effetti negativi.

Viene definita biodiversità «la variabilità degli organismi viventi, degli ecosistemi terrestri, acquatici e i complessi ecologici che essi costituiscono. Essa è un elemento fondamentale per la salute del pianeta ed è frutto di una lenta evoluzione che ha permesso alla vita di adattarsi alle più diverse condizioni ambientali»[144].

Sotto il profilo della biodiversità, il territorio piemontese è caratterizzato da una grande varietà di specie animali e vegetali: sono presenti tre zone biogeografiche (alpina, continentale e mediterranea) la cui presenza garantisce un buon livello di biodiversità, nonostante l’elevato grado di urbanizzazione, la presenza antropica diffusa e un elevato consumo di suolo. Nella componente rappresentata dalla biodiversità vengono inclusi i Siti Rete Natura 2000 e le aree protette, con la conseguenza che la tutela della biodiversità in Piemonte deve tradursi non solo nella identificazione di parchi e riserve naturali, quali aree naturali protette in senso territoriale e giuridico, ma anche nella presenza di siti della rete Natura 2000 (SIC – Siti di Importanza Comunitaria, ZSC – Zone Speciali di Conservazione e ZPS – Zone di protezione Speciali). Anche la rete ecologica regionale, istituita dalla l.r. 29 giugno 2009, n. 19, costituisce un ambito naturale la cui biodiversità va conservata. Da ultimo, sia le zone umide, cioè ambienti accomunati sia dalla presenza di acqua che di vegetazione igrofila, che le foreste si caratterizzano per un rilevante e variabile livello di biodiversità che necessita di protezione.

Il RA evidenzia come le relazioni intercorrenti tra gestione dei rifiuti e bonifiche da un lato e biodiversità dall’altro siano molteplici, dal momento che la gestione dei rifiuti e le operazioni di bonifica sono attività in grado di incidere, positivamente o negativamente, sulle varie matrici ambientali e, di conseguenza, sulla fauna e flora che le popolano. Vengono evidenziati gli effetti negativi che possono discendere dalla realizzazione di nuovi impianti di trattamento dei rifiuti, quali, in primis, il consumo di suolo, con conseguente possibile perdita di biodiversità, e vengono sottolineati anche gli aspetti positivi in termini di impatto sulle componenti ambientali che possono derivare dagli interventi di riduzione della produzione di rifiuti e dalla minimizzazione del ricorso alla discarica. Inoltre, si rammenta la necessità che siano adottate misure compensative, attraverso attività specifiche, a fronte dell’inserimento di un impianto, con la finalità di preservare, proteggere e risanare l’ambiente circostante [145].

In ordine alla realizzazione degli interventi di bonifica, si osserva che, se da un lato, qualora tali interventi dovessero interessare zone particolarmente delicate, ne potrebbero derivare sull’ambiente effetti negativi, in termini di distruzione di habitat o disturbo a specie selvatiche, dall’altro, i benefici che si avrebbero, una volta conclusa la bonifica, determinerebbero impatti positivi sul lungo periodo, superiori a quelli negativi. Da ultimo si rammenta che anche per le operazioni di bonifica si rende necessaria la realizzazione di opportune misure di mitigazione al fine di ridurre al minimo gli eventuali impatti negativi [146].

Il territorio piemontese, sotto il profilo paesaggistico e della presenza di beni culturali e materiali, si configura come un «mosaico estremamente variegato di paesaggi»[147], che talvolta presenta caratteri di unicità rispetto ai paesaggi di altre regioni e talaltra aspetti di continuità.

La gestione dei rifiuti e le operazioni di bonifica possono tradursi in attività potenzialmente incisive, in termini positivi o negativi, sulle diverse matrici ambientali e, di conseguenza, sul paesaggio e sul territorio. Dal momento che l’eventuale implementazione del parco impiantistico regionale potrebbe determinare un impatto negativo sull’assetto territoriale e sul paesaggio, nel PRGRU vengono definiti, come si è messo in evidenza, criteri localizzativi che tengano conto della presenza di vincoli paesaggistici e che si traducano o in prescrizioni escludenti o in prescrizioni penalizzanti. Si potrebbe ammettere la localizzazione di un impianto anche in un’area sensibile dal punto di vista paesaggistico, a condizione che siano previste specifiche opere di mitigazione dirette a minimizzare l’impatto sulla componente paesaggio. Con riferimento alle operazioni di bonifica, si osserva che il recupero dei siti bonificati e/o di aree degradate e dismesse si tradurrebbe in un’opportunità di riqualificazione territoriale e paesaggistica, anche qualora si prevedesse la re-industrializzazione dell’area [148].

La “Relazione sullo stato dell’Ambiente in Piemonte”[149], redatta annualmente, dà conto della qualità dei corpi idrici superficiali e sotterranei e dei risultati dell’analisi della pressione su di essi dei siti contaminati e delle discariche, considerando nello specifico i siti contaminati, potenzialmente contaminati, siti produttivi abbandonati e i siti per lo smaltimento dei rifiuti. Con riguardo agli effetti che potrebbero derivare dalla gestione dei rifiuti e dalle operazioni di bonifica sulla componente acqua, si osserva che dalla non corretta gestione dei rifiuti potrebbero derivare delle criticità in ordine allo stato della qualità dell’acqua, come, ad esempio, nel caso di rischio di contaminazione accidentale della falda o di corpi superficiali da parte del percolato di discarica. In ordine, invece, agli eventuali impatti negativi che sulla matrice acqua potrebbero discendere dalla gestione dei rifiuti speciali si evidenzia l’impossibilità di estrapolare i dati dell’inquinamento determinato nello specifico da tale tipologia di rifiuti [150].

Dall’analisi del PRUBAI emergerebbe come lo stesso Piano non presenti, ad una prima analisi, potenziali effetti significativi sul ciclo delle acque, ad eccezione dei potenziali effetti locali che potrebbero derivare dalla necessità di ampliamento e/o realizzazione delle volumetrie di discarica per i rifiuti non recuperabili, effetti peraltro ampiamente evitabili attraverso il ricorso alle migliori pratiche di gestione[151].

Effetti positivi sui corpi idrici potrebbero derivare sia dal riesame delle autorizzazioni in essere per gli impianti esistenti, in chiusura ed in post-gestione, che dalle azioni adottate per il raggiungimento degli obiettivi di piano, azioni che possono tradursi nella riduzione della produzione dei rifiuti, nella promozione del riciclaggio ovvero del recupero di materia, nella minimizzazione del ricorso alla discarica e nel rispetto della gerarchia dei rifiuti. Infine, benefici ambientali alle acque superficiali e sotterranee potranno derivare dalle attività di bonifica [152].

La componente suolo, indagata anche sotto il profilo del suo consumo, può essere interessata dalla gestione dei rifiuti e dalle attività di bonifica sotto più profili che possono essere di carattere negativo o positivo. Nel RA si riporta la definizione di suolo contenuta nella “Carta Europea del suolo”, adottata dal Consiglio d’Europa nel 1972: «Il suolo è una risorsa finita, non rinnovabile, caratterizzata da velocità di degrado potenzialmente molto rapida e, allo stesso tempo, da processi di formazione e rigenerazione estremamente lenti; è una risorsa di vitale importanza che esercita funzioni essenziali per la salvaguardia degli equilibri ecologico-ambientali e svolge un insieme di compiti biotici e abiotici fondamentali per la sopravvivenza delle specie animali (uomo incluso) e vegetali sulla terra»[153]. La presenza di contaminanti nel suolo, che è risorsa limitata e non rinnovabile, bene comune, il cui degrado ha ripercussioni dirette sulla qualità delle acque e dell’aria, sulla biodiversità e sui cambiamenti climatici, insieme al consumo dello stesso, possono contribuire alla sua perdita di valore dal punto di vista ambientale ed ecosistemico. Con riguardo alla contaminazione del suolo, le principali cause vengono individuate nella cattiva gestione di impianti e strutture, nella scorretta gestione di rifiuti e nel verificarsi di eventi accidentali con riguardo ad attività commerciali, industriali o di gestione dei rifiuti[154].

Il consumo di suolo è definibile come la perdita della risorsa ambientale fondamentale – suolo – a causa della occupazione della superficie originariamente agricola, naturale o seminaturale con una copertura artificiale, quale risultato della costruzione di nuovi edifici, fabbricati e insediamenti, dell’espansione delle città, della densificazione o della conversione di terreno entro un’area urbana, dell’infrastrutturazione del territorio.

Vengono messi in evidenza gli effetti certamente positivi in merito alla riduzione del consumo di suolo che potrebbero derivare dalla rigenerazione delle aree contaminate dismesse, sottoutilizzate e degradate, con l’obiettivo di collocare sulle stesse nuove attività, tra le quali anche gli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti. Per raggiungere simili risultati positivi è necessaria, si osserva nel RA, una conoscenza della localizzazione sul territorio delle aree dismesse e del loro stato, conseguibile attraverso un censimento e una mappatura delle stesse aree con l’obiettivo anche di aggiornare l’Anagrafe dei siti contaminati (ASCO). Come noto, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha previsto una specifica misura per la bonifica dei siti orfani con l’obiettivo, entro il primo trimestre del 2026, della loro riqualificazione al fine di ridurre l’occupazione dei terreni e migliorare il risanamento urbano. Come anticipato, gli effetti che possono derivare dalla gestione dei rifiuti e dalle bonifiche sulla componente suolo sono molteplici e possono essere di segno opposto, cioè tradursi in effetti positivi o negativi. Certamente negativi potranno essere gli effetti per il suolo quando esso risulti interessato direttamente da attività di recupero di rifiuti o essere contaminato da inquinanti durante un’attività di gestione di rifiuti. Parimenti effetti negativi per il suolo, sotto il profilo dell’aumento del suo consumo, potrebbero aversi nelle ipotesi di realizzazione di impianti per il recupero delle frazioni intercettate dalla raccolta differenziata, di impianti per la chiusura del ciclo dei rifiuti indifferenziati e di discariche. Per contro, risultati positivi potrebbero ottenersi attraverso le attività di bonifica che, in quanto in grado di rigenerare suoli contaminati, potrebbero determinare una riduzione di consumo di suolo[155].

Le azioni previste nel PRGRU preordinate a promuovere il riciclaggio e la minimizzazione del ricorso alla discarica possono avere degli effetti positivi sulla qualità dei suoli, in termini di riduzione dei contaminanti, ed anche, indirettamente sotto il profilo della riduzione di consumo di suolo. Si osserva, inoltre, che per il tramite della previsione di incentivi alla raccolta differenziata della frazione organica, in vista del suo recupero per un successivo utilizzo agronomico, si avrebbero vantaggi ambientali in termini di apporto di sostanza organica al suolo. Da ultimo, in ordine ad eventuali possibili effetti negativi, si fa osservare che la promozione dell’applicazione di sistemi di tariffazione puntuale, in ossequio al principio chi inquina paga, potrebbe determinare anche effetti negativi come un possibile aumento di episodi di abbandono incontrollato dei rifiuti, con possibile relativo rischio di contaminazione del suolo[156].

Sulla componente aria incidono certamente le emissioni prodotte dal termovalorizzatore di Torino, l’impianto destinato all’incenerimento di rifiuti urbani e speciali non pericolosi, autorizzato ad operare a saturazione del carico termico di 205MW, entrato in funzione nell’aprile 2013 e costituito da tre linee d’incenerimento gemelle, dotate ciascuna di un impianto per l’abbattimento dei fumi in emissione[157].

Il monitoraggio in continuo delle emissioni rilasciate in atmosfera dal termovalorizzatore è effettuato dall’Arpa Piemonte. Con riguardo alle emissioni odorigene che possono derivare dal funzionamento del termovalorizzatore trovano applicazione, in assenza nell’ordinamento italiano di una specifica disciplina per le emissioni odorigene che fornisca valori-limite di riferimento e metodi o parametri che permettano di quantificare il disturbo, le “Linee guida per la caratterizzazione e il contenimento delle emissioni in atmosfera provenienti dalle attività ad impatto odorigeno”, approvate dalla Giunta regionale del Piemonte con la deliberazione n. 13-4554 del 9/01/17.

I potenziali effetti delle attività di gestione dei rifiuti e delle bonifiche, previste nel PRUBAI, sulla matrice aria possono essere causati da: emissioni da impianti di trattamento dei rifiuti e da discariche, da emissioni inquinanti da traffico indotto, da emissioni odorigene con riferimento in particolare alle fasi di movimentazione e trattamento rifiuto con componente biodegradabile. In merito agli effetti delle attività di bonifica, si evidenzia che essi potranno riguardare soprattutto le fasi di cantiere sotto il profilo della tecnologia utilizzata e della gestione dei rifiuti da bonifica. Effetti positivi potranno derivare dalle azioni programmate nel PRGRU, in termini di riduzione dei gas serra e climalteranti e delle emissioni in generale, in particolare dalla riduzione della produzione dei rifiuti, dall’incremento del riciclaggio ovvero del recupero di materia e dalla minimizzazione del ricorso alla discarica, nel rispetto della gerarchia dei rifiuti [158].

La gestione dei rifiuti e le attività di bonifica possono avere un impatto negativo sulla componente clima e sul cambiamento climatico in ragione delle emissioni di gas climalteranti determinate dall’attuale ciclo dei rifiuti e derivanti dalla contaminazione dei siti [159].

Per contro, effetti positivi sul clima e sul cambiamento climatico, in linea con l’attuazione della strategia di contrasto ai cambiamenti climatici, derivano dallo stesso funzionamento del termovalorizzatore in quanto, essendo incentrato sulla combustione dei rifiuti ai fini della produzione di energia, comporta la sostituzione di combustibile fossile con un materiale ad alto contenuto rinnovabile, sottraendolo inoltre alla discarica, a sua volta fonte di emissioni di metano, gas con potenziale di riscaldamento globale. Più in generale, poi, gli obiettivi generali previsti nel PRGRU, rappresentati dalla riduzione della produzione di rifiuti, dalla promozione del riciclaggio, dalla minimizzazione del ricorso alla discarica, dalla realizzazione di un sistema impiantistico che consenta di ottemperare al principio di prossimità, dalla promozione dello sviluppo di una “green economy” regionale, contribuiscono a dare attuazione alla strategia di contrasto ai cambiamenti climatici e al surriscaldamento globale. Le stesse attività di bonifica dei siti contaminati e la minimizzazione dello smaltimento dei rifiuti da bonifica, preferendo modalità di gestione che prevedano il recupero e, se possibile, il riuso del materiale, magari in situ, possono determinare un miglioramento della componente climatica [160].

Un ruolo importante e strategico nella produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è svolto dagli impianti di trattamento dei rifiuti attraverso il recupero della frazione organica trattata, recupero finalizzato alla produzione di energia. Un impatto positivo sulla componente energia potrà essere ottenuto attraverso la realizzazione dell’obiettivo prefissato nel PRGRU di valorizzare l’impiantistica di trattamento già esistente sul territorio regionale, privilegiando eventuali potenziamenti o ristrutturazioni funzionali alla realizzazione di sistemi integrati di digestione anaerobica, seguiti dal trattamento aerobico, in modo da massimizzare il recupero della frazione organica trattata con il recupero di energia. Inoltre, nel PRGRU vengono fissati quali ulteriori target: l’incremento dei quantitativi di rifiuti urbani indifferenziati avviati a recupero energetico e l’aumento di almeno il 20% rispetto al dato 2019 della produzione di biogas e/o biometano dalla digestione anaerobica della frazione organica biodegradabile da RD[161].

Nella gestione dei rifiuti i rischi per la salute possono derivare dall’utilizzo di discariche illegali, da impianti di incenerimento obsoleti, da siti abbandonati e da combustioni incontrollate di rifiuti. Non dovrebbero, invece, comportare un rischio per l’ambiente e per la salute delle popolazioni che vivono nei pressi degli impianti le discariche controllate di rifiuti solidi urbani e l’incenerimento dei rifiuti effettuato con le migliori tecnologie disponibili. Parimenti le azioni finalizzate alla riduzione della produzione di rifiuti e alla loro corretta gestione possono contribuire a prevenire i possibili effetti sulla salute [162].

Nel RA si osserva che sulla base delle informazioni disponibili non è possibile quantificare quanto il trasporto di rifiuti possa incidere sul traffico stradale e ferroviario piemontese. In ogni caso, anche per il trasporto dei rifiuti urbani devono essere rispettati i CAM, adottati con il DM 17/06/2021, pubblicato nella G.U. del 02/07/2021 n. 157, in vigore dal 30/10/2021, nello specifico per quanto riguarda l’acquisizione dei veicoli e dei lubrificanti nei servizi di raccolta di rifiuti urbani[163].

Le azioni previste nel PRUBAI incidenti in positivo direttamente sulla componente suolo e consumo di suolo possono incidere positivamente in via indiretta anche sulla componente agricoltura e zootecnica. Le attività di bonifica e le azioni di prevenzione della produzione dei rifiuti possono determinare benefici in primis per il suolo e quindi incidere sulle scelte legate all’agricoltura e alla zootecnica sotto il profilo della loro qualità. L’incentivo alla raccolta differenziata della frazione organica e il suo recupero per un successivo utilizzo agronomico potranno comportare vantaggi ambientali in termini di apporto di sostanza organica al suolo. Inoltre, l’aumento della produzione di compost di qualità, in seguito all’aumento delle capacità di compostaggio, produce benefici all’agricoltura e conseguentemente alla zootecnica[164].

Infine, sulla componente rappresentata dai rifiuti speciali, la realizzazione degli obiettivi individuati dalla pianificazione regionale sui rifiuti speciali dovrebbe portare a importanti effetti positivi, in particolare in termini di riduzione della produzione dei rifiuti, aumento delle quote di rifiuti riciclati e recuperati, riduzione dei volumi da smaltire in discarica [165].

Dopo l’analisi puntuale dei possibili effetti del PRUBAI sulle singole componenti ambientali, nel RA vengono svolte alcune considerazioni di carattere generale sulla necessità di prevedere mitigazioni e compensazioni di tali effetti. Si osserva che il potenziale impatto non positivo che su alcune componenti ambientali (quali aria, acque, suolo, paesaggio e natura e biodiversità) potrebbe derivare dalla realizzazione dell’obiettivo del potenziamento sul territorio del sistema impiantistico di trattamento dei rifiuti si tradurrebbe in effetti puntuali localizzati nel territorio di realizzazioni degli impianti, i quali potrebbero, attraverso opportune politiche regionali e soprattutto azioni specifiche sulle componenti ambientali coinvolte, essere mitigati e compensati.

Inoltre, la previsione nel capitolo sette del PRGRU dei criteri per l’individuazione da parte delle province/Città metropolitana delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti e dei luoghi adatti allo smaltimento dei rifiuti possono contribuire alla minimizzazione degli impatti ambientali e alla tutela dell’ambiente e della salute. Più in generale, poi, si osserva che le stesse azioni previste nel PRUBAI indirizzate alla riduzione dei rifiuti, all’incremento del recupero di materia ed energetico, alla limitazione del ricorso alla discarica, allo sviluppo delle migliori tecnologie disponibili e all’adozione di opportuni sistemi di monitoraggio e controllo permettono di mitigare i potenziali effetti negativi incidenti sulle componenti ambientali[166].

Il Piano di bonifica delle aree inquinate intende incidere, come evidenziato in precedenza, sulle criticità del settore, prevedendo l’aggiornamento della conoscenza dei siti regionali contaminati, l’impulso alla loro bonifica, la semplificazione dei procedimenti e la promozione di efficaci tecnologie che permettano di ridurre anche i quantitativi di rifiuti prodotti a seguito delle operazioni di bonifica.

Dalla fase di cantiere dell’attività di bonifica, dalla scelta delle tecnologie di bonifica, dalle caratteristiche dell’area in cui è localizzato il sito e dalla sua collocazione potrebbero derivare potenziali impatti negativi per alcune componenti ambientali: da qui la necessità che nei progetti di bonifica siano previste opportune misure di mitigazione e compensazione. Poiché anche l’attività di recupero all’uso dei siti bonificati e/o di aree degradate, in vista della loro riqualificazione, potrebbe comportare, in caso di insediamento di nuove attività produttive, eventuali effetti negativi sulle matrici ambientali, si evidenzia che anche in tale ipotesi misure di compensazione e di mitigazione dovrebbero essere previste nei progetti volti al recupero delle aree bonificate [167].

3. Valutazione di incidenza del PRUBAI

Il PRUBAI è stato sottoposto allo studio di incidenza al fine di individuare le potenziali interferenze ambientali sui Siti Natura 2000 (SIC e ZPS) che potrebbero discendere dalle scelte espresse nel Piano stesso. Nel RA poi si osserva che non costituendo il PRUBAI un piano localizzativo, lo studio di incidenza si configura, di fatto, pur seguendo i criteri previsti dalla disciplina di riferimento, come una descrizione della situazione esistente, traducendosi in una mappatura degli impianti e dei siti da sottoporre a bonifica e della loro localizzazione rispetto alla caratterizzazione del territorio regionale, in particolare con riguardo ai Siti di Rete Natura 2000 e alle aree naturali protette[168].

Lo studio di incidenza rappresenta una fase della Valutazione di Incidenza Ambientale (VIncA), cioè del procedimento di carattere preventivo al quale deve essere sottoposto qualsiasi piano o progetto che possa avere incidenza significativa su un sito della Rete Natura 2000 (SIC e ZPS), singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, tenuto conto degli obiettivi di conservazione del sito stesso.

La Valutazione di incidenza, disciplinata dal dpR 357/97, come sostituito dall’art. 6 del dpR 12 marzo 2003, n. 120, ha ad oggetto, a mente del citato art. 6, co. 2, tutti i piani territoriali, urbanistici e di settore, compresi i piani agricoli e faunistico-venatori e le loro varianti[169]. Il d.lgs. 152/2006 prevede l’integrazione della Valutazione di incidenza con la procedura di VAS; all’art. 10, co. 3, del d.lgs. 152/2006 si prevede l’inclusione nel RA degli elementi necessari ad una compiuta valutazione della significatività dell’incidenza sui siti Natura 2000. La Valutazione d’incidenza viene integrata negli elementi che costituiscono la VAS e non costituisce essa stessa una valutazione a sé stante. La Valutazione di incidenza è stata introdotta dall’art. 6, co. 3, della Direttiva 92/43/CEE “Habitat” con lo scopo di salvaguardare l’integrità dei Siti della Rete Natura 2000 (SIC, ZSC, ZPS) attraverso la valutazione delle interferenze di piani e progetti non direttamente connessi alla conservazione degli habitat e delle specie per cui essi sono stati individuati ma in grado di condizionarne l’equilibrio ambientale. Va rammentato che, ai sensi dell’art. 6, co. 10, dpR 120/2003, a fronte di una valutazione di incidenza negativa e nel caso in cui nel sito interessato siano presenti habitat naturali e specie prioritarie, l’intervento potrà essere realizzato solo per esigenze connesse alla salute dell’uomo e alla sicurezza pubblica, o per esigenze di primaria importanza per l’ambiente, oppure, previo parere della Commissione europea, per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico[170].

Nel RA si precisa che, in linea con i principi della Direttiva Habitat, la Valutazione di incidenza deve essere svolta nei vari livelli successivi di attuazione del piano, al fine di prevenire effetti significativi sui siti Natura 2000, o eventualmente, in casi circoscritti e in mancanza di alternative, per individuare misure compensative per mantenere o incrementare la coerenza globale di Natura 2000. In altri termini, la Valutazione di incidenza deve essere svolta nella fase di progettazione di nuovi impianti per la gestione dei rifiuti e di nuovi interventi ed attività preordinate alla bonifica di siti contaminati. Tuttavia, pur confermando la necessità che la Valutazione di incidenza venga realizzata all’atto della progettazione degli interventi relativi agli impianti e alle bonifiche, nel RA si è optato per un approccio cautelativo in considerazione delle potenziali ricadute anche su aree a forte valenza ecologica e naturale che potrebbero derivare dalle previsioni contenute nel PRUBAI. A tale riguardo la Valutazione di incidenza deve prevedere l’inquadramento ambientale dei Siti di Rete Natura 2000 presenti e insistenti nelle aree oggetto di valutazione, per i quali si sono esplicitati gli habitat e le specie di interesse comunitario presenti e un’analisi delle scelte espresse nel PRUBAI che possano comportare potenziali effetti e/o alterazioni delle componenti naturalistico-ambientali che caratterizzano i siti e che potrebbero incidere sullo stato di conservazione delle specie e/o degli habitat dei Siti di Rete Natura 2000 [171].

La Valutazione di incidenza dovrà essere necessariamente e prioritariamente svolta con riguardo alla fase della localizzazione impiantistica, al fine di verificare situazioni di potenziale criticità e suggerire eventuali azioni mitigative e/o compensative. Nella fase di localizzazione andranno seguiti i criteri per l’individuazione delle aree idonee e non idonee alla localizzazione degli impianti, definiti nel capitolo 7 del PRGRU, capitolo che sostituisce il capitolo 8 del Piano regionale di Gestione dei Rifiuti Speciali (PRRS), approvato con deliberazione del Consiglio regionale del 16 gennaio 2018, n. 23- 2215. La previsione presente nel PRGRU relativa allo sviluppo delle attività di recupero dei rifiuti, in sostituzione dello smaltimento in discarica, potrebbe tradursi in un possibile aumento degli impianti di recupero e/o potenziamento di quelli esistenti. Nel caso di progetti di nuovi impianti per il recupero e il trattamento di rifiuti dovranno essere rispettati i criteri di localizzazione di cui al capitolo 7 del PRGRU, secondo i quali non è consentito l’insediamento di nuovi impianti per il recupero, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti nelle Aree naturali protette, come prescritto all’art. 8 della l.r. 19/09, nelle Zone di Protezione Speciale (ZPS) e nei Siti d’Importanza Comunitaria (SIC) (Siti della Rete Natura 2000) [172].

In sintesi, lo studio di incidenza e biodiversità, contenuto nel RA e diretto a verificare potenziali interferenze delle previsioni del PRUBAI sui siti di Rete Natura 2000 e nelle Aree naturali protette, ha evidenziato alcune specifiche esigenze con riguardo ai rifiuti e alle bonifiche. Con riguardo alla materia dei rifiuti, con riferimento all’eventuale localizzazione di nuovi impianti di recupero e trattamento, si prescrive il rispetto dei criteri di localizzazione di cui al capitolo 7 del PRGRU che prevedono divieti di insediamento nelle Aree naturali protette, nelle ZPS e nei SIC. Lo studio di incidenza individua alcune azioni prioritarie che devono essere intraprese nell’ambito delle bonifiche. In particolare si prescrive di: prevedere azioni volte a velocizzare la bonifica dei siti contaminati che ricadono in aree della rete ecologica regionale; prevedere il finanziamento prioritario, a parità di altre condizioni, per i siti di competenza pubblica (c.d. orfani) ricadenti in aree della rete ecologica regionale; fornire indicazioni e criteri generali da adottare in fase di cantiere per la realizzazione di interventi di bonifica, al fine di garantire il rispetto degli obiettivi di conservazione dei siti medesimi e per alterarne il meno possibile lo stato; fornire indicazioni in merito alle tecnologie di bonifica da applicare per i siti ricadenti in aree della rete ecologica regionale, privilegiando interventi di bonifica che minimizzano l’impermeabilizzazione dei suoli e favoriscano il ripristino delle condizioni naturali antecedenti all’evento contaminante[173].

4. Parere motivato adottato nel procedimento di VAS e Piano di Monitoraggio Ambientale

Il procedimento di VAS si è concluso con l’adozione del parere motivato, contenuto nella DGR n. 21- 5708 del 30 settembre 2022, reso, sulla base della relazione elaborata dall’Organo Tecnico Regionale (parte integrante del parere motivato), dall’autorità competente per la VAS, cioè la struttura incardinata presso il Settore valutazioni ambientali e procedure integrate della Direzione ambiente, energia e territorio.

La relazione contiene osservazioni, indicazioni e raccomandazioni formulate dall’Organo Tecnico Regionale sulla base della documentazione tecnica disponibile, degli approfondimenti istruttori, dei contributi tecnici resi dalle strutture regionali coinvolte e delle osservazioni espresse nella fase di consultazione del procedimento di VAS. Nella Dichiarazione di sintesi, documento che, ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. 152/2006, accompagna il progetto di PRUBAI e il relativo Rapporto Ambientale, si osserva che complessivamente il PRUBAI ha recepito molte delle specificazioni richieste, apportando le opportune modifiche al documento di Piano[174]. Tra le osservazioni formulate dall’Organo Tecnico Regionale e recepite da PRUBAI si può citare, a titolo di esempio, la proposta, relativa all’obiettivo specifico della prevenzione dell’abbandono di rifiuti, di prevedere azioni volte ad agevolare lo smaltimento di rifiuti ingombranti da parte dei cittadini, attraverso l’organizzazione di sistemi di raccolta efficienti e promuovendo campagne di comunicazione nei confronti della cittadinanza per la corretta gestione del servizio[175]. Tra i suggerimenti espressi dall’Organo Tecnico Regionale e recepiti dal PRUBAI, relativamente all’obiettivo specifico di promuovere la realizzazione dei Centri per la preparazione al riutilizzo, vi è quello di coinvolgere le opportune sedi legislative per la definizione di specifiche norme tecniche di riferimento.

In ordine alla natura giuridica e alla portata vincolante del parere motivato che chiude il procedimento di VAS, la dottrina si mostra divisa. A fronte di un orientamento che considera il parere relativo alla VAS un atto endoprocedimentale, non immediatamente e autonomamente impugnabile, che si sostanzia in un parere non vincolante[176], altri, sulla base del combinato disposto dell’art. 5, comma 1, lett. m ter) e dell’art. 15, comma 2, del d.lgs. 152/2006[177], considerano vincolanti per l’autorità procedente, con riferimento alla decisione di procedere alla revisione del piano o programma, le prescrizioni e le condizioni eventualmente stabilite nel giudizio di VAS.

Infine, parte integrante del PRUBAI è il Piano di Monitoraggio Ambientale, di seguito PMA, con il quale si persegue il duplice obiettivo di verificare il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale fissati nel PRUBAI e di controllare gli effetti ambientali significativi derivanti dall’attuazione del Piano stesso[178]. Secondo la disposizione dell’art. 18 del d.lgs. n. 152/2006 il monitoraggio deve assicurare “il controllo sugli impatti significativi sull’ambiente derivanti dall’attuazione dei piani e dei programmi approvati e la verifica del raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità prefissati, così da individuare tempestivamente gli impatti negativi imprevisti e da adottare le opportune misure correttive”.

5. Riflessioni conclusive

Dall’analisi complessiva del PRUBAI è possibile trarre alcune sintetiche riflessioni conclusive.

Attraverso l’approvazione del PRGRU la Regione Piemonte mira a realizzare un ambizioso programma di economia circolare, all’interno del quale, consumatori, produttori, Enti pubblici territoriali e soggetti del terzo settore sono chiamati a svolgere, a diverso titolo, la propria parte. Al consumatore è richiesto di superare l’approccio al bene-prodotto, tipico dell’economia lineare che «usa, logora, esaurisce e distrugge le cose»[179], in favore del riconoscimento del valore aggiunto che il bene-prodotto reca in sé. Valore aggiunto che si manifesta nella possibilità di riutilizzo, riciclaggio, recupero del bene-prodotto, che assurge a risorsa, bene giuridico, perdendo le connotazioni di esternalità negativa per l’ambiente. Le imprese produttrici sono chiamate sia ad investire, attraverso scelte strategiche, sulla ecoprogettazione, capace di creare prodotti durevoli e riparabili, optando per un’economia industriale, altamente tecnologica e contestualmente rigenerativa[180], nel rispetto del principio di prevenzione della produzione di rifiuti, che a ridurre gli sprechi e ricorrere a fonti di energia rinnovabili. Gli Enti pubblici territoriali possono, da un lato attraverso la previsione di incentivi economici a favore dei produttori, orientarli verso la produzione di prodotti ecologici, circolari, e dall’altro attraverso la previsione di sistemi di responsabilità estesa innescare l’adozione di scelte ecologiche (ecoprogettazione, sistemi basati sul vuoto a rendere, riutilizzo degli imballaggi ecc.) da parte dei produttori, volte ad evitare l’internalizzazione dei costi del fine vita dei prodotti. Anche il terzo settore e gli istituti di istruzione possono svolgere un ruolo importante nel cammino di attuazione dell’economia circolare, prevedendo percorsi di informazione e di formazione dei cittadini e, più in generale, attraverso attività di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sui vari temi legati all’economia circolare, tra i quali, un ruolo fondamentale va riconosciuto alle politiche di contrasto allo spreco alimentare.

Con riguardo al Piano di gestione delle aree inquinate, ai fini della realizzazione efficiente degli interventi di bonifica, la Regione si muove su più piani: la revisione dell’Anagrafe regionale dei siti contaminati e la previsione del trasferimento dei dati in essa raccolti nella banca dati Mosaico, operativa a livello nazionale e preordinata a gestire le informazioni sullo stato di avanzamento delle operazioni di bonifica e sullo stato della contaminazione dei siti; la semplificazione dei procedimenti amministrativi prodromici alle operazioni di bonifica e ripristino; l’applicazione del programma di bonifica a breve termine ai siti orfani, in ordine ai quali la competenza in merito alle attività di bonifica è riconosciuta in capo alla pubblica amministrazione.

In ordine al procedimento di VAS cui è stato sottoposto il PRUBAI, si sottolineano in particolare due aspetti certamente positivi. In primo luogo, la valorizzazione della partecipazione del pubblico e delle consultazioni delle autorità competenti in materia ambientale, perseguita nelle diverse fasi del procedimento di VAS, secondo i principi della democrazia partecipativa. In secondo luogo, la valorizzazione della componente ambientale rappresentata dal suolo, valorizzazione nella forma della riduzione del suo consumo, da conseguire, come si precisa nel RA, attraverso la rigenerazione delle aree contaminate dismesse in vista della collocazione sulle stesse di nuove attività, tra le quali anche impianti di recupero e trattamento dei rifiuti.

  1. Professoressa associata di diritto amministrativo presso l’Università degli Studi di Torino.  
  2. La Giunta regionale con Deliberazione del 18 novembre 2022, n. 19–5977, ai sensi dell’art. 199 del d.lgs. 152/2006 e dell’art.3 della l.r. 1/2018, ha adottato il progetto di Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Urbani e di Bonifica delle Aree Inquinate (PRUBAI), comprensivo del Rapporto ambientale e relativa Sintesi non tecnica, del Piano di monitoraggio ambientale e della Dichiarazione di sintesi, ai fini della proposizione al Consiglio regionale per la relativa approvazione.
  3. La Deliberazione del Consiglio regionale, n. 277 –11379 del 9 maggio 2023, contenente il PRUBAI è pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte BU21S1 del 25 maggio 2023.
  4. PRUBAI, Allegato 1, Titolo I, Gestione dei Rifiuti Urbani, Cap. 6 – La programmazione regionale per il completamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, par. 6.2, p. 133.
  5. F. De Leonardis, I rifiuti: da “problema” a “risorsa” nel sistema dell’Economia Circolare, Cap. XIII, in AA.VV., Diritto dell’ambiente, a cura di G. Rossi, Torino, 2021, pp. 326-327.
  6. R. Ferrara, Brown economy, green economy, blue economy, in R. Ferrara, Scritti scelti, a cura di S. Cimini, P. Lombardi, R. Lombardi, V. Molaschi, A.M. Porporato, Editoriale Scientifica, Napoli, 2023, p. 659.
  7. F. Capra e U. Mattei, Ecologia del diritto, Aboca, Sansepolcro, 2017, p. 40 ss..
  8. Cfr. http://www.ellenmacarthurfoundation.org/.
  9. R. Ferrara, Brown economy, green economy, blue economy, cit., p. 659.
  10. R. Ferrara, Brown economy, green economy, blue economy, cit., p. 662. Con riguardo all’economia circolare si rinvia a: T. Russo Spena, C. Mele, S. P. Russo, Economia circolare e approccio ecosistemico, in Il diritto dell’economia, 2023, n. spec., p. 149 ss.; N. Lucifero, Economia circolare: l’etichettatura ambientale nel sistema delle fonti del diritto europeo ed interno, in Il diritto dell’economia, 2023, n. spec., p. 91 ss.; M. C. Rizzuto, La sostenibilità come chiave di sintesi dell’economia circolare: prospettive e criticità nella filiera agroalimentare, in Il diritto dell’economia, 2023, n. spec., p. 15 ss.; M. Cocconi, La transizione europea verso la circolarità economica nel nuovo quadro geopolitico, in Il diritto dell’economia, 2023, n. spec., p. 45 ss.; G. Marchianò, L’economia circolare con particolare attenzione ai rifiuti urbani, ex D.L. N. 121 del 3 settembre 2020, in Riv. giur. AmbienteDiritto.it, 1/2022, p. 1 ss.; F. De Leonardis, voce Economia circolare (diritto pubblico), in Dig. disc. pubb., 2021, p. 161 ss; A. Massarutto, Un mondo senza rifiuti? Viaggio nell’economia circolare, il Mulino, Bologna, 2019; F. Munari, L’economia circolare e le nuove regole dell’Unione europea sui rifiuti, in Studi sull’integrazione europea, 2019, 1, p. 77 ss.; A. Simone, L’economia circolare non è il riciclo, in Rivista giuridica ambiente, 2019, p. 671 ss.; D. Bianchi, Economia circolare in Italia, La filiera del riciclo asse portante di un’economia senza rifiuti, Edizioni Ambiente, Milano, 2018; S. Scarpellino, La parabola dei rifiuti, Da problema a risorsa, La sfida dell’economia circolare, Aracne, Roma, 2018; F. De Leonardis, Economia circolare: saggio sui suoi tre diversi aspetti giuridici. Verso uno Stato circolare?, in Dir. amm., 2017, p. 163 ss.; P. Lacy, Waste to wealth, The Circular Economy Advantage, Palgrave Macmillan, London, 2015; T. Federico, I fondamenti dell’economia circolare, Fondazione per lo sviluppo sostenibile, marzo 2015, in www.fondazione svilupposostenibile.org.
  11. S. Antoniazzi, Transizione ecologica ed economia circolare, in Federalismi.it, 23/2023, p. 65.
  12. R. Ferrara, Brown economy, green economy, blue economy, cit., p. 660.
  13. Ibidem.
  14. Il Green New Deal è stato adottato con la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Bruxelles, 11.12.2019 COM (2019), 640 final. Con riguardo alle strategie contenute nel Green New Deal cfr. M. Cocconi, The Trajectory of circular economy under the European Green New Deal, in Ius Publicum 2021, pp. 1-22; E. Chiti, Managing the Ecological Transition of EU: the European Green Deal as a Regulatory Process, in Common Market Law Review, 2022, 59, p. 19 ss.; A. Moliterni, Il Green Deal europeo e le sfide per il diritto dell’ambiente, in Riv. quadr. dir. amb., 2021, p. 4 ss.; M. Pennasilico, Economia circolare e diritto: ripensare la “sostenibilità”, cit., pp. 716-717.
  15. M. Cocconi, La transizione europea verso la circolarità economica nel nuovo quadro geopolitico, cit. p. 47.
  16. Cfr. E. Bruti Liberati, Politiche di decarbonizzazione, costituzione economica europea e assetti di governance, in Dir. pubbl., 2021, p. 415 ss..
  17. M. Pennasilico, Economia circolare e diritto: ripensare la “sostenibilità”, cit., p. 717.
  18. M. Pennasilico, La “sostenibilità ambientale” nella dimensione civil-costituzionale: verso un diritto dello “sviluppo umano ed ecologico”, in Riv. quadr. dir. amb., 3, 2020, p. 55 ss.. L’Autore fa riferimento ad uno “sviluppo umano ed ecologico” che deve fondarsi sul rispetto dei diritti umani e dei doveri inderogabili, sulla priorità del valore ambientale e su un diverso modo di soddisfare i bisogni.
  19. E’, come noto, lo strumento predisposto dall’Unione europea per la ripresa post pandemia Covid-19, costituito da un pacchetto di finanziamenti corrispondente a 750 miliardi di euro, la cui componente centrale è il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (Recovery and Resilience Facility, RRF) e con una durata di sei anni, dal 2021 al 2026. Cfr. PRUBAI, Allegato 1, Titolo I, Gestione dei Rifiuti Urbani, Cap. 1 – L’organizzazione del sistema integrato di gestione dei rifiuti urbani: inquadramento normativo, par. 1.4, p. 14.
  20. PRUBAI, Allegato 1, Titolo I, Gestione dei Rifiuti Urbani, Cap. 1 – L’organizzazione del sistema integrato di gestione dei rifiuti urbani: inquadramento normativo, par. 1.4, pp. 14 e 15.
  21. Ivi, par. 1.4, p. 15.
  22. F. De Leonardis, I rifiuti: da “problema” a “risorsa” nel sistema dell’Economia Circolare, Cap. XIII, cit., p. 335.
  23. L’end of waste, ovvero la cessazione della qualifica di rifiuto, si riferisce ad un procedimento con il quale un rifiuto, sottoposto ad un processo di recupero perde tale qualifica, diventando così un prodotto. Si noti che tale processo di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri volti a definire quando un rifiuto cessa di essere tale (art. 184 ter, co. 2).
  24. Cons. Stato, sez. IV, 28 febbraio 2018, n. 1229, dove è stato affermato che «laddove si consentisse ad ogni singola regione di definire, in assenza di normativa UE, cosa è da intendersi o meno come rifiuto, ne risulterebbe vulnerata la ripartizione costituzionale delle competenze tra Stato e Regioni».
  25. Ex multis: Corte costituzionale, 21 febbraio 2012, n. 54 e Corte costituzionale, 26 giugno 2011, n. 244.
  26. D.l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla l. 14 giugno 2019, n. 55.
  27. Cfr. M. DI LULLO, La nozione e la disciplina (pubblicistica) dei “rifiuti”: beni da valorizzare? in Il diritto dell’economia, 2020, 3, p. 576.
  28. Ai sensi dell’art. 6, par. 1, della Direttiva 98/2008/CE «Gli Stati membri adottano misure appropriate per garantire che i rifiuti sottoposti a un’operazione di riciclaggio o di recupero di altro tipo cessino di essere considerati tali se soddisfano le seguenti condizioni: a) la sostanza o l’oggetto è destinata/o a essere utilizzata/o per scopi specifici; b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.
  29. Ai sensi del co. 3, ultimo periodo dell’art. 184 ter, in mancanza di criteri specifici adottati ai sensi del co. 2, cioè adottati in conformità con i criteri eurounitari o in mancanza di questi, stabiliti con decreti adottati dal MASE, dovranno continuare ad applicarsi, quanto alle procedure semplificate per il recupero dei rifiuti, le disposizioni di cui al d.m. 5 febbraio 1998 e ai regolamenti di cui ai dd.mm. 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269.
  30. Si veda a tal proposito il documento recante “Linee Guida per l’applicazione della disciplina End of Waste di cui all’art. 184 ter, co. 3 ter del d.lgs. 152/2006”. Revisione gennaio 2022 – Delibera del Consiglio SNPA Seduta del 23.02.2022. Doc. n. 156/22 – Linee Guida SNPA 41/22, consultabile all’indirizzo https://www.snpambiente.it/snpa/linee-guida-per-lapplicazione-della-disciplina-end-of-waste-di-cui-allart-184-ter-comma-3-ter-del-d-lgs-152-2006-revisione-gennaio-2022/ (ultimo accesso 17 novembre 2023).
  31. F. De Leonardis, I rifiuti: da “problema” a “risorsa” nel sistema dell’Economia Circolare, Cap. XIII, cit., p. 335.
  32. Ivi, p. 342.
  33. M. Pennasilico, Economia circolare e diritto: ripensare la “sostenibilità”, cit., p. 720.
  34. La Direttiva 851/2018/UE ha modificato la Direttiva 98/2008/CE relativa ai rifiuti, la Direttiva 852/2018 ha modifica la direttiva 62/1994/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, la Direttiva 850/2018 ha modificato la Direttiva 31/1999/CE relativa alle discariche di rifiuti, la Direttiva 849/2018 ha modificato le Direttive 53/2000/CE relativa ai veicoli fuori uso, 66/2006/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e 19/2012/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche.
  35. PRUBAI, Allegato 1, Titolo I, Gestione dei Rifiuti Urbani, Cap. 1 – L’organizzazione del sistema integrato di gestione dei rifiuti urbani: inquadramento normativo, par. 1.2, pp. 7 e 8.
  36. PRUBAI, Allegato 1, Titolo I, Gestione dei Rifiuti Urbani, Cap. 3 – Organizzazione e modalità di raccolta dei rifiuti urbani, para. 3.1, p. 82.
  37. Ibidem.
  38. PRUBAI, Allegato 1, Titolo I, Gestione dei Rifiuti Urbani, Cap. 3 – Organizzazione e modalità di raccolta dei rifiuti urbani, par. 3.2, p. 86. Rispetto alla raccolta effettuata presso l’utenza potrebbe consentire il perseguimento degli stessi obiettivi appena richiamati anche la raccolta effettuata mediante sacco prepagato o sacco conforme.
  39. Ivi, par. 3.2, p. 87.
  40. Ivi, par. 3.2, p. 88. Nel piano si dà conto delle realtà presenti sul territorio piemontese che già fanno ricorso ai sistemi di identificazione dell’utenza e di quantificazione della produzione dei rifiuti e di conseguente tariffazione puntuale. Si tratta dei sistemi di tariffazione indicati con i seguenti acronimi: TARIP, TARIC e TARI sacco prepagato. La TARIP è un tributo puntuale, commisurato alla produzione di alcune tipologie di rifiuto, dove la misurazione della produzione dei rifiuti viene effettuata secondo le disposizioni del d.m. 20 aprile 2017. La TARIC è una tariffa corrispettiva, commisurata alla produzione di alcune tipologie di rifiuti, dove l’IVA viene esplicitata in bolletta e la riscossione viene effettuata dal gestore del servizio pubblico. Anche per tale tariffa la misurazione della produzione dei rifiuti viene effettuata secondo le disposizioni del d.m. 20 aprile 2017. La TARI sacco prepagato è un tributo che prevede l’utilizzo di sacchi senza codici alfanumerici di identificazione dell’utenza, ma dotati di colori e serigrafie univoci, distribuiti una volta l’anno in numero predefinito. E’ previsto che gli utenti che terminano prima della fine dell’anno la propria dotazione di sacchetti devono ritirarne altri pagando un costo aggiuntivo rispetto a quello già conteggiato nella TARI a fronte della consegna della dotazione minima di sacchi prepagata.
  41. PRUBAI, Allegato 1, Titolo I, Gestione dei Rifiuti Urbani, Cap. 4 – La qualità dei rifiuti urbani, par. 4.1, p. 91.
  42. I criteri generali e le modalità operative dell’attività di caratterizzazione dei rifiuti sono stati pubblicati nella Collana Ambiente n. 6 – anno 1998. Nel Piano è stato stabilito, ad integrazione del metodo indicato nel documento redatto dalla Regione, che il totale complessivo dei campioni raccolti per ogni singola analisi debba essere di almeno 3 tonnellate e che il quantitativo minimo di rifiuto da sottoporre all’analisi, in generale, non debba essere inferiore a 100 kg e non superiore a 200 kg.
  43. Nel Piano vengono individuate le categorie merceologiche di rifiuto da sottoporre ad analisi merceologiche: organico (compreso il 70% del sottovaglio), verde, plastica, carta, legno, tessili, vetro, metalli, RAEE, altre frazioni (assorbenti, pelli e cuoio, pile e accumulatori, inerti – compreso il 30% di sottovaglio).
  44. PRUBAI, Allegato 1, Titolo I, Gestione dei Rifiuti Urbani, Cap. 4 – La qualità dei rifiuti urbani, par. 4.1, p. 92.
  45. Ivi, par. 4.2, pp. 92 e 93.
  46. PRUBAI, Allegato 1, Titolo I, Gestione dei Rifiuti Urbani, Cap. 5 – Gestione dei rifiuti urbani e impianti autorizzati per il loro recupero e smaltimento, par. 5.1, p. 98.
  47. Ivi, par. 5.1, p. 100. Nel Piano viene offerta la mappatura del sistema impiantistico presente nella Regione Piemonte per la gestione dei rifiuti urbani indifferenziati e in grado di gestire tutti i rifiuti urbani indifferenziati prodotti in Piemonte: impianto di termovalorizzazione sito a Torino, località Gerbido, autorizzato con un carico termico di 206,25 Mw; 1 impianto di co-incenerimento in provincia di Cuneo che sostituisce parte del combustibile fossile con combustibile derivato da rifiuti (CCS); 9 impianti di trattamento meccanico biologico (TMB) di cui – 6 impianti di preselezione e stabilizzazione biologica aerobica: Alessandria, Casale Monferrato, Valterza, Magliano Alpi, Borgo San Dalmazzo e Sommariva Bosco – 2 impianti di bioessiccazione: Cavaglià, Villafalletto – 1 impianto di sola produzione di CSS – Combustibile Solido Secondario: Roccavione; 11 discariche per rifiuti non pericolosi distribuiti e prevalentemente nelle Province di Torino, Alessandria e Cuneo presso le quali vengono smaltiti esclusivamente rifiuti speciali, tra i quali anche quelli derivanti dal trattamento di rifiuti urbani.
  48. PRUBAI, Allegato 1, Titolo I, Gestione dei Rifiuti Urbani, Cap. 6 – La programmazione regionale per il completamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, par. 6.2, p. 127. Più nel dettaglio, gli obiettivi vincolanti da conseguire a livello europeo entro il 2025, il 2030 e il 2035, recepiti nei d.lgs. 116/2020 e d.lgs. 121/2020, si traducono in: nuovi obiettivi di riciclaggio per i rifiuti urbani (55% entro il 2025, 60% entro il 2030, 65% entro il 2035); nuovi obiettivi per il riciclaggio dei rifiuti di imballaggio (65% entro il 2025, 70% entro il 2030); un obiettivo vincolante per ridurre al massimo al 10% il collocamento in discarica per i rifiuti urbani entro il 2035; il divieto di collocamento in discarica dei rifiuti della raccolta differenziata; la promozione di strumenti economici per scoraggiare il collocamento in discarica; obbligo di raccolta differenziata per i rifiuti organici, per i rifiuti tessili e per i rifiuti ingombranti, compresi materassi e mobili; misure ed obiettivi per ridurre gli sprechi alimentari del 50% entro il 2030; definizioni più semplici e adeguate nonché metodi armonizzati e condivisi per il calcolo del tasso di riciclaggio in tutta l’UE; misure concrete per promuovere il riutilizzo e stimolare la simbiosi industriale trasformando i prodotti di scarto di un’industria in materie prime destinare ad un’altra; incentivi economici affinché i produttori facciano giungere prodotti più ecologici sul mercato e un sostegno ai sistemi di recupero e riciclaggio (es. per imballaggi, batterie, apparecchiature elettriche ed elettroniche, veicoli); requisiti minimi applicabili ai regimi di responsabilità estesa del produttore (EPR).
  49. PRUBAI, Allegato 1, Titolo 1, Gestione dei Rifiuti Urbani, Cap. 13 – Valutazione delle azioni regionali in funzione di quanto previsto nella strategia nazionale di cui al PNGR, par. 13.1, p. 408.
  50. PRUBAI, Allegato 1, Titolo I, Gestione dei Rifiuti Urbani, Cap. 6 – La programmazione regionale per il completamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, par. 6.2, p. 130.
  51. Ivi, par. 6.2, p. 131.
  52. Ivi, par. 6.2, pp. 131 e 132.
  53. Ivi, par. 6.2, p. 134.
  54. Ibidem.
  55. Ivi, par. 6.2, p. 136.
  56. Ivi, par. 6.3, Obiettivo 1, pp. 136-139.
  57. PRUBAI, Allegato 1, Titolo I, Gestione dei Rifiuti Urbani, Cap. 11 – Il programma di prevenzione della produzione dei rifiuti, par. 11.1. p. 315.
  58. PRUBAI, Allegato 1, Titolo I, Gestione dei Rifiuti Urbani, Cap. 6 – La programmazione regionale per il completamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, par. 6.3, Obiettivo 2, p 140.
  59. Ibidem.
  60. Ivi, par. 6.3, Obiettivo 2, pp. 140-144.
  61. D.m. del 23 giugno 2022 (GU n. 182 del 5/8/2022) in vigore dal 03/12/2022.
  62. PRUBAI, Allegato 1, Titolo I, Gestione dei Rifiuti Urbani, Cap. 6 – La programmazione regionale per il completamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, par. 6.3, Obiettivo 2, p. 145.
  63. Ivi, par. 6.3, Obiettivo 2, p. 166.
  64. Ivi, par. 6.3, Obiettivo 3, p. 167.
  65. Ibidem.
  66. Ivi, par. 6.3, Obiettivo 3, pp. 167-168.
  67. Ivi, par. 6.3, Obiettivo 4, p. 168.
  68. Ibidem.
  69. Ivi, par. 6.3, Obiettivo 4, pp. 168 e 169.
  70. Ibidem.
  71. Ivi, par. 6.3, Obiettivo 5, p. 170.
  72. Ivi, par. 6.3, Obiettivo 5, pp. 170 e 171.
  73. Ivi, par. 6.4, p. 172.
  74. Ivi, par. 6.4, p. 176-181.
  75. Ivi, par. 6.5, pp. 182-183.
  76. PRUBAI, Allegato 1, Titolo I, Gestione dei Rifiuti Urbani, Cap. 7 – Criteri di localizzazione, par. 7.1, p. 214.
  77. Ibidem.
  78. Ivi, par. 7.3, p. 217. Si rinvia al par. 7.3 per quanto riguarda le specifiche tipologie impiantistiche per la cui realizzazione devono essere applicati i criteri di localizzazione esaminati in precedenza.
  79. Ivi, par. 7.3, p. 218. Con riguardo alle ulteriori specifiche esclusioni dall’applicazione dei criteri localizzativi si rinvia al cap. VII del PRGRU, pp. 218-219.
  80. Ivi, par. 7.5, p. 226.
  81. Ivi, par. 7.5, pp. 226-227.
  82. Ivi, par. 7.5, p. 227.
  83. Ibidem.
  84. PRUBAI, Allegato 1, Titolo I, Gestione dei Rifiuti Urbani, Cap. 9 – Gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, par. 9.1, p. 295.
  85. Ibidem.
  86. Ivi, par. 9.1, p. 296.
  87. PRUBAI, Allegato 1, Titolo I, Gestione dei Rifiuti Urbani, Cap. 11 – Il programma di prevenzione della produzione dei rifiuti, par. 11.1. pp. 317-318.
  88. M. Cafagno, Gli strumenti volontari a protezione dell’ambiente, in Trattato di diritto dell’ambiente, diretto da R. Ferrara e M. A. Sandulli, vol. II, I procedimenti amministrativi per la tutela dell’ambiente, a cura di S. Grassi e M. A. Sandulli, Milano, 2014, pp. 343 e 344. In tema di certificazioni ambientali cfr. anche A. Benedetti, Le certificazioni ambientali, Cap. VII, in AA.VV., Diritto dell’ambiente, a cura di G. Rossi, Torino, 2021, pp. 207-220.
  89. PRUBAI, Allegato 1, Titolo I, Gestione dei Rifiuti Urbani, Cap. 11 – Il programma di prevenzione della produzione dei rifiuti, par. 11.1. p. 317. Tra le principali misure introdotte merita di essere ricordata la previsione dell’obbligo in capo ai produttori di garantire la disponibilità dei pezzi di ricambio (in particolare di lavatrici, lavastoviglie e frigoriferi) per un periodo minimo che va dai 7 ai 10 anni, con tempi di spedizione entro 15 giorni lavorativi e la garanzia che le sostituzioni possano essere effettuate con strumenti facilmente reperibili e senza danni all’apparecchio. Con riguardo alla riparabilità dei prodotti e all’ecoprogettazione si veda R. Ferrara, Brown economy, green economy, blue economy, cit., pp. 674-675 e M. Cocconi, La transizione europea verso la circolarità economica nel nuovo quadro geopolitico, cit., pp. 48, 53-55.
  90. Ivi, par. 11.1, pp. 320-321.
  91. Ivi, par. 11.5.2.4, p. 343.
  92. Ivi, par. 11.5.4.1, pp. 347-348. Nel PRGRU vengono descritte alcune esperienze di prevenzione dello spreco adottate in Piemonte. A titolo di esempio si può citare il progetto “Porta a casa il gusto autentico del Piemonte”, avviato a marzo 2022 dall’Assessorato all’Agricoltura e cibo, in collaborazione con VisitPiemonte e diretto a sensibilizzare il grande pubblico sulla pratica positiva del portare a casa il cibo e il vino non consumato nei ristoranti e a sviluppare una maggiore coscienza rispetto al valore degli alimenti di qualità che vengono prodotti dal settore agricolo e agroalimentare piemontese.
  93. Ivi, par. 11.5.4.2.2, pp. 361-362.
  94. Ivi, parr. 11.2, 11.3 e 11.4, pp. 322-325.
  95. Ivi, par. 11.4, pp. 325-327.
  96. Ivi, par. 11.5, pp. 329-330.
  97. Ivi, par. 11.5, p. 330.
  98. Ivi, par. 11.5, pp. 330-331.
  99. Ivi, par. 11.5, p. 331.
  100. Ibidem.
  101. Ivi, par. 11.5, pp. 331-332.
  102. Ivi, par. 11.5, p. 332.
  103. Ivi, par. 11.5.9, p. 387.
  104. Ivi, par. 11.5.9, p. 388.
  105. Ivi, par. 11.5, pp. 332-333.
  106. Ivi, par. 11.5.2.1, pp. 335-336.
  107. Ivi, par. 11.5.2.1, p. 336. L’art 7 del d.l. n. 111/2019 e il successivo decreto attuativo del Ministero della Transizione ecologica (d.m. settembre 2021) hanno previsto dei finanziamenti per incrementare la vendita di prodotti sfusi riconoscendo per gli anni 2020 e 2021 un contributo a fondo perduto a favore dell’apertura sia di esercizi commerciali di vicinato, di media e di grande struttura che di nuovi negozi destinati esclusivamente alla vendita di prodotti sfusi.
  108. Ivi, par. 11.5.2.2, pp. 336-337. Si rammenta, inoltre, che il legislatore italiano, al fine di incrementare il consumo dell’acqua dell’acquedotto da bere e di ridurre il consumo di bottiglie in plastica, ha previsto un credito d’imposta pari al 50% delle spese sostenute tra il 1° gennaio 2021 e il 31 dicembre 2023 per l’acquisto e l’installazione di sistemi di filtraggio, mineralizzazione, raffreddamento e/o addizione di anidride carbonica alimentare. Tale bonus può essere assegnato alle persone fisiche e agli esercenti attività d’impresa, arti e professioni e agli enti non commerciali, compresi gli enti del Terzo settore e agli enti religiosi civilmente riconosciuti, che sostengano le spese su immobili posseduti o detenuti.
  109. Ivi, par. 11.5.8, p. 386. Viene portata quale esperienza concreta di riparabilità/riparazione di beni realizzata in Piemonte, con interessanti ricadute nel sociale, il progetto RI-GENERATION di Astelav relativo ad un’attività di ricondizionamento e rigenerazione di elettrodomestici (lavatrici, asciugatrici, lavastoviglie, forni, ecc. a suo tempo dismesse dai rispettivi proprietari). L’ASTELAV, in collaborazione con il Sermig, rigenera tali apparecchi elettrici che successivamente vengono venduti, determinando benefici ambientali in termini di risparmio di risorse di materia prima.
  110. Ivi, par. 11.5.8, p. 387.
  111. Il programma di bonifica a breve termine è stato introdotto dalla l.r. 42/2000. Il nuovo Piano regionale di bonifica delle aree contaminate, recependo le novità recate dal d.m. 269 del 2020, adottato in attuazione dell’art. 1, comma 800, della l. 145/2018, ha introdotto rilevanti novità riguardo all’utilizzo del programma di bonifica a breve termine, prevedendone l’attuazione per la realizzazione di interventi ed operazioni di bonifica nei siti orfani, in ordine ai quali è riconosciuta la competenza in materia di bonifiche alla pubblica amministrazione.
  112. Cfr. Deliberazione del Consiglio regionale del Piemonte, 9 maggio 2023, n. 277-11379, recante il Piano per la gestione dei rifiuti urbani e di bonifica delle aree inquinate (di seguito PRUBAI), Titolo II, Bonifica delle aree Inquinate, 1. Inquadramento generale, p. 3.
  113. PRUBAI, Allegato 1, Titolo II, Bonifica delle aree Inquinate, 5. L’anagrafe regionale dei siti in procedimento di bonifica, par. 5, p. 37.
  114. In materia di bonifica dei siti contaminati cfr. L. Costato e F. Pellizzer, Commentario breve al codice dell’ambiente: d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, Padova, Cedam, 2012, pp. 239-254; F. Ferrara, La bonifica dei siti contaminati, in AA.VV., Studi sul codice dell’ambiente, Torino, Giappichelli, 2009, p. 344 ss; F. Giampietro (a cura di), La bonifica dei siti contaminati, Milano, Giuffrè, 2001.
  115. PRUBAI, Allegato 1, Titolo II, Bonifica delle aree Inquinate, 2. Il contesto normativo di riferimento, par. 2.1, p. 4.
  116. Nel comma 5 dell’art. 199 del d.lgs. 152/2006 viene specificato che cosa debba contenere il Piano regionale di bonifica: definizione dell’ordine di priorità degli interventi, basato su un criterio di valutazione del rischio, elaborato dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA); − individuazione dei siti da bonificare e delle caratteristiche generali degli inquinamento presenti; − indicazione delle modalità di esecuzione degli interventi di bonifica e risanamento ambientale, che devono privilegiare prioritariamente l’impiego di materiali provenienti da attività di recupero di rifiuti; − stima degli oneri finanziari; − modalità di smaltimento dei materiali da asportare.
  117. PRUBAI, Allegato 1, Titolo II, Bonifica delle aree Inquinate, 3. Lo stato di fatto dei siti contaminati in Regione Piemonte, pp. 11-34.
  118. PRUBAI, Allegato 1, Titolo II, Bonifica delle aree Inquinate, 4. Gli obiettivi e le azioni del piano per la bonifica dei siti contaminati, p. 35.
  119. Ibidem.
  120. PRUBAI, Allegato 1, Titolo II, Bonifica delle aree Inquinate, 5.2. La banca dati nazionale MOSAICO, p. 39 e ss..
  121. PRUBAI, Allegato 1, Titolo II, Bonifica delle aree Inquinate, 6. Le aree dismesse, pp. 41 e 42.
  122. Con riferimento alle iniziative intraprese nell’ambito della politica di contrasto del consumo di suolo, nel Piano regionale di bonifica dei siti contaminati si cita il bando, pubblicato nel corso del 2021 dalla Direzione Ambiente, energia e territorio, Settore Sistema informativo territoriale e ambientale, preordinato a realizzare un censimento per l’individuazione di siti dismessi, anche in vista della candidatura di progetti per la realizzazione di Hydrogen Valleys nell’ambito del PNRR – misura M2C2 – investimento 3.1. “Produzione di idrogeno in aree industriali dismesse”. Le informazioni raccolte attraverso il censimento, integrate con ulteriori informazioni relative al territorio regionale e contenute in altre banche dati, sono confluite nella Banca dati del riuso. Tale Banca dati rappresenta uno strumento a disposizione della Regione per favorire l’incontro tra l’offerta e la domanda di localizzazione per nuove realtà imprenditoriali o per realtà già presenti sul mercato, ma che necessitano di ampliare la loro sede, contribuendo a realizzare per tale via il recupero e il riuso delle aree anche nell’ottica di contribuire alla riduzione del consumo di suolo. Cfr. in tal senso PRUBAI, Allegato 1, Titolo II, Bonifica delle aree Inquinate, 6. Le aree dismesse, p. 43.
  123. PRUBAI, Allegato 1, Titolo II, Bonifica delle aree Inquinate, 7. I nuovi criteri per la definizione delle priorità di intervento, pp. 45 e 46.
  124. PRUBAI, Allegato 1, Titolo II, Bonifica delle aree Inquinate, 8. La pianificazione degli interventi di bonifica dei siti di competenza pubblica, pp. 50 e 51.
  125. S. Grassi, La bonifica dei siti contaminati, in Trattato di diritto dell’ambiente, diretto da R. Ferrara e M. A. Sandulli, vol. II, I procedimenti amministrativi per la tutela dell’ambiente, a cura di S. Grassi e M. A. Sandulli, Milano, 2014, p. 708; E. Maschietto, Profili civili, in A.L. De Cesaris, D. Camici, C. Galdenzi, R. Losengo, E. Maschietto, Bonifica dei siti contaminati. I diversi profili giuridici (amministrativi, penali, civili), Rimini, Maggioli, 2012, p. 187 ss..
  126. E’ stato osservato come la giurisprudenza abbia ammesso che la prova dell’imputabilità dell’inquinamento possa fondarsi anche sulle presunzioni semplici di cui all’art. 2727 cod. civ., sulla base di elementi di fatto dai quali possano trarsi indizi gravi e precisi e concordanti che inducano a ritenere verosimile, secondo l’id quod plerumque accidit, che si sia verificato l’inquinamento e che questo sia attribuibile a determinati autori. S. Grassi, La bonifica dei siti contaminati, cit., pp. 709 e 710, il quale richiama la sentenza del Cons. Stato, sez. V, 3 maggio 2012, n. 2532.
  127. PRUBAI, Allegato 1, Titolo II, Bonifica delle aree Inquinate, 8.2 Programma di bonifica a breve termine – Siti inquinati orfani, pp. 52 e 53.
  128. Ibidem.
  129. PRUBAI, Allegato 1, Titolo II, Bonifica delle aree Inquinate, 8.4 Indirizzi per favorire il finanziamento e la realizzazione degli interventi di bonifica del programma a breve termine, p. 59.
  130. PRUBAI, Allegato 1, Titolo II, Bonifica delle aree Inquinate, 9. La semplificazione dei procedimenti amministrativi, p. 64. Viene inoltre previsto di fornire agli enti locali e ad Arpa, nell’ottica di implementare la nuova anagrafe dei siti contaminati, procedure informatiche condivise dirette all’acquisizione, alla conservazione, all’utilizzo e alla condivisione di dati e informazioni utili alla gestione dei procedimenti di bonifica.
  131. PRUBAI, Allegato 1, Titolo II, Bonifica delle aree Inquinate, 10. L’incentivazione delle tecnologie a basso impatto ambientale, p. 65.
  132. PRUBAI, Allegato 1, Titolo II, Bonifica delle aree Inquinate, 11. Le strategie per l’inquinamento diffuso, p. 69. Viene prevista inoltre la definizione di un protocollo operativo, in collaborazione con Arpa Piemonte e gli Enti e i soggetti competenti in campo sanitario ed ambientale al fine di fornire indirizzi omogenei da attuarsi nella gestione dei casi in cui sia accertato un caso di inquinamento diffuso.
  133. In materia di VAS cfr. ex multis: M. L. Schiavano e F. Gorgerino, La Valutazione ambientale strategica, artt. 11-18, d. lgs. 152/2006, in Commentario breve alle leggi in materia di urbanistica ed edilizia, (a cura di) R. Ferrara – G.F. Ferrari, III ed., Padova, 2019, pp. 807-854; A. Milione, Le valutazioni ambientali, in Trattato di diritto dell’ambiente, in Trattato di diritto dell’ambiente, diretto da R. Ferrara e M. A. Sandulli, vol. II, I procedimenti amministrativi per la tutela dell’ambiente, a cura di S. Grassi e M. A. Sandulli, Milano, 2014, pp. 134-189.; G. F. Ferrari, Valutazione ambientale strategica, in S. Nespor e A. L. De Cesaris, Il Codice dell’Ambiente, Milano, Giuffrè, 2009.
  134. PRUBAI, Allegato 2, Rapporto Ambientale, Cap. 3 – Riferimenti normativi e metodologici per la VAS, par. 3.1, p. 68. Nel RTA vengono indicati i documenti che hanno rappresentato lo Schema del percorso metodologico e procedurale della VAS; si tratta delle Linee guida ISPRA e Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare/Ottobre 2012; Linee guida ISPRA approvate con Delibera del Consiglio Federale del 22 aprile 2015 doc. n. 51/15-CF; linee guida per la predisposizione della Sintesi non Tecnica del Rapporto Ambientale – Rev.0 del 09.03.2017 redatte dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare-Direzione per le Valutazioni e le Autorizzazioni Ambientali.
  135. PRUBAI, Allegato 2, Rapporto Ambientale, Cap. 3 – Riferimenti normativi e metodologici per la VAS, par. 3.2, p. 69.
  136. Ivi, par. 3.3, p. 70.
  137. Ivi, par. 3.3, p. 72.
  138. Ivi, par. 3.4, p. 74.
  139. PRUBAI, Allegato 2, Rapporto Ambientale, Cap. 1 – Premessa, p. 6.
  140. Art. 13, comma 1, del d.lgs. 152/2006.
  141. PRUBAI, Allegato 2, Rapporto Ambientale, Cap. 4 – Descrizione del contesto ambientale, p. 93.
  142. Ibidem.
  143. Ibidem.
  144. Ivi, par. 4.1, p. 95.
  145. Ivi, par. 4.1, p. 99. Si rammenta, come evidenziato in precedenza, che tramite l’aggiornamento dei criteri localizzativi la presenza dei siti di Rete Natura 2000 è considerata elemento escludente la realizzazione di nuovi impianti di trattamento dei rifiuti.
  146. Ivi, par. 4.1, p. 100.
  147. Ivi, par. 4.2, p. 100.
  148. Ivi, par. 4.2, pp. 100-101.
  149. http://relazione.ambiente.piemonte.it/2021/it/acqua/fattori/siti-contaminati.
  150. Ivi, par. 4.3, p. 104.
  151. Ibidem.
  152. Ivi, par. 4.3, pp. 104-105.
  153. Ivi, par. 4.4, p. 105.
  154. Ivi, par. 4.4, pp. 105 e 110.
  155. Ivi, par. 4.4, p. 111.
  156. Ivi, par. 4.4, pp. 111 e 112.
  157. Ivi, par. 4.5, p. 114. Nel PRGRU si ricorda che il termovalorizzatore di Torino, bruciando i rifiuti a una temperatura di oltre mille gradi, recupera l’energia in essi contenuta producendo elettricità corrispondente al fabbisogno annuale di circa 175.000 famiglie di tre persone ed energia termica per il teleriscaldamento in grado di scaldare 17.000 abitazioni da 100 m2 (fase attualmente in corso di completamento). Il recupero dell’energia contenuta nei rifiuti consente di risparmiare circa 70.000 tonnellate l’anno di combustibile fossile.
  158. Ivi, par. 4.5, p. 115.
  159. Ivi,par. 4.6, p. 118. Si precisa che le principali emissioni di gas climalteranti connesse all’attuale ciclo dei rifiuti derivano: dalla CO2 emessa per i consumi energetici dovuti al trattamento e alla termovalorizzazione dei rifiuti; dal metano originato dal decadimento dei rifiuti biodegradabili in condizioni anaerobiche nelle discariche; c) dalle emissioni di N2O, gas presente in tracce nell’aria e con un effetto serra 221 volte maggiore della CO2, originato dai rifiuti a seguito della combustione in inceneritori, dalle torce e dai motori degli impianti di recupero del biogas; d) dalla CO2 emessa durante il trasporto dei rifiuti.
  160. Ivi, par. 4.6, pp. 118-119.
  161. Ivi, par. 4.7, pp. 119 e 123.
  162. Ivi, par. 4.8, p. 125. Il Comune di Torino ha dato avvio nel 2013 ad un programma di Sorveglianza sulla salute della Popolazione nei pressi del Termovalorizzatore di Torino (SpoTT), volto alla creazione di un sistema di sorveglianza che potesse consentire di valutare gli effetti negativi sulla salute dell’inquinamento ambientale nelle aree circostanti il termovalorizzatore di Torino.
  163. Ivi, par. 4.9, p. 127.
  164. Ivi, par. 4.10, p. 129.
  165. Ivi, par. 4.11, p. 132.
  166. PRUBAI, Allegato 2, Rapporto Ambientale, Cap. 7 – Valutazione dei possibili effetti ambientali, par. 7.2, p. 201.
  167. Ivi, par. 7.2, p. 202.
  168. PRUBAI, Allegato 2, Rapporto Ambientale, Cap. 8 – Valutazione di incidenza e biodiversità, par. 8.1, p. 203.
  169. M. Benozzo e F. Bruno, La valutazione di incidenza: la tutela della biodiversità tra diritto comunitario nazionale e regionale, Milano, Giuffrè, 2009.
  170. Cfr. A. Porporato, La tutela della fauna, della flora e della biodiversità, in Trattato di diritto dell’ambiente, diretto da R. Ferrara e M. A. Sandulli, vol. III, La tutela della natura e del paesaggio, a cura di A. Crosetti, Milano, 2014, p. 754.
  171. PRUBAI, Allegato 2, Rapporto Ambientale, Cap. 8 – Valutazione di incidenza e biodiversità, par. 8.2, p. 204, par. 8.4, p. 217.
  172. Ivi, par. 8.4, p. 211 e 216.
  173. Ivi, par. 8.4, pp. 220-221.
  174. PRUBAI, Allegato 2, Dichiarazione di sintesi, cap. 4, p. 21.
  175. Ivi, cap. 4, p. 25.
  176. P. L. Portaluri, Autorizzazioni ambientali: tipologie e principi, in Trattato di diritto dell’ambiente, diretto da R. Ferrara e M. A. Sandulli, vol. II, I procedimenti amministrativi per la tutela dell’ambiente, a cura di S. Grassi e M. A. Sandulli, Milano, 2014, p. 42.
  177. A. Milione, Le valutazioni ambientali, cit., p. 181.
  178. PRUBAI, Allegato 1, Piano di Monitoraggio Ambientale, 1 Premessa, p. 4.
  179. N. Irti, Figure del nichilismo (il consumatore), in ID., Il salvagente della forma, Roma-Bari, 2007, p. 70.
  180. M. Pennasilico, Economia circolare e diritto: ripensare la “sostenibilità”, cit., p. 719.