Intervento del Coordinatore Unità per la razionalizzazione e il miglioramento della regolazione ai fini dell’attuazione del PNRR

Nicola Lupo

Grazie per una bella opportunità di essere in questa splendida sala, gremita e carica di storia, e per avermi invitato a parlare su un tema riguardo al quale, se mi è consentito partire da una costatazione personale, si ricongiungono un po’ alcune cose che ho fatto in passato con le funzioni che svolgo attualmente, quale coordinatore dell’Unità per la razionalizzazione e il miglioramento della regolazione. Una piccola Better Regulation Unit, quest’ultima, come la chiamiamo – ha un nome troppo complicato per essere memorizzato agevolmente – che è stata istituita a Palazzo Chigi, in parallelo con la Segreteria tecnica della Cabina di regia PNRR, la struttura coordinata da Chiara Goretti, che abbiamo appena ascoltato, dal decreto-legge n. 77 del 2021, come convertito. Il tema e il contesto del seminario odierno, infatti, richiamano un po’ il mio passato da Consigliere parlamentare della Camera dei deputati, in cui lavoravo, sul piano tecnico, alla predisposizione dei Rapporti annuali sulla legislazione e di documenti per il Comitato per la legislazione, come la Nota introduttiva che qui stiamo discutendo, e in qualche misura anche l’attività formativa che svolgo da oltre un quindicennio quale docente universitario, una parte significativa della quale è stata rivolta nei confronti del personale di supporto dei Consigli regionali, qui autorevolmente rappresentati da molti Presidenti. Davvero grazie, perciò, per questa bella opportunità.

Devo dire che le sollecitazioni sono tante e decisamente troppe per affrontarle nei pochissimi minuti residui. La Nota introduttiva è preziosa e chiarisce molto bene gli snodi e le trasformazioni profonde che tutte le funzioni dei Parlamenti – così come gli altri poteri dello Stato – devono attraversare per effetto del PNRR: sono trasformazioni di metodo, molto profonde. Anche ciò che ho avuto l’opportunità di ascoltare nei due saluti iniziali mi è parso di grande importanza: da un lato, il richiamo alla buona politica, che, come il Presidente Graglia ha voluto ricordare, è quella che ha sempre ben presente il lungo periodo e gli interessi non contingenti; dall’altro, anche il Presidente Cirio, il rilievo cruciale della fiducia nelle istituzioni, e in particolare nella Regione quale ente di programmazione. Secondo me, sono sollecitazioni che vanno entrambe nella giusta direzione e che davvero ho apprezzato moltissimo.

Perché dico questo? Perché il cambio di metodo di cui siamo testimoni discende dal fatto che i Parlamenti non sono più organi che decidono da soli: anzi direi che non decidono più quasi nulla da soli, ma, al di là di qualche tornante particolarmente delicato (si pensi alla crisi del governo Conte 1), sono sempre più spesso solo uno degli attori dei processi che si svolgono nell’ambito di un circuito dell’indirizzo politico molto articolato: a me piace parlare, in proposito, di “sistema parlamentare euro-nazionale”. Un circuito e un sistema in cui sono coinvolte le istituzioni parlamentari, ma non solo: anche le istituzioni governative, a livello nazionale, regionale, europeo, tutte assieme, chiamate a definire l’indirizzo politico.

Nel caso del PNRR, in particolare, un interlocutore fondamentale è rappresentato dalla Commissione europea. Proprio in questi giorni è in visita a Roma la task force PNRR della Commissione europea (denominata “Recover”) ed è preziosissimo il confronto a livello tecnico che il Governo sta svolgendo con loro: con un coinvolgimento anche delle parti sociali, delle Regioni e degli Enti locali. Un confronto che serve a farci comprendere quale è la natura e quali sono i contenuti del vincolo che è in atto; allo stesso tempo, fa capire meglio alla Commissione europea quali sono le difficoltà e quali sono i modi per affrontarle insieme.

Ulteriori interlocutori sono rappresentati dagli altri Stati membri dell’Unione. Sono rimasto molto colpito dal fatto che sull’assessment positivo che la Commissione europea ha espresso il 28 febbraio di quest’anno sulla prima rata del PNRR, quella relativa a milestone e target da conseguire nel dicembre 2021, si è poi sviluppata una discussione in seno al Consiglio dell’Unione europea: o meglio, per la precisione, in seno al Comitato economico e finanziario previsto dall’art. 134 TFUE, dove altri Stati membri hanno, comprensibilmente, avanzato taluni rilievi, domandando in che modo lo Stato italiano abbia attuato alcune milestone o chiedendo perché la Commissione europea abbia espresso una valutazione positiva su quelle milestone. Le interlocuzioni tra Stati membri sono assolutamente normali – lo sappiamo benissimo – quando si sviluppano sui contenuti delle politiche europee, ma in questo caso sono inedite, perché si verificano a commento di politiche nazionali, seppure sottoposte al coordinamento dell’Unione, quali sono quelle incluse nel PNRR. Eppure, questa è la conseguenza del procedimento che si è delineato con il Next Generation EU.

Dal punto di vista politico, la Nota introduttiva giustamente valorizza le risoluzioni con cui Camera e Senato, il 27 aprile 2021, hanno approvato ad ampia maggioranza il testo del PNRR, come proposto dal Governo italiano: in tal modo, la politica ha assunto e ha fatto propri quei vincoli programmatici e in termini di risultati che opereranno anche nei confronti del prossimo Parlamento, visto valgono fino al 31 dicembre 2026. Sono vincoli che incidono sull’indirizzo politico e amministrativo con i quali la politica oggi deve fare i conti se non vuole rinunciare all’opportunità del PNRR. Altrimenti, la disciplina europea di cui al regolamento n. 2021/241 delinea un procedimento di modifica del PNRR molto articolato, che richiede l’assenso della Commissione e l’approvazione in Consiglio, ossia degli altri Stati membri. Sono vincoli, anzi “auto-vincoli”, rispetto ai quali la politica oggi non può non fare i conti.

Il fatto che queste risoluzioni siano state approvate ad ampia maggioranza ha un senso; così come ha senso il fatto che il testo del PNRR trasmesso alla Commissione sia stato formulato da un Governo supportato da un’ampia maggioranza. Questo, a mio avviso, è un punto a confine tra politica e procedimento davvero molto importante da sottolineare. D’altro canto, a mio avviso, è questa la Costituzione “composita” in cui viviamo, dove il vincolo giuridico è essenzialmente di natura procedimentale, anziché contenutistico, ma non per questo meno stringente.

Quali sono gli spazi che residuano per la politica? Innanzitutto, vi sono spazi nell’interpretazione delle milestone e dei target: il PNRR, nelle tabelle allegate alla decisione di esecuzione del Consiglio – che rappresentano il punto di riferimento obbligato per tutti, in questa fase – contiene una serie di formulazioni linguistiche che vanno rispettate, ma, per essere rispettate e attuate, vanno anche previamente interpretate. Quindi è importante che si sviluppi un confronto fra Governo, Parlamento, Regioni e Comuni su come attuarle. Un confronto nel quale non può essere messo in discussione il “se” o il “quando” dare attuazione a tali indicazioni.

Si noti, incidentalmente: il fatto che non possa essere messo in discussione il “quando” è un elemento stravolgente per il sistema politico e per i suoi processi decisionali, perché l’opzione rappresentata dal rinvio non può più essere sul tavolo, non risultando più praticabile ove porti a sforare i termini posti dal PNRR. I tanti ed autorevoli parlamentari e consiglieri regionali qui presenti sanno bene quanto sia facile che si arrivi al rinvio come soluzione di compromesso. Ebbene, questa è una soluzione che uno schema di programmazione come quella del PNRR non consente più.

Dunque, spazi significativi per la politica, a livello statale come a livello regionale, residuano sicuramente nell’interpretazione delle milestone, ma soprattutto nell’integrazione e nella compensazione delle politiche previste dal PNRR. Questo, a mio avviso, è il punto chiave e mi fa piacere averlo sentito dire anche prima, da altri oratori. Questo vuol dire, soprattutto dal punto di vista di regioni ed enti locali, che non c’è tanto spazio per rivendicare competenze, come purtroppo è accaduto troppo spesso nell’ultimo ventennio specie nel rapporto Stato-Regioni, ma c’è spazio per agire insieme e programmare insieme, compensando e arricchendo le riforme e gli investimenti. Nella consapevolezza del fatto che una programmazione c’è e va rispettata da qui al 2026 e che ovviamente, se ne possono aggiungere tante altre, perché il novero delle politiche possibili non è certo chiuso e la finanza pubblica dispone di risorse anche ulteriori rispetto a quelle del PNRR. È un po’ la logica che si è seguita nel predisporre il Piano per gli investimenti complementari (PNC), ma può bene essere utilizzata in altre occasioni, per ulteriori settori.

Mi piacerebbe molto parlarvi di quali effetti il PNRR stia comportando su ogni funzione dello Stato, sulle regole e sulle prassi, e se si stia delineando – come credo e spero – un nuovo metodo di governo. Ma non lo posso fare, per evidenti ragioni di tempo.

Mi limito perciò ad osservare che sulla funzione legislativa si registrano effetti importanti, non solo in termini di strumenti normativi da utilizzare – in proposito qualcosa è già stato detto, ossia che il PNRR privilegia leggi di delegazione, leggi annuali e leggi-quadro – ma anche nei contenuti della legislazione approvata.

Trovo ad esempio molto interessante che sia il Comitato per la legislazione della Camera, in occasione dei suoi pareri sui “decreti-legge PNRR”, sia la Commissione Politiche dell’Unione europea del Senato, nel corso dell’esame del disegno di legge annuale sulla concorrenza, abbiano svolto un esercizio che anche il Governo sta facendo in questi mesi. L’esercizio è quello di andare a vedere se e in che misura una norma attua una parte dell’Annex, ossia delle milestone e dei target presenti nella decisione del Consiglio; e dove invece contengano misure ulteriori, connesse all’attuazione delle medesime finalità o magari utili per supportare le strutture amministrative che devono farsi carico dell’attuazione del PNRR; o ancora contengano misure diverse e del tutto scollegate rispetto al PNRR. Il tutto, con evidenti riflessi sull’ammissibilità degli emendamenti al disegno di legge di conversione e al disegno di legge annuale sulla concorrenza e quant’altro. Questo è comunque un esercizio che, per quanto riguarda la funzione legislativa, occorre fare.

Sul versante parlamentare, chi deve seguire, anche in termini di indirizzo e controllo, l’attuazione del PNRR? La Nota introduttiva accenna alla possibilità di istituire una struttura ad hoc, di tipo bicamerale. È chiaro che una struttura ad hoc potrebbe essere utile a coordinare il policentrismo parlamentare e a marcare stretto il Governo e le pubbliche amministrazioni su queste tematiche. Tuttavia, essa non può essere sostitutiva, perché tutte le Commissioni permanenti sono profondamente interessate dal PNRR. Essa può essere, al più, un facilitatore, un coordinatore.

Va considerato, ad ogni modo, che siamo di fronte ad un momento molto particolare, che apre una finestra di opportunità notevolissima, perché sia la Camera, sia il Senato si accingono a ridisegnare il loro sistema delle Commissioni. Come sapete, la Camera e il Senato nella prossima legislatura saranno composti da numero molto ridotto di deputati e senatori rispetto a quello attuale: tutto ciò comporterà un ripensamento dell’organizzazione e – mi auguro – anche del modo di lavorare, auspicabilmente in maggiore coerenza con il PNRR e con le politiche che esso disegna.

Vi ringrazio per l’attenzione.