Le ordinanze regionali ai tempi del Covid-19: alla ricerca della specialità

Matteo Cosulich[1]

1. Premessa.

Osservare l’esercizio del potere regionale di ordinanza durante la pandemia da Covid-19 dall’angolo visuale delle autonomie speciali implica anzitutto interrogarsi sulle eventuali peculiarità che esse presentano quanto all’estensione materiale e alle modalità di esercizio di tale potere (par. 2). Non tanto la prima quanto piuttosto le seconde sembrano consentirci di enucleare nell’ambito delle Regioni ad autonomia speciale e delle Province autonome la particolare posizione della Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e dell’Alto Adige/Südtirol: accomunati in generale sotto vari profili – espressi anche se non soprattutto dalla denominazione bilingue ex art. 116, co. 1 Cost., ora riportata – paiono esserlo più specificamente, per quel che qui interessa, dall’adozione di una propria legislazione volta a definire la gestione dell’emergenza sanitaria nel rispettivo territorio; nell’ambito di tale disciplina legislativa trova infatti collocazione il rispettivo potere di ordinanza (par. 3). È noto il ben diverso destino della legge valdostana, dichiarata costituzionalmente illegittima dalla sent. n. 37 del 2021, rispetto alla legge bolzanina, tuttora vigente; diverso destino che in qualche misura sembra esprimere le diverse caratteristiche dell’una e dell’altra autonomia, quali si sono precisate negli ultimi anni (par. 4).

2. Pari sono. Regioni speciali e Regioni ordinarie nella disciplina statale dell’emergenza.

Può anzitutto constatarsi come la disciplina dell’emergenza, laddove dispone in materia di potere regionale d’ordinanza, tenda a sfumare la distinzione fra Regioni ad autonomia ordinaria e Regioni a Statuto speciale[2]. Si tratta di una caratteristica riscontrabile sia nella “disciplina generale dell’emergenza”, incentrata sul Codice della protezione civile (decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1), sia nella parallela – e assai spesso alternativa, in quanto derogatoria – “disciplina eccezionale dell’emergenza”[3], rapidamente edificata nel corso del 2020 attraverso la decretazione d’urgenza. Il carattere sovraregionale della pandemia, e dunque della gran parte degli interventi volti a contenerla[4], relega infatti in secondo piano la peculiare natura di ciascuna Regione. In tale quadro, tutte le Regioni, ordinarie o speciali che siano, incontrano nell’esercizio delle loro funzioni – ivi compreso il potere d’ordinanza – i consueti limiti, territoriale[5] e materiale[6].

Quanto al primo limite, esso ovviamente accomuna tutte le Regioni, ciascuna delle quali può adottare atti – ordinanze, per quel che qui interessa – con esclusivo riferimento al proprio territorio[7], qualora lì si verifichino “specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario” (art. 3, co. 1 decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19).

Ci si può, invece, ragionevolmente aspettare che una qualche differenziazione fra Regioni ordinarie e Regioni speciali discenda dal limite materiale: poiché il potere regionale d’ordinanza si esercita “esclusivamente nell’ambito delle attività di (…) competenza” della Regione (art. 3, co. 1 d.-l. n. 19/2020)[8], rileva l’ambito materiale che ricade in detta competenza, tendenzialmente più estesa per le autonomie speciali, in quanto definita non solo dall’art. 117 Cost. (per il tramite dell’art. 10 legge cost. n. 3/2001) ma anche da ciascuno Statuto speciale[9]. Così, nella stessa direzione della decretazione d’urgenza, il Codice della protezione civile, nel prefigurare il potere regionale d’ordinanza, fa rifermento all’“esercizio della propria potestà legislativa da parte delle Regioni e delle Province autonome” (art. 25, co. 11 d.lgs. n. 1/2018), perciò stesso circoscrivendo tale potere al rispettivo ambito materiale di competenza. Peraltro, sotto questo profilo, la disciplina generale dell’emergenza sembra(va) più attenta alla specialità regionale di quanto non si sia dimostrata la disciplina eccezionale che durante l’emergenza virale l’ha in larga misura sostituita, derogandola. È ben vero che sia la prima sia la seconda disciplina contengono spesso – anche se non sempre – le consuete e generiche clausole di salvaguardia delle specialità. Tuttavia nella disciplina generale dell’emergenza le clausole di salvaguardia[10] si inseriscono in un contesto normativo non immemore della specialità regionale, come emerge dall’espresso richiamo, accanto alla “potestà legislativa [regionale] concorrente in materia di protezione civile” (ex art. 117, co. 3 Cost.), alla potestà legislativa primaria[11] delle Province autonome “nelle materie previste dallo Statuto speciale e dalle relative norme di attuazione” (art. 3, co. 2, lett. b d.lgs. n. 1/2018); richiamo riferibile, può reputarsi, alla legislazione provinciale primaria in materia di “opere di prevenzione e di pronto soccorso per calamità pubbliche” (ex art. 8, co. 1, n. 13 St. T-AA/S)[12].

Ben diverso il quadro tratteggiato dalla decretazione d’urgenza, vale a dire dalla disciplina statale applicata durante l’emergenza virale: dopo la singolare ed eloquente afasia sul punto del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6 (peraltro forse dettata dalla fretta che ha contrassegnato la sua adozione) i successivi decreti-legge n. 19/2020 e 16 maggio 2020, n. 33 contengono la medesima clausola di salvaguardia della specialità regionale[13] che peraltro salvaguarda assai poco, in ragione della generosa latitudine con la quale vengono disegnati i confini dell’intervento statale con d.P.C.M. (tanto più alla luce della successiva giurisprudenza costituzionale)[14], limitandosi così contestualmente, fra l’altro, l’intervento regionale con ordinanza.

Più specificamente, la decretazione d’urgenza richiama sì il potere d’ordinanza dei Presidenti di Regione, menzionando espressamente le relative previsioni della disciplina generale dell’emergenza (art. 3, co. 2 d.-l. n. 6/2020)[15]: l’identica disposizione contenuta sia nel d.lgs. n. 112/1998 sia nel t.u.e.l., da un lato, e, dall’altro, l’art. 32 legge n. 833/1978[16]; significativamente, il decreto-legge ignora invece l’art. 25, co. 11 d.lgs. n. 1 del 2018, vale a dire proprio quel codice della protezione civile, dalla cui impostazione il legislatore governativo intende massimamente distaccarsi.

Ma al tempo stesso la disciplina eccezionale dell’emergenza definisce il potere d’ordinanza dei Presidenti di Regione[17], in modo tale da circoscriverne la portata[18]: dapprima limitando il ricorso alle ordinanze regionali ai “casi di estrema necessità e urgenza” che debbono verificarsi “nelle more” dell’adozione dei dd.PP.CC.MM. (art. 3, co. 2 d.-l. n. 6/2020), presumibilmente destinati a sostituire tali ordinanze che infatti, come precisa in modo inequivoco il successivo d.-l. n. 19/2020, all’art. 3, hanno “efficacia limitata sino” a detta adozione; quindi disponendo altresì che le ordinanze regionali possano intervenire soltanto in peius, vale a dire introducendo “misure ulteriormente restrittive rispetto a quelle attualmente vigenti” (art. 3, co. 1 d.-l. n. 19/2020)[19]; infine ammettendo anche un loro intervento in melius, vale a dire introducente misure “ampliative”, purché in tal caso le ordinanze regionali siano adottate “d’intesa con il Ministro della salute”, secondo una previsione introdotta in sede di conversione in legge del d.-l. n. 33/2020 (art. 1, co. 16, ultimo periodo).

La sostanziale equiparazione fra Regioni ordinarie e Regioni speciali nella disciplina del loro potere di ordinanza, compiuta dalla vigente legislazione dell’emergenza, qui sopra brevemente ricostruita, si è tradotta in un esercizio sostanzialmente indifferenziato di tale potere da parte delle une e delle altre. Tanto è vero che quando si esemplifica al riguardo, i casi citati sono tratti esclusivamente[20], o quasi[21], dalle Regioni ad autonomia ordinaria. Ancora, laddove si ricostruisce l’esercizio del potere regionale di ordinanza su un oggetto specifico, le Regioni ad autonomia ordinaria e quelle ad autonoma speciale sono trattate in modo indifferenziato[22]. Anzi, a ben vedere, nell’esercizio del potere d’ordinanza, rispetto ai loro colleghi delle autonomie speciali, si sono dimostrati assai più vivaci alcuni Presidenti di Regioni ordinarie; uno su tutti, quello campano[23].

3. Le speciali specialità nell’emergenza virale: Valle d’Aosta e Provincia autonoma di Bolzano.

Nel paragrafo precedente le Regioni ordinarie e le Regioni speciali, le une e le altre complessivamente considerate, sono state comparate fra loro, con specifico riferimento alla disciplina del potere d’ordinanza nella legislazione statale dell’emergenza e al relativo esercizio. Dal raffronto sembra emergere la conclusione che, nella temperie della pandemia, la specialità non si vede; e probabilmente non c’è[24].

La conclusione ora ipotizzata va però sottoposta a verifica con particolare riferimento agli enti nei quali la specialità risulta più marcata[25], in ragione soprattutto della composizione linguistica della corrispondente popolazione: la Provincia autonoma di Bolzano e la Regione Valle d’Aosta; entrambe caratterizzate, durante la crisi pandemica, dall’adozione di una legge – rispettivamente la legge provinciale 8 maggio 2020, n. 4 e la legge regionale 9 dicembre 2020, n. 11 – volta a disciplinare compiutamente “la gestione dell’emergenza epidemiologica” nel proprio territorio (così l’art. 1 della legge valdostana); legge sulla quale fondare, in buona misura, l’esercizio del rispettivo potere di ordinanza[26].

Non sembra casuale che, nella panoplia degli interventi regionali e provinciali destinati a combattere la pandemia da Covid-19, proprio la Provincia autonoma di Bolzano e la Valle d’Aosta siano ricorse a una legge di tal fatta; quest’ultima appare come una manifestazione dell’alterità rispetto al contesto politico-istituzionale italiano, che caratterizza proprio e soltanto, pur con diversa intensità, l’Alto Adige/Südtirol, da un lato, e la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, dall’altro[27]. È noto, infatti, che “in questo senso la Valle d’Aosta e la Provincia autonoma di Bolzano costituiscono un’eccezione, perché peculiari sistemi partitici, e in particolare la presenza di forti partiti territoriali, hanno consentito il dispiegarsi di una reale autonomia politica”[28]. Si sono poste così le condizioni per vere e proprie forme di “differenziazione «della» e «nella» specialità”[29] che trovano riscontro, oltre che nell’ora richiamato dato politico, anche nel dato istituzionale: a differenza di tutte le altre specialità regionali e provinciali e analogamente alla sola Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol (peraltro ridotta a poco più della somma delle due Province autonome che la compongono), la Regione Valle d’Aosta e la Provincia autonoma di Bolzano conservano l’elezione consiliare del proprio Presidente[30]. La legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2 ha infatti esentato l’una e l’altra dalla transitoria introduzione dell’elezione popolare diretta di quest’ultimo, rimessa all’eventuale decisione del legislatore locale che non ha reputato opportuno procedere in tal senso, né in Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste né in Alto Adige/Südtirol. Al riguardo, può rammentarsi come l’elezione consiliare del Presidente della Regione/Provincia sembri meglio attagliarsi a contesti caratterizzati da cleavages linguistici-culturali[31]. Così, nel solo Alto Adige/Südtirol, dove questi ultimi appaiono più netti, è statutariamente previsto, accanto al vincolo proporzionale per l’elezione del Consiglio provinciale, il raggiungimento della maggioranza dei due terzi del Consiglio provinciale per introdurre legislativamente “l’elezione del Presidente della Provincia di Bolzano a suffragio universale e diretto” (art. 47, co. 3 St. T-AA/S, nel testo novellato dalla legge cost. n. 2/2001).

Più in generale, può rammentarsi che sia la Regione Valle d’Aosta sia la Provincia autonoma di Bolzano, e soltanto esse nel novero degli enti regionali e provinciali italiani, corrispondono a una soluzione istituzionale volta a tutelare una specifica minoranza linguistica (rispettivamente francofona e germanofona) che risulta geograficamente concentrata nel territorio dell’ente corrispondete[32]; territorio, nell’uno e nell’altro caso, interamente montano e confinante con uno Stato la cui lingua ufficiale è quella della minoranza linguistica[33], coufficiale nel territorio stesso, accanto alla lingua italiana[34]. Ancora, quella tra componente francofona/germanofona e componente italofona non costituisce l’unica frattura linguistica all’interno della Regione/Provincia autonoma, in quanto lì è stanziato un altro gruppo linguistico, costituito rispettivamente dai walser e dai ladini, aventi, sia gli uni sia gli altri, “la particolarità di risiedere in un territorio dove la loro lingua è minoritaria, non solo nei confronti della lingua ufficiale, ma anche nei confronti di un’altra lingua, per la quale sono disposte varie forme di tutela”[35]. Queste ultime sono statutariamente previste anche per le minoranze in discorso, sebbene in forma meno intensa rispetto a quelle riconosciute rispettivamente alla componente francofona e a quella germanofona.

Finora si sono evidenziati alcuni profili che accomunano la Valle d’Aosta e la Provincia autonoma di Bolzano; ma ve ne sono anche altri che viceversa contribuiscono a differenziare la prima dalla seconda.

Anzitutto, se la presenza di minoranze linguistiche connota sia la popolazione valdostana sia quella bolzanina, la composizione linguistica dell’una e dell’altra presenta caratteristiche diverse: alla segmentazione della popolazione per lingua (tedesca, italiana, ladina), accuratamente definita in Alto Adige/Südtirol attraverso il censimento linguistico (art. 89, co. 3 St. T-AA/S), corrisponde invece una più accentuata porosità dei confini linguistici tra le varie componenti della popolazione valdostana. Così, se la posizione maggioritaria della minoranza germanofona nella Provincia autonoma di Bolzano è precisamente determinata[36], nella Regione valdostana si riscontra una situazione assai più incerta, nella quale l’uso delle lingue minoritarie non sempre risulta maggioritario in Valle[37].

Ma la differenza più significativa oggi riscontrabile fra la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e l’Alto Adige/Südtirol sembra attenere alle attuali caratteristiche del sistema politico locale, forse in qualche misura influenzate anche dalle diverse modalità di articolazione linguistica della corrispondente popolazione, qui sopra evidenziate. Sia quel che sia, può agevolmente constatarsi come la “«saldatura» tra sistema politico, strumenti giuridici di protezione della minoranza e forma di autonomia politica territoriale”[38], che tuttora caratterizza la Provincia autonoma di Bolzano, sia progressivamente venuta meno nella Regione valdostana, a seguito della crisi politica che l’ha investita[39], “evidente nel progressivo e massiccio calo di consensi dell’Union Valdôtaine e nella conseguente frammentazione delle forze politiche autonomistiche”[40]. Più specificamente, l’UV precipita dal 47.23% dei voti nelle elezioni regionali del 2003 al 15,8% in quelle del 2020, quando la lista più votata ha corrisposto a un partito politico (oramai) nazionale, la Lega Salvini, con il 23.91% dei voti[41].

Si tratta in uno scenario a tutt’oggi inimmaginabile nella Provincia autonoma di Bolzano, saldamente dominata dal partito di raccolta della componente germanofona, la Südtiroler Volkspartei[42] che, pur in calo di consensi, ha comunque ottenuto nelle ultime elezioni del 2018 il 41,9% dei voti, confermando la posizione di primo partito della Provincia, che detiene ininterrottamente dal 1948. Al dato partitico-elettorale ora richiamato corrisponde una stabilità politica difficilmente eguagliabile, tale da superare quella quasi leggendaria della Bundesrepublik Deutschland: dal 1948 ad oggi, la Provincia autonoma di Bolzano ha avuto soltanto cinque Presidenti; l’ultimo dei quali, attualmente in carica, Arno Kompatscher, è Presidente della Provincia dal 2014. È agevole avvertire il contrasto con la Valle d’Aosta dove, nello stesso periodo (2014-2021) si sono succeduti ben sette Presidenti della Regione.

4. Considerazioni conclusive: Aosta e Bolzano, così vicine, così lontane.

Come si è visto[43], nel corso del 2020, a distanza di appena otto mesi l’una dall’altra, la Provincia autonoma di Bolzano e la Regione Valle d’Aosta hanno adottato due leggi assai simili, aventi la medesima ambizione: disciplinare la ripresa delle attività economiche e sociali, bilanciandole autonomamente con le misure di contenimento della pandemia; il tutto sostituendosi in larga misura allo Stato, nel rispettivo territorio.

Non stupisce dunque: che il Governo abbia impugnato l’intera legge valdostana ex art. 127, co. 1 Cost.; che la Corte costituzionale, per la prima volta dall’introduzione dell’istituto con l’oramai risalente legge 5 giugno 2003, n. 131, abbia sospeso in via cautelare l’applicazione della legge stessa (ord. n. 4 del 2021)[44]; che il Giudice delle leggi l’abbia quindi dichiarata in larga parte costituzionalmente illegittima (sent. n. 37 del 2021), sulla base di una lettura probabilmente sin troppo ampia della competenza legislativa statale in materia di “profilassi internazionale” (art. 117, co. 2, lett. q Cost.)[45]. Stupisce piuttosto che analoga sorte non sia toccata, qualche mese prima, alla legge bolzanina, della quale la legge annullata dal giudice costituzionale costituiva una sorta di fotocopia. In particolare, buona parte delle disposizioni dell’art. 2 legge Vd’A n. 11/2020, integralmente annullato dalla sent. n. 37, riproducevano letteralmente quelle dell’art. 1 legge Bz n. 4/2020. Gli articoli in discorso costituivano infatti il fulcro dell’una e dell’altra legge, come indica la loro assai simile rubrica: “Misure per la ripresa delle attività” per l’articolo bolzanino; “Misure per l’esercizio delle attività” per quello valdostano. Ad onta dei tratti comuni con la successiva legge valdostana, la legge della Provincia autonoma di Bolzano non venne però impugnata dal Governo e tuttora vige in Alto Adige/Südtirol. In tal modo “la componente «politica»” dell’impugnazione governativa emerge “in forme eclatanti ed eccessive” mediante “l’irragionevole, diseguale trattamento riservato a leggi regionali sostanzialmente identiche”[46].

Al di là delle condivisibili valutazioni ora riportate, si può tentare di leggere la situazione qui sopra descritta alla luce delle analogie e delle differenze tra l’autonomia valdostana e quella bolzanina, prima evidenziate. Quanto alle analogie, può riprendersi quanto già osservato, rimarcando come proprio una certa dose di alterità rispetto al contesto politico-istituzionale italiano, riscontrabile soltanto – sebbene in diversa misura – in Alto Adige/Südtirol e in Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, possa aver indotto l’uno e l’altra a introdurre una peculiare, ancorché sostanzialmente comune, disciplina legislativa che tende(va) a limitare il ruolo dello Stato nella gestione delle conseguenze della pandemia.

Quanto alle differenze, potrebbe ipotizzarsi come esse – possibile causa e probabile effetto della crisi politico-istituzionale valdostana – abbiano contribuito a rendere la Regione Valle d’Aosta meno accorta della Provincia autonoma di Bolzano nella scelta dei tempi di adozione della legge in discorso. Così la legge bolzanina entrò in vigore in un momento di (purtroppo illusorio, ma allora percepibile) rallentamento della pandemia, nella quale la ripresa delle attività economiche e sociali appariva all’ordine del giorno; quando venne adottata la legge valdostana, invece, i contagi aveva ripreso la loro corsa, rendendo assai più problematica detta ripresa.

Per di più, nel periodo di possibile impugnazione governativa della legge Bz n. 4/2020, l’allora Governo Conte II si reggeva al Senato sull’indispensabile sostegno dei tre senatori dell’SVP. La legge Vd’A n. 11/2020 venne invece impugnata nel dicembre 2020, quando appariva non altrettanto decisivo il sostegno al medesimo Governo dell’unico senatore valdostano, per di più espressione di un’UV in piena crisi di consensi, come avevano appena confermato le elezioni regionali dell’ottobre 2020[47].

Il differente destino della legge valdostana rispetto a quella bolzanina sembra riverberarsi sul successivo esercizio del potere regionale/provinciale d’ordinanza, sia formalmente sia sostanzialmente. Quanto al primo profilo, è agevole constatare come le ordinanze del Presidente della Provincia autonoma di Bolzano si basino sulla legge Bz n. 4/2020, costantemente richiamata in sede di preambolo[48], mentre quelle del Presidente della Regione valdostana successive all’ord. n. 4 del 2021 della Corte costituzionale non menzionano mai la legge Vd’A n. 11 del 2020 (o quel poco che ne resta, dopo la sent. n. 37 del 2021)[49]. Dal punto di vista sostanziale, può osservarsi come con riferimento alle ordinanze valdostane “non si registrano interventi particolarmente incisivi rispetto a quanto disposto in sede statale”[50]. Nella Provincia autonoma di Bolzano, la legge n. 4/2020 ha invece consentito alle ordinanze di dar vita a un vero e proprio “Südtirols Sonderweg”[51] nella gestione della pandemia; via preclusa alla Valle d’Aosta dalla sent. n. 37 del 2021[52].

La diversa sorte delle analoghe leggi di gestione della pandemia ha dunque contribuito ad allontanare significativamente Aosta da Bolzano, valorizzando così le loro differenze rispetto alle pur presenti analogie.

  1. Professore ordinario di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Trento.
  2. Con riferimento al Trentino-Alto Adige/Südtirol, si rammenti che i riferimenti all’ente regionale vanno sostituiti con quelli alle due Province autonome che lo compongono, ex art. 116, co. 2 Cost. (così, con specifico riferimento al potere regionale – provinciale, in tale Regione – d’ordinanza, F. Furlan, Il potere di ordinanza dei Presidenti di Regione ai tempi di Covid-19, in federalismi.it, 26, 2020, 68, al sito internet  federalismi.it; più in generale sul punto si veda invece A. D’Atena, L’impatto dell’emergenza sanitaria sul riparto di competenze tra Stato e Regioni, in Italian Papers on Federalism, 1, 2021, 5, nt. 15, al sito internet  www.ipof.it).
  3. Per riprendere la distinzione opportunamente proposta da A. Mangia, Emergenza, fonti-fatto e fenomeni di delegificazione temporanea, in Rivista AIC, 2, 2021, 153, al sito internet  www.rivistaaic.it.
  4. Più specificamente, alla natura globale della pandemia, che ben si addice al suo etimo, fa da contraltare, in tutto il mondo, il carattere quasi esclusivamente statale delle politiche di prevenzione e di contenimento della stessa.
  5. Vedi, ex multis, F. Cuocolo, Diritto regionale italiano, Torino, Utet, 1991, 112-113.
  6. Sebbene detto limite sia oggi individuabile, per le Regioni ordinarie, a contrario ex art. 117, co. 4 Cost., sulla base delle competenze statali enumerate ai precedenti co. 2 e co. 3 (rispettivamente esclusive o di principio) o ricavabili da altre norme costituzionali, espressive di “istanze unitarie che non consentono una eccessiva differenziazione” (M. Carli, Diritto regionale. Le autonomie regionali, speciali e ordinarie, 2 ed., Torino, Giappichelli, 2020, 93). Per le Regioni speciali invece il limite materiale si induce dal combinato disposto delle elencazioni di materie contenute in ciascuno Statuto, da un lato, e, dall’altro, dell’art. 10 legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ferme restando le istanze unitarie cui poc’anzi si accennava. Va peraltro richiamato l’invito, passando da “un piano astratto” a “un’ottica più pratica”, a non sopravvalutare la portata innovativa della disciplina costituzionale della potestà legislativa regionale residuale, ex art. 117, co. 4 (E. Carloni, F. Cortese, La potestà normativa fra Stato e Regioni. Distribuzione materiale e intreccio di competenze, in Iid. (a cura di), Diritto delle autonomie territoriali, Padova, Cedam, 2020, 71) che non attribuisce comunque alle Regioni “poteri illimitati di legiferare” (Corte cost., sent. n. 359 del 2003, punto 7. in diritto).
  7. Dubita – condivisibilmente – della legittimità di un’ordinanza regionale “destinata necessariamente a produrre effetti al di fuori dei confini regionali” G. Coinu, Un nuovo capitolo nel variegato conflitto Stato-Regioni: le ordinanze regionali “contro” gli spostamenti verso le seconde case, in federalismi.it, 14, 2021, 42, al sito internet  federalismi.it.
  8. Vedi G. Boggero, Un decentramento confuso, ma necessario. Poteri di ordinanza di Regioni ed enti locali nell’emergenza da Covid-19, in questa Rivista, 1, 2020, 3-4, al sito internet  www.piemonteautonomie.it.
  9. Vedi supra nt. 5.
  10. Così dispone l’art. 1, co. 4 d.lgs. n. 1/2018: “Le disposizioni del presente decreto si applicano anche alle Regioni a Statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, compatibilmente con i rispettivi Statuti di autonomia e le relative norme di attuazione”. Il medesimo comma, al periodo successivo, contiene un’assai meno consueta clausola di salvaguardia de iure condendo, vale a dire riferita alle (tuttora) future ed eventuali forme di differenziazione regionale ex art. 116, co. 3 Cost..
  11. Com’è noto, il potere regionale d’ordinanza è contemplato da altri testi legislativi statali: da un lato, la medesima disposizione rinvenibile all’art. 117, co. 1, secondo periodo decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 e all’art. 50, co. 5, ultimo periodo decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (scilicet il testo unico degli enti locali); dall’altro, la previsione dell’art. 32, co. 4, terzo periodo legge 23 dicembre 1978, n. 833. Peraltro, soltanto l’ultimo testo legislativo citato contiene una clausola di salvaguardia dell’autonomia speciale (art. 80, co. 1, primo e secondo periodo legge n. 833/1978).
  12. Che la disposizione del codice in discorso, con inutile enfasi, definisce addirittura “esclusiva”.
  13. Nonché, a livello di norme di attuazione, all’art. 1 d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381.
  14. “Le disposizioni del presente decreto si applicano alle Regioni a Statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi Statuti e le relative norme di attuazione” (art. 5, co. 2 d.-l. n. 19/2020 e art. 3, co. 2 d.-l. n. 33/2020).
  15. Vedi infra par. 4.
  16. Si veda G. Lavagna, Il Covid-19 e le Regioni. Uso e «abuso» delle ordinanze extra ordinem dei Presidenti regionali, in federalismi.it, 17, 2021, 100, al sito internet  www.federalismi.it.
  17. Vedi supra nt. 9.
  18. S. Staiano, Né modello né sistema. La produzione del diritto al cospetto della pandemia, in Rivista AIC, 2, 2020, 539, al sito internet www.rivistaaic.it. Non per nulla, l’art. 3, co. 3 d.-l. n. 19/2020 si preoccupava di precisare che “le disposizioni di cui al presente articolo [vedi infra nel testo] si applicano altresì agli atti posti in essere per ragioni di sanità in forza di poteri attribuiti da ogni disposizione di legge previgente” in modo da ricondurre espressamente alla disciplina dettata dalla decretazione d’urgenza le altre previsioni di poteri regionali di ordinanza (vedi supra nel testo).
  19. In tale direzione, ci si è spinti fino a sostenere che “l’unica fonte di legittimazione del potere di ordinanza esercitato con i d.P.C.M. e con le ordinanze regionali non può che identificarsi nei citati decreti legge (6, 19 e 33 del 2020)” (F. Furlan, Il potere di ordinanza, cit., 72).
  20. Nel qual caso può reputarsi che l’ordinanza regionale, adottata “nelle more” di un d.P.C.M. meno restrittivo, gli sopravviva, ponendosi rispetto ad esso in rapporto di specialità (così G. Boggero, Le «more» dell’adozione dei dd.PP.CC.MM. sono «ghiotte» per le Regioni. Prime osservazioni sull’intreccio di poteri normativi tra Stato e Regioni in tema di Covid-19, in Diritti regionali, 1, 2020, 363, al sito internet  www.dirittiregionali.it).
  21. Così G. Delledonne, C. Padula, Accentramento e differenziazione nella gestione dell’emergenza pandemica, in le Regioni, 2020, 770-776, e F. Furlan, Il potere di ordinanza, cit., passim.
  22. Così G. Lavagna, Il Covid-19 e le Regioni, cit., passim.
  23. Così, con riferimento a ipotesi specifiche di spostamento, G.P. Boscariol, Le disposizioni emergenziali Covid-19 e le limitazioni all’attività motoria: analisi comparata delle ordinanze regionali nella c.d. Fase 2, in Rivista giuridica del Mezzogiorno, 2, 2020, passim, e G. Coinu, Un nuovo capitolo, cit., passim.
  24. Vedi G. Di Genio, D.P.C.M. e ordinanze regionali seriali Covid-19 nella legge n. 35 del 22 maggio 2020 (il caso della regione Campania), in Corti supreme e salute, 2, 2020, 430, al sito internet  www.cortisupremeesalute.it , e G. Lavagna, Il Covid-19 e le Regioni, cit., 103.
  25. Per riprendere il felice titolo di R. Balduzzi, D. Paris, La specialità che c’è, ma non si vede. La sanità nelle Regioni a Statuto speciale, in F. Palermo, S. Parolari (a cura di), Le variabili della specialità. Evidenze e riscontri tra soluzioni istituzionali e politiche settoriali, Napoli, Esi, 2018, 453.
  26. Così si ragiona di “«speciale» specialità” con riferimento sia alla Regione Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (A.M. Poggi, La specialità della Valle d’Aosta nel quadro delle specialità regionali, in P. Costanzo, R. Louvin, L. Trucco (a cura di), Lineamenti di diritto costituzionale della Regione Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, Torino, Giappichelli, 2020, 522) sia alla Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e alle Province autonome che la compongono, richiamando soprattutto quella di Bolzano (A. D’Atena, L’accordo De Gasperi-Gruber e la garanzia di una “speciale” specialità, in Giurisprudenza costituzionale, 2016, 1880).
  27. Vedi G. Boggero, In pandemia nessuna concorrenza di competenze. La Corte costituzionale promuove un ritorno al “regionalismo della separazione”, in Forum di Quaderni costituzionali, 3, 2021, 104-105, al sito internet  www.forumcostituzionale.it.
  28. Così, durante la pandemia, nell’uno e nell’altra si manifesta in modo particolarmente avvertibile “il desiderio delle Regioni di agire nell’ottica dell’autonomia da vincoli statali stringenti che potrebbero, in alcuni casi, non considerare in modo adeguato le peculiarità di un territorio” (M. Mezzanotte, Pandemia e riparto delle competenze Stato-Regioni in periodi emergenziali, in Consulta Online, 1, 2021, 329, al sito internet  www.giurcost.org).
  29. G. Tarli Barbieri, La crisi politico-istituzionale valdostana nella crisi del regionalismo italiano, in le Regioni, 2020, 254.
  30. Così C. Faval, La differenziazione ‘della’ e ‘nella’ specialità, in questa Rivista, 1, 2019, 1, al sito internet  www.piemonteautonomie.it.
  31. Vedi G. Demuro, La forma di governo e il sistema politico-istituzionale nelle Regioni speciali: una speciale conformità, in F. Palermo, S. Parolari (a cura di), Le variabili della specialità, cit., 28-30 e G. Klotz, G. Pallaver, Partiti e sistemi elettorali nelle Regioni a Statuto speciale: un confronto, ivi, 44-46.
  32. Si veda A. Lijphart, Patterns of Democracy. Government Forms and Performances in Thirty-Six Countries, II ed., London, Yale University Press, 2012, trad. it. di L.C. Papavero e L. Verzichelli, Le democrazie contemporanee, 2 ed., Bologna, il Mulino, 2014, passim, spec. 103-104.
  33. Vedi F. Palermo, J. Woelk, Diritto costituzionale comparato dei gruppi e delle minoranze, 2 ed., Padova, Cedam, 2011, 170-171.
  34. Vedi F. Toso, Le minoranze linguistiche in Italia, Bologna, il Mulino, 2008, 71-72.
  35. Si vedano rispettivamente l’art. 99 St. T-AA/S e l’art. 38, co. 1 St. Vd’A (sul quale confronta R. Louvin, Il profilo storico-istituzionale dell’ordinamento valdostano, in P. Costanzo, R. Louvin, L. Trucco (a cura di), Lineamenti di diritto costituzionale, cit., 24-25).
  36. E. Palici Di Suni, La tutela giuridica delle minoranze tra Stato e Regioni in Italia, in S. Bartole, N. Olivetti Rason, L. Pegoraro (a cura di), La tutela giuridica delle minoranze, Padova, Cedam, 1998, 160.
  37. Secondo le dichiarazioni di appartenenza e di aggregazione a un gruppo linguistico rese in occasione dell’ultimo censimento generale della popolazione (2011), il gruppo linguistico germanofono ammonta al 69,41% dei cittadini italiani residenti in Alto Adige/Südtirol (vedi il sito internet  https://astat.provincia.bz.it/it).
  38. In assenza di un censimento linguistico su modello bolzanino, può richiamarsi il sondaggio linguistico della Fondation Émile Chanoux, dai cui risultati emerge che in Valle d’Aosta, escludendo i Comuni walser, i tre quarti degli intervistati si dichiarano di lingua madre italiana, peraltro in un contesto di diffuso bilinguismo, dove quasi il 75% degli intervistati dichiara di conoscere sia l’italiano sia il francese (si veda il sito internet www.fondchanoux.org/sondaggio-linguistico-risultati). Sulla “diffusa pluriglossia” che caratterizza il contesto valdostano, anche con riferimento all’uso del dialetto franco-provenzale in contesti informali, si veda N. Alessi, L’ordinamento linguistico, in P. Costanzo, R. Louvin, L. Trucco (a cura di), Lineamenti di diritto costituzionale, cit., 345.
  39. P. Carrozza, Legge cost. 4/1948, in Commentario della Costituzione, 1995, 422.
  40. Vedi A.M. Poggi, A. Mastropaolo, La specialità della Valle d’Aosta tra fatto e norma, in le Regioni, 2017, 1171-1172 e G. Tarli Barbieri, La crisi politico-istituzionale valdostana, cit., 256-258.
  41. G. Tarli Barbieri, Le consultazioni del 20 e 21 settembre 2020: continuità e discontinuità di elezioni (comunque) rilevanti, in le Regioni, 2020, 737.
  42. Si vedano i risultati elettorali al sito internet https://www.regione.vda.it/amministrazione/Elezioni.
  43. Vedi P. Giovanetti, Alto Adige: il partito di raccolta e la democrazia bloccata, in il Mulino, 2000, 285-286.
  44. Vedi supra par. 3.
  45. Si veda E. Rossi, Il primo caso di sospensione di una legge (regionale): rilievi procedurali su un istituto al suo esordio, in Osservatorio costituzionale, 2, 2021, 155, al sito internet  www.osservatorioaic.it.
  46. Vedi, ex multis, L. Cuocolo, F. Gallarati, La Corte difende la gestione unitaria della pandemia con il bazooka della profilassi internazionale, in Corti Supreme e Salute, 1, 2021, 5, al sito internet  www.cortisupremeesalute.it.
  47. A. Ruggeri, A. Spadaro, Lineamenti di giustizia costituzionale, 6 ed., Torino, Giappichelli, 2019, 288.
  48. Vedi supra nt. 40.
  49. Si vedano le ordinanze al sito internet  www.provincia.bz.it/sicurezza-protezione-civile/protezione-civile.
  50. Si vedano le ordinanze al sito internet  www.regione.vda.it/pressevda/Eventi/decreti_ordinanze_i.aspx.
  51. V. Cavanna, Risposte regionali alla pandemia da Covid-19: il caso della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, in le Regioni, 2020, 951; tale valutazione risale all’estate 2020, ma sembra trovare conferma successivamente.
  52. E. Alber, T. Zgaga, Ein Jahr Pandemiemanagement in Italien und Südtirol, in Politika, 2021, 55.
  53. Si veda op.ult.cit., 54.