L’evoluzione storica e giuridica dell’istituto della difesa civica

Intervento al convegno “Quarant’anni di difesa civica”, 8 aprile 2022, Palazzo Capris, via Santa Maria n. 1, Torino

Gianluca Gardini [1]

Sommario:

1. Premessa – 2. L’origine storica – 3. L’esperienza regionale – 4. Compiti e poteri del difensore civico – 5. Difesa civica e trasparenza amministrativa – 5.1. – I rimedi contro l’inottemperanza del difensore civico – 6. Il difensore civico nelle fonti europee ed internazionali – 7. Le proposte del Coordinamento dei difensori civici e delle Province autonome

1. Premessa

In Italia l’istituto della difesa civica è da sempre caratterizzato da un’origine e una dimensione squisitamente locali.

Nel nostro paese, infatti, la difesa civica non ha mai trovato pieno riconoscimento come strumento alternativo di garanzia del cittadino, a differenza di molti ordinamenti contemporanei che delegano all’ Ombudsman (nazionale o decentrato) importanti funzioni di “giustizia amministrativa”, intesa come tutela di carattere non giurisdizionale dei cittadini nei confronti delle autorità pubblica.

Nella prassi nazionale la difesa civica si presenta come una sorta di magistratura di “persuasione” sfornita di poteri coercitivi. Il suo compito principale è quello di correggere le disfunzioni, le inefficienze e le iniquità dell’agire delle pubbliche amministrazioni, offrendo ai cittadini alcune forme di tutela pre-contenziosa facilmente accessibili, in ragione della gratuità e dell’assenza di formalità procedurali. Oltre a vigilare sull’agire delle pubbliche amministrazioni, la difesa civica interviene in favore delle categorie più deboli e delle fasce di popolazioni più fragili. Accezione, questa, che caratterizza la difesa civica come sostegno e patrocinio di iniziative a tutela dei diritti umani.

Per quanto rilevante, però, il ruolo della difesa civica non trova alcun riconoscimento nella Costituzione repubblicana, né viene preso in considerazione dal legislatore nazionale ed è, sostanzialmente, affidato all’iniziativa spontanea delle autonomie territoriali. In questo senso, la distanza rispetto alle altre esperienze europee è enorme poiché la maggioranza dei paesi dell’Unione Europea ha istituito un “Ombudsman nazionale” e ne ha affidato la disciplina direttamente alla fonte costituzionale o a leggi di attuazione costituzionale.

Nonostante se ne discuta da oltre 30 anni, l’Italia si segnala negativamente per essere l’unico stato fondatore dell’Unione Europea del Consiglio d’Europa privo di un difensore civico centrale, con un campo d’azione esteso a tutte le amministrazioni del paese, come previsto dall’articolo 49 TUE.

Questo vuoto appare ancora più grave se si considera che la presenza di un Ombudsman nazionale è ritenuto un parametro per misurare democraticità delle istituzioni di un paese e, come tale, rappresenta oggi una condizione imprescindibile per ammettere nuovi Stati e a far parte dell’Unione Europea o del Consiglio d’Europa (vedi par. 6).

L’inerzia del parlamento statale risulta, in parte, controbilanciata dall’attivismo delle assemblee regionali e locali che, a metà degli anni settanta, avviano le prime esperienze di difesa civica territoriale progressivamente estese agli enti locali con la legge 142/90.

In epoca più recente, invece, la scarsa propensione del legislatore nazionale ad investire sulle figure di garanzia “non autoritative” per la soluzione delle controversie tra cittadini e amministrazione, ha trovato un facile alibi nell’ emergenza economica legata alla crisi fiscale. Il contesto di forte indebitamento e la necessità di ridurre la spesa pubblica nel paese, nel 2010, ha spinto la legge finanziaria a sopprimere la figura del difensore civico comunale lasciando i comuni a facoltà di attribuire le funzioni di garanzia ad un istituto operante a livello d’aria vasta, cd. difensore civico territoriale (o provinciale).

La forte ondata revisionista che si è abbattuta sulle province, legata alle medesime ragioni di riduzione della spesa pubblica, ha però finito per rendere sostanzialmente virtuale l’istituzione di nuovi difensori civici territoriali su base provinciale.

In questo modo, tra inerzia legislativa e spending review l’unico difensore civico attualmente attivo in Italia resta quello regionale.

Il difensore civico regionale è intestatario di “funzioni di controllo di legalità e regolarità, per usare le parole della consulta, che completano, arricchendolo, il sistema delle garanzie del cittadino, al di là dei rimedi tradizionali di tipo giudiziale giustiziale e giurisdizionale. Il problema è che non tutte le regioni hanno scelto di dotarsi di un difensore civico (ne sono ancora prive Puglia, Sicilia e Calabria) e, pertanto, una parte rilevante del territorio rischia oggi di trovarsi sguarnita di un importante presidio, di un “livello essenziale di protezione” per usare la terminologia costituzionale, di fronte episodi di cattiva amministrazione.

D’altro canto, nel corso degli ultimi anni si è assistito alla creazione a livello nazionale di svariate figure di garanzia settoriali, come il garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza e il garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. Soluzione, questa, che amplifica l’assenza di una figura generalista in grado di offrire una valida tutela dei diritti della persona, ricomprendendo anche i nuovi diritti civili e di cittadinanza che la nostra società, sempre più complessa e composita, vede nascere ogni giorno.

2. L’origine storica

Con il termine “Ombudsman” che letteralmente significa “uomo che fa da tramite” vengono indicate una pluralità di organi ampiamente diffusi nell’Europa occidentale.

Se è improprio parlare di “modello unico” di Ombudsman in Europa, non è però scorretto affermare che a livello europeo si è imposta una figura che ha tratti “prevalenti” comuni, sia sotto il profilo della disciplina normativa che, soprattutto, sotto quello della prassi amministrativa. Si è passati dalla funzione storica di “Commissario parlamentare” istituito per la prima volta in Svezia con la costituzione del 1809 con il compito di bilanciare il potere esecutivo e quindi di controllare il governo, ad una figura di Ombudsman che, progressivamente ha assunto in Europa la funzione di “garante del cittadino”.

La traiettoria, quindi, è abbastanza chiara: l’Ombudsman nasce come organo di controllo sul Governo e sulle pubbliche Amministrazioni in merito al buon funzionamento e all’imparzialità degli apparati amministrativi, le cui funzione viene estesa, in genere, non solo alla legittimità ma anche al merito dell’attività amministrativa.

Progressivamente, l’Ombudsman da organo parlamentare di controllo si è trasformato in organo popolare dotato di funzioni di tutela e protezione del cittadino nei confronti del potere pur in assenza di potere autoritativi vincolanti nei confronti dell’amministrazione.

Tale aspetto, generalmente considerato il principale limite dell’azione dell’Ombudsman, rappresenta paradossalmente uno dei punti di forza dell’istituto poiché, grazie all’informalità delle sue pronunce, prive di poteri impositivi nei confronti della pubblica amministrazione, può spingersi ben oltre il confine della legittimità e arrivare a sindacare l’opportunità, la convenienza e l’utilità delle scelte pubbliche.

In epoca più recente l’Ombudsman ha trovato riconoscimento anche tra le istituzioni europee: il Trattato di Maastricht 1992 dispone, infatti, che “il Parlamento nomina il Mediatore abilitato a ricevere le denunce di qualsiasi cittadino dell’Unione o di qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro, e riguardanti casi di cattivi amministrazione nell’azione delle istituzioni degli organi comunitari, salvo la Corte di giustizia del Tribunale di primo grado nell’esercizio delle loro funzioni giurisdizionali”.

3. L’esperienza regionale

Come si accennava negli anni Settanta furono le Regioni, con iniziative spontanee, ad introdurre nei propri ordinamenti la figura del difensore civico. In una prima fase, fu la Toscana a prevedere la figura del difensore civico all’interno del proprio Statuto, a cui fecero seguito prima la Liguria e poi il Lazio.

In particolare, la Regione Toscana collocò l’istituto tra le previsioni riservate all’ organizzazione amministrativa, con il compito di curare, a richiesta dei cittadini, il regolare svolgimento delle loro pratiche presso l’amministrazione regionale; mentre Lazio e Liguria collocarono il difensore civico tra gli istituti destinati a favorire la partecipazione popolare. Da segnalare che i provvedimenti in parola furono assunti dopo il fallimento della proposta di istituire il difensore nazionale bollato come “una indebita ingerenza del legislativo sull’esecutivo o un soggetto inutile, privo di poteri cogenti e quindi per natura inefficace”.

In ogni caso l’attività della difesa civica ha stimolato un processo di cambiamento da cui sono derivati gli interventi legislativi contenuti rispettivamente nella L. 142/90, L. 241/90 e L. 127/97 (Bassanini bis) che hanno esteso le funzioni di difensore civico nei confronti delle amministrazioni comunali e delle amministrazioni periferiche dello Stato. In particolare, la L. 142/90 che porta all’istituzione della difesa civica comunale provinciale e la L. 241/90 sul procedimento amministrativo ne hanno ampliato significativamente le funzioni attribuendo al difensore civico uno specifico ruolo nell’attuazione dei diritti di partecipazione, di accesso agli atti, dell’obbligo di motivazione degli atti amministrativi, oltre nella tutela degli interessi adespoti, diffusi e delle categorie più deboli.

In una terza fase, che ha visto l’approvazione di legge istitutive della difesa civica da parte di Friuli Venezia Giulia e Piemonte nel 1981, dell’Emilia Romagna nel 1984, comincia a maturare una concezione della difesa civica quale strumento per la soluzione delle controverse tra privati e pubblica amministrazioni: in sostanza, il difensore civico inizia a delinearsi come rimedio alternativo alle azioni giudiziarie per la tutela dei diritti dei cittadini e, a tal fine, se ne riconosce il potere di iniziativa d’ufficio.

Ma la vera consacrazione del ruolo della difesa civica a livello regionale arriva a seguito della “costituzionalizzazione” di questa figura ad opera dei Parlamenti regionali, in virtù della quale oggi tutte le regioni ordinarie hanno inserito all’interno dei propri Statuti la previsione di un “garante” dei diritti del cittadino, in molti casi inserendolo a pieno titolo tra gli organi della Regione. Inoltre, prendendo come esempio paradigmatico lo Statuto della Regione Emilia Romagna, si osserva che, accanto al difensore civico, definito “organo autonomo e indipendente della Regione a cui viene riconosciuta una propria autonomia finanziaria e organizzativa” (art.70), sono state create alcune specifiche figure di garanzia, tra cui la “consulta di garanzia statutaria” e il “garante dell’infanzia”.

Si può affermare, pertanto che, oggi la “costituzionalizzazione” del difensore civico all’interno degli statuti regionali rende giustizia dell’importante ruolo svolto da questa figura e testimonia l’interesse delle amministrazioni regionali ad intervenire nel campo dei diritti e delle libertà individuali.

4. Compiti e poteri del difensore civico

La difesa civica viene concepita come forma di tutela pre-contenziosa facilmente accessibile per i cittadini in ragione della gratuità e dell’assenza di formalità procedurali. In quest’ottica la legge 241 del 90 attribuisce al difensore civico funzioni “giustiziali” per l’accesso agli atti delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, fatta salva la competenza della commissione centrale per l’accesso che esercita invece la sua funzione nei confronti delle amministrazioni centrali periferiche dello Stato (art. 25). Analogamente l’articolo 36 comma 2 della l. 5 febbraio 1992 n.104 consente al difensore civico di costituirsi parte civile nei procedimenti penali, per determinati reati, in cui la vittima sia una persona con disabilità.

Va sottolineato che la difesa civica rappresenta anche un effettivo ausilio a favore delle pubbliche amministrazioni che da essa vengono sostenute e sollecitate nel loro impegno a garantire l’attuazione dei principi costituzionali di buon andamento e imparzialità. Al riguardo, infatti, il difensore civico presenta una relazione annuale all’Assemblea regionale per migliorare il quadro normativo vigente e per suggerire modifiche delle prassi e degli assetti organizzativi in atto, presentandosi come un valido alleato del cittadino e, al contempo, come un amico prezioso delle pubbliche amministrazioni.

In quest’ottica di auto-correzione, in passato, il Testo Unico degli Enti Locali fissava anche un potere sostitutivo del difensore civico con un’eventuale nomina di un commissario ad acta nel caso in cui gli Enti locali, presenti nel territorio regionale, omettessero attività ritenute obbligatorie per legge (art. 136, D. lgs. 167/2000). Dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, che ha comportato la soppressione di gran parte dei controlli sugli Enti locali, questo potere sostitutivo risulta però abrogato. Infatti, nel giudizio della Corte Costituzionale (decisioni n. 112/2044, n.173/2004 e 167/2005) il difensore civico regionale è un “organo preposto alla vigilanza sull’operato dell’amministrazione regionale con limitati i compiti di segnalazione di disfunzioni amministrative” e, di conseguenza, i poteri sostitutivi in ambito regionale sono da ascrivere all’organo di governo della Regione e non già ad apparati amministrativi come il difensore civico.

Come già evidenziato, una delle critiche usualmente rivolte all’indirizzo del difensore civico riguarda l’assenza di più penetranti poteri coercitivi sostenendosi che il modus operandi dell’autorità, sostanzialmente basato sulla moral suasion, renderebbe assai dubbia l’utilità dell’istituto. Come si è già detto l’assenza di poteri coercitivi nei confronti della pubblica amministrazione può essere vista non come un limite intrinseco, ma come un punto di forza dell’azione di difesa civica perché, rende gli atti del difensore civico molto più flessibili e duttili in grado di spingersi a sindacare anche l’opportunità e non solo la legittimità delle scelte assunte dalle pubbliche amministrazioni.

In questo senso sarebbe molto opportuno estendere le funzioni di moral suasion oltre l’orizzonte dell’agire pubblico, potendo, al riguardo, condividere pienamente il suggerimento contenuto nella legge Gelli-Bianco sulla responsabilità medica che mira ad attribuire al difensore civico la tutela dei diritti in ambito sanitario e socio-sanitario attribuendo ad esso la funzione di garante per il diritto alla salute con il ruolo di promuovere l’effettivo rispetto della dignità umana, l’autonomia delle persone con disabilità, non solo nei confronti delle strutture del servizio sanitario regionale ma anche delle strutture private accreditate, limitatamente alle attività convenzionate. Più in generale, andrebbe riconosciuto al difensore civico il potere di intervento e tutela di tutti i diritti fondamentali della persona e dovrebbe estendersi a tutte le forme di discriminazione.

Se è indubbiamente vero che esistono margini per un potenziamento ulteriore dei poteri del difensore civico, è anche vero che, spesso, risponde ad un mero pregiudizio l’opinione secondo la quale il nostro ordinamento sarebbe ancora troppo immaturo o impreparato per cogliere la figura dell’Ombudsman. L’evidenza derivante dalla specifica esperienza dell’Emilia Romagna attesta, invece un livello pari al 75% di casi di adesione alle determinazioni del garante.

In un paese come il nostro, che induce a “sfogare” sul momento giurisdizionale la soluzione di qualunque tipo di conflitto, è auspicabile incentivare forme alternative di gestione dei conflitti che, mettendo in comunicazione, anziché in contrapposizione, le parti alimenti la fiducia nelle istituzioni e diminuisca i costi di accesso alla giustizia.

5. Difesa civica e trasparenza amministrativa

La riforma introdotta con il D.Lgs. 33/2013 afferma il diritto/libertà di chiunque di ottenere tutti i dati a disposizione della pubblica amministrazione, salvo quelle espressamente esclusi mediante un accesso civico individuale esercitabile uti cives.

Il D.lgs. 33/2013, nella direzione di assicurare maggiore tutela al cittadino e di superare un meccanismo di riesame interno alle stesse amministrazioni inadempienti, incentrato sulla figura del Responsabile Prevenzione Corruzione e Trasparenza (RPCT), attribuisce un ruolo specifico ai difensori civici in materia di accesso civico (semplice e generalizzato).

Purtroppo, la legge non precisa se la richiesta di riesame al RPCT e il ricorso al difensore civico previsto nel caso di atti delle amministrazioni regionali e locali siano da considerarsi rimedi cumulativi, da esercitarsi in successione ovvero alternativi tra loro.

Al riguardo ANAC, in seguito ad un quesito posto dal difensore civico della Regione Liguria, ha fornito chiarimenti sull’alternatività del ricorso al difensore civico, precisando che “l’alternatività del ricorso è da intendersi non in senso assoluto, quanto invece la possibilità dell’istante di rivolgersi sia al RPCT che al difensore civico e, in ogni caso, al difensore civico dopo essersi rivolto al RCPT”.

In generale, nel linguaggio giuridico “alternativo” si contrappone a cumulativo (electa una via non datur recursus ad alteram) e allude all’impossibilità di utilizzare contemporaneamente in successione più strumenti messi a disposizione dall’ordinamento per raggiungere un determinato obiettivo: nella versione ANAC, invece, l’alternatività “non in senso assoluto” apre la strada al ricorso al difensore civico saltando il RCPT; al ricorso al solo RCPT; al ricorso ad entrambi, nonché al ricorso diretto al giudice amministrativo.

5.1. I rimedi contro l’inottemperanza alle decisioni del difensore civico

Un altro problema applicativo piuttosto ricorrente, registrato nel corso di questi anni riguarda l’ottemperanza dell’amministrazione di fronte ad una decisione del difensore civico che, ritenendo illegittimo il diniego di accesso da parte dell’amministrazione inviti quest’ultima a rendere accessibili i documenti richiesti. Cosa accade se la P.A. rimane in silenzio per oltre 30 giorni in seguito all’intervento del difensore civico?

In questo caso, in assenza della previsione di un silenzio significativo, dovrebbe presumersi la consumazione del potere di decidere dell’amministrazione e l’automatica formazione di un diritto d’accesso del richiedente. Il provvedimento del difensore civico diviene, quindi, vincolante per l’amministrazione e la pretesa del privato da mero interesse legittimo, che si confronta con la discrezionalità amministrativa, diviene diritto soggettivo alla conoscenza del documento e, come recita l’art. 25 comma 4 della L.241/90 “l’accesso è consentito”.

Quid iuris se l’amministrazione continua a non mostrare il documento richiesto?

Il privato dovrà agire con ricorso al giudice amministrativo che accerterà il diritto e, conseguentemente, ordinerà all’amministrazione di mostrare il documento richiesto, secondo il rito peculiare previsto in materia di accesso agli atti ammnistrativi (116 del cod. proc. amm.), per cui l’organo giudicante non si limita ad accertare l’esistenza di un diritto e ad annullare un diniego illegittimo di accesso, ma può condannare l’amministrazione a rilasciare un determinato provvedimento.

6. Il difensore civico nelle fonti europee ed internazionali

Occorre sottolineare nuovamente che l’articolo 49 TUE, nel definire i parametri a cui devono conformarsi i paesi che desiderano diventare membri dell’Unione, rimanda ai criteri di ammissibilità convenuti, in occasione del Consiglio Europeo di Copenaghen del 1993 e integrati in occasione del Consiglio Europeo di Madrid del 1995, in ordine alla presenza di istituzioni stabili, alla presenza di un’economia di mercato affidabile e all’attitudine necessaria per accettare gli obblighi derivanti dall’ adesione (l’acquis).

Emerge, pertanto, che l’istituzione del difensore civico nazionale è, a tutti gli effetti, un parametro per valutare la conformità dell’ordinamento domestico al primo criterio di Copenaghen.

Altre fonti sottolineano l’importanza del difensore civico nazionale nella tutela dei diritti fondamentali dei cittadini A questo proposito, i c.d. principi di Parigi adottati dall’Assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite mediante la risoluzione 48-134 del 20 dicembre 1993, stabiliscono la necessità per ciascuno Stato di costituire una National Human Right Institution caratterizzata, tra le altre cose, da un mandato di tutela dei diritti fondamentali, previsto dalla costituzione, per tutti i settori attinenti alla tutela dei diritti fondamentali, nonché da parametri concreti di autonomia di indipendenza. L’Italia quindi è inadempiente rispetto all’obbligo di istituire un NHRI.

Il ruolo della difesa civica è sottolineato, da ultimo, dal mediatore europeo nella relazione speciale inviata al Parlamento europeo per ottenere l’adempimento delle raccomandazioni, aventi per oggetto il rispetto dei diritti fondamentali da parte dell’Agenzia Frontex.

Al riguardo, il Parlamento europeo ha accolto positivamente la risoluzione speciale del mediatore in quanto “reputa di cruciale importanza coinvolgere i difensori civici nazionali o gli altri organi pertinenti competenti in materia di diritti fondamentali che a differenza del responsabile dei diritti fondamentali hanno la facoltà di svolgere indagini sulle autorità e funzionari nazionali”. Inoltre, “si rallegra per la disponibilità del Mediatore europeo, dei membri della Rete europea dei difensori civici competenti in materia di diritti fondamentali […] e raccomanda che Frontex e il Mediatore europeo stabiliscano tra loro una stretta collaborazione”. In ogni caso, nell’ambito della più ampia riforma dell’Agenzia è stato previsto un meccanismo non giurisdizionale di denuncia delle violazioni dei diritti fondamentali.

Le istituzioni europee hanno, quindi, indicato chiaramente la strada: occorre che l’Italia si doti di un organismo autorevole indipendente capace di assicurare la tutela dei diritti fondamentali dei cittadini dinanzi ai poteri pubblici.

7. Le proposte del Coordinamento dei difensori civici e delle Province autonome

Il Coordinamento nazionale dei difensori civici ha funzioni di raccordo tra i difensori civici istituiti presso le varie regioni e svolge una sorta di ruolo suppletivo nelle regioni prive di tale presidio, assumendo nel contempo, funzioni di rappresentanza nazionale della difesa civica.

Nel 2015, il Coordinamento ha formulato varie proposte per valorizzare questa figura, in attuazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento: in particolare ha proposto di attribuire formalmente al difensore civico nazionale (da istituire) e regionale il ruolo di garante dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali da parte delle amministrazioni pubbliche; di prevedere la conciliazione obbligatoria avanti al difensore civico nazionale e regionale per il mancato rispetto di prestazioni ascrivibili ai predetti livelli essenziali; di conferire ai difensori civici regionali una funzione “rimediale” rispetto alle violazioni della trasparenza amministrativa; di prevedere nei procedimenti afferenti alle sanzioni collegate a violazioni del Codice della strada, che la presentazione delle istanze di difesa civica sospenda i termini per il ricorso al Prefetto e Giudice di Pace.

Nel marzo 2017, da ultimo, il Coordinamento ha formulato una richiesta al Governo scaturente dall’obbligo previsto dalla riforma dell’Agenzia europea Frontex per cui ciascuno Stato deve individuare un organismo interno competente per la recezione di denunce riguardanti le lesioni di diritti fondamentali riconducibili al personale dell’agenzia, rilevando che “nell’ordinamento italiano, ad oggi, non si ravvisa un soggetto capace di svolgere adeguatamente questo compito che, in assenza di una figura di garanzia dotata di competenze a carattere generale per la protezione dei diritti umani, potrebbe essere assegnato[…] al Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale”.

  1. Professore ordinario di diritto amministrativo presso il dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Ferrara.