Il T.A.R. sospende l’ordinanza della Regione Piemonte con cui è stata disposta la chiusura di tutte le medie e grandi strutture di vendita per l’intera giornata del 1°maggio 2021. Nota a T.A.R. Piemonte, decreto presidenziale 30 aprile 2021, n. 163

Gabriele Odino[1].

Introduzione.

A seguito del ricorso presentato dall’associazione Federdistribuzione, il T.A.R. Piemonte con decreto monocratico presidenziale ha sospeso il decreto del 29 aprile 2021, n. 52, con cui il Presidente della Regione Piemonte aveva disposto la chiusura delle medie e grandi strutture di vendita per l’interna giornata del 1° maggio 2021 e ha rinviato la trattazione sul merito all’udienza pubblica del 9 febbraio 2022.

Nonostante il Piemonte si trovasse nella c.d. zona gialla, il Presidente della Regione aveva, infatti, ritenuto opportuno adottare le suindicate misure al fine di “contenere il contagio e di evitare situazioni di assembramento, nonchè omissioni di precauzioni igienico-sanitarie” considerato che “il quadro epidemiologico, che pure mostra alcuni segnali di miglioramento, evidenzia ancora il persistere di elevato contagio, per il quale si rendono necessarie misure di contenimento da attuare in questi casi”.

Infatti, in ragione della nota emergenza sanitaria legata alla diffusione del SARS-CoV-2, il fine settimana del 1° maggio scorso destava particolari preoccupazioni, tanto è vero che il decreto della Regione Piemonte (oggetto della decisione in commento) non è stato l’unico provvedimento di questo tipo adottato dai Presidenti di Regione o Provincia autonoma. Allo stesso modo anche il Presidente della Regione Toscana – collocata, come il Piemonte, in “zona gialla” – aveva disposto, con la propria ordinanza del 29 aprile 2021, n. 48, la chiusura (a partire dalle ore 13 del 1° maggio 2021) delle grandi strutture di vendita. Come emerge dalla lettura del medesimo provvedimento toscano, tali disposizioni sono state adottate “in considerazione del fatto che l’attuale contesto, soprattutto con riferimento alla necessità di realizzare una compiuta azione di prevenzione, impone l’assunzione di misure specifiche e più restrittive di contenimento e gestione, adeguate e proporzionate alla situazione epidemiologica della Toscana”. Tuttavia, pur avendo scatenato le proteste da parte delle organizzazioni sindacali, l’ordinanza della Regione Toscana non è stata oggetto di impugnazione dinnanzi al T.A.R. competente per territorio.

Nella stessa ottica prudenziale i presidenti delle Regioni Campania, Sicilia e Veneto avevano ordinato la chiusura dei luoghi (come piazze, spiagge e parchi) in cui il rischio di assembramenti – che, come noto, costituiscono il viatico principale per la diffusione del SARS-CoV-2 – risultava essere più elevato.

Come detto, tra i provvedimenti citati, solo l’ordinanza della Regione Piemonte è stata impugnata davanti al giudice amministrativo con la richiesta di tutela cautelare ante causam a norma dell’art. 56 c.p.a. Prima di esaminare le ragioni della decisione del T.A.R. Piemonte pare opportuno delineare, senza pretesa di esaustività, il quadro normativo e giurisprudenziale (con i relativi principi) in cui essa si inserisce (§ 1). In virtù di ciò, si analizzeranno i singoli vizi del provvedimento – mancanza di proporzionalità (§ 2.1) e irragionevolezza (§ 2.2) – che hanno portato alla sospensione cautelare decisa dal T.A.R. Piemonte, nonché un’analoga pronuncia di altro giudice (§ 2.3). Da ultimo, si cercherà di trarre alcune conclusioni (§ 3), con uno sguardo verso la futura riapertura delle scuole, terreno fertile per l’emanazione di nuove ordinanze emergenziali da parte delle Regioni e delle Province autonome.

1. Emergenza covid: criticità sanitarie e criticità normative.

Le disposizioni contenute nel decreto n. 52/2021 della Regione Piemonte, in vista del fine settimana del 1° maggio 2021, si inseriscono all’interno dell’ampia casistica di provvedimenti con cui le Regioni e le Province autonome hanno cercato di arginare la diffusione dei contagi del SARS-CoV-2. Sin dagli albori dell’emergenza sanitaria, infatti, i numerosi D.L. che si sono susseguiti, in quella che è parsa una sorta di “staffetta normativa”, hanno sempre previsto la possibilità (più o meno ampia) per i Presidenti delle Regioni di adottare i provvedimenti di carattere urgente che si rendessero medio tempore necessari per il contenimento e la gestione dell’emergenza sanitaria[2]. E le ordinanze regionali non si sono certo fatte attendere[3].

Com’è noto, per tentare di regolare questa sovrapposizione di provvedimenti normativi, il legislatore nazionale[4] ha ricondotto la possibilità di intervento da parte dei Presidenti regionali “ai principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio effettivamente presente su specifiche parti del territorio”. Sicchè la gestione della pandemia ha previsto l’indicazione a livello nazionale di norme idonee a fronteggiare, in linea generale, la situazione esistente su tutto il territorio, mentre (secondo un’ottica di coordinamento e di sussidiarietà) le eventuali criticità sanitarie di carattere locale avrebbero dovuto, (rectius potuto) essere affrontate con specifici provvedimenti regionali.

La continua proliferazione della normativa emergenziale ha portato ad un elevato numero di ricorsi promossi dal Consiglio dei Ministri, oppure dalle singole Regioni oppure ancora dai cittadini per contestare la (presunta) illegittimità delle misure di contenimento via via adottate. Cosicché, anche i tribunali amministrativi regionali sono stati chiamati a intervenire per definire i principi che avrebbero dovuto ispirare l’adozione dei provvedimenti normativi emergenziali, ricercando un difficile e delicato bilanciamento per la tutela dei diritti fondamentali.

A questo riguardo, precauzione, proporzionalità e ragionevolezza sono i principi cardine cui i giudici amministrativi hanno ripetutamente fatto riferimento nel decidere i ricorsi proposti avverso i provvedimenti contenenti le disposizioni per gestire l’emergenza sanitaria[5].

2. La decisione del T.A.R. Piemonte sul decreto regionale n. 52/2021.

Venendo all’analisi della pronuncia del T.A.R. Piemonte, occorre innanzitutto evidenziare che, in quel periodo, il Piemonte era collocato nella c.d. “zona gialla”, sicché – in virtù di quanto disposto dall’art. 1 comma 1 del D.L. 22 aprile 2021, n. 52 – trovavano applicazione le misure previste dal D.P.C.M. 2 marzo 2021 (cui il D.L. 52/2021 faceva espressamente rinvio). In particolare, per quanto qui interessa, in merito alle attività commerciali il suddetto D.P.C.M. stabiliva all’art. 26 comma 2 che “Nelle giornate festive e prefestive sono chiusi gli esercizi commerciali presenti all’interno dei mercati e dei centri commerciali, gallerie commerciali, parchi commerciali ed altre strutture ad essi assimilabili, a eccezione delle farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, lavanderie e tintorie, punti vendita di generi alimentari, di prodotti agricoli e florovivaistici, tabacchi, edicole e librerie”. Pertanto, secondo le disposizioni nazionali le chiusure disposte per il 1° maggio 2021 avrebbero interessato soltanto i centri commerciali.

Peraltro, il medesimo D.L. 52/2021 all’art. 1 comma 4 aveva previsto – in virtù dei già citati principi di propozionalità e adeguatezza – che “per il periodo dal 1° maggio al 31 luglio 2021” i Presidenti di Regione o Provincia autonoma avrebbero potuto introdurre disposizioni maggiormente restrittive nei soli casi in cui “l’incidenza cumulativa dei contagi sia superiore a 250 casi ogni 100.000 abitanti e nelle aree in cui la circolazione di varianti di SARS-CoV-2 determina un alto rischio di diffusività o indice di malattia grave”.

Proprio la mancanza di proporzionalità e l’irragionevolezza delle misure adottate dalla Regione Piemonte hanno portato alla sospensione in via cautelare del decreto regionale n. 52/2021.

2.1. Per il T.A.R. Piemonte le misure adottate dalla Regione non sono adeguate e proporzionate alla situazione sanitaria.

In prima battuta, il Presidente del T.A.R. Piemonte ha valutato la corrispondenza del provvedimento regionale ai principi di proporzionalità e adeguatezza.

Il principio di proporzionalità viene in rilievo in relazione ad ogni attività implicante l’esercizio di un potere – pubblico certamente, ma anche privato – in quanto “strumento di armonizzazione tra forze confliggenti e di moderazione del potere, volto al perseguimento della giustizia dell’azione[6]. Il suddetto principio, infatti, mira a non assolutizzare alcuno tra i diritti coinvolti in una controversia, bensì a promuoverne l’equilibrio, con un approccio volto a “verificare quale sia, tra le alternative praticabili, quella che consenta di esplicare la giusta misura del potere[7].

Com’è noto, lo scrutinio di proporzionalità può essere effettuato seguendo una struttura tripartita o quadripartita.

Secondo l’impostazione tripartita la verifica di proporzionalità si snoda su tre fasi, volte a valutare: a) in primo luogo, la congruità del mezzo impiegato rispetto al perseguimento del fine pubblico prestabilito; b) in secondo luogo, la inesistenza di alternative più miti di quella concretamente adottata; c) infine, la tollerabilità delle limitazioni alla sfera giuridica dei destinatari che l’intervento pubblico comporta.

La struttura quadripartita, invece, prevede che il giudice valuti se la misura presa in considerazione: a) sia volta a perseguire un obiettivo legittimo; b) concretamente persegua l’obiettivo; c) sia la soluzione meno impattante sugli interessi che vengono incisi dalla misura; d) e, infine, se il beneficio arrecato dalla misura sia superiore al sacrificio imposto alle altre situazioni giuridiche tutelate.

Poiché tutte le (tre/quattro) fasi del test di proporzionalità sono concatenate logicamente, qualora il giudice ritenga che una misura non superi una tappa dello scrutinio, l’analisi si arresta rilevando l’illegittimità della misura stessa.

Nell’argomentazione della decisione in commento, il T.A.R. Piemonte ha attribuito un peso significativo al mancato rispetto del principio di proporzionalità delle misure introdotte dalla Regione Piemonte. Ed invero, pur senza dichiarare espressamente di fare ricorso al principio in parola, il T.A.R. sin dall’inizio del proprio iter argomentativo ne ha richiamato alcune componenti, evidenziando come la Regione non abbia innanzitutto dato conto della presunta idoneità delle misure adottate ad affrontare la situazione saniaria esistente in quel momento. A tal proposito, secondo il giudice amministrativo, l’inadeguatezza delle misure introdotte dalla Regione emerge chiaramente se si considera che la situazione sanitaria piemontese (in quel preciso momento) non presentava alcuna rilevante criticità, tale da richidere l’adozione di ulteriori restrizioni. Come evidenziato nel medesimo provvedimento impugnato, infatti, (i) il numero dei nuovi casi segnalati registrava una significativa diminuzione; (ii) i valori dell’indice di trasmissibilità (c.d. “Rt”) erano in calo; (iii) anche i dati relativi all’occupazione dei posti letto nelle terapie intesive evidenziavano un deciso miglioramento; (iv) infine, tutte le Province presentavano un tasso di incidenza inferiore a 250 casi per 100.000 abitanti.

In ragione della descritta situazione di fatto, il T.A.R. Piemonte ha ravvisato la contradditorietà – nonchè l’illegittimità per violazione del citato art. 1 comma 4 D.L. 52/2021 – dell’ordinanza regionale impugnata la quale, dopo aver dato conto dell’insussistenza di situazioni di emergenza, ha concluso, invece, per la chiusura di tutti gli esercizi commerciali in forma di media e grande struttura di vendita. Inoltre, nel provvedimento regionale, non è emerso il necessario e opportuno bilanciamento degli interessi costituzionalmente protetti (in questo caso del diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost. e della libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost.) costantemente richiamato nelle precedenti pronunce dei giudici amministrativi su questo tema.

In altri termini, lo scrutinio di proporzionalità effettuato dal T.A.R. Piemonte ha evidenziato l’incongruità del provvedimento adottato rispetto alla situazione di fatto esistente. Inoltre, le misure restrittive adottate dalla Regione avrebbero imposto un’eccessiva compressione del diritto alla libertà di iniziativa economica, non controbilanciata da un’altrettanto stringente necessità di tutelare il diritto alla salute dei cittadini.

In ultima analisi il provvedimento impugnato è risultato intrinsecamente contraddittorio e ciò ne ha, quindi, giustificato la sospensione in via cautelare. Da qui, il primo motivo di accoglimento della richiesta di sospensione cautelare del provvedimento regionale per violazione del principio di proporzionalità.

2.2. Il vizio di irragionevolezza delle misure previste per le sole strutture di vendita di medie e grandi dimensioni.

Il secondo profilo preso in considerazione dalla pronuncia del T.A.R. Piemonte ha riguardato la ragionevolezza[8] delle misure restrittive concretamente introdotte dal decreto regionale oggetto di impugnazione. Ed infatti, nella giurisprudenza amministrativa[9], la proporzionalità, applicata come parametro di giudizio della legittimità dell’azione amministrativa, non di rado è affiancata alla ragionevolezza, quando non addirittura inglobata in essa, in quanto legata a doppio filo all’eccesso di potere e alle sue manifestazioni[10].

Il rapporto fra i suddetti principi nasce dall’esigenza che l’azione della pubblica amministrazione sia conforme ai criteri di razionalità e logicità, nel rispetto del principio di buon andamento (inteso come massima soddisfazione dell’interesse pubblico primario col minor sacrificio possibile degli interessi secondari, pubblici e privati)[11]. I principi di proporzionalità e ragionevolezza mirano quindi a garantire che il fine pubblico sia perseguito “razionalmente”: una volta che la norma attributiva di potere abbia fissato in astratto l’interesse pubblico specifico, la P.A. deve raggiungerlo sul piano concreto in maniera non arbitraria. È necessario, in altre parole, che l’estrinsecazione concreta del potere amministrativo avvenga “in maniera logica e razionale”. Proporzionalità e ragionevolezza presentano non pochi punti di contatto; entrambe, infatti, sono considerate clausole generali dell’azione amministrativa e trovano, infine, secondo una diffusa opinione, i propri riferimenti costituzionali nelle stesse norme contenute negli artt. 3 e 97 Cost., le quali esprimono, rispettivamente, i principi di uguaglianza, di imparzialità e buon andamento dell’Amministrazione.

In dottrina, tuttavia, prevale l’orientamento rivolto a distinguere i suddetti principi considerandoli non sovrapponibili, sia nel momento in cui il potere di scelta viene esercitato dalla P.A., sia in occasione del successivo ed eventuale controllo giurisdizionale[12]. In proposito si è osservato che le due nozioni di “ragione” e “proporzione” hanno valore autonomo, poiché “da una parte la ragione può dettare scelte che potrebbero anche risultare non proporzionate; dall’altra la proporzione può comportare scelte che potrebbero anche risultare non ragionevoli[13]. La ragionevolezza, infatti, comporta una valutazione in merito alla plausibilità degli effetti della misura prescelta, ed ha un ambito di applicazione piuttosto circoscritto, in quanto “esclude la possibilità di adozione di un provvedimento il cui contenuto superi i valori del buon senso e dell’astratta razionalità: da ciò deriva che, ove il giudice accerti in giudizio il vizio di irragionevolezza, la P.A. procedente ben potrà adottare il medesimo provvedimento, previa correzione o integrazione della motivazione”. La proporzionalità, invece, mira ad una soluzione “che raggiunga il maggior risultato della somma algebrica di costi e benefici per tutti i soggetti coinvolti nella valutazione[14].

Ad ogni buon conto, il decreto cautelare del T.A.R. Piemonte, pur senza effettuare un espresso richiamo al principio di ragionevolezza[15], censura la decisione della Regione Piemonte di chiudere per l’intera giornata del 1° maggio “senza che sia stato dimostrato o, quantomeno esposta una condizione di plausibilità, che gli esercizi di dimensioni maggiori, che dispongono di spazi più ampi e consentono una rarefazione sociale, siano luoghi a maggiore rischio di contagio”. Infatti, anche ad avviso di chi scrive, pare maggiormente verosimile che eventuali problemi legati agli assembramenti possano verificarsi soprattutto nelle attività commerciali di minori dimensioni, dove gli spazi a disposizione della clientela sono sensibilmente ridotti e il rispetto delle regole di distanziamento appare pertanto più difficile.

2.3. L’applicazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza in un decreto del T.A.R. Lazio.

La decisione del T.A.R. Piemonte in commento si contrappone alle precedenti pronunce sul medesimo tema di altri giudici amministrativi italiani.

Tra le più recenti, si veda, ad esempio, il decreto del T.A.R. Lazio 23 novembre 2020, n. 7265, che, facendo applicazione del principio di precauzione, ha considerato legittime le norme che imponevano la chiusura delle grandi strutture di vendita nei giorni festivi e prefestivi, ritenendo prevalente la tutela della salute pubblica, assicurata anche con la limitazione dell’accesso alle grandi strutture di vendita e dalla conseguente riduzione del rischio di assembramenti. In questa pronuncia i giudici amministrativi hanno ritenuto legittimo il provvedimento adottato dalla Regione Lazio in considerazione del fatto che l’accesso a tali strutture avrebbe comportato una notevole “movimentazione della popolazione” con conseguenti rischi per la salute pubblica.

Ad avviso di chi scrive, la pronuncia del T.A.R. Lazio sembra essersi limitata ad operare una piana applicazione del principio di precauzione[16], senza valutare la proporzionalità del provvedimento impugnato. In particolare, lo scrutinio di legittimità compiuto dai giudici capitolini non ha preso posizione in merito alla “proporzione” tra le misure adottate dalla Regione Lazio e la situazione sanitaria effettivamente esistente nel medesimo territorio regionale.

Per contro, come già evidenziato, la decisione del T.A.R. piemontese ha compiuto una valutazione più completa del provvedimento impugnato, giungendo così ad una soluzione diametralmente opposta rispetto a quella individuata dal T.A.R. Lazio.

Ad ogni buon conto, nonostante le differenti modalità di applicazione[17] dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e precauzione – dovute, anche, alle peculiarità delle situazioni sanitarie poste alla base dei provvedimenti oggetto di scrutinio – tutte le decisioni relative alle misure emergenziali per contenere il contagio da SARS-CoV-2 hanno costantemente ricercato un bilanciamento tra i vari interessi in causa. Infatti, solo una ponderata valutazione del procedimento logico-giuridico seguito dalle varie amministrazioni per emanare i propri provvedimenti, con i quali vengono imposte alcune limitazioni agli interessi costituzionalmente garantiti, può ricondurre ad un’unità un campo estremamente incerto come quello del c.d. “diritto dell’emergenza”.

3. Conclusioni.

Ad opinione di chi scrive, con la decisione in commento il T.A.R. Piemonte ha fatto buon governo dei principi cardine che disciplinano lo scrutinio di legittimità dei provvedimenti contenenti le misure necessarie a contrastare la diffusione dei contagi da SARS-CoV-2. Il giudice piemontese, infatti, non ha limitato il proprio vaglio ad un’applicazione tranchant del principio di precauzione – come avvenuto, invece, nel citato caso della decreto del T.A.R. Lazio n. 7265/2020, nonchè nella medesima decisione del T.A.R. Piemonte adottata con la sentenza 12 dicembre 2020, n. 834[18] – ma ha ampliato il proprio campo di valutazione, censurando la violazione dei principi proporzionalità e ragionevolezza e bilanciando così non solo il rapporto tra gli interessi in gioco ma anche tra i citati principi[19]. La decisione in commento potrebbe costituire, quindi, un precedente idoneo a tracciare la linea da seguire per le future questioni su cui il T.A.R. Piemonte (ma, più in generale, i giudici amministrativi italiani) sarà chiamato a pronunciarsi in tema di provvedimenti emergenziali.

Lo scrutinio di legittimità delle scelte sanitarie-emergenziali di Stato e Regioni non può prescindere, infatti, da alcuni rigidi punti fermi, che come ricordato sono – e si auspica continuino ad essere – rappresentati dai suddetti principi, nonchè dal bilanciamento tra la tutela della salute pubblica (che andrà inevitabilmente riconsiderata alla luce dei risultati ottenuti grazie alla campagna vaccinale) e gli ulteriori interessi che, caso per caso, vi si contrappongono.

 

  1. Avvocato e Assegnista di ricerca Diritto amministrativo UNITO.
  2. Una primissima e puntuale analisi del potere di ordinanza riconosciuto alle Regioni per fronteggiare l’emergenza Covid-19 è contenuta in G. Boggero, Le “more” dei DPCM sono “ghiotte” per le Regioni, Prime osservazioni sull’intreccio di poteri normativi tra Stato e Regioni in tema di Covid-19, in www.dirittiregionali.it, 1/2020. Una chiave di lettura differente si trova invece in M. Cavino, Una prima lettura dei provvedimenti adottati dal Governo, in Federalismi.it, Osservatorio emergenza Covid-19, 18 marzo 2020.
  3. Gli ambiti in cui si è registrato il più ampio numero di provvedimenti e, di conseguenza, di impugnazioni dinanzi ai T.A.R. competenti sono rappresentati dalla scuola e dalle attività commerciali in generale. Su tutti si ricorda il caso emblematico della Regione Marche che con l’ordinanza del 25 febbraio 2020, n. 1, aveva stabilito il blocco dell’attività scolastica di ogni ordine e grado, nonchè di tutte le manifestazioni pubbliche, ritenendo insufficienti le misure adottate a livello nazionale. A seguito del ricorso presentato dal Consiglio dei Ministri la suddetta ordinanza è stata poi sospesa in via cautelare dal T.A.R. Marche con il decreto 27 febbraio 2020, n. 56, inaugurando così la stagione dei ricorsi dinanzi ai giudici amministrativi chiamati a giudicare la legittimità dei provvedimenti nazionali e regionali contenenti le disposizioni “anti-Covid19”. Dottrina
  4. Nella c.d. “prima fase” dell’emergenza sanitaria è dapprima intervenuto il D.L. 25 marzo 2020, n. 19; seguito dal D.L. 16 maggio 2020, n. 33, il quale non ha abrogato il precedente decreto ma, anzi, vi ha più volte fatto riferimento. Nella c.d. “seconda fase” invece è stato emenato il D.L. 7 ottobre 2020, n. 125. Per un’ampia e approfondita disamina della successione dei provvedimenti volti a fronteggiare l’emergenza Covid si veda, da ultimo, G. Lavagna, Il Covid-19 e le Regioni. Uso e «abuso» delle ordinanze extra ordinem dei Presidenti regionali, in www.federalismi.it, n. 17/2021.
  5. Per restare nell’ambito delle decisioni assunte dal T.A.R. Piemonte, si segnalano sul tema: G. Sichera, La discussa controversia sulla misurazione della temperatura corporea degli studenti. Nota a decreto cautelare T.A.R. Piemonte n. 446/2020, in questa Rivista n. 3/2020; M. Calvo, Weekend nei centri commerciali tra chiusure “giustificate” e decisioni “posticipate”. Nota al decreto cautelare T.A.R. Piemonte n. 702/2020, in questa Rivista n. 3/2020; V. Azzolini e G. Boggero, Il T.A.R. Piemonte rigetta la richiesta di annullamento dell’ordinanza del Presidente della Giunta Regionale che ha prorogato l’attività didattica a distanza. Nota a T.A.R. Piemonte, sentenza 12 dicembre 2020, n. 834, in questa Rivista n.1/2021. I citati contributi analizzano tre importanti decisioni del T.A.R. Piemonte, analizzandone approfonditamente le motivazioni e ponendo in risalto i principi e le argomentazioni logico giuridiche poste alla base dei singoli provvedimenti dei giudici amministrativi.
  6. A. Sandulli, La proporzionalità dell’azione amministrativa, Padova, Cedam, 1998, p. 2.
  7. A. Sandulli, op. ult. cit., p. 5. Sul punto, cfr. anche, (voce) Proporzionalità in S. Cassese (a cura di), Dizionario di diritto pubblico, vol. V, Milano, Giuffrè, 2006, pp. 4643 ss., 4646, ove l’A. precisa che il principio di proporzionalità possiede una vasta area di estensione: esso, infatti, non vede la sua applicazione limitata solo alla verifica relativa al non corretto uso della potestà discrezionale, ma si estende a quelle attività in cui la discrezionalità manchi quasi del tutto e pure a quelle dalla struttura contenziosa e quasi-giudiziale. Il principio di proporzionalità rappresenta uno degli argomenti che più stimolano il dibattito della dottrina amministrativistica. Ciò è confermato dai numerosi studi di dottrina che si sono impegnati a ricostruire le origini e di chiarire i connotati che esso assume nell’ordinamento italiano, nonché dall’ampio spazio dedicatogli nell’ambito delle ricerche aventi ad oggetto la discrezionalità, l’eccesso di potere, i principi generali dell’azione amministrativa, il sindacato di legittimità del giudice amministrativo e il rapporto fra legittimità e merito. A tal proposito, tra i tanti si segnalano D.U. Galetta, (voce) Principio di proporzionalità (dir. amm.), in Enc. Treccani online, 2010; S. Cognetti, Principio di proporzionalità. Profili di teoria generale e di analisi sistematica, Torino, Giappichelli, 2011; V. Fanti, Dimensioni della proporzionalità: profili ricostruttivi tra attività e processo amministrativo, Torino, Giappichelli, 2012; E. Buoso, Proporzionalità, efficienza e accordi nell’attività amministrativa, Padova, Cedam, 2012; ID., Il dialogo tra Corti in Europa e l’emersione della proporzionalità amministrativa, in M. Bianchini, G. Gioia (a cura di), Dialogo tra Corti e principio di proporzionalità, Padova, Cedam, 2013, pp. 405-433; A. Sau, La proporzionalità nei sistemi amministrativi complessi. Il caso del governo del territorio, Milano, Franco Angeli, 2013; A. Albanese, Il ruolo del principio di proporzionalità nel rapporto fra amministrazione e amministrati, in Le Istituzioni del federalismo, 2016, 3, pp. 697 ss.; L. Lamberti, Attività amministrativa e principio di proporzionalità, in G. Perlingieri, A. Fachechi, (a cura di), Ragionevolezza e proporzionalità nel diritto contemporaneo, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2017, t. I, pp. 535-561.
  8. Il principio di ragionevolezza trova il suo fondamento normativo e pratico nella branca del diritto Costituzionale quale parametro utilizzato dalla Corte Costituzionale per sindacare le scelte del Legislatore. Invero, la Costituzione non enuncia espressamente il principio di ragionevolezza, per tal ragione dagli anni Settanta in poi la Corte Costituzionale ha agganciato la ragionevolezza all’art. 3 Cost. quale sinonimo di uguaglianza sostanziale al fine di limitare le scelte arbitrarie del legislatore nella sua funzione di produzione normativa. Secondo i giudici costituzionali, la discrezionalità politica del Legislatore è libera ed insindacabile purché essa sia ragionevole, ovvero, che la scelta legislativa sia basata su accurato bilanciamento di interessi in astratto, che non comporti discriminazioni intollerabili fra situazioni similari.
    Dagli anni Duemila in poi la Corte Costituzionale ha continuato ad utilizzare il principio di ragionevolezza ma con sempre maggiore parsimonia, solamente in quei casi di manifesta sproporzionalità\irragionevolezza di interventi normativi che celavano discriminazioni intollerabili per il nostro ordinamento giuridico.
    In sede di valutazione di legittimità delle leggi la ragionevolezza diventa sinonimo di proporzionalità ovvero congruità “tra il mezzo ed il fine” costituendo l’unico limite invalicabile per il Legislatore.
  9. In alcune sentenze, peraltro, la proporzionalità e la ragionevolezza non sono neppure indicate come principi, ma come ‘criteri’. Cfr., ad esempio, Cons. Stato, sez. IV, 12 giugno 2009, n. 3723, ove si afferma che “ove non fosse ammessa la facoltà di costituire servitù strettamente interdipendenti con l’esercizio in concreto del servizio di interesse generale si dovrebbe ricorrere allo strumento ordinario dell’esproprio del diritto di proprietà con un effetto ben più incisivo delle posizioni private coinvolte dall’espletamento del servizio di interesse generale”. La considerazione che appare al Collegio decisiva è però quella che, nella specie, il potere amministrativo è ritenuta “da esercitare secondo criteri di proporzionalità e ragionevolezza sindacabili in sede giurisdizionale, ma necessariamente strutturato in modo da consentire la scelta discrezionale delle modalità concrete di esercizio della servitù per garantire il minor sacrificio possibile al privato interessato rispetto al beneficio assicurato al gestore del servizio pubblico ovvero al privato che realizza ed esercisce impianti di pubblica utilità, in relazione alla estrema varietà e diversità delle tipologie degli impianti di produzione di energia (ma anche per quel che la legge prevede con riguardo alle opere attinenti ai settori dei trasporti, delle telecomunicazioni e della gestione dell’acqua)”.
  10. Più precisamente, la sua violazione da parte della P.A. nell’adozione della decisione è stata ricondotta, nel corso del tempo, al c.d. ‘sviamento di potere’; alla totale assenza o insufficienza della motivazione; alle figure sintomatiche connesse alla logicità e ragionevolezza della motivazione – quali la illogicità, la contraddittorietà e la incongruità di questa –; ad altre manifestazioni inerenti alla logicità e alla ragionevolezza dell’esercizio della discrezionalità – come l’eccesso di potere per travisamento di fatti, per difetto di istruttoria, per violazione di norme interne, per disparità di trattamento, per ingiustizia manifesta e per contraddittorietà fra provvedimenti.
  11. Tra gli Autori che si sono espressi sul controverso rapporto fra proporzionalità e ragionevolezza, propendono per la coincidenza G. Morbidelli, Il procedimento amministrativo, in L. Mazzarolli, G. Pericu, A. Romano, F.A. Roversi Monaco, F.G. Scoca, Diritto amministrativo, vol. I, Bologna, Monduzzi, 2005, p. 566; G. Sala, Potere amministrativo e principi dell’ordinamento, Milano, Giuffrè, 1993; M.P. Vipiana, Introduzione allo studio al principio di ragionevolezza nel diritto pubblico, Padova, Cedam, 1993; G. Scaccia, Gli «strumenti» della ragionevolezza nel diritto costituzionale, Milano, Giuffrè, 2000; A. Ruggeri, Ragionevolezza e valori, attraverso il prisma della giustizia costituzionale, in Dir. e soc., 2000, 4, pp. 567 ss.; G. Clemente Di San Luca, Approfondimenti di diritto amministrativo, Napoli, Editoriale Scientifica, 2012; F. Merusi, Ragionevolezza e discrezionalità amministrativa, Napoli, Editoriale Scientifica, 2011. Ne sostengono la distinzione, invece, G. Lombardo, Il principio di ragionevolezza nella giurisprudenza amministrativa, in Riv. trim. dir. pubbl., 1997, pp. 421 ss.; D.U. Galetta, Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo, Milano, Giuffrè, 1998.
  12. Su tutti si veda S. Cognetti, Principio di proporzionalità. Profili di teoria generale e di analisi sistematica, Torino, Giappichelli, 2011.
  13. Ibidem, p. 208.
  14. Si veda ancora V. Fanti, Dimensioni della proporzionalità, cit.., p. 120
  15. Come detto si tratta di un principio inespresso desumibile dagli art. 3 e 97 della Costituzione, quale precipitato giuridico del principio di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa. Inoltre, espressione di questo sono anche gli artt. 3 e 6 della l. 241/1990 concernenti il dovere di motivazione del provvedimento e degli obblighi del responsabile del procedimento e, in particolare, dell’istruttoria dello stesso.
  16. Come evidenziato nella sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, 3 ottobre 2019, n. 6655: il principio di precauzione … fa obbligo alle Autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di scongiurare i rischi potenziali per la sanità pubblica … senza dover attendere che siano pienamente dimostrate l’effettiva esistenza e la gravità di tali rischi e prima che subentrino più avanzate e risolutive tecniche di contrasto”. Ed ancora che: “L’attuazione del principio di precauzione comporta dunque che, ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri debba tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 11 novembre 2014, n. 5525 e sez. V, 18 maggio 2015, n. 2495).
  17. A tal proposito, in senso favorevole alla conservazione delle misure e dei provvedimenti limitativi, riconoscendo come prevalente la tutela della salute, si segnala (tra le tante) la decisione del T.A.R. Sardegna 7.4.2020, n. 122.
    In senso contrario, invece, si vedano la sentenza del T.A.R. Catanzaro del 18.12.2020, n. 2075, con la quale è stata annullata l’ordinanza della Regione Calabria che imponeva la didattica a distanza per le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, ritenendo che il diritto alla salute non abbia “carattere preminente” tale da non poter essere sacrificato ad altri interessi ancorché costituzionalmente tutelati come quello all’istruzione. Nello stesso senso il T.A.R. di Bologna con decreto 15.1.2021, n. 30, che, decidendo sulla legittimità dell’ordinanza del Presidente della Regione sulla didattica a distanza, ha rilevato che “il provvedimento impugnato va immotivatamente a comprimere in maniera eccessiva il diritto degli adolescenti a frequentare di persona la scuola quale luogo di istruzione e apprendimento culturale nonché di socializzazione, formazione e sviluppo della personalità dei discenti, condizioni di benessere che non appaiono adeguatamente assicurate con la modalità in DAD”.
  18. Approfonditamente analizzata e commentata da V. Azzolini e G. Boggero, Il T.A.R. Piemonte rigetta la richiesta di annullamento dell’ordinanza del Presidente della Giunta Regionale, cit.
  19. L’esigenza di un equilibrio tra i principi di precauzione e proporzionalità è stata attentamente rilevata da V. Azzolini e G. Boggero, Il T.A.R. Piemonte rigetta la richiesta di annullamento dell’ordinanza del Presidente della Giunta Regionale, cit.