Nota alla sentenza Cass. civ., Sez. Unite, sent. 11 giugno – 2 settembre 2013, n. 20075

Francesca Imarisio1

 

Il caso.

La Corte dei conti – Sezione giurisdizionale della Sicilia ha condannato il Direttore Generale della Fondazione Federico II a pagare alla Fondazione la somma di Euro 102.102,48 a titolo di risarcimento del danno, in quanto ritenuto responsabile di illeciti amministrativi contabili commessi nell’espletamento del proprio incarico.

Tale decisione è stata confermata in sede di impugnazione dalla Sezione giurisdizionale d’Appello per la Regione siciliana.

Avverso tale sentenza il Direttore Generale ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a due motivi: con il primo motivo ha eccepito il difetto di giurisdizione della Corte dei conti; con il secondo motivo ha addotto violazione dei principi sul giusto processo. A sostegno del primo motivo il ricorrente ha eccepito la natura privatistica della Fondazione Federico II e la provenienza della maggior parte dei ricavi della stessa da forme di autofinanziamento (sponsorizzazioni, editorie, mostre e concerti etc.).

 

La soluzione.

Le Sezioni Unite, con la decisione in esame, hanno dichiarato il difetto di giurisdizione della Corte dei conti riconoscendo la giurisdizione dell’Autorità Giudiziaria Ordinaria.

La Suprema Corte ha motivato riprendendo la tesi interpretativa che esclude dalla giurisdizione contabile la responsabilità degli amministratori delle società pubbliche (e – a fortiori – delle società private) quando il pregiudizio è risentito dal patrimonio di queste. Conseguentemente, secondo tale orientamento, spetta al giudice ordinario la giurisdizione in ordine all’azione di risarcimento dei danni subiti da una società a partecipazione pubblica per condotte illecite degli amministratori o dei dipendenti, non essendo configurabile né un rapporto di servizio tra l’agente e l’ente pubblico titolare della partecipazione, né un danno direttamente arrecato allo Stato o ad altro ente pubblico tali da giustificare il radicarsi della giurisdizione della Corte dei conti.

I giudici di legittimità hanno qualificato la Fondazione Federico II come soggetto giuridico privato avente un proprio patrimonio autonomo ed il pregiudizio derivante dalla condotta illecita del Direttore Generale ha inciso su tale patrimonio e non sull’ente pubblico che ha erogato contributi e finanziamenti in suo favore. Pertanto, secondo la Cassazione il danno sofferto era riferibile, come per le società pubbliche, esclusivamente al patrimonio della Fondazione e le azioni prospettabili erano quelle esperibili avanti all’Autorità Giudiziaria Ordinaria.

 

Problemi e prospettive.

La pronuncia in esame offre lo spunto per svolgere alcune riflessioni sul tema, ancora attuale e dibattuto nell’ambito della responsabilità amministrativa – contabile della giurisdizione del giudice contabile sugli enti privati partecipati da pubbliche amministrazioni, in particolare sulle fondazioni culturali.

 

1. Limiti esterni della giurisdizione contabile, articolo 103, secondo comma, Costituzione.

Il primo aspetto sollevato dalle Sezioni Unite riguarda il limite esterno della giurisdizione contabile individuato dall’art. 103, secondo comma, Cost., secondo cui “La Corte dei Conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge”. In merito alla definizione delle materie di contabilità pubblica, la Corte costituzionale, non esistendo una definizione positiva, è intervenuta a più riprese sull’interpretazione di tale comma, riconoscendo la necessità di un’apposita qualificazione legislativa e puntuali specificazioni non solo rispetto all’oggetto, ma anche rispetto ai soggetti (c.d. interpositio legislatoris) ed ha dichiarato il carattere non cogente e non assoluto, ma solo tendenzialmente generale, dell’attribuzione alla Corte dei conti, della giurisdizione in materia di contabilità pubblica2. Sebbene, comunque, la stessa Corte nel tempo abbia ritenuto la materia della responsabilità amministrativa sufficientemente individuata nell’elemento soggettivo, che attiene alla natura pubblica dell’ente, e nell’elemento oggettivo, che riguarda la qualificazione pubblica del denaro e del bene oggetto della gestione3. Alla luce di tale interpretazione e dell’evoluzione legislativa, la dottrina4 e la giurisprudenza5 hanno riconosciuto “una portata non solo programmatica dell’art. 103, secondo comma, Cost. ma anche un’efficacia immediatamente precettiva”.

In tal senso, prima ancora del testo costituzionale, il precetto fondamentale, di carattere generale, per la definizione dei limiti e del contenuto della giurisdizione della Corte dei Conti è costituito dal r.d. 1214 del 1934, art. 13, 1° comma, secondo cui la Corte giudica sulla responsabilità per danni arrecati all’erario da pubblici funzionari nell’esercizio delle loro funzioni.

La giurisdizione della Corte dei conti si radica, quindi, quando si verifica un danno erariale e il danno sia imputabile ad un soggetto legato alla pubblica amministrazione da un rapporto di servizio.

Le Sezioni Unite in esame, al fine del riparto di giurisdizione, hanno verificato la sussistenza (poi esclusa) degli elementi presupposti (del danno erariale e del rapporto di servizio), secondo un criterio oggettivo che fa leva sulla natura pubblica delle funzioni espletate e delle risorse finanziarie a tal fine adoperate dalla Fondazione.

Al proposito, i giudici di legittimità hanno richiamato l’evoluzione giurisprudenziale sul rapporto di servizio e sul danno erariale in relazione agli enti pubblici non economici ed economici, per poi passare al caso delle società pubbliche.

 

2. Giurisdizione contabile in materia di responsabilità degli amministratori e dipendenti di enti pubblici non economici e di enti pubblici economici. Evoluzione giurisprudenziale.

Per quanto riguarda la responsabilità amministrativa degli amministratori e dei dipendenti di enti pubblici non economici, la giurisprudenza tradizionale della Corte di cassazione ha affermato la sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti, rilevando la compresenza in tale caso di due elementi: uno soggettivo, che attiene alla natura pubblica del soggetto al quale l’agente sia legato da un rapporto di servizio; l’altro oggettivo, che riflette la qualificazione pubblica del denaro o del bene oggetto della gestione nell’ambito della quale si è verificato l’evento6.

Negli altri casi, in particolare nel caso degli enti pubblici economici, che svolgono la loro attività secondo forme di diritto privato, operando quindi come un imprenditore privato, la giurisprudenza più risalente ha negato il configurarsi del controllo e della giurisdizione della Corte dei conti, se non per gli atti ricollegabili a poteri autoritativi di autoorganizzazione ovvero a pubbliche funzioni svolte in sostituzione di amministrazioni pubbliche7.

Nel tempo, tuttavia, l’orientamento giurisprudenziale8 sulla materia dei limiti della giurisdizione contabile è mutato anche a seguito dell’evoluzione legislativa dovuta da un lato al processo c.d. di privatizzazione degli enti pubblici, con particolare riferimento ai servizi pubblici locali e alla riforma del Testo Unico degli Enti Locali, D. Lgs. 267/2000, artt. 113 e ss.; dall’altro all’introduzione del concetto della responsabilità degli amministratori e dipendenti nei confronti di amministrazioni terze, (da alcuni definita come responsabilità extracontrattuale9 da altri riconducibile al concetto di finanza pubblica allargata10) avvenuto con l’art. 1, ultimo comma, della L. 20/1994, che non limita l’ambito di applicazione ai soli enti pubblici non economici. La stessa Corte di Cassazione, preso atto sia della crescente esternalizzazione di attività della pubblica amministrazione che dello sconfinamento in ambito privatistico delle proprie finalità, per evitare un grave indebolimento della giurisdizione contabile in punto di responsabilità, ha privilegiato un approccio maggiormente sostanzialistico, incentrato appunto sulla natura pubblica delle funzioni espletate e delle risorse finanziarie adoperate dal soggetto, sostituendolo ad un criterio soggettivo.

Una svolta giurisprudenziale in tal senso è rappresentata dall’ordinanza n. 19667/2003 con cui la Suprema Corte ha riconosciuto la giurisdizione contabile anche nei confronti degli amministratori e dipendenti di enti pubblici economici, in quanto ciò che rileva è la natura del soggetto passivo e delle risorse finanziarie di cui esso si avvale; ha, inoltre, affermato che l’adozione di forme privatistiche per l’organizzazione dell’ente pubblico o per la sua attività, in ogni caso non può avere l’effetto di trasformare il denaro amministrato, che è pubblico – in ragione del suo provenire dalla finanza pubblica – in denaro privato.

La Corte ha puntualizzato, altresì, che “l’amministrazione svolge attività amministrativa non solo quando esercita pubbliche funzioni e poteri autoritativi, ma anche quando persegue le proprie finalità istituzionali mediante un’attività disciplinata in tutto o in parte dal diritto privato”. Tale nuova linea interpretativa della Corte regolatrice della giurisdizione è stata ribadita in successive pronunce11, che hanno messo in luce anche l’affermarsi di un nuovo concetto di rapporto di servizio – e quindi della giurisdizione contabile – caratterizzato “dall’inserimento del soggetto esterno nell’iter procedimentale dell’ente pubblico come compartecipe dell’attività a fini pubblici di quest’ultimo”.

Questa stessa giurisprudenza ha affermato che per comprendere il riparto di giurisdizione tra Corte dei conti e giudice ordinario è necessario far riferimento al danno erariale e al nuovo concetto di rapporto di servizio elaborato e ampliato nel tempo dalla giurisprudenza, che lo ha inteso non soltanto con riferimento al rapporto di pubblico impiego, ovvero come rapporto incardinato stabilmente nell’organizzazione della pubblica amministrazione, ma come rapporto che lega, a vario titolo, un soggetto privato all’amministrazione. Il concetto di rapporto di servizio, quindi, è stato ravvisato in tutti i casi in cui un soggetto viene investito di un’attività funzionale agli scopi della P.A., anche nei casi di estraneità all’amministrazione, ed è investito, anche di fatto, dello svolgimento in modo continuativo di una determinata attività in favore della P.A., quindi a prescindere dalla natura privatistica dello stesso soggetto e dello strumento contrattuale con cui si sia costituito ed attuato il rapporto12.

 

3. Società a partecipazione pubblica.

A seguito dell’ordinanza n. 19967/2003, anche nell’ambito delle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni la Cassazione ha seguito tale orientamento, affermando che il discrimen tra la giurisdizione ordinaria e quella contabile risiede unicamente nella qualità del soggetto passivo e quindi nella natura delle risorse finanziarie di cui esso si avvale. Ed è, pertanto, “l’evento verificatosi in danno di un’amministrazione pubblica il dato essenziale dal quale scaturisce la giurisdizione contabile, e non, o non più, il quadro di riferimento (diritto pubblico o privato) nel quale si colloca la condotta produttiva del danno stesso13.

Contestualmente a tale evoluzione giurisprudenziale è intervenuto il legislatore nella materia delle società partecipate, con l’art. 16 bis del D.L. 31 dicembre 2007 n. 248, inserito dalla legge di conversione 28 febbraio 2008 n. 31; tale norma ha stabilito che, per le società con azioni quotate in mercati regolamentati, con partecipazione anche indiretta dello Stato o di altre amministrazioni o di enti pubblici inferiore al 50%, nonché per le loro controllate, la responsabilità degli amministratori e dei dipendenti è regolata dalle norme del diritto civile e le relative controversie sono devolute esclusivamente alla giurisdizione del giudice ordinario. Sebbene la lettera della norma sembri di immediata interpretazione, ovvero la conferma indiretta della giurisdizione della Corte dei Conti nei confronti delle società partecipate diverse da quelle per le quali è stata fatta espressa riserva di giurisdizione per il giudice ordinario, tuttavia la giurisprudenza ne ha dato una diversa interpretazione.

In tale contesto, si inserisce, infatti, la sentenza delle SS.UU. 26806/2009, che è considerata dalla dottrina14 e dalla giurisprudenza15 come sentenza “spartiacque”, in quanto in materia di società a partecipazione pubblica ha risolto il problema della giurisdizione sulla responsabilità degli amministratori di tali società a partecipazione pubblica a seconda che l’azione abbia ad oggetto un danno arrecato direttamente al socio pubblico o, invece, al patrimonio sociale. Nel primo caso è stata affermata la sussistenza della giurisdizione della Corte dei Conti; nel secondo caso viene negata perché da un lato manca il rapporto di servizio tra gli amministratori della società e l’ente pubblico socio; dall’altro non sussiste il danno erariale inteso come pregiudizio direttamente arrecato al patrimonio dello Stato o di altro ente pubblico che della società è socio, in quanto il patrimonio leso è quello della società, a cui spetta il risarcimento, stante la distinta personalità giuridica e autonomia patrimoniale della società rispetto ai soci (a tal fine soccorre l’azione sociale di responsabilità esercitata dalla società o dai soci, quindi eventualmente anche dal socio pubblico a tutela dell’interesse sociale, azioni ex. artt. 2393 e 2393 bis c.c., per le società per azioni, e art. 2476, c. 6, c.c. per le società a responsabilità limitata)16; e inoltre non vi è conciliabilità dell’ipotizzata azione contabile con le azioni di responsabilità esercitabili dalla società, dai soci e dai creditori sociali a norma del codice civile. Quindi, secondo tale pronuncia, sussiste la giurisdizione della Corte dei conti quando l’azione di responsabilità trova fondamento nel comportamento di chi, quale rappresentante dell’ente partecipante o comunque titolare del potere di decidere per esso, abbia colpevolmente trascurato di esercitare i propri diritti di socio, in tal modo pregiudicando il valore della partecipazione, ovvero in comportamenti degli amministratori o dei sindaci tali da compromettere la ragione stessa della partecipazione sociale dell’ente pubblico.

La giurisprudenza17 successiva ha seguito tale orientamento, sebbene vi siano state delle pronunce successive di segno opposto, quali: SS.UU. ord. 27092/200918 – si tratta del c.d. caso RAI, che rappresenta per la giurisprudenza una fattispecie eccezionale in quanto ha uno statuto giuridico speciale che la rende assimilabile ad un’amministrazione pubblica, nonostante l’abito formale che riveste di società per azioni; ancora le SS.UU. ord. 10063/201119 che, in una fattispecie avente ad oggetto la responsabilità degli amministratori e dei sindaci di una società consortile, il cui oggetto era la promozione della candidatura della città di Trieste quale sede per Expo 2007 – 2008, hanno affermato che ai fini della sussistenza del danno erariale e della conseguente giurisdizione contabile rileva unicamente che il danno sia arrecato ad un soggetto che per le funzioni affidategli dall’ente pubblico, che lo controlla, può considerarsi inserito nell’organizzazione funzionale dell’ente pubblico a prescindere dagli strumenti utilizzati e dalla forma, pubblicistica o privatistica, delle figure soggettive coinvolte. Sia la RAI sia la società consortile sono state qualificate dai giudici di legittimità come organismi di diritto pubblico, non aventi fine di lucro, e da ciò n’è conseguita la giurisdizione della Corte dei conti. Non solo ma con particolare riferimento al caso RAI è stata dichiarata la giurisdizione della Corte dei Conti, argomentando sulla base del carattere di società di diritto speciale, concessionaria di un servizio pubblico e sottoposta alla vigilanza di una speciale commissione parlamentare.

Con una recente decisione le Sezioni Unite della Cassazione20 hanno dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario nel caso di un’azione di risarcimento del danno subito da una società a partecipazione pubblica (nella specie, s.p.a. Ferrovie dello Stato) per effetto di condotte illecite dei dipendenti. La Suprema Corte ha ritenuto che l’autonomia patrimoniale della società escluda il rapporto di servizio tra agente ed ente pubblico danneggiato e che, quindi, le perdite non si configurino come danno erariale, poiché restano esclusivamente della società che come tale è disciplinata dal diritto privato.

L’evoluzione nel tempo della giurisprudenza ha portato le Sezioni Unite a pronunciarsi anche sulla questione della giurisdizione della Corte dei conti nei confronti degli amministratori e dipendenti delle società c.d. “in house providing”.

 

4. Società in house providing.

L’espressione, di derivazione comunitaria, in house providing (autoproduzione) è stata introdotta anche nel nostro sistema con riferimento in particolare all’ambito dei contratti pubblici. Con tale espressione si intende l’affidamento di appalti pubblici alla stessa pubblica amministrazione ovvero ad un ente da questa controllato. La giurisprudenza ha definito, nel corso del tempo, in quali occasioni può parlarsi di società “in house”, così intendendosi quella costituita da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi, di cui esclusivamente i medesimi enti possono essere soci, che statutariamente esplichi la propria attività prevalentemente in favore degli enti partecipanti e la cui gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici21.

Di particolare interesse la sentenza delle SS. UU. n. 26283/201322 secondo cui le società in house hanno della società solo la forma esteriore, ma costituiscono in realtà delle articolazioni della pubblica amministrazione da cui promanano e non dei soggetti giuridici ad essa esterni e da essa autonomi. Da ciò ne consegue che la distinzione del patrimonio dell’ente e quello della società si può porre in termini di separazione patrimoniale, ma non di distinta titolarità e, che in questo caso, il danno eventualmente inferto al patrimonio della società da atti illegittimi degli amministratori è arrecato ad un patrimonio separato, ma pur sempre riconducibile all’ente pubblico. Quindi, il danno arrecato è un danno erariale e pertanto, viene dichiarata la giurisdizione della Corte dei Conti.

La recente sentenza delle SS.UU. 5491/2014 in un caso riguardante una società interamente in mano pubblica, avente ad oggetto sociale il servizio pubblico locale di nettezza urbana, non ha affermato la giurisdizione della Corte dei conti per l’azione di responsabilità amministrativa nei confronti degli amministratori della società in quanto non ha ritenuto sussistere i presupposti dell’azione, ovvero nè il rapporto di servizio, in quanto la società è composta da ventitrè soci pubblici, pertanto non è stato ritenuto configurabile un rapporto unipersonale; nè il danno erariale, in quanto il danno è riferibile al patrimonio autonomo della società e non al patrimonio dei singoli enti partecipanti alla società.

Quindi, ancora con le recentissime sentenze richiamate, la Cassazione non si discosta da quella tesi interpretativa che considera i recenti interventi normativi, tesi ad un contenimento della spessa pubblica, come semplici deroghe alla disciplina generale. Al proposito, non è mancato chi in dottrina23 non abbia rilevato come le citate pronunce siano avulse dall’attuale contesto normativo. Il legislatore nazionale, infatti, negli ultimi anni ha previsto una serie di misure (art. 2 d.l. 52/2010; art. 3, comma 1, lett. d), d.l. 174/2012 e art. 9, comma 9 ter, d.l. n.102/2013; art. 4, comma 12, d.l. n. 95/2012; art.1 L. n. 147/2013) finalizzate a pubblicizzare e riconoscere gli eventuali danni subiti dagli organismi partecipati come danni erariali, con l’obiettivo di tutelare la collettività e di contenere i fenomeni elusivi dei vincoli di finanza pubblica. La ratio, infatti, della citata normativa è quella di razionalizzare la spesa pubblica cercando di ridurre il moltiplicarsi di organismi che svolgono all’esterno le funzioni amministrative e i servizi pubblici dei vari enti, con un’eccessiva profusione di denaro pubblico senza la possibilità di un’azione di responsabilità amministrativa – contabile avanti la Corte dei Conti in capo agli amministratori e dipendenti nel caso di compimento di atti illegittimi.

Tra i vari organismi per cui era stato introdotto il divieto specifico per gli enti locali di “istituire enti, agenzie e organismi comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica, che esercitino una o più funzioni fondamentali e funzioni amministrative loro conferite ai sensi dell’articolo 118, della Costituzione”, D.L. n. 95/2012, art. 9, c. 6, abrogato dall’art. 1, c. 562, della Legge 27 dicembre 2013, n. 147, la Corte dei conti aveva compreso anche le fondazioni in partecipazione.

La norma, in un quadro normativo chiaramente indirizzato alla reinternalizzazione dei servizi, aveva introdotto un ampio e generalizzato divieto rivolto a qualunque organismo “comunque denominato” che non può che riferirsi anche alle fondazioni24, come si dirà meglio in seguito.

 

5. Fondazione.

In tale contesto, le SS.UU, con la sentenza n. 20075/2013, hanno dichiarato il difetto di giurisdizione della Corte dei conti nel caso degli illeciti commessi dal Direttore Generale della Fondazione Federico II, in partecipazione pubblica, ritenendo applicabile l’orientamento sopra richiamato della giurisprudenza che nega la giurisdizione della Corte dei Conti per le azioni di responsabilità nei confronti di amministratori e dipendenti di società di diritto privato partecipate da un ente pubblico. In particolare, i giudici hanno condiviso quella giurisprudenza che alla scelta della pubblica amministrazione di acquisire partecipazioni in società private riconduce il suo assoggettamento alle regole proprie della forma giuridica espressa. Da ciò ne discende la responsabilità degli organi sociali nei confronti della società e dei soci, dei creditori e dei terzi in genere, nei medesimi termini in cui tali azioni di responsabilità sono configurabili per gli amministratori e per gli organi di controllo di qualsivoglia altra società privata, ai sensi degli artt. 2392 c.c. e segg.. Seguendo tale filone interpretativo, il danno è inferto al patrimonio della società e non è configurabile come danno erariale in quanto non direttamente lesivo dell’ente pubblico che partecipa al capitale della società.

Per il riparto della giurisdizione nella questione in esame, le Sezioni Unite, nonostante abbiano dichiarato di applicare il criterio sostanzialistico, ovvero ciò che rileva è l’esame della natura pubblica delle funzioni espletate e delle risorse finanziarie a tal fine adoperate dalla Fondazione, in realtà hanno adottato il criterio soggettivo legato alla natura del soggetto danneggiato.

I giudici, infatti, hanno motivato il difetto di giurisdizione della Corte dei Conti perché hanno considerato la Fondazione Federico II una persona giuridica privata con proprio patrimonio autonomo, nel quale sono confluite anche risorse pubbliche. I comportamenti illeciti del Direttore Generale hanno inciso sul patrimonio della fondazione e non sul patrimonio dell’ente pubblico che ha erogato a suo favore contributi e finanziamenti.

Inoltre, i giudici hanno ritenuto che le finalità perseguite dalla Fondazione fossero di interesse pubblico, ma non costituissero delega di funzioni istituzionali proprie dell’ente che ha conferito le risorse pubbliche. Da ciò ne è derivata, secondo la Corte, la mancanza dei presupposti per l’accertamento della responsabilità amministrativo – contabile.

In motivazione, appunto, i giudici di legittimità per il riparto della giurisdizione hanno considerato la natura privata della Fondazione, al proposito sembra utile richiamare la disciplina dell’istituto della fondazione nel nostro ordinamento.

Nell’assenza di una definizione positiva25, la fondazione26 è stata definita da autorevole dottrina27 come l’organizzazione collettiva che si avvale del proprio patrimonio per realizzare lo scopo, che non può che essere riconducibile a pubblica utilità. Le fondazioni, come anche riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale nel caso di fondazioni bancarie, hanno natura privata e sono espressione delle “organizzazioni delle libertà sociali”, costituendo i cosiddetti corpi intermedi, che si collocano fra Stato e mercato, e che trovano nel principio di sussidiarietà orizzontale, di cui all’ultimo comma dell’art. 118 della Costituzione, un preciso richiamo e presidio rispetto all’intervento pubblico (Corte cost. 29 settembre 2003, n. 300 e n. 301)28.

Caratteristica essenziale della fondazione è l’esistenza di un patrimonio destinato alla soddisfazione di uno scopo di carattere ideale, che deve consentire all’ente di svolgere la sua attività ordinaria.

 

6. Fondazione culturale in partecipazione.

La fondazione in cui partecipano sia soggetti pubblici che privati è definita “in partecipazione” e si caratterizza per l’integrazione, a livello istituzionale, tra ente pubblico ed ente privato. In particolare, la fondazione in partecipazione è una tipologia istituzionale utilizzata nell’ambito culturale, come nel caso di specie, dove la Fondazione è stata istituita per promuovere la conoscenza ed il patrimonio culturale della Sicilia. In particolare, la Fondazione, come emerge dall’art. 1 della Legge istitutiva regionale n. 44/96, persegue uno scopo che può definirsi in senso ampio “culturale”. La fondazione culturale è una categoria della fondazione29 che si è diffusa in maniera esponenziale sul territorio a seguito, anche, della riforma del Titolo V della Costituzione.

Il modello della fondazione di partecipazione30 combina insieme gli elementi fondazionali con quelli associativi31, come la pluralità dei fondatori e la struttura aperta, nel senso che può verificarsi che fondatori successivi si aggiungano a quelli originari. Inoltre, i soggetti fondatori pubblici in tale modello si ingeriscono nella gestione e nel controllo dell’ente e contribuiscono al patrimonio della fondazione in maniera tale da consentirle di raggiungere lo scopo. È insito nell’istituto della fondazione, in particolare in quella “in partecipazione”, la produzione ed erogazione di servizi di pubblica utilità, per il bene comune; dal che ne deriva una comunanza di obiettivi con l’ente pubblico fondatore.

Nelle fondazioni il patrimonio è destinato ad uno scopo predeterminato ed è strettamente connesso ed in simbiosi con l’ente da cui proviene32.

Il tipo di fondazione in esame ha come carattere distintivo l’origine pubblica del patrimonio, il che comporta che i controlli dell’effettivo perseguimento dello scopo statutario siano intensificati33.

La Cassazione in esame ha dichiarato che la Fondazione Federico II è un ente di natura privata, avente un patrimonio autonomo. Per comprendere la natura di un ente, se privata o pubblica, nel tempo si sono succedute varie teorie spesso in contrasto tra loro34. Per quanto riguarda la fondazione una soluzione condivisa è quella data dalla giurisprudenza costituzionale35, sopraccitata, che ha riconosciuto che le fondazioni hanno natura privata e sono espressione delle “organizzazioni delle libertà sociali”, costituendo i cosiddetti corpi intermedi, che si collocano fra Stato e mercato, e che trovano nel principio di sussidiarietà orizzontale, di cui all’ultimo comma dell’art. 118 della Costituzione, un preciso richiamo e presidio rispetto all’intervento pubblico.

 

7. Problematiche emerse con la decisione delle SS.UU. n. 20075/2013.

Aldilà della qualificazione di soggetto di natura privata della Fondazione, la decisione n. 20075/2013 delle Sezioni Unite, per quanto sopra espresso, non convince.

In primo luogo, non sembra avere tenuto conto che, nel corso del tempo, è stato condiviso dalla dottrina e dalla giurisprudenza che la natura privata di un ente spesso non è sufficiente di per sé a connotarlo come privato; in particolare, se sono presenti gli indici sintomatici di derivazione comunitaria della natura pubblica, (e cioè: la gestione è soggetta a controllo da parte dell’ente pubblico; l’attività è finanziata in modo maggioritario da quest’ultimo; gli organi di amministrazione, direzione, vigilanza sono costituiti da membri nominati in prevalenza dall’ente pubblico), non si può trattare, ad esempio, di fondazione di diritto privato, bensì di un ente pubblico, qualunque sia il nomen usato dal legislatore36 37.

La Corte costituzionale è intervenuta sulla questione relativa alla natura delle fondazioni culturali ed ha affermato che (nello specifico si trattava in un caso di fondazioni liriche – sinfoniche e in un altro della Biennale di Venezia) “nonostante l’acquisizione della veste giuridica formale di fondazioni di diritto privato, conservano, una marcata impronta pubblicistica. Ciò perché ad esse sono affidati compiti espressamente qualificati come di interesse nazionale e le finalità da queste perseguite appaiono come “esplicazione dei principi fondamentali dello sviluppo della cultura e della tutela del patrimonio storico e artistico della Nazione” di cui all’art. 9 Cost.”38.

La Fondazione Federico II, qualificabile come fondazione culturale in partecipazione, ha quindi delle caratteristiche costitutive che la rendono assimilabile ad un ente pubblico (riconosciuta come tale anche nello statuto pubblicato sul sito web, art. 339, registrato il 31/3/2010): 1) la gestione è soggetta a controllo da parte dell’ente pubblico, trattandosi di fondazione culturale che ha quale socio fondatore proprio la Regione Sicilia; 2) l’attività è finanziata in modo maggioritario da quest’ultimo; 3) gli organi di amministrazione, direzione, vigilanza sono costituiti da membri nominati in prevalenza dall’ente pubblico.

In ogni caso, quand’anche si volesse considerare la Fondazione Federico II un ente privato, al fine del riparto della giurisdizione non si può ignorare, come ricordato dalla stessa sentenza in commento 40, che il criterio utilizzato nel tempo dalla giurisprudenza per determinare la giurisdizione sia passato da quello soggettivo (ente privato o pubblico) a quello oggettivo (natura pubblica delle funzioni svolte dall’ente e risorse pubbliche adoperate) secondo cui la responsabilità amministrativa – contabile grava anche sui privati che abbiano posto in essere i presupposti per un illegittimo utilizzo di denaro pubblico. La giurisprudenza, sia contabile che ordinaria, sulla scia della c.d. “responsabilità finanziaria”, riconosce, infatti, la giurisdizione contabile nei confronti del privato utilizzatore di risorse pubbliche destinate alla realizzazione di un determinato programma41.

Tale orientamento nasce anche dal rispetto della legislazione comunitaria. Il legislatore comunitario, infatti, al fine di delineare una nozione di amministrazione pubblica valida ed utilizzabile all’interno dell’ordinamento europeo, con il Regolamento del Consiglio europeo del 25 giugno 1996, n. 222342 ha introdotto una nuova nozione di amministrazione pubblica secondo la quale deve considerarsi ente pubblico qualsiasi soggetto che indipendentemente dalla forma giuridica assunta utilizzi, in prevalenza, per lo svolgimento dell’attività per cui è costituito risorse pubbliche, anziché private43.

Nella fattispecie in esame le SS.UU. si sono discostate da tale interpretazione, infatti, seppure hanno riconosciuto il conferimento di risorse pubbliche, sia in forma diretta (conferimenti) sia in forma indiretta (attraverso le somme riscosse per servizi aggiuntivi), si sono concentrate sulla natura privata e sull’autonomia del patrimonio della Fondazione44 per escludere il danno erariale.

La decisione in esame non sembra, inoltre, tenere conto dell’evoluzione concettuale del rapporto di servizio, inteso come rapporto funzionale rispetto a finalità perseguite dalla pubblica amministrazione.

Con riferimento alle finalità perseguite dalla Fondazione i giudici, pur riconoscendo che sono di interesse pubblico, non hanno ritenuto che le stesse costituiscano delega di funzioni istituzionali proprie dell’ente che ha conferito le risorse finanziarie. L’art. 1 della L.r. 44/96 individua quale fine della Fondazione Federico II quello della più ampia conoscenza e della diffusione dell’attività degli organi istituzionali della Regione e dell’Assemblea in particolare e dei valori e del patrimonio culturale della Sicilia; attività tipicamente affidate alle autorità amministrative.

Autorevole dottrina45 ha inteso che “pubblica funzione, positivamente parlando dal punto di vista giuridico, è il dispiegamento di attività per soddisfare bisogni sentiti da una pluralità di persone che il diritto reputa in un determinato momento storico e in determinate contingenze debba esercitarsi dallo Stato o direttamente o indirettamente a mezzo di altra personalità”, come noto le funzioni culturali rientrano tra quelle funzioni riconosciute come fondamentali anche dalla Costituzione agli artt. 117, c. 2, lett. p) e 118.

In merito alla qualificazione delle funzioni culturali quali funzioni fondamentali si è di recente espressa, come sopra ricordato, la Corte dei conti in sede consultiva, in relazione alla richiesta formulata da diversi enti locali sull’applicazione anche ad una fondazione che esercita funzioni culturali del divieto di cui all’art. 9, co. 6, D.L. 6 luglio 2012 n. 95, convertito in L. 7 agosto 2012 n. 135 (abrogato dall’art. 1, comma 562, della Legge 27 dicembre 2013, n. 147)46. Viene rilevato dai giudici contabili che tale limitazione è diretta all’applicazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione e pertanto è finalizzata alla corretta ripartizione delle funzioni tra i diversi livelli di governo (Stato – Regioni – Enti locali) e affermano rientrare nel concetto di “funzione fondamentale” e “funzione amministrativa” (richiamato nella norma) anche la funzione culturale47.

La Fondazione Federico II svolge le stesse funzioni di valorizzazione e promozione del patrimonio culturale che svolge la Regione Sicilia, pertanto non si comprende che cosa intendessero le SS.UU. con l’inciso “non costituiscono delega di funzioni istituzionali proprie dell’Ente che ha conferito le risorse finanziarie”.

Infine, in relazione al danno arrecato al patrimonio della Fondazione, autonomo e separato da quello dell’ente, sia la dottrina48 che la giurisprudenza49 non ritengono applicabile l’orientamento citato dalle Sezioni Unite che esclude la giurisdizione della Corte dei conti nei confronti degli amministratori di società a partecipazione pubblica per i danni causati al patrimonio della società stessa. Le argomentazioni addotte riguardano la natura della fondazione che, pur avendo un proprio patrimonio, contrariamente alle società di servizi a partecipazione pubblica, non ha fini di lucro e svolge gli stessi compiti che svolge l’ente, in particolare nel caso in questione la Regione. Da ciò ne discende che il danno derivante da una non corretta gestione delle relative risorse non è mai solo riconducibile alla partecipazione societaria, ma costituisce un danno per l’intera collettività che la fondazione rappresenta, considerate anche le funzioni e lo scopo da questa perseguiti.

Ancora, la Suprema Corte ha ritenuto che dal danno sofferto unicamente dal patrimonio della Fondazione ne siano derivate le relative azioni di responsabilità (sociale e dei creditori sociali) contemplate dal codice civile. Non è possibile, sempre secondo questa tesi interpretativa, un coordinamento sistematico tra l’ipotizzata azione di responsabilità dinanzi al giudice contabile e l’esercizio delle azioni di responsabilità sociale e dei creditori sociali. Non sembra condivisibile tale affermazione, laddove la stessa Cassazione in un caso, di poco precedente50, ha riconosciuto la possibilità di esperire in via concorrente l’azione di responsabilità civile e di responsabilità amministrativa, essendo le giurisdizioni indipendenti nei loro profili istituzionali.

Pertanto, la decisione delle Sezioni Unite n. 20075/2013 non sembra possa essere condivisa, in quanto si ritiene che nei confronti del Direttore Generale sia esperibile un’azione di responsabilità amministrativa avanti alla Corte dei Conti, essendo la Fondazione un ente di natura pubblicistica che svolge funzioni culturali delegate dalla Regione e gode di risorse pubbliche.

 

8. Conclusioni.

Da quanto espresso emerge che la questione della giurisdizione sugli enti partecipati dalla pubblica amministrazione costituisce ancora un tema di estrema rilevanza, soprattutto in un panorama legislativo nazionale ed europeo volto alla razionalizzazione e alla riduzione della spesa pubblica anche attraverso la “reinternizzazione” della gestione dei servizi pubblici.

Come evidenziato da autorevole dottrina51, che si ritiene di condividere, il riconoscimento della giurisdizione della Corte dei Conti anche nel caso di un pregiudizio subito dal patrimonio di un ente partecipato dalla pubblica amministrazione come una fondazione culturale costituisce il riconoscimento di un danno alla collettività; poiché comunque il danno al patrimonio della società o all’ente partecipato, come nel caso della sentenza in commento, è composto, in quota parte (se non in taluni casi integralmente), da risorse pubbliche e, pertanto, di riflesso il danno si ripercuote inevitabilmente sull’ente pubblico partecipante52, che deve agire nell’interesse della collettività.

Da ciò sembra conseguire la responsabilità erariale in capo a tutti i soggetti che amministrano, indipendentemente dal titolo formale e dalle strutture organizzative, l’utilizzo di risorse pubbliche, che derivano dal bilancio pubblico e di cui devono assicurarne i fini per cui queste sono destinate53. In tale contesto, appare evidente che l’eventuale azione di responsabilità amministrativa garantisce maggior tutela rispetto all’azione civile grazie ai suoi caratteri di obbligatorietà e ai poteri istruttori della Procura, che la differenziano appunto dall’azione civile, lasciata alla libera iniziativa di soggetti in oggettiva posizione di vicinanza con i danneggiati.

Tale interpretazione si inserisce in un quadro di riforma nazionale e comunitario54 che è teso a garantire una gestione delle risorse pubbliche trasparente, efficiente ed economica.

1 Avvocato del Foro di Torino.

 

2 Ex multisCorte cost., 3 febbraio 1993, n. 24, www.cortecostituzionale.it.

 

3 Ex multis Corte cost., 30 dicembre 1987, n. 641, in Giur. It., 1988, I,1, pagg. 1456 ss.. Corte cost., 5 aprile 1971, n. 68, in Foro It, I, pagg. 2711 ss..

 

4 L. De Rentiis, Le responsabilità degli amministratori e funzionari, in Ordinamento e gestione contabile – finanziaria degli Enti Locali, a cura di G. Astegiano, Milano, 2012, pagg. 1273 ss. AA.VV. La nuova Corte dei conti: responsabilità, pensioni, controlli, a cura di V. Tenore, Milano, 2008, pagg. 34 ss.; P. Novelli, L. Venturini, La responsabilità amministrativa di fronte all’evoluzione delle pubbliche amministrazioni ed al diritto delle società, Milano, 2008 , pagg. 520.

 

5 Cass. civ., Sez. Un., ord. 22 dicembre 2003, n.19667 in Giur. It., 2004, pagg. 183 ss.; Cass civ, Sez. Un., 5 febbraio, 1969, n. 363, in Foro amm., 1969, II, 124, nota di S. Buscema, Conseguenze dell’assoggettazione degli enti pubblici istituzionali alla giurisdizione contabile.

 

6 Cass civ, Sez. Un., 5 febbraio, 1969, n. 363, in op. cit. con nota di S. Buscema.

 

7 Cass. civ, Sez. Un., sent. 17 ottobre 1994, n. 975, in Giur. It, 1995 – I, 1, 1515; Cass. civ., sent. 2 marzo 1982, n. 1282, in Giur. It, 1982, I, 1, pagg. 615 ss..

 

8 Cass. civ., Sez. Un., ord. 22 dicembre 2003, n.19667, in Giur. It., 2004, pagg. 183 ss. con nota di G. Astegiano, Gli illeciti degli amministratori e dei dipendenti degli enti pubblici economici: dal giudice ordinario al giudice contabile.

 

9 P. Santoro, Manuale di Contabilità e finanza pubblica, Santarcangelo di Romagna (RN), 2013, pag. 745.

 

10 A. Vetro, Problematica sulla giurisdizione in tema di responsabilità nei confronti della P.A. degli amministratori e dipendenti delle società con partecipazione pubblica, alla luce della giurisprudenza della Corte dei conti, della Corte costituzionale, del Consiglio di Stato e della Cassazione”, da www.contabilità-pubblica.it, 17 ottobre 2012; Corte Cost., 7 giugno 2007, n. 179.

 

11 Cass. civ, Sez. Un., sent. 26 febbraio 2004, n. 3899, in Foro it., 2005 ,1, 2674.

 

12 E’ qualificabile come rapporto di servizio, ad esempio, il caso in cui l’estraneo viene investito solo di fatto dello svolgimento di un’attività in favore della pubblica amministrazione (Cass. civ., Sez. Un., sent. 9 settembre 2008, n. 22652); o il caso del precettore di un finanziamento pubblico che abusa di quest’ultimo (Cass. civ, Sez. Un., ord. 7 gennaio 2014, n.70) o il caso di un concessionario privato di un pubblico servizio di un’opera pubblica (Cass. civ., Sez. Un., 22 febbraio, 2007, n. 4112).

 

13 Cass. civ., Sez. Un., 12 ottobre 2004, n. 20132; Cass. civ., Sez. Un., ord. 25 maggio 2005, n. 10973, in Foro It., 2005, 1, 2674 con nota di G. D’Auria Amministratori e dipendenti di enti economici e società pubbliche: quale revirement della Cassazione sulla giurisdizione di responsabilità amministrativa?

 

14 Cass. civ. Sez. Un., 19 dicembre 2009, n. 26806, in Foro amm.- Cons. Stato, 2010, pagg. 59 ss, con nota di M. SINISI, Responsabilità amministrativa di amministratori e dipendenti di s.p.a. a partecipazione pubblica e riparto di giurisdizione: l’intervento risolutivo delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione e con nota di V. Tenore, La giurisdizione della Corte dei conti sulle s.p.a. a partecipazione pubblica; in Giur. It., 2010, 4, pagg. 853 ss., con nota di O. Cagnasso, Una ”brusca frenata” da parte delle Sezioni unite della Cassazione alla vis espansiva della responsabilità amministrativa-contabile; in Giur. It., 2010, 7, pagg. 1709 ss., con nota di P. Patrito, Responsabilità degli amministratori di società a partecipazione pubblica: profili di giurisdizione e diritto sostanziale.

 

15 Ex multis Cass. civ. Sez. Un., 9 marzo 2012, n. 3692, in Leggi d’Italia, 2012.

 

16 Corte Suprema di Cassazione, Incontro di studi: La responsabilità degli organi delle società a partecipazione pubblica: questioni aperte in tema di giurisdizione, 19 gennaio 2012, http://www.cortedicassazione.it/cassazioneresources/resources/cms/documents/20120119_Report.pdf.; Cass. civ., Sez. Un., 25 novembre 2013, n. 26283, in Società, 2014, 1, 55 con nota di F. FIMMANÒ “La giurisdizione sulle “società in house providing”.

 

17 Ex multis Cass. civ, Sez. Un., ord. 1 febbraio 2012, nn. 1419 e 1420, dal Sito Diritto dei Servizi Pubblici.it, 2012; Cass. civ. Sez. Un., ord., 7 luglio 2011, n. 14957, in Foro It., 2012, 3, 1, 831; Cass., Sez. un., ord. 15 gennaio 2010, n. 519 in Foro Amm. – Cons. Stato, 2010, 1, 70.

 

18 Cass. civ., Sez. Un. ord., 22 dicembre 2009, n. 27092, in Aziendaitalia, 2010, 3, 233.

 

19 Cass. civ., Sez. Un. ord., 9 maggio 2011, n. 10063, in Foro It., 2012, 3, 1, 832.

 

20 Cass. civ., Sez. Un., 22 gennaio 2015, n. 1559.

 

21 Ex multis Cass. civ, Sez. Un., sent. 10 marzo 2014, n. 5491, in Le Società, 8-9, pagg. 953 ss.

 

22 Cass. civ., Sez. Un., 25 novembre 2013, n. 26283, in Società, 2014, 1, 55 con nota di F. FIMMANÒ “La giurisdizione sulle “società in house providing”, op. cit.

 

23 A. Vetro“Evoluzione della problematica sulla giurisdizione della Corte dei Conti nei confronti degli amministratori e dipendenti delle società partecipate dagli enti pubblici, con particolare riguardo a quelle c.d. in house”, in www.respamm.it, 29 gennaio 2014.

 

24 In tal senso, si esprimono la Corte dei conti Sezione regionale di controllo Puglia con il parere 17 giugno 2013, n. 114 e la Sezione regionale di controllo Lombardia parere 21 gennaio 2013, n. 25 e parere del 12 dicembre 2012, n.460, in www.respamm.it.

 

25 A. Fusaro, voce “ Fondazione”, in Digesto Sez. civile, VIII, Torino, 1992, 359 ss.

 

26 A. Napoli, Gli organismi strumentali, in Ordinamento e gestione contabile – finanziaria degli Enti Locali, a cura di G. ASTEGIANO, Milano, 2012, pagg. 109 e ss.

 

27 F. Galgano, F. Galgano, Diritto privato, Padova, 2013, pagg. 677 ss.

 

28 Corte dei conti – Sez. controllo per il Piemonte, parere 7 marzo 2012, Delibera n. 24/2012, da www.respamm.it..

 

29 A. Angiuli, voce “Fondazione culturale”, in Digesto, Sez. civile, Aggiornamento, Torino, 2007, pagg. 589 ss.

 

30 Il Cons. di St., comm. spec., con il parere 20 dicembre 2000, n. 288, CS, 2001,2, I, 490, ha riconosciuto la categoria di “fondazione in partecipazione”. La dottrina (A. Angiuli, op. cit) non ritiene che tale istituto sia disciplinato da una norma generale del codice civile, ma riconosce al legislatore la facoltà di decidere l’istituzione, caso per caso, di una fondazione con la partecipazione di soggetti pubblici e privati, come nel caso della Fondazione Museo per le antichità egizie di Torino, costituita il 6.10.2004 e primo esempio italiano di fondazione di partecipazione culturale, poiché sin dalla sua costituzione è stata formata da fondatori pubblici e privati.

 

31 Corte dei Conti, Sez. contr. Emilia Romagna, parere 16 dicembre 2010, n. 654, da www.respamm.it..

 

32 F. Fimmanò, La giurisdizione sulle “società in house providing”, in Società, 2014, 1, 55 ss.

 

33 F. Cafaggi, Prefazione. I controlli sulle organizzazioni non profit, in Regolazione e controllo sulle organizzazioni non profit, a cura di Barbetta – Schena, Bologna, 2000, 11.

 

34 La dottrina più risalente ricorreva al criterio della qualificazione normativa della pubblicità degli enti, con riferimento all’art. 4 della L. 70/1975 che recita “Nessun nuovo ente pubblico può essere istituito o riconosciuto se non per legge”. Tuttavia, sia parte della dottrina (V. Cerulli Irelli, Ente pubblico: problemi di identificazione e disciplina applicabile, in Ente pubblico ed enti pubblici, a cura di V. Cerulli Irelli e G. Morbidelli, Torino, 1994, 89) che la giurisprudenza (Cass. civi., Sez. Un., ord. 22 dicembre 2003, n.19667; CdS, IV, 17 settembre 1965, n. 554) ritengono che non basti una mera disposizione del legislatore per dire che un ente è pubblico. Al proposito, nel tempo la dottrina ha ricercato degli indici esteriori a cui ricondurre la natura di ente pubblico (AA.VV. Diritto amministrativo, a cura di L. Mazzarolli, G. Pericu, A. Romano, F. Roversi Monaco, G. Scoca,VOL. 1, Monduzzi, Bologna, 2001, pp. 50-52): 1) perseguimento istituzionale di fini statali (teoria del fine) ovvero di fini propri e insieme di fini statali (teoria del doppio fine); 2) costituzione dell’ente ad opera di un soggetto pubblico (teoria dell’atto costitutivo); 3) nomina degli organi direttivi in tutto o in parte di competenza dello Stato o di altro ente pubblico (teoria del rapporto di servizio); 4) esistenza di controlli pubblici (teoria del controllo); 5) attribuzione di poteri autoritativi (teoria dell’imperium); 6) godere di finanziamenti a carico del bilancio dello Stato (teoria del finanziamento). Ulteriore passaggio viene realizzato da autorevole dottrina (E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2006, pagg. 71 e ss.) che ritiene quale elemento essenziale per l’individuazione della pubblicità di un ente la valutazione dell’interesse pubblico perseguito dall’ente stesso. La dottrina ritiene, altresì, che per ente pubblico si debba intendere l’ente dotato di capacità giuridica e, come tale, idoneo ad essere titolare di potere amministrativo e quindi centro del potere. Quindi, si può definire quale interesse pubblico l’interesse che la legge abbia imputato ad una persona giuridica tenuta giuridicamente a perseguirlo. Tale tesi sembrerebbe confluire nella tesi maggiormente condivisa anche dalla giurisprudenza di abbandono dei criteri formali di definizione per la funzionalizzazione dell’attività della persona giuridica alla realizzazione di finalità di interesse pubblico e nell’inquadramento istituzionale della stessa (Corte d’Appello di Torino, Sez. Civ. I, 10 febbraio 2010; Trib. S. Maria Capua Vetere 9 gennaio 2009). Infine, si sono spesso utilizzati i criteri di derivazione comunitaria utilizzati al fine di qualificare un ente quale organismo di diritto pubblico, con l’obiettivo di ricondurre anche le fondazioni di origine pubblica nell’ambito degli enti pubblici. Tale soluzione non ha convinto la giurisprudenza atteso che gli indici rilevatori della pubblicità, individuati al fine di qualificare un ente come organismo di diritto pubblico appaiono invece assumere la mera validità di criteri idonei a comprendere, dal punto di vista oggettivo, a quale ente debba applicarsi la normativa di origine comunitaria sull’affidamento degli appalti pubblici, ma nessuna rilevanza devono assumere in ordine alla qualifica soggettiva dell’ente cui si applicano.

 

35 Corte Cost. 29 settembre 2003, nn. 300 e 301 da www.cortecostituzionale.it..

 

36 Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia, 15 dicembre 2008, n. 268, da www.respamm.it..

 

37 Al proposito, si richiama il filone giurisprudenziale costituzionale (Corte Cost. sentenza 18-21 aprile 2011, n. 153) che tende a valorizzare l’aspetto sostanziale della pubblicità al di là dell’aspetto formale attribuito espressamente dalla norma, da cui n’è derivata la nozione dottrinale di organizzazioni pubbliche in forma privatistica (V. Cerulli Irelli, Amministrazione pubblica e diritto privato, Torino, 2011, pagg. 70 ss.).

 

38 V. Cerulli Irelli, Il patrimonio culturale tra pubblico e privato: modelli organizzativi e strumenti giuridici. Le fondazioni lirico – sinfoniche come organizzazioni pubbliche in forma privatistica, in Aedon, 3/2012; Corte Cost., sentenza 18-21 aprile 2011, n. 153; Corte Cost. 9-15 febbraio 2000, n. 59.

 

40 Ex multis Cass. civ. Sez. Unite, 4 ottobre 2012, n. 16849, da Leggi d’Italia.

 

41 Cass. civ., Sez. Un., ord. 7 gennaio 2014, n. 70; Corte dei Conti, Sez. giur. Campania, ord. del 4 marzo 2014, n. 119, da www.respamm.it..

 

42 SEC 95, punto 2.68 “Tutte le unità istituzionali che agiscono da produttori di beni e servizi non destinati alla vendita, la cui produzione è destinata a consumi collettivi e individuali ed è finanziata in prevalenza da versamenti obbligatori effettuati da unità appartenenti ad altri settori e/o tutte le unità istituzionali la cui funzione principale consiste nella redistribuzione del reddito e delle ricchezze del paese”.

 

43 Corte di Giustizia, sentenze 30 settembre 2003, C 224/01 e 13 giugno 2006, C-173/03, www.eur-lex.europa.eu.

 

44 Art. 5 dello Statuto della Fondazione Federico II “La Regione concorre alla formazione del patrimonio della fondazione mediante l’assegnazione di una somma iniziale di lire 2.000 milioni per l’anno 1996 e di un contributo annuo per fini istituzionali e spese di gestione di lire 500 milioni a decorrere dal 1997”, http://www.federicosecondo.org/it/statuto.html..

 

45 F. CAMMEO, Commentario delle leggi sulla giustizia amministrativa, Milano, s.d. (ma 1910), pag. 650.

 

46 Art. 9, co. 6, D.L. 6 luglio 2012 n. 95, convertito in L. 7 agosto 2012 n. 135 “E’ fatto divieto agli enti locali di istituire enti, agenzie e organismi comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica, che esercitino una o più funzioni fondamentali e funzioni amministrative loro conferite ai sensi dell’articolo 118, della Costituzione”, abrogato dall’art. 1, comma 562, della Legge 27 dicembre 2013, n. 147.

 

47 Corte Conti, Sez. contr. Puglia, parere 17 giugno 2013, n. 114, da www.respamm.it; Corte dei Conti, Sez contr. Toscana, parere 12 dicembre 2012, n. 460, da www.respamm.it..

 

48 V. Cerulli Irelli, op.cit.

 

49 Corte dei Conti, Sez. giur. Lazio, sentenza 13 novembre 2013, n. 758, da www.respamm.it.

 

50 Cass. civ., Sez. Un., ord. 22 dicembre 2009, n. 27092, in Azienditalia, 2010, 3, 233.

 

51 A. Vetro op. cit. e M. Colella, Incontro di Studio: Le società pubbliche: il difficile equilibrio fra le giurisdizioni, Corte di Cassazione 8 aprile2013, pagg. 260 ss.

 

52 Lo stesso legislatore con l’art. 1 della L. 20/1994 fa riferimento ai vantaggi della comunità amministrata “Art. 1, comma 1-bis, L. 20/1994 “Nel giudizio di responsabilità, fermo restando il potere di riduzione, deve tenersi conto dei vantaggi comunque conseguiti dall’amministrazione di appartenenza, o da altra amministrazione, o dalla comunità amministrata in relazione al comportamento degli amministratori o dei dipendenti pubblici soggetti al giudizio di responsabilità”.

 

53 Cass. civ., Sez. Un, 19 luglio 2013, n.17660, da Sito Diritto dei Servizi Pubblici.it, 2013.

 

54 Corte di Giustizia, sentenze 30 settembre 2003, C 224/01 e 13 giugno 2006, C-173/03, www.eur-lex.europa.eu.