Impianti fotovoltaici, normativa locale e questioni di costituzionalità a seguito dell’entrata in vigore del “Decreto energia”

Edoardo Manassero[1]

(ABSTRACT)

Nell’ambito della recente normativa sull’incentivazione alla produzione di energia rinnovabile, l’art. 9 del c.d. “Decreto energia” ha introdotto nell’ordinamento la possibilità di installare alcune tipologie di impianti fotovoltaici in assenza di autorizzazioni, salvo ipotesi limitate e specifiche. Il presente contributo, dopo aver esaminato la norma ora citata, ha quale obiettivo analizzare le potenziali criticità della stessa sia in relazione all’antinomia con la legislazione urbanistica comunale sia con riferimento al principio costituzionale della tutela del paesaggio.

Sommario:

1. Il problema energetico in Italia – 2. La disciplina introdotta dal «Decreto energia» per l’installazione degli impianti solari fotovoltaici sugli edifici – 3. Le problematiche connesse alla normativa urbanistica locale – 4. Le problematiche connesse al principio costituzionale della tutela del paesaggio – 5. Conclusioni

1. Il problema energetico in Italia

La guerra tra Federazione Russa e Ucraina ha avuto quale effetto per l’Unione Europea ed in particolar modo per l’Italia di far emergere in maniera rilevante il problema dell’approvvigionamento di materie prime per produrre energia dato che la stessa Russia fornisce al nostro Paese il 40% di gas naturali necessari a tal scopo.

Tuttavia la necessità di isolare economicamente la Russia quale sanzione UE per l’invasione di uno Stato sovrano, ha portato l’Italia a sviluppare in tempi piuttosto rapidi una nuova politica energetica volta a ridurre, se non addirittura ad escludere, le forniture di gas dalla Russia.

Suddetta politica consta sostanzialmente, in prima battuta, nella stipula di accordi con altri Paesi stranieri in grado di fornire la medesima materia prima, secondariamente, nel potenziamento del sistema dei rigassificatori e nella riattivazione delle centrali a carbone e, in ultimo, nell’incentivare l’utilizzo delle energie rinnovabili.

Quanto a quest’ultima, in data 1° marzo 2022, è stato emanato un Decreto legge, il numero 17 (convertito con modifiche con la Legge, 27 aprile 2022, n. 34), che ha introdotto, tra il resto, all’art. 9, un sistema di semplificazione autorizzativo per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili su cui ci si soffermerà, specie per quanto concerne gli impianti solari fotovoltaici.

2. La disciplina introdotta dal «Decreto energia» per l’installazione degli impianti solari fotovoltaici sugli edifici

L’art. 9 sopracitato ha modificato l’art. 7bis, D.Lgs. 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili[2]), in particolare è stato sostituito il comma 5 con il seguente periodo “Ferme restando le disposizioni tributarie in materia di accisa sull’energia elettrica, l’installazione, con qualunque modalità, anche nelle zone A degli strumenti urbanistici comunali, come individuate ai sensi del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici, come definiti alla voce 32 dell’allegato A al regolamento edilizio-tipo[3], adottato con intesa sancita in sede di Conferenza unificata 20 ottobre 2016, n. 125/CU, o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici, ivi compresi strutture, manufatti ed edifici già esistenti all’interno dei comprensori sciistici, e la realizzazione delle opere funzionali alla connessione alla rete elettrica nei predetti edifici o strutture e manufatti, nonché nelle relative pertinenze, compresi gli eventuali potenziamenti o adeguamenti della rete esterni alle aree dei medesimi edifici, strutture e manufatti, sono considerate interventi di manutenzione ordinaria e non sono subordinate all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati, ivi compresi quelli previsti dal codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, a eccezione degli impianti installati in aree o immobili di cui all’articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del citato codice di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, individuati mediante apposito provvedimento amministrativo ai sensi degli articoli da 138 a 141 e fermo restando quanto previsto dagli articoli 21 e 157 del medesimo codice. In presenza dei vincoli di cui al primo periodo, la realizzazione degli interventi ivi indicati è consentita previo rilascio dell’autorizzazione da parte dell’amministrazione competente ai sensi del citato codice di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004. Le disposizioni del primo periodo si applicano anche in presenza di vincoli ai sensi dell’articolo 136, comma 1, lettera c), del medesimo codice di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, ai soli fini dell’installazione di pannelli integrati nelle coperture non visibili dagli spazi pubblici esterni e dai punti di vista panoramici, eccettuate le coperture i cui manti siano realizzati in materiali della tradizione locale”.

In sostanza si prevede l’installazione di impianti fotovoltaici, con qualunque modalità, su edifici, su strutture e manufatti fuori terra anche nei centri storici (disposto su cui meglio si dirà in seguito) compresi gli eventuali potenziamenti o adeguamenti della rete esterni alle aree dei medesimi edifici, strutture e manufatti. L’intervento si qualifica come manutenzione ordinaria e pertanto rientra nelle attività di edilizia libera con la conseguenza che nessun tipo di autorizzazione comunale è richiesta.

Non solo. Viene escluso l’onere di acquisire anche gli ulteriori permessi, autorizzazioni o nulla osta (ad es. in caso di vincolo idrogeologico, ambientale, ecc.), salvo alcuni previsti dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, D.Lgs. 42/2004.

È proprio in relazione a tale Testo Unico che nella norma vengono inserite alcune limitazioni che ora si esaminano, lasciando ai paragrafi successivi l’analisi delle problematiche che tale nuovo disposto crea in relazione alla tutela del paesaggio.

In particolare, in deroga all’art. 146, T.U. del Paesaggio – il quale secondo dottrina[4]assoggetta a controllo preventivo tutte le attività antropiche insistenti su immobili o aree di notevole interesse pubblico, il cui risultato sia pienamente in grado di produrre un’alterazione dello stato dei luoghi o dei beni tale da pregiudicare quei valori naturali, estecici e storico-culturali che rappresentino percepibili manifestazioni di identità del paesaggio” -, l’autorizzazione deve essere richiesta solo qualora l’installazione di pannelli fotovoltaici venga effettuato su/in:

  1. ville, giardini e parchi che si distinguono per la loro non comune bellezza[5] ex art. 136, comma 1, lett. b), D.Lgs. 42/2004. Si tratta in particolare di bellezze naturali c.d. individue non tutelate dalla parte seconda del suddetto Decreto Legislativo;
  2. complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale in questo caso d’insieme[6], inclusi i centri ed i nuclei storici (ex art. 136, comma 1, lett. c), D.Lgs. 42/2004). Rientrano in tale categoria, per quanto qui più rileva, anche le bellezze panoramiche, i punti di vista o di belvedere accessibili al pubblico[7].

Sempre in relazione all’art. 136, in particolare il comma 1, lett. c), in fase di conversione è stata introdotta una modifica tale per cui non viene comunque richiesta l’autorizzazione in caso di installazione di pannelli integrati nelle coperture non visibili dagli spazi pubblici esterni e dai punti di vista panoramici, mentre la si esige comunque nel caso in cui i manti delle coperture siano realizzati in materiali della tradizione locale.

In sostanza, la modifica, in sede di conversione, ha lo scopo di estendere la semplificazione ad ipotesi di strutture fotovoltaiche che si inseriscono nel contesto paesaggistico locale in quanto non visibili.

Ciò posto, la norma precisa che, nell’ambito dell’art. 136, comma 1, lett. b) e c), sono soggetti ad autorizzazione solamente quegli immobili già individuati tramite decreto ministeriale come di notevole interesse pubblico, sulla base del combinato disposto degli artt. 138 e 141, D.Lgs. 42/2004, oppure indicati come tali nel Piano Paesaggistico Regionale.

Proseguendo nell’esegesi della norma, emerge, ad ogni buon conto, la necessità di un’ulteriore ed eventuale autorizzazione questa volta in ipotesi di vincolo culturale; infatti in caso di esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è indispensabile l’autorizzazione del Soprintendente ex art. 21, comma 4, D.Lgs. 42/2004[8].

E lo stesso dicasi per gli immobili che rientrano negli elenchi predisposti ante D.Lgs. 42/2004 e ripresi dall’art. 157 del medesimo Decreto[9].

Le relative autorizzazioni potranno essere lasciate, a seconda dei casi, in via ordinaria come previsto dal D.Lgs. 42/2004 all’art. 146 e ss. oppure in forma semplificata sulla base di quanto previsto dal D.P.R. 13.02.2017, n. 31 “Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata”.

In tale ultima ipotesi, per ciò che concerne gli impianti fotovoltaici, sarà possibile, in caso pannelli a servizio di singoli edifici, purché integrati nella configurazione delle coperture, o posti in aderenza ai tetti degli edifici, con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda, accedere ad un procedimento semplificato di cui al Capo II del D.P.R. da ultimo citato.

3. Le problematiche connesse alla normativa urbanistica locale

L’introduzione di questa norma di semplificazione genera non poche problematiche di rapporti tra normative nazionali e locali a livello (innanzi tutto) urbanistico/edilizio. Questioni che verranno qui esaminate.

In primis, il nuovo art. 9, comma 1, D.L. 17/2022 (convertito con modifiche dalla L. 34/2022) si inserisce nel settore del diritto dell’urbanistica andando a stabilire che l’installazione dei suddetti impianti è considerata come opera di manutenzione ordinaria e dunque attività di edilizia libera, senza però tenere conto del fatto che il medesimo ambito era già espressamente disciplinato dal D.P.R. 380/2001 (c.d. T.U. edilizia)[10] e dal Glossario delle attività di edilizia libera contenuto nell’Allegato 1, D.Lgs. 222/2016, su cui però il D.L. non interviene espressamente.

Ciò significa che il nuovo art. 9 si inserisce in un contesto ove da una parte esiste già una disciplina in materia di impianti solari fotovoltaici, in particolare l’art. 6, comma 1 lettera e-quater), D.P.R. 380/2001[11], che dispone che l’installazione di tali impianti non necessiti di autorizzazione edilizia, restando invece salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, ed essendo necessarie le autorizzazioni previste dalle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, il tutto però al di fuori della zona A) di cui al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444.

Per altro verso, la disciplina è contenuta anche nel Glossario di cui sopra. Quest’ultimo alla voce n. 42 conferma di fatto l’indicazione del D.P.R. 380/2001.

Quello che complessivamente emerge è dunque che l’installazione di impianti fotovoltaici sarebbe attualmente disciplinata da tre normative differenti di cui il combinato disposto di due (D.P.R. 380/2001 e D.Lgs. 222/2016) si pone in parziale contrasto con l’art. 9 del nuovo «Decreto energia».

Per risolvere tale conflitto, creato dal Legislatore il quale, anziché modificare, come accennato, il T.U. dell’edilizia ha preferito introdurre nell’ordinamento una norma ex novo, non può che farsi riferimento a quanto previsto dall’art. 15 delle preleggi, secondo cui “Le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore”.

In altri termini, si profilerebbe, per le ragioni sopra esposte, un’ipotesi di abrogazione c.d. tacita dato che, siccome l’art. 9, D.L. 17/2022 convertito regola oggi l’intera materia del fotovoltaico su edifici, le norme sopracitate sono per alcuni aspetti incompatibili; pertanto, per superare l’antinomia, occorre considerare prevalente la norma successiva.

Altra problematica che il disposto crea è relativa al ruolo che riveste la normativa locale, in particolare le norme urbanistiche comunali e soprattutto le norme del Piano Regolatore.

Questo in quanto, se da una parte si può asserire che la norma preveda la possibilità di realizzare un impianto fotovoltaico senza autorizzazione (eccetto alcuni oneri ex D.Lgs. 42/2004), nulla viene chiarito, neanche in sede di conversione, relativamente alla possibilità che l’impianto possa essere realizzato anche nel caso in cui esistano relativi divieti di installazione previsti dalla normativa locale, come invece veniva indicato nel D.P.R. 380/2001.

Volendo semplificare: a seguito dell’introduzione di questa norma, è possibile realizzare un impianto fotovoltaico anche laddove le prescrizioni della normativa locale lo vietino?

Due le interpretazioni possibili.

La prima per così dire più orientata verso quella che può essere la ratio della norma, ossia la volontà del Legislatore di implementare il più possibile la produzione energetica interna per andare a coprire il fabbisogno nazionale, rinunciando alle materie prime provenienti dalla Russia e tutelando contestualmente l’ambiente.

Tale esposizione prevede che nel silenzio dell’art. 9, D.L. 17/2022, si possa effettuare un’interpretazione estensiva tale per cui anche in caso di vincolo urbanistico locale sia comunque possibile realizzare l’impianto.

Con questa interpretazione ci troveremmo giuridicamente di fronte ad un contrasto tra norme omogenee di dettaglio[12] di cui una posteriore, di grado superiore, che potrebbe permettere la realizzazione sempre e comunque di impianti fotovoltaici su edifici, e una di grado inferiore, anteriore, che la esclude in determinate zone comunali.

Il conflitto potrebbe essere risolto applicando il criterio cronologico che, sulla base di un’analisi della dottrina e della giurisprudenza[13], porta all’abrogazione della normativa locale[14].

La seconda è invece basata su un’interpretazione più letterale della norma.

In particolare, poiché l’art. 9 del D.L. disciplina esplicitamente solo la fase autorizzativa, mentre gli eventuali divieti di inedificabilità sono previsti dalla normativa locale, non vi è contrasto tra fonti di rango differente in quanto, semplicemente, la norma di rango inferiore disciplina le ipotesi di divieto di realizzazione dell’impianto di cui la norma di rango superiore non si occupa, soffermandosi solo sulla fase autorizzatoria.

Per suffragare la tesi letterale si potrebbe fare riferimento al fatto che la stessa norma puntualizza che le prescrizioni della normativa locale in tema di posa possano essere derogate solo in relazione ai centri storici (solo però zone A ex D.M. 1444/1968).

Si potrebbe quindi sostenere che siccome nel «Decreto energia» non vi è disciplina in tema di divieto di realizzazione, continua ad essere applicata la normativa locale e che pertanto, laddove vige suddetto divieto, i pannelli fotovoltaici non potranno comunque essere installati.

4. Le problematiche connesse al principio costituzionale della tutela paesaggio

L’interpretazione meno restrittiva della norma supra ipotizzata, avrebbe una portata dirompente sotto altro profilo; infatti una liberalizzazione della posa su quasi tutti gli edifici di pannelli fotovoltaici, nonostante i divieti previsti dalla normativa locale, genererebbe un potenziale contrasto dell’art. 9, D.L. energia con il dettato costituzionale, nella parte in cui prevede la tutela del paesaggio[15].

Questa situazione non può che richiamare un annoso contrasto relativo all’installazione degli impianti eolici per la produzione di energia rinnovabile[16].

In particolare, la posa di tale tipologia di impianto aveva creato e crea un conflitto tra il principio della tutela del paesaggio[17], contenuto nell’art. 9, comma 2[18] della Costituzione, e il principio della tutela dell’ambiente oggi contenuto nel comma 3[19] del medesimo articolo.

Tale comma è stato recentemente aggiunto dall’ art. 1, comma 1, L. Cost. 11 febbraio 2022, n. 1 ed ha garantito definitivamente un “valore primario e sistemico” sia al bene ambiente[20] sia all’ “ecosistema”.

Vediamo allora in che misura tale contrasto è stato individuato in passato e quali sono state le soluzioni per risolvere la diatriba proposte da giurisprudenza e dottrina.

Questo allo scopo di valutare se una lettura così estensiva della norma possa essere costituzionalmente “accettabile”.

Originariamente, secondo la giurisprudenza amministrativa, il conflitto dei principi di cui sopra non esisteva in quanto “mediante la tutela del paesaggio e l’imposizione dei vincoli paesistici si salvaguarda l’ambiente[21] [22]; successivamente, però, la Corte costituzionale ne ha rilevato la sussistenza nelle sentenze relative ai conflitti di competenza tra Stato e Regioni proprio in tema di energie rinnovabili[23].

Una volta individuato il conflitto, per quanto qui più rileva, lo stesso è stato approfondito dalla giurisprudenza amministrativa[24], secondo cui “la realizzazione degli impianti eolici impone un contemperamento tra l’interesse alla tutela del paesaggio e quello alla produzione di energia attraverso fonti «pulite» e rinnovabili. Non c’è dubbio, infatti, che se, da una parte, tali impianti possono contribuire notevolmente alla riduzione dei gas serra, dall’altra, essi incidono negativamente sul paesaggio […]. Si è quindi osservato che tali tecnologie mettono in conflitto due interessi che in passato erano stati considerati come un’endiadi: l’ambiente ed il paesaggio. L’esigenza di tutelare l’ambiente, infatti, impone di incrementare gli impianti eolici; quella di tutelare il paesaggio imporrebbe invece di impedirne la realizzazione: ambiente e paesaggio, dunque, risultano concetti distinti, anzi collidenti[25].

Approfonditi i contorni del conflitto[26], la giurisprudenza (non senza qualche dissenso da parte della dottrina in un senso e nell’altro[27]) si è espressa ampiamente in relazione ad un’ipotetica soluzione.

In particolare, dapprima la Corte costituzionale[28] ha escluso il primato assoluto della tutela del paesaggio, pur essendo lo stesso un valore costituzionale primario[29].

Tuttavia il Giudice amministrativo ha precisato al contrario che “alla concezione totalizzante dell’interesse paesaggistico…non può sostituirsi una nuova concezione totalizzante dell’interesse ambientale che ne postuli la tutela ad ogni costo sicché il conflitto tra tutela del paesaggio e tutela dell’ambiente (e indirettamente della salute) non può essere risolto in forza di una nuova aprioristica gerarchia che inverte la scala di valore[30].

Prevalenti sembrano essere però la giurisprudenza[31] e la dottrina[32] che giungono alla conclusione secondo cui risulta opportuno un corretto bilanciamento tra principi che può essere raggiunto all’interno di un procedimento per il rilascio di autorizzazione unica alla realizzazione di un impianto per la produzione di energia rinnovabile ai sensi dell’art. 12, D.Lgs. 387/2003 e s.m.i.

Infatti in fase istruttoria verranno presi in considerazione, caso per caso, sia l’elemento ambientale sia l’elemento paesaggistico e degli stessi (in caso di rilascio dell’autorizzazione) verrà effettuato un contemperamento in grado di ottenere la tutela di entrambi.

Ciò posto si rimarca che il caso di specie risulta differente, in quanto si sta valutando se la prima interpretazione della norma di cui al precedente paragrafo non violi il testo costituzionale anche alla luce del fatto che, rispetto all’analisi ora svolta, non esiste un procedimento autorizzatorio ai sensi dell’art. 12, D.Lgs. 387/2003 e s.m.i. trattandosi di edilizia libera.

Quello che però in definitiva emerge è che il principio della tutela del paesaggio non parrebbe poter essere prevaricato sempre e comunque dal principio di tutela dell’ambiente; pertanto un’interpretazione estensiva dell’art. 9 del D.L sarebbe da ritenersi non conforme al dettato della Costituzione, dato che non verrebbe garantita una adeguata tutela del paesaggio.

Fatta questa constatazione, si ritiene tuttavia che non si possa non tener conto, in relazione al «D.L. energia», di un cambiamento radicale del contesto globale di questo periodo storico che impone la necessità di disporre di energia per coprire il fabbisogno interno, senza però generare un livello di inquinamento tale da creare un danno irreversibile all’ambiente.

Necessità peraltro rilevata dalla Commissione europea, che con la Raccomandazione 2022/822 del 18 maggio 2022 è intervenuta sull’accelerazione delle procedure autorizzative per i progetti di energia rinnovabile e sull’agevolazione degli accordi di compravendita di energia.

Infatti, al Considerando n. 4 della sopracitata Raccomandazione, si insiste sull’importanza di un incremento delle energie rinnovabili al fine di ridurre la dipendenza dei combustibili fossili importati da Paesi terzi[33].

Come garantire quindi, al contempo, un’adeguata tutela del paesaggio, dato che la norma di cui sopra, così come si ritiene debba essere interpretata, liberalizzerebbe la posa dei pannelli fotovoltaici superando anche i vincoli paesaggistici locali?

Ebbene, la tutela del paesaggio potrebbe essere ugualmente garantita sulla base di quella giurisprudenza del Consiglio di Stato secondo cui “la produzione di energia elettrica da fonte solare è essa stessa attività che contribuisce, sia pur indirettamente, alla salvaguardia dei valori paesaggistici[34] [35] intesi come parte dell’ecosistema anch’esso oggetto di tutela come previsto dal novellato art. 9 della Costituzione. Questo anche grazie alle tecnologie più moderne[36] in tema di pannelli fotovoltaici.

Un’interpretazione di questo tipo troverebbe un’ulteriore sponda proprio in relazione al “superamento” della normativa locale e di approvvigionamento energetico.

In particolare “l’impatto territoriale degli impianti per la produzione di energia eolica, sicuramente rilevante e tale da giustificare l’esercizio dei poteri urbanistici e paesaggistici, non è tuttavia un elemento da considerare in via esclusiva, dovendo l’attività in parola tener conto altresì (e principalmente) dell’interesse nazionale – costituzionalmente rilevante – all’approvvigionamento energetico (per di più, in forme non inquinanti)[37].

In conclusione, di quanto ora esaminato, si aggiunga poi che la tutela paesaggistica (intesa più come impatto visivo) sarebbe comunque assicurata dall’art. 9 D.L. energia laddove quest’ultimo indica una serie tassativa di beni avente elevato valore culturale e paesaggistico per cui vi è l’onere di richiedere un’autorizzazione preliminare, ai sensi del D.Lgs. 42/2004 o del D.P.R. 31/2017.

  1. 5. Conclusioni

Alla luce di quanto sino ad ora analizzato, è possibile trarre le seguenti conclusioni.

Un’interpretazione dell’art. 9, D.L. energia volta alla liberalizzazione pressoché totale della posa dei pannelli fotovoltaici sugli edifici, in edilizia libera, creerebbe due evidenti criticità giuridicamente intese.

La prima relativa alla potenziale antinomia tra fonti; infatti, da un lato avremmo una norma nazionale successiva, che palesemente non prevede divieti di installazione di pannelli solari, salvo limitati vincoli autorizzatori previsti ai sensi del T.U. sui beni culturali e paesaggistici; dall’altra, avremmo norme urbanistiche comunali (P.R.G.) antecedenti, ove si individuano intere zone in cui vige il divieto di posa.

La seconda, inerente alla costituzionalità della norma esaminata, in quanto in potenziale contrasto con il principio della tutela del paesaggio.

Per ciò che concerne l’antinomia tra norma nazionale e locale, come indicato nel paragrafo 3 del presente contributo, una soluzione potrebbe essere individuata nell’applicazione del criterio cronologico.

Ciò determinerebbe una “soccombenza” – e conseguente abrogazione, con le evidenti difficoltà del caso per gli Uffici tecnici comunali – di tutta la normativa locale che impone vincoli di installazione di impianti fotovoltaici sugli edifici, a vantaggio della “liberalizzazione” disposta dall’art. 9, D.L. energia (norma gerarchicamente sovraordinata).

Per ciò che concerne invece la problematica legata alla costituzionalità della norma, come si è analizzato nel paragrafo 4, si ritiene che la stessa, sia per il contesto storico nel corso del quale è stata introdotta nell’ordinamento, sia per il suo contenuto, possa considerarsi conforme alla Costituzione e dunque in grado di permettere la salvaguardia del paesaggio.

In relazione al momento storico, infatti una norma che incentiva palesemente la produzione di energia da fonti rinnovabili (per assicurare un approvvigionamento energetico possibile in alternativa sostanzialmente soltanto attraverso fonti inquinanti quali sempre il gas proveniente da altri stati esteri, nonché il carbone[38]), come espressamente auspicato dalla Commissione europea con la Raccomandazione 822/2022 sopracitata, non può che garantire una tutela del paesaggio inteso come ecosistema “protetto”, come detto, esplicitamente dall’art. 9, comma 3 della Costituzione, peraltro anche attraverso l’utilizzo di tecnologie a basso impatto visivo, come ad esempio i pannelli che si mimetizzano con il tetto su cui poggiano.

Tutela del paesaggio che sarebbe comunque garantita espressamente anche dal capoverso da cui emerge che, per una serie tassativa di beni avente elevato valore culturale e paesaggistico, vi è l’onere di richiedere un’autorizzazione ai sensi del D.Lgs. 42/2004 o del D.P.R. 31/2017, previa installazione dell’impianto.

  1. Avvocato e Cultore di Diritto Costituzionale nell’Università degli Studi di Torino.
  2. Il D.Lgs. 28/2011, in combinato disposto con il D.Lgs. 387/2003, disciplinano i differenti iter autorizzativi e le procedure amministrative per la realizzazione e l’esercizio degli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili sul territorio nazionale. Più specificamente a seconda della dimensione dell’impianto potrà essere necessaria in alternativa un’autorizzazione unica (art. 12, D.Lgs. 387/2003), una PAS oppure una comunicazione in relazione all’attività di edilizia libera (entrambi disciplinati dall’art. 6, D.Lgs. 28/2011).
  3. Costruzione stabile, dotata di copertura e comunque appoggiata o infissa al suolo, isolata da strade o da aree libere, oppure separata da altre costruzioni mediante strutture verticali che si elevano senza soluzione di continuità dalle fondamenta al tetto, funzionalmente indipendente, accessibile alle persone e destinata alla soddisfazione di esigenze perduranti nel tempo”.
  4. Spasiano M.R. (2014), Art. 146, in Sandulli M.A. (a cura di), Codice dei beni culturali e del paesaggio, Milano, Giuffrè, pp. 1119.
  5. Per un approfondimento sul punto si v. Cons. Stato, sez. VI, 10 giugno 1987, n. 395
  6. Per un approfondimento sul punto si v. Cons. Stato, sez. IV, 10 dicembre 2003, n. 8145.
  7. Per un approfondimento sul punto Crepaldi G. (2014), Il regime vincolistico dei beni paesaggistici, in Ferrara R. e Sandulli M.A. (a cura di), Trattato di diritto dell’ambiente, Vol. III, Milano, Giuffrè, 2014, pp. 472 e ss.
  8. Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, l’esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del soprintendente. Il mutamento di destinazione d’uso dei beni medesimi è comunicato al soprintendente per le finalità di cui all’articolo 20, comma 1”.
  9. Conservano efficacia a tutti gli effetti: a) le dichiarazioni di importante interesse pubblico delle bellezze naturali o panoramiche, notificate in base alla legge 11 giugno 1922, n. 778 323; b) gli elenchi compilati ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497; c) le dichiarazioni di notevole interesse pubblico notificate ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 324; d) i provvedimenti di riconoscimento delle zone di interesse archeologico emessi ai sensi dell’articolo 82, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, aggiunto dall’articolo 1 del decreto legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni nella legge 8 agosto 1985, n. 431; 320 d-bis) gli elenchi compilati ovvero integrati ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 325; e) le dichiarazioni di notevole interesse pubblico notificate ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 326; f) i provvedimenti di riconoscimento delle zone di interesse archeologico emessi ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490; f-bis) i provvedimenti emanati ai sensi dell’articolo 1-ter del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431. Le disposizioni della presente Parte si applicano anche agli immobili ed alle aree in ordine ai quali, alla data di entrata in vigore del presente codice, sia stata formulata la proposta ovvero definita la perimetrazione ai fini della dichiarazione di notevole interesse pubblico o del riconoscimento quali zone di interesse archeologico.
  10. Per un quadro introduttivo dell’art. 6, D.P.R. 380/2001 in tema di edilizia libera, anche rispetto al ruolo della normativa regionale, si v. S. Foà (2020), L’attività amministrativa, C.E. Gallo (a cura di), Manuale di diritto amministrativo, Torino, Giappichelli, p. 170.
  11. Fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, i seguenti interventi sono eseguiti senza alcun titolo abilitativo: […] i pannelli solari, fotovoltaici, a servizio degli edifici, come definiti alla voce 32 dell’allegato A al regolamento edilizio-tipo, adottato con intesa sancita in sede di Conferenza unificata 20 ottobre 2016, n. 125/CU, ai sensi dell’articolo 4, comma 1-sexies, del presente testo unico, o degli impianti di cui all’articolo 87 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, posti su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici o collocati a terra in adiacenza, da realizzare al di fuori della zona A) di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444”.
  12. Per normativa omogenea di dettaglio si intende una norma costruita intorno ad una fattispecie precisa (si v. sul punto, Bin R. e Pitruzzella G. (2019), Diritto costituzionale, Torino, Giappichelli, pp. 346 e 347).
  13. Per il Consiglio di Stato “Si deve ritenere che l’effetto dell’abrogazione tacita di una disposizione normativa esiga che tra quest’ultima e quella successiva sia ravvisabile un rapporto di assoluta incompatibilità, esclusivamente configurabile nell’ipotesi in cui la seconda regoli la medesima situazione disciplinata dalla prima in modo che il nuovo regime e quello previgente siano incompatibili” (Cons. Stato, Sez. VI, 25 giugno 2008, n. 3228). Sentenza ripresa in Bin R. e Pitruzzella G. (2019), Le fonti del diritto, Torino, Giappichelli, pp. 16-17, in cui – laddove si considera che in tale tipologia di rapporto conflittuale tra due norme, il criterio cronologico e quello gerarchico si sommano in caso di abrogazione – si puntualizza che in caso contrario “dovrà operare il criterio gerarchico, con conseguente dichiarazione di illegittimità (o disapplicazione) del regolamento”.
  14. Pare utile precisare che per eminente dottrina tale normativa non è da considerarsi speciale bensì locale in quanto “la ragione determinante la distinzione cui ora si è accennato è molto chiara sotto il profilo logico: mentre il rapporto fra leggi generali e leggi speciali è scandito secondo un criterio contenutistico, quello fra leggi generali e leggi locali è determinato con un puro e semplice riferimento alla topografia della loro rispettiva applicazione” (Legge speciale e legge eccezionale, in Azara A. e Eula E. (1963) (a cura di), Novissimo Digesto Italiano, Vol. IX, Torino, Utet, pp. 696).
  15. Problematica valida anche per quella parte dell’art. 9 D.L. energia che disciplina l’installazione di impianti termici.
  16. Tassoni N. (2007), Ambiente, paesaggio e parchi eolici: un rapporto in parte ancora irrisolto, in Giornale diritto amministrativo, n. 11 e Molaschi V. (2009), Paesaggio versus ambiente: osservazioni alla luce della giurisprudenza in materia di realizzazione di impianti eolici, in Rivista Giuridica dell’edilizia n. 5 – 6.
  17. Per ciò che concerne la definizione di tutela paesaggistica, si v. Poggi A. (2004), La difficile attuazione del Titolo V: il caso dei beni culturali, al sito internet www.giustizia-amministrativa.it.
  18. La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”.
  19. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali” Comma aggiunto dall’ art. 1, comma 1, L. Cost. 11 febbraio 2022, n. 1, a decorrere dal 9 marzo 2022.
  20. Infatti secondo quanto emerge dal Dossier del Senato della Repubblica “Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente”, datato 18 febbraio 2022, il comma 3 dell’articolo 9 è stato introdotto al fine “di dare articolazione al principio della tutela ambientale, ulteriore rispetto alla menzione della “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali” previsto dall’ articolo 117, secondo comma della Costituzione – introdotto con la riforma del Titolo V approvata nel 2001 – nella parte in cui enumera le materie su cui lo Stato abbia competenza legislativa esclusiva”.
  21. Cons. Stato, Ad. Plen., 14 dicembre 2001, n. 9.
  22. Si v. anche Cafagno M. (2007), Principi e strumenti di tutela dell’ambiente, Torino, Giappichelli, p. 84 e ss.
  23. Tra le altre Corte cost., 29 maggio 2009, n. 166 e 6 novembre 2009, n. 282.
  24. Una conferma arriva anche dalla dottrina, si v. De Leonardis F. (2005), Criteri di bilanciamento tra paesaggio e energia eolica, in Mazzarolli L., Pericu G., Romano A., Roversi Monaco F.A., Scoca F.G. (a cura di), Diritto amministrativo, vol. IV, Bologna, Monduzzi, p. 890.
  25. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 22 luglio 2010, n. 16938.
  26. Su tale conflitto proprio in relazione alle energie rinnovabili si è espressa anche la giurisprudenza europea. Sul punto si. v. Pianta S. (2015), Le fonti energetiche rinnovabili: profili giuridici, in Picozza E., Sambri S.M. (a cura di), Diritto dell’energia, Padova, Cedam, pp. 553 e ss.
  27. Si v. in un senso Carpentieri P. (2021), Paesaggio, ambiente e transizione ecologica, al sito internetwww.giustiziainsieme.it, nell’altro De Leonardis F. (2005), Paesaggio e attività produttive: il caso dell’energia eolica. Relazione presentata al VII Convegno nazionale su “Urbanistica e paesaggio”, Università degli Studi di Parma, 18-19 novembre 2005. 
  28. Corte cost., 24 gennaio 2004, n. 196.
  29. In questo solco si è inserito il Giudice amministrativo che numerose volte, anche recentemente, ha ritenuto prevalente la tutela dell’ambiente in nome proprio della necessità di un approvvigionamento energetico (T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 9 febbraio 2010, n. 1775) anche in tema di fotovoltaico (Cons. Stato, sez. VI, 9 giugno 2020, n. 3696).
  30. T.A.R. Molise, sez. I, 8 aprile 2009, n. 115.
  31. T.A.R. Sardegna, sez. II, 3 ottobre 2006, n. 2083; T.A.R. Toscana, sez. II, 14 ottobre 2009, n. 1536; T.A.R. Piemonte, sez. I, 25 settembre 2009, n. 2292.
  32. Ferraro L., Costituzione, tutela del paesaggio e fonti di energia rinnovabili. Intervento al convegno su “Il Governo dell’energia dopo Fukushima,” Università di Napoli Federico II, 7-8 giugno 2012. Favorevole altresì alla necessità di un bilanciamento tra principi è Meli M. (2021), Quando l’ambiente entra in conflitto con sé stesso: fonti energetiche rinnovabili e tutela del paesaggio in Rivista giuridica AmbienteDiritto.it, n. 2, pp. 10 e ss.
  33. Incremento da raggiungere attraverso l’invito agli Stati membri all’accelerazione delle procedure autorizzative per i progetti di energia rinnovabile – favorendo la massima partecipazione di comunità e cittadini – e all’agevolazione degli accordi di compravendita di energia.
  34. Cons. Stato, sez. VI, 9 giugno 2020, n. 3696.
  35. Lettura confermata da eminente dottrina secondo cui “una piena ed efficacia tutela del paesaggio […] sembra incompatibile con l’insediamento di nuove attività di produzione di beni e servizi” in De Leonardis F. (2005), Criteri di bilanciamento tra paesaggio ed energia eolica, cit., pp. 889 e ss.
  36. La stessa Commissione europea, al punto 32 della Raccomandazione citata, incoraggia gli Stati membri a porre in essere normative al fine di sviluppare tecnologie innovative.
  37. T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 9 febbraio 2010, n. 1775. Sulla stessa linea il già citato Cons. Stato, sez. VI, 9 giugno 2020, n. 3696.
  38. Per un’analisi del piano energetico nazionale si v. Emergenza energia, in Italia 7 centrali a carbone pronte a ripartire in Il Sole 24 ore, 27 febbraio 2022 e Il governo lavora a un piano energia: ecco le cinque mosse dal carbone al gas in Il Sole 24 ore, 29 aprile 2022.