Un’ulteriore sperimentazione regionale nella lotta ai disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. Osservazioni sulla legge regionale 10/2022

Giada Ragone[1]

Sommario:

1. Introduzione – 2. L’intervento legislativo piemontese: un quadro d’insieme – 2.1 L’istituzione della Rete dei servizi e dell’Osservatorio regionale al cuore dalla lotta per la prevenzione e la cura dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione – 2.2 Convergenze e divergenze tra l’intervento legislativo piemontese e quello lombardo in tema di DNA – 3. Considerazioni conclusive

1. Introduzione

Con legge 27 luglio 2022 n. 10[2] la Regione Piemonte si è dotata di proprie “Disposizioni per la prevenzione e la cura dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione e per il sostegno ai pazienti e alle loro famiglie”. Sebbene la novella piemontese sia stata preceduta di qualche anno da analoghe iniziative di altre regioni[3], diversi elementi testimoniano che anche all’ombra del Monviso fosse chiaramente percepita l’urgenza di intervenire a contrasto di una piaga silenziosa e sfaccettata che interessa un numero allarmante di pazienti di età pediatrica, quale appunto quella dei disturbi della nutrizione e del comportamento alimentare (in seguito DNA)[4].

Tre circostanze in particolare sostengono tale valutazione. Anzitutto, ancora in corso l’iter di approvazione del progetto di legge[5] presso il Consiglio Regionale, il 22 ottobre 2021 la Giunta ha costituito con propria deliberazione[6] una Rete dei servizi regionali per la prevenzione e la cura dei DNA. Così facendo ha dato anticipatamente attuazione all’art. 4 della l.r. 10/2022 che 9 mesi dopo avrebbe assegnato alla stessa Giunta 180 giorni dalla propria entrata in vigore per costituire tale Rete regionale. Le motivazioni di una simile solerzia emergono chiaramente dal testo della D.g.r. n. 36-3977/2021, laddove si rileva che l’intervento della Giunta si è reso necessario «in considerazione della variazione dei quadri clinici e dei criteri diagnostici, dell’aumento epidemiologico delle persone affette nell’ultimo decennio [da DNA], con ulteriore incremento dell’incidenza a causa della pandemia, delle indicazioni intervenute a livello ministeriale, dei bisogni insoddisfatti di cura tuttora presenti nella regione Piemonte»[7].

In secondo luogo, l’art. 14 della l.r. del luglio 2022 contiene una dichiarazione d’urgenza che determina l’entrata in vigore della normativa al giorno successivo alla sua pubblicazione sul Bollettino ufficiale regionale, invece che al quindicesimo giorno come previsto in via ordinaria dall’art. 47, comma 2 dello Statuto del Piemonte.

Da ultimo, che per Regione Piemonte la lotta ai DNA sia considerata prioritaria è dimostrato dal corposo investimento finanziario disposto dalla legge in commento: il provvedimento stanzia infatti oltre 1,8 milioni di euro per il biennio 2022-2023[8] per interventi regionali di sostegno ai nuclei familiari ed enti del Terzo settore che si occupano di pazienti con DNA e dei loro famigliari, nonché per potenziare la Rete regionale di prevenzione e cura.

Per la copertura delle spese, il Piemonte ha avuto accesso al “Fondo per il contrasto dei Disturbi della Nutrizione e della Alimentazione” istituito a sostegno di iniziative regionali presso il Ministero della Salute dalla l. 30 dicembre 2021, n. 234 (Legge di bilancio 2022)[9]. Tale fondo consiste in una dotazione biennale di 25 milioni di euro, la cui ripartizione complessiva è stata definita sulla base di apposita intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni[10], in attesa che – sempre sulla scorta di quanto stabilito dalla Legge di bilancio 2022 – vengano aggiornati i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Per la prima volta, infatti, il legislatore statale ha affidato al Ministero della Salute il compito di individuare tra i LEA la specifica area dei DNA, che verranno dunque scorporati dall’area della salute mentale con conseguente assegnazione di autonomo budget[11].

Tanto l’istituzione del Fondo quanto la disposizione di aggiornamento dei LEA si collocano nel solco di precedenti iniziative ministeriali che confermano come, da qualche anno, l’attenzione alla prevenzione e cura dei DNA sia aumentata anche a livello statale: tra il 2017 e il 2020 il Ministero della Salute ha pubblicato diversi documenti con linee guida e raccomandazioni sul tema[12], ha promosso una campagna di sensibilizzazione digitale connessa alla “Giornata Nazionale del fiocchetto lilla” e avviato un progetto di ricerca a seguito dell’aumento dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione causati dalla pandemia[13].

L’intervento legislativo del Piemonte, il primo tra le leggi regionali in materia ad essere entrato in vigore dopo l’approvazione dell’intesa sull’utilizzo del “Fondo per il contrasto dei Disturbi della Nutrizione e della Alimentazione[14], offre dunque un interessante esempio di cooperazione tra livello statale e regionale per far fronte ad una problematica parimenti percepita come urgente[15]. Nei paragrafi seguenti si darà conto delle concrete modalità prescelte dal legislatore piemontese per perseguire i propri obiettivi, sottolineando in particolare il ruolo ritagliato dalla novella per la Rete regionale e per l’Osservatorio di cui all’art. 10. Il caso offre l’occasione per rilevare, pur per rapidi cenni e compatibilmente con il breve spazio di un commento, alcune peculiarità del momento che sta attraversando il regionalismo italiano.

2. L’intervento legislativo piemontese: un quadro d’insieme

La legge regionale piemontese n. 10/2022 prevede il ricorso ad una serie di interventi finalizzati alla prevenzione e cura dei DNA, «con particolare attenzione all’età evolutiva» (art. 1, comma 1), e promuove una programmazione della rete dei servizi ispirata, inter alia, al principio di «umanizzazione» (art. 1, comma 2). Quest’ultimo concetto, spesso invocato in relazione ai diritti dei detenuti e al rispetto della dignità umana nell’esecuzione della pena[16], è entrato a far parte del lessico del diritto sanitario a partire dall’approvazione del Patto per la Salute 2014-2016[17] e – in tal contesto – vincola regioni e province autonome a rendere i luoghi di assistenza e i programmi diagnostico-terapeutici orientati alla centralità della persona, considerata nella sua interezza fisica, sociale e psicologica.

La definizione di DNA offerta dal testo di legge si discosta un poco da quella del documento “Percorso lilla in pronto soccorso” del Ministero della Salute[18]. In entrambi i casi ci si riferisce a sindromi caratterizzate da un persistente disturbo dell’alimentazione o da comportamenti connessi all’alimentazione che determinano un alterato consumo di cibo e che danneggiano significativamente la salute fisica e il funzionamento psicosociale. Tuttavia l’art. 2 della legge piemontese omette l’aggettivo “psichiatriche” accanto al termine “sindromi”, intendendo forse ricomprendere uno spettro più ampio di disturbi all’interno del proprio ambito d’intervento. Quest’ultimo si sostanza in quattro azioni, enunciate all’art. 3: a) la promozione di misure a sostegno dei familiari di soggetti con DNA; b) l’integrazione della Rete dei servizi regionali per la prevenzione e la cura dei DNA[19]; c) l’attivazione di strategie adeguate a ridurre le probabilità di cronicizzazione; d) la divulgazione di informazioni in merito ai servizi offerti dalla Rete regionale.

Il perno del sistema messo a punto dalla l.r. 10/2022 è la Rete regionale, della quale si dirà meglio infra. Quanto al sostegno alle famiglie, l’articolato dispone che la Regione promuova iniziative di informazione e sensibilizzazione rivolte anche alle famiglie (art. 7, comma 1), attivi percorsi formativi per i nuclei familiari delle persone affette da DNA (art. 8, comma 4) e, in armonia con il principio di sussidiarietà orizzontale[20] e a conferma della centralità del Terzo settore nell’implementazione dei diritti sociali[21], sostenga le attività delle associazioni e degli ETS che operano a sostegno sia dei pazienti sia dei loro familiari (Art. 9, comma 1). Per il resto, al di là di alcune generiche dichiarazioni d’impegno a supporto delle famiglie[22], la legge delega alle linee guida attuative (di spettanza della Giunta regionale) la definizione dei percorsi clinico-assistenziali diversificati e flessibili per rispondere ai bisogni clinici e psico-socio-educativi dei pazienti con DNA e delle loro famiglie, nonché l’individuazione delle concrete modalità di attivazione dei percorsi formativi rivolti ai nuclei familiari delle persone affette da DNA (art. 11, comma 2).

In tema di contrasto alla cronicizzazione delle sindromi, può dirsi che l’insieme di tutte le iniziative di screening, riconoscimento, prevenzione e cura[23] che la Regione intende incrementare siano orientate a questo fine. Al contempo, tra i livelli di presa in carico cui deve far fronte la Rete regionale sono incluse strutture residenziali e semi-residenziali dedicate ai pazienti cronici e non responsivi, con necessità di percorsi di riabilitazione psico-nutrizionale e psico-sociale (Art. 4, comma 2, lett. f).

Venendo, infine, alle attività di divulgazione e informazione, meritano rilievo l’indicazione di investire prioritariamente in campagne di comunicazione digitale «per agevolarne la diffusione tra la popolazione giovanile» (art. 7, comma 2), considerato il progressivo abbassamento dell’età dei soggetti colpiti dalle sindromi ascrivibili ai DNA, e la promozione della Giornata nazionale del Fiocchetto lilla (art. 7, comma 3).

2.1 L’istituzione della Rete dei servizi e dell’Osservatorio regionale al cuore dalla lotta per la prevenzione e la cura dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione

Come si è detto, la Rete dei servizi regionali per la prevenzione e la cura dei DNA cui è dedicato l’art. 4 del testo di legge è stata costituita già a partire dall’ottobre 2021 con delibera della Giunta regionale n. 36-3977. Tale infrastruttura rappresenta, insieme all’Osservatorio disciplinato all’art. 10, la spina dorsale del sistema regionale piemontese a contrasto alle sindromi riferibili ai DNA.

Fanno parte della Rete, il cui coordinamento spetta all’assessorato regionale alla sanità, i centri dedicati delle aziende sanitarie locali e ospedaliere nonché i soggetti privati accreditati che si occupano di DNA a livello regionale[24].

Lo scopo della Rete è quello di garantire una presa in carico globale del paziente nelle diverse fasi delle sindromi e nei contesti di cura più appropriati ai singoli casi. A tal fine la legge individua 7 livelli di presa in carico e cura che, seppur in minima parte, si differenziano dai livelli definiti dalla d.g.r. n. 36-3077/2021. Entrambe le fonti riconoscono la necessità di mettere a disposizione dei pazienti i seguenti luoghi di cura: 1) centro esperto regionale, 2) livello di base: medici di famiglia e pediatri di libera scelta, 3) primo livello: ambulatori, 4) secondo livello: ambulatoriale complesso multidisciplinare e day-hospital. Quanto ai livelli successivi, si segnalano le seguenti discrepanze. In primis, la legge prescrive un quinto livello “ospedaliero: ricovero ordinario” ed un sesto “strutture residenziali e semi-residenziali”, riservato ai pazienti cronici e non responsivi con necessità di percorsi di riabilitazione; la d.g.r., invece, non opera questo distinguo ed indica più genericamente al punto 5) il “livello ospedaliero (emergenza e PL dedicati di riabilitazione)”. Quanto infine all’ultimo livello menzionato dai due documenti, la legge fa riferimento a “percorsi domiciliari di cura e assistenza”, mentre la delibera parla di “comunità terapeutica”. Sebbene non si tratti di differenze sostanziali, quanto piuttosto di disallineamenti dovuti alla circostanza già sottolineata che la Giunta regionale ha ritenuto di dover costituire la Rete mentre ancora la discussione consiliare sul testo di legge era aperta, sarà interessante rilevare in futuro se si renderà necessario un adeguamento di quanto disposto dall’esecutivo regionale.

Sulle casistiche trattate, sulle attività realizzate e sui sevizi offerti all’interno della Rete svolge monitoraggio l’Osservatorio regionale per la prevenzione e la cura dei DNA (art. 11, comma 4). Sono altresì compiti dell’organo: 1) raccogliere e rendere disponibili dati epidemiologici sulla diffusione delle sindromi in parola; 2) proporre raccomandazioni per una gestione appropriata dei DNA, le quali possono condurre alla revisione delle linee guida attuative della legge in commento; 3) proporre iniziative di informazione e sensibilizzazione.

2.2 Convergenze e divergenze tra l’intervento legislativo piemontese e quello lombardo in tema di DNA

Le competenze dell’Osservatorio appena richiamate sono in larga parte riconducibili a quelle attribuite da Regione Lombardia alla Cabina di regia (CDR) per la prevenzione e la cura dei DNA istituita ex art. 3 della l.r. lombarda, 23 febbraio 2021, n. 2: “Disposizioni per la prevenzione e la cura dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione e il sostegno ai pazienti e alle loro famiglie”. La distinzione di maggior rilievo tra le due strutture è che alla CDR spetta il coordinamento della Rete regionale lombarda, mentre nel caso piemontese tale attribuzione è in capo all’assessorato alla Sanità. Per il resto le somiglianze superano le differenze, anche per ciò che attiene alla composizione. Tanto l’Osservatorio piemontese quanto la CDR lombarda vedono la partecipazione di un rappresentante dell’esecutivo regionale competente per materia[25], di un componente per ogni agenzia sanitaria locale/ATS, di quattro esperti di comprovata esperienza nella prevenzione e cura dei DNA, di membri del mondo dell’associazionismo operanti nel settore e di rappresentanti dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta. Nel caso dell’Osservatorio, a questi soggetti si aggiungono un rappresentante degli enti gestori delle funzioni socio-assistenziali e uno dell’Ufficio scolastico regionale. Vale anche per tale struttura l’osservazione secondo cui «[s]ebbene sia preponderante la componente “esperta”, non può considerarsi meramente alla stregua di un comitato tecnico-scientifico, annoverando al suo interno anche figure con funzioni più di rappresentanza che di consulenza tecnica vera e propria»[26].

Sempre rispetto all’intervento legislativo Lombardo, la legge piemontese si distingue per non menzionare esplicitamente il ricorso a progetti terapeutico-riabilitativi individuali per la cura dei DNA[27], limitandosi a citare la necessità di definire “percorsi clinico-assistenziali diversificati”. L’impiego di progetti individualizzati è ormai tratto caratteristico dei principali interventi legislativi in materia assistenziale succedutisi in Italia a partire dalla l. n. 328/2000[28], sia a livello statale sia regionale. Si tratta di «azioni di welfare che, rifiutando un approccio standardizzato quanto al tipo di sostegno e assistenza da offrirsi in vari ambiti al cittadino (o ai nuclei familiari), ruotano attorno alla creazione di un progetto ad hoc»[29] che, all’esito di una valutazione multidimensionale dei bisogni del destinatario, miri alla realizzazione di obiettivi specifici.

L’assenza nella l.r. n. 10/2022 di riferimenti diretti a tale impostazione è tuttavia colmata da quanto prescrivono i “Principi di trattamento” enunciati dall’allegato alla d.g.r. del 22 ottobre 2021, i quali, coerentemente con le linee di indirizzo nazionali del 2013 e del 2017, descrivono i caratteri imprescindibili di un corretto approccio terapeutico ai DNA. In particolare, secondo il principio n. 3: «Per ogni paziente va previsto un progetto individuale di cura che delinei un percorso nel tempo del trattamento», precisando obiettivi e step progressivi. Seppure non si parli esplicitamente di una previa valutazione multidimensionale dei bisogni del paziente, è sottolineato come il percorso terapeutico debba considerare diversi aspetti della persona (psicologici, clinico-nutrizionali, socio-ambientali e così via) e che le cure debbono essere multidisciplinari, effettuate da equipe multiprofessionali. Infine, benché a differenza della legge lombarda non sia attribuito un ruolo specifico alla famiglia del paziente nella redazione del progetto[30], il principio n. 5 invita a coinvolgere i familiari nelle cure «come risorsa e discutendo ove sia possibile il loro ruolo e le loro possibili azioni». Si può, dunque, in certa misura affermare che anche il sistema piemontese di presa in carico e cura dei DNA sia ispirato al c.d. “modello progettuale individuale”[31].

3. Considerazioni conclusive

In un recentissimo articolo intitolato “Dove vanno le Regioni?”[32] il Professor D’Atena constata come, nonostante la ripresa del dibattito sull’attuazione del regionalismo differenziato[33] a seguito dell’instaurazione della nuova compagine di governo[34], permanga nella cultura politica nazionale italiana «una malcelata insofferenza nei confronti del sistema delle autonomie territoriali»[35], fondata «sull’indimostrata presunzione che gli interventi realizzati a livello centrale offrano – sul piano dell’efficacia – garanzie necessariamente maggiori di quelli effettuati a livello periferico. E questo anche con riferimento a un servizio di prossimità, come quello sanitario, che non può essere totalmente gestito a livello centrale»[36]. Per contro, rileva l’Autore, l’incidenza dei servizi resi dagli enti regionali nei confronti dei cittadini, soprattutto nell’ambito del welfare, hanno rafforzato nei decenni la connessione tra le regioni e le loro comunità sottostanti, consentendo di affermare che proprio nella «valenza dell’azione da esse svolta»[37] si colloca una delle loro maggiori ragioni giustificative[38].

Il caso esaminato nel presente contributo ben dimostra, effettivamente, che le regioni abbiano maturato nel tempo la capacità di dotarsi di strutture e articolazioni (Reti, osservatori, Cabine di regia etc.) sempre più raffinate per far fronte ai bisogni dei cittadini, anche in ambiti nevralgici come la sanità[39]. Prescindendo dalla misurazione dell’efficacia del sistema realizzato da Regione Piemonte nella lotta ai DNA, la quale sarà valutata secondo le forme previste dall’art. 12 della l.r. n. 10/2022 e attraverso le attività di rendicontazione richieste dall’Intesa sull’utilizzo del “Fondo per il contrasto dei Disturbi della Nutrizione e della Alimentazione”, possono già sin d’ora essere svolte alcune brevissime considerazioni.

Si è detto in apertura che a livello statale, soprattutto a seguito della crisi pandemica, sia emersa con chiarezza la necessità di intervenire a contrasto del diffondersi dei disturbi legati al comportamento alimentare. Tale consapevolezza non ha tuttavia condotto il Parlamento all’adozione di leggi specifiche in argomento[40], bensì allo stanziamento di un fondo in favore di regioni e province autonome. Certo si potrebbe dire che la partecipazione di queste ultime alla realizzazione delle finalità del fondo nasca «già intrinsecamente subordinata, come avviene in tutti i casi in cui è lo Stato a disporre della leva finanziaria e alle autonomie territoriali si chiede solo un’adesione interessata alla concessione di risorse, ordinarie o straordinarie»[41]. Al contempo, però, può essere altresì letta come una scelta in linea col principio costituzionale di sussidiarietà, la quale rivela – nei fatti e al di là di posizioni politico-ideologiche sul regionalismo – una stima del legislatore centrale verso la capacità degli enti regionali di provvedere in maniera più capillare ed efficiente alla predisposizione e al coordinamento di sistemi di prevenzione, presa in carico e cura dei DNA.

In secondo luogo, e concludendo, pare significativo che lo stanziamento del Fondo – così come la stessa legge piemontese – sia intervenuto dopo che alcune sperimentazioni regionali erano già state poste in essere: ci si riferisce, oltre alla già citata legge lombarda del febbraio 2021, agli interventi normativi della Liguria, nel 2019, e delle Marche, nel 2020[42]. Nella storia del regionalismo italiano moltissimi sono gli esempi di sperimentazioni sorte in singole regioni che hanno, a poco a poco, ispirato altri enti regionali e, in alcune occasioni, funto altresì da motore per iniziative nazionali[43]. Il contesto in cui ha trovato spazio la novella piemontese costituisce un buon esempio di queste virtuose contaminazioni e indica che il ruolo delle regioni a favore di una più piena implementazione di diritti fondamentali quali quello alla salute è tutt’altro che irrilevante.

  1. Ricercatrice in Diritto Costituzionale nell’Università degli Studi di Milano.
  2. Legge regionale del Piemonte, 27 luglio 2022, n. 10: “Disposizioni per la prevenzione e la cura dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione e per il sostegno ai pazienti e alle loro famiglie” (B.U. 28 luglio 2022).
  3. Cfr. Legge regionale della Liguria, 26 luglio 2019, n. 16: “Disposizioni a favore del contrasto dei disturbi dell’alimentazione e della nutrizione e per la promozione della formazione del personale sanitario”; Legge regionale delle Marche, 3 agosto 2020, n. 40: “Disposizioni relative alla presa in carico delle persone con disturbi della nutrizione e dell’alimentazione o del comportamento alimentare”; Legge regionale della Lombardia, 23 febbraio 2021, n. 2: “Disposizioni per la prevenzione e la cura dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione e il sostegno ai pazienti e alle loro famiglie”. Per un commento alla legge lombarda, si rinvia a Ragone G. (2021), Una Cabina di regia e il ricorso al “modello progettuale individuale” per la lotta ai disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. A proposito della l.r. lombarda 23 febbraio 2021, n. 2, in Le Regioni, n. 6, pp. 1541-1550.
  4. Come si afferma nella relazione al progetto di legge regionale n. 148/2021, in Italia sono circa 2 milioni i giovani interessati da questa «vera e propria epidemia sociale». È peraltro specificato che la proposizione della legge che qui si commenta «è estremamente connessa agli […] accadimenti che hanno coinvolto un giovane cittadino torinese, che ha drammaticamente perso la vita nonostante la prematura età» in conseguenza a disturbi del comportamento alimentare. Il testo completo della relazione è disponibile all’indirizzo: www.serviziweb.csi.it/solverweb/IndexDocumentServlet?id=62774
  5. Il testo di legge approvato dal Consiglio regionale piemontese riunisce le seguenti proposte di legge: n. 148 del 15 giugno 2021, n. 149 del 20 giugno 2021, n. 162 del 1 ottobre 2021, n. 167 del 29 ottobre 2021.
  6. Deliberazione della Giunta Regionale 22 ottobre 2021, n. 36-3977: “Rete dei servizi regionali per la prevenzione e cura dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. Revisione dei setting assistenziali e dei requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi e relative tariffe delle strutture dedicate. Integrazione e revoca parziale della D.G.R. 9 dicembre 2013, n. 42- 6860”.
  7. D.g.r. n. 36-3977/2021, p. 2.
  8. Più precisamente, l’art. 13 (Disposizioni finanziarie) della l.r. 10/2022 destina 1.105.500 euro per l’annualità 2022 e 737.000 per il 2023.
  9. Cfr. l. 30 dicembre 2021, n. 234, art. 1, comma 688.
  10. Intesa n. 122 /CSR del 21 giugno 2022.
  11. Cfr. l. 30 dicembre 2021, n. 234, art. 1, comma 687.
  12. «Nell’ambito dell’aggiornamento dei LEA di cui al comma 288, il Ministero della salute provvede ad individuare la specifica area dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (DNA) le cui prestazioni sono inserite attualmente nell’area della salute mentale» (comma 687); «Nelle more dell’aggiornamento di cui al comma 687, al fine di garantire il contrasto dei DNA, è istituito presso il Ministero della salute il Fondo per il contrasto dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, con dotazione di 15 milioni di euro per l’anno 2022 e di 10 milioni di euro per l’anno 2023» (comma 688); «Al Fondo di cui al comma 688 accedono tutte le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono per le autonomie speciali il concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente, sulla base delle quote d’accesso al fabbisogno sanitario indistinto corrente rilevate per l’anno 2021. La ripartizione complessiva del Fondo è definita sulla base di apposita intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano da adottare entro il 31 gennaio 2022» (comma 689).
  13. Cfr. i Quaderni del Ministero della Salute n. 29 del settembre 2017: “Linee di indirizzo nazionali per la riabilitazione nutrizionale nei disturbi dell’alimentazione”; il Documento “Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione: raccomandazioni per i familiari” del marzo 2018; il Documento “Interventi per l’accoglienza, il triage, la valutazione ed il trattamento del paziente con disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. Percorso lilla in pronto soccorso (Revisione 2020)” dell’ottobre 2020.
  14. Cfr. D.g.r. n. 36-3977/2021, p. 1.
  15. Tra le altre iniziative regionali intraprese in seguito al raggiungimento dell’Intesa sull’utilizzo del Fondo, si segnalano: il progetto “Linee di intervento per il contrasto dei Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione (DNA)” presentato da Regione Emilia-Romagna e approvato dal Ministero della Salute, che destina le risorse messe a disposizione della regione al consolidamento dell’attuale modello organizzativo regionale della rete ambulatoriale; la delibera della Giunta regionale veneta n. 905 del 26 luglio 2022, contenente la presentazione del Piano biennale di attività per il contrasto dei disturbi dell’Alimentazione e della Nutrizione.
  16. Il fatto che lo Stato nel raggiungere l’intesa citata abbia acquisito un consenso «finanziariamente condizionato» (a riguardo v. Merloni F. (2021), Il Titolo V, le Regioni e le riforme delle autonomie territoriali, in Istituzioni del federalismo, n. 1, p. 12) non basta a sminuire totalmente l’atteggiamento collaborativo tra diversi livelli di governo che il caso qui commentato rivela, in gran parte sostenuto dalla convergenza circa la percepita necessità di porre argine alla problematica dei DNA.
  17. Cfr. ex multis, Nicotra I. (2014), Pena e reinserimento sociale, in Rivista AIC, n. 2, pp. 1-15; Ruotolo M. (2005), Il principio di umanizzazione della pena e i diritti dei detenuti nella Costituzione italiana, in Diritto e società, n. 1, pp. 51-73.
  18. Cfr. l’art. 4 (Umanizzazione delle cure) dell’Intesa tra Stato e Regioni n. 82/CSR del 10 luglio 2014.
  19. Il documento Interventi per l’accoglienza, il triage, la valutazione ed il trattamento del paziente con disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. “Percorso lilla in pronto soccorso” è disponibile al link: www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2961_allegato.pdf
  20. La Rete regionale è chiamata a «offrire risposte puntuali […] nel rispetto dei tempi di cura, nonché la continuità del trattamento ritenuto necessario dall’equipe multidisciplinare» (art. 3, comma 1, lett. b).
  21. V. art. 118, ultimo comma Cost.
  22. Su cui, recentemente: Petrarchi M. (2023), Welfare sussidiario, salute e inclusione sociale. Il contributo del Terzo Settore, in Federalismi.it, n. 1, pp. 177-203.
  23. Si veda in particolare l’art. 6, comma 6: «La Regione programma e attua azioni di sostegno alle famiglie e ai caregiver dei pazienti, valorizzando le iniziative già presenti sul territorio».
  24. Cfr. ad esempio l’art. 5.
  25. Analogamente, l’art. 4 della l.r. lombarda n. 2/2021 istituisce una Rete regionale per la prevenzione e la cura dei DNA composta da tutte le ASST e dai privati accreditati che si occupano nel territorio regionale di disturbi del comportamento alimentare.
  26. La legge piemontese parla di “assessore alla sanità o un suo delegato” (art. 10, comma 2, lett. a), quella lombarda di “un componente designato dalla Direzione regionale competente in materia di welfare con funzioni di coordinatore” (art. 3, comma 2, lett. a).
  27. Così Ragone G. (2021), Una Cabina di regia e il ricorso al “modello progettuale individuale” per la lotta ai disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, cit., p. 1545.
  28. Cosa che la l.r. lombarda n. 2/2021 fa all’art. 9.
  29. L’art. 14 della l. n. 328/2000 stabilisce che, per realizzare la piena integrazione delle persone con disabilità, nell’ambito della vita familiare e sociale, nonché nei percorsi dell’istruzione scolastica o professionale e del lavoro, i comuni, d’intesa con le aziende unità sanitarie locali, predispongono, su richiesta dell’interessato, un progetto individuale. La giurisprudenza amministrativa ha più volta ribadito il carattere vincolante degli impegni assunti dagli enti locali in sede di definizione del progetto stesso, oltre all’obbligatorietà di predisporre il progetto una volta che sia stata avanzata richiesta da parte della persona con disabilità.
  30. Arconzo G., Ragone G., Bissaro S. (2020), Il diritto delle persone con disabilità al progetto individuale, in Le Regioni, n. 1, p. 37.
  31. Ai sensi dell’art. 9, comma 1 della l.r. 2/2021: «Il progetto terapeutico-riabilitativo è redatto con il coinvolgimento della famiglia del paziente se minore».
  32. Cfr. Arconzo G., Ragone G., Bissaro S. (2020), Il diritto delle persone con disabilità al progetto individuale, cit., p. 37
  33. D’Atena A. (2022), Dove vanno le Regioni?, in Rivista AIC, n. 4, pp. 192-203.
  34. La letteratura in tema di regionalismo differenziato è ormai vastissima. Ex multis, in anni recenti: Violini L. (2021), Una forma di stato a regionalismo differenziato? Percorsi e argomenti per l’attuazione dell’art. 116, III comma, Cost., Torino; Staiano S. (2019), Il regionalismo differenziato. Debolezza teorica e pratica del conflitto, in Rivista del Gruppo di Pisa, n. 3, p. 224 ss.; Caravita di Toritto B. (2019), Un doppio binario per l’approvazione del regionalismo differenziato?, in Federalismi.it, n. 13; Grosso E., Poggi A. (2018), Il regionalismo differenziato: potenzialità e aspetti problematici, in Il Piemonte delle Autonomie, n. 2; Dogliani M. (2018), Quer pasticciaccio brutto del regionalismo italiano, in Il Piemonte delle Autonomie, n. 3.
  35. Sulle proposte recentemente avanzate dall’esecutivo, v. Manganaro F. (2023) Regionalismo differenziato e divari di cittadinanza nelle più recenti proposte di riforma, in Giustiziainsieme.it, 02.02.2023.
  36. D’Atena A. (2022), Dove vanno le Regioni?, cit., p. 197.
  37. Ibidem, p. 197-198.
  38. Ibidem, p. 200.
  39. Anche se deve essere rilevati giudizi più critici, come ad es. quello di Merloni F. (2021), Il Titolo V, le Regioni e le riforme delle autonomie territoriali, cit., p. 15, secondo cui: «la qualità delle prestazioni del sistema delle autonomie territoriali […] è di molto peggiorata negli ultimi anni».
  40. Il che, peraltro, non equivale ad un giudizio pienamente ed esclusivamente positivo sul ruolo giocato dalle regioni in questo contesto né sulle modalità di implementazione dei diritti sociali nel complesso quadro del decentramento italiano. Si è infatti ben consapevoli che il pluralismo di responsabilità in materia di welfare distribuite tra livello statale e sub-statale «genera a sua volta un proliferare di modalità operative e di gestione. Essi, complice un coacervo di fonti e di norme, un ancora incompiuto processo di federalismo fiscale e un altrettanto incompiuto percorso di definizione di tutti i livelli essenziali delle prestazioni, non fanno altro che complicare l’esercizio delle relative funzioni e, quindi, l’effettività del sistema di welfare». Così Violini L., Vimercati B. (2021), Il welfare italiano e il dedalo delle competenze che lo connota: l’esempio del finanziamento dei servizi sociosanitari, in DPCE online, n. 2, p. 2538.
  41. Seppure non siano mancate nelle scorse legislature proposte di legge sul tema, in molti casi orientate alla penalizzazione delle condotte di istigazione al ricorso a pratiche alimentari idonee a provocare l’anoressia o la bulimia. In argomento v. Rossi S. (2015), TSO e anoressia: note su un disegno di legge controverso, in BioLaw Journal, n. 3, p. 117 ss.
  42. Merloni F. (2021), Il Titolo V, le Regioni e le riforme delle autonomie territoriali, cit., p. 21.
  43. V. nota 3.
  44. È il caso ad esempio delle sperimentazioni regionali dei c.d. budget di salute – su cui più diffusamente Starace F. (2011), Manuale pratico per l’integrazione sociosanitaria. Il modello del Budget di salute, Roma – e dei progetti di vita ad essi connessi che grossa influenza hanno esercitato sulla redazione della legge quadro sulle disabilità (22 dicembre 2021, n. 227), che all’art. 1, comma 5 delega il Governo a regolamentare la realizzazione di progetti di vita individuali, personalizzati e partecipati.