Il TAR Piemonte si pronuncia in favore dei limiti orari imposti alle sale-gioco (nota alla sentenza 3 gennaio 2019, n.17)

Alessandro Magrassi[1]

Sommario: 1. Introduzione. 2. La sentenza. 2.1. Il primo motivo di impugnazione: l’ordinanza non è viziata da mancanza di trasparenza e non lede il principio di leale collaborazione. 2.2. Il secondo motivo di impugnazione: l’ordinanza non è viziata da eccesso di potere, difetto di motivazione, irrazionalità. 2.2.1. I fondamenti istruttori. 2.2.2. Il principio dell’uguaglianza tra giochi diversi. 2.2.3. La trasmigrazione dei giocatori. 2.3. Il terzo motivo di impugnazione: l’ordinanza non vìola l’art. 41 Cost.. 3. Osservazioni conclusive.

 

1. Introduzione.

La seconda sezione del TAR Piemonte, con sentenza n. 17 del 3 gennaio 2019, ha sancito la legittimità di un provvedimento sindacale del Comune di Leinì (TO) che disponeva alcuni limiti orari all’utilizzo di apparecchiature videoludiche per contrastare il dilagante fenomeno della ludopatia.

La società ricorrente ha proposto tre motivi di impugnazione, tutti dichiarati infondati dal Tribunale. In primis, il TAR ha infatti ritenuto il provvedimento non lesivo dei principi di leale collaborazione e trasparenza dell’agire della p.a. (par. 2.1.). Inoltre, secondo i giudici amministrativi il provvedimento del Sindaco risulta altresì fondato da un punto di vista istruttorio e non viziato da eccesso di potere, difetto di motivazione o irrazionalità, essendo stati ritenuti soddisfacenti i fondamenti istruttori (parr. 2.2.1.), non violato il principio di uguaglianza per irragionevoli disparità di trattamento tra strumentazioni ludiche d’azzardo (2.2.2.) e infondata l’obiezione per cui un simile provvedimento avrebbe come principale esito solo la trasmigrazione dei giocatori in altri comuni (2.2.3.). Infine, il Tribunale piemontese ha ritenuto ragionevole e proporzionata la compressione del principio di libertà dell’iniziativa economica privata sancito all’art. 41 Cost. (par. 2.3.) operata dal provvedimento in esame, rispetto agli altri beni giuridici di rilevanza costituzionale coinvolti (in particolare, la tutela della salute pubblica), secondo un corretto bilanciamento degli interessi.

 

2. La sentenza.

La vicenda origina dalla decisione della società DRS s.r.l. di impugnare l’ordinanza n. 128 del 17 novembre 2016 con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica nel marzo 2017, avverso al quale l’amministrazione ha proposto opposizione trasponendo la lite innanzi al TAR Piemonte, con atto depositato il 05.07.2017.

Col provvedimento impugnato il Sindaco di Leinì, Comune sito nella Città metropolitana di Torino, stabiliva fasce orarie per l’apertura delle sale pubbliche da gioco e di utilizzo degli apparecchi automatici d’azzardo di cui all’art. 110 co. 6 TULPS[2], con l’espresso intento di contrastare il gioco d’azzardo patologico (GAP): l’orario di apertura di dette sale da gioco doveva essere determinato dal titolare nella fascia individuata tra le ore 10:00 e le ore 24:00 e, in questo lasso temporale, l’utilizzo delle apparecchiature ludiche doveva essere concesso esclusivamente negli intervalli tra le ore 14:00 e le ore 18:00 e tra le ore 20:00 e le ore 24:00.

La società ricorrente ha articolato la propria doglianza in tre motivi di impugnazione.

Col primo motivo, la DRS s.r.l. sostiene la configurabilità, nel provvedimento in esame, di una «violazione dei principi di leale collaborazione e trasparenza, sul rilievo che sarebbe mancata in sede procedimentale la consultazione degli operatori del settore e delle associazioni rappresentative»: la società, dunque, lamenta lesi i principi generali di leale collaborazione e trasparenza dell’agire della pubblica amministrazione, non avendo il Comune consultato esponenti delle associazioni interessate.

Col secondo motivo, la società deduce «vizi di eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, contraddittorietà e irrazionalità manifesta», articolando tale obiezione in tre differenti ragioni impugnative: in primis, il provvedimento sindacale soffrirebbe di una carenza di fondamenti istruttori, giacché i dati riportati dal Comune a sostegno del provvedimento impugnato sarebbero non aggiornati – in quanto riferiti all’anno 2012 – e non specifici, riguardanti cioè l’intero territorio nazionale e non il singolo Comune di Leinì; secondariamente, la ricorrente lamenta una irragionevole differenziazione operata tra slot machines (AWP) e videolottery (VLT), dispositivi oggetto dei limiti temporali imposti dall’atto amministrativo, e le altre tipologie di giochi il cui esercizio non è stato vincolato a orari dall’ordinanza sindacale, il che integrerebbe una discriminazione ingiustificata e incoerente col principio generale di uguaglianza; infine, la DRS s.r.l. sostiene che le limitazioni orarie imposte sarebbero «irragionevoli e inefficaci, producendo il solo effetto di indurre i giocatori a trasferirsi in altri contesti territoriali» o a rivolgersi al gioco d’azzardo sul web.

Con il terzo e ultimo motivo, la società ricorrente sostiene la violazione dell’art. 41 Cost., unitamente a vizi di eccesso di potere nuovamente per difetto di istruttoria e ingiustizia manifesta, giacché a suo avviso:

«- il provvedimento impugnato non avrebbe operato alcun bilanciamento degli interessi contrapposti, quello alla salute da un lato e quello degli operatori economici dall’altro;

– inoltre, l’azione comunale sarebbe inefficace per il fatto di non essere stata adottata d’intesa con i comuni limitrofi, il che agevolerebbe il fenomeno della trasmigrazione dei giocatori d’azzardo da un territorio all’altro;

– infine, il provvedimento impugnato determinerebbe ingiustificati vantaggi competitivi in favore dei gestori dei servizi ludici diversi dalle slot-machines».

 

2.1. Il primo motivo di impugnazione: l’ordinanza non è viziata da mancanza di trasparenza e non lede il principio di leale collaborazione.

La prima censura sostenuta dalla società ricorrente è rapidamente liquidata dal Giudice amministrativo su una mera valutazione qualificatoria: l’ordinanza sindacale, infatti, si configura come atto amministrativo generale, ossia un atto contenente precetti generali ma non astratti – in ciò differenziandosi dai provvedimenti normativi, caratterizzati, invece, anche dall’astrattezza. Orbene, per tale tipologia di provvedimento l’art. 13 l. 241/1990 espressamente deroga alle norme sulla partecipazione, di talché la Corte evidenzia come «l’Amministrazione resistente non aveva dunque nessun obbligo di confrontarsi preventivamente con le associazioni di categoria (…) né tantomeno con i singoli soggetti interessati, quale il ricorrente».

  

2.2. Il secondo motivo di impugnazione: l’ordinanza non è viziata da eccesso di potere, difetto di motivazione, irrazionalità.

Come osservato, la società ricorrente tripartisce le ragioni impugnative ritenute a fondamento del secondo motivo di doglianza; a tale scansione si attiene il Tribunale e pare opportuno che anche in questa sede si segua il medesimo iter logico.

 

2.2.1. I fondamenti istruttori.

Circa la pretesa carenza di fondamenti istruttori, i magistrati del TAR Piemonte confutano quanto osservato dalla DRS s.r.l. esibendo una panoramica concernente l’urgenza del contrasto al fenomeno della ludopatia sul territorio. Non si soffermano unicamente nell’elencare le numerose pronunce sul punto[3] e gli interventi legislativi a vari livelli intervenuti[4], bensì adducono dati statistici allarmanti: riferendosi al numero di persone prese in carico dai Dipartimenti di Patologia delle Dipendenze nell’anno 2012, circa 1.200, ne evidenziano il significativo aumento rispetto al 2005, che contò 150 casi trattati in ambito regionale – quasi di una decuplicazione del fenomeno. Il Collegio cita, poi, dati tratti dal Bollettino OED (Osservatorio Epidemiologico delle dipendenze della Regione Piemonte), in base ai quali si evince un’alta progressione del numero di affetti da GAP presi in carico dagli ambulatori: a fronte di 1293 casi nel 2014, il 2015 ne ha annoverati 1569.

I giudici amministrativi, infine, citano la presenza del gioco d’azzardo patologico “sommerso” come argomento capace di giustificare a fortiori l’attualità e il fondamento del provvedimento impugnato: «È verosimile ritenere che il numero reale delle persone affette da ludopatia sia assai maggiore, poiché una parte significativa del fenomeno resta sommerso (cosiddetta “cifra oscura”), in quanto molti soggetti ludopatici non si rivolgono alle strutture sanitarie e ai servizi sociali»; concludono, dunque, per l’adeguatezza della motivazione dell’ordinanza sindacale circa la necessità di tutela della salute pubblica.

 

2.2.2. Il principio dell’uguaglianza tra giochi diversi.

La seconda argomentazione della DRS s.r.l. a sostegno del secondo motivo di doglianze verte su una lamentata lesione del principio di uguaglianza.

Confutando tale obiezione, anzitutto il Giudice amministrativo rileva come il provvedimento sindacale si attenga all’art. 6 della legge regionale n.9/2016, il quale statuisce che «I comuni, per esigenze di tutela della salute e della quiete pubblica (…) dispongono limitazioni temporali all’esercizio del gioco tramite gli apparecchi di cui all’articolo 110, commi 6 e 7 del r. d. 773/1931»: è tale norma regionale a determinare espressamente come oggetto di simili provvedimenti le apparecchiature ludiche di cui all’art. 110, commi 6, 7 TULPS. Il Tribunale, così, osserva come «eventuali censure di disparità di trattamento» dovrebbero essere mosse non impugnando il provvedimento sindacale che applica tale legge regionale, bensì, al più, «sotto forma di eccezioni di incostituzionalità della citata legge regionale[5]» – pur mostrando apparentemente un certo scetticismo a riguardo aggiungendo, in inciso, «in disparte ogni considerazione sulla loro fondatezza».

In effetti, di seguito la Corte dimostra come nessuna lesione del principio costituzionale richiamato sia configurata in tale provvedimento amministrativo (né, di riflesso, nella legge regionale citata), per la semplice constatazione per cui VLT e AWP differiscono dagli altri giochi d’azzardo in quanto a pericolosità sociale. Il Collegio dapprima richiama una cospicua giurisprudenza amministrativa a riguardo[6], poi porta a proprio sostegno dati scientifici, tra cui uno studio curato dal Ministero della Salute e denominato Dipendenze Comportamentali/Gioco d’azzardo patologico: progetto sperimentale nazionale di sorveglianza e coordinamento/monitoraggio degli interventi, del quale cita espressamente un passaggio: «le lotterie istantanee, per le loro caratteristiche legate alla “velocità”, “facilità” e “diffusione” nei contesti quotidiani (supermercati, bar, tabacchi, ecc.)» sono giochi «a più rischio di creare un legame di dipendenza, e maggiormente capaci di intercettare fasce di popolazione finora più estranee al gioco d’azzardo (bambini, casalinghe, anziani, famiglie)». Dunque, VLT e AWP non sono apparecchiature ludiche parificabili agli altri giochi, presentando una capacità attrattiva e, quindi, una pericolosità sociale intrinseca rispetto al fenomeno della ludopatia assai più elevata. Di conseguenza, devono essere oggetto di cautele particolari da parte del legislatore e, più in generale, del regolatore. L’uguaglianza tutelata dalla Costituzione all’art.3, infatti, impone di trattare in modo uguale i casi uguali e in modo diverso i casidiversi: orbene, nella fattispecie in esame è evidente che le due tipologie di giochi d’azzardo richiamate siano quelle potenzialmente più lesive per la salute pubblica. Questo comporta che il principio di uguaglianza letto alla luce del principio di ragionevolezza risulterebbe, al contrario, leso se le AWP e le VLT non fossero state oggetto di specifici provvedimenti restrittivi.

 

2.2.3. La trasmigrazione dei giocatori.

Per ciò che concerne la pretesa inefficacia delle limitazioni previste e la trasmigrazione dei giocatori come unica conseguenza, la Corte osserva, al contrario, come la limitazione oraria prevista sia ragionevole ed efficace in ordine agli scopi che si prefigge, constatando come la fascia mattutina attragga maggiormente categorie deboli della popolazione – riferendosi in particolare a minorenni, casalinghe e pensionati -, mentre la fascia notturna sia quella di maggiore afflusso di giocatori compulsivi. Considerando che, nonostante tale ultima osservazione, è stato comunque consentito l’uso delle AWP nell’orario serale 20:00-24:00, il Giudice amministrativo indica, quindi, la soluzione adottata come un buon compromesso per soddisfare il necessario bilanciamento di interessi tra «le esigenze di tutela della salute pubblica perseguite dall’amministrazione e gli interessi economici degli operatori del settore».

Il Tribunale osserva, poi, come sostenere che con tale provvedimento si favorirà la trasmigrazione in altri Comuni non sia certo un’obiezione in grado di fondare una censura dell’atto: con una lapidaria e incontrovertibile logicità, afferma come l’attesa di analoghi interventi di contrasto al GAP in altre aree geografiche non può certo giustificare l’inerzia in tal senso. Per altro, e in conclusione, il Giudice amministrativo evidenzia come la difesa di Leinì abbia esposto come intese tra comuni limitrofi al fine di uniformarsi su fasce orarie di gioco per evitare fenomeni elusivi di tipo trasmigratorio siano già state poste in essere.

 

2.3. Il terzo motivo di impugnazione: l’ordinanza non vìola l’art. 41 Cost..

Circa il preteso effetto trasmigratorio di cui al secondo punto del terzo motivo impugnativo, il Tribunale richiama quanto esposto in precedenza. Parimenti sintetica è la censura del terzo punto, che risponde anche a quanto espresso dalla ricorrente nel secondo motivo di impugnazione, laddove lamentava l’aumento di flusso del gioco online che un provvedimento restrittivo del gioco “analogico” avrebbe comportato:il TAR rileva come l’amministrazione comunalesia giuridicamente disarmata di fronte a tale tipologia di gioco, esorbitando dai suoi poteri intervenire in termini di gestione dell’azzardo sul web. Se si sostenesse, dunque, che intervenire per contrastare la ludopatia “dal vivo” sarebbe illecito in quanto comporterebbe ingiusti vantaggi competitivi a favore dei gestori di tali servizi online, si addiverrebbe all’assurda conclusione per cui le amministrazioni comunali non potrebbero più adoperarsi nemmeno per intervenire, dove hanno potere, nella tutela delle loro comunità.

La prima argomentazione del terzo motivo di impugnazione, invece, conduce il Collegio ad approfondire il rilevante aspetto bilanciamento degli interessi coinvolti nel campo del gioco d’azzardo.

Il TAR Piemonte prende in considerazione l’art. 41 Cost., norma che fonda il principio della libertà dell’iniziativa economica privata. Tale disposizione, nel contesto del dettato costituzionale, se al primo comma garantisce al privato di godere della libera gestione e direzione della propria iniziativa economica, al secondo e al terzo tempera tale libertà[7]: i limiti costituzionalmente imposti all’attività economica ex art. 41 co. 2 Cost., in particolare, «non sono diretti all’autonomia del soggetto (…) ma al legislatore, che, nel disciplinare l’iniziativa, deve tener conto del primario valore costituzionale riconosciuto alla medesima e dare atto delle ragioni che spingano al privilegio, nella comparazione, di altri valori ai fini dell’utilità sociale, che da tale disciplina e conformazione dell’attività derivi»[8]. È ormai pacificamente riconosciuto che il legislatore, nel disciplinare l’azione economica pubblica e privata, debba anche favorire il progetto sociale tendente alla libertà, allo sviluppo personale e all’uguaglianza degli individui delineato all’art. 3 co. 2 Cost.[9], promuovendo un’«economia sociale di mercato»[10].

Considerata tale prospettiva del principio costituzionale della libertà di iniziativa economica privata e posto che, per i motivi di cui sopra, il provvedimento impugnato non è immotivato, né sproporzionato, né irragionevole, il Collegio illustra come sia condivisibile il consolidato orientamento giurisprudenziale che ritiene gli interventi di contrasto alla ludopatia, anche restrittivi della libertà di cui all’articolo 41 della Carta fondamentale, azioni ossequiose della salvaguardia del diritto alla salute; per cui, «è in rapporto a tale preminente esigenza, tutelata dall’art. 32 Cost., che va valutata l’estensione della libertà di iniziativa economica: e in questo rapporto la libertà di cui all’art. 41 Cost. si trova in una “posizione di subordinazione rispetto al diritto alla salute”». In tal senso il TAR richiama, tra gli altri, la sentenza della Corte costituzionale del 22 marzo 2017, n. 108, la quale riconduce le azioni di contrasto alla ludopatia nell’alveo degli interventi relativi alla pubblica salute[11].

In ultima analisi, se il bilanciamento di interessi costituzionali vede da un lato contrapporti la tutela del diritto alla salute e, dall’altro, la libertà di iniziativa economica privata, quest’ultimo, considerato in subordine rispetto al primo, soccombe; trattandosi tuttavia entrambi di diritti costituzionali, quello da ultimo richiamato non viene completamente compresso, bensì limitato nell’interesse preminente del primo, purché non in maniera sproporzionata. In tal senso si esprime il Collegio, scrutinando la disciplina comunale contenuta nell’atto sindacale, che prevede comunque otto ore complessive di accesso a VLT e AWP e che pertanto costituisce una misura «adeguata e proporzionata» rispetto agli obbiettivi perseguiti, realizzante un «ragionevole contemperamento»: tutte “parole-chiave”, quando si tratta di un conflitto di interessi costituzionalmente rilevanti, nell’indicare che la risoluzione di detto conflitto è stata assunta in una maniera bilanciata, non censurabile; tant’è vero che il TAR Piemonte respinge, infine, il ricorso presentato.

 

3. Osservazioni conclusive.

La sentenza del TAR Piemonte coinvolge la tematica della ludopatia, argomento recentemente oggetto di una crescente attenzione[12].

Nei tribunali amministrativi italiani pare ormai consolidato l’orientamento che considera preminente l’interesse di tutela delle fasce deboli della popolazione dal pericolo della ludopatia rispetto alla libertà dell’iniziativa economica privata ex art. 41 Cost.[13]. L’arresto giurisprudenziale qui oggetto di commento è chiaro nell’affermare, a più ampio respiro, come negli interventi di contrasto del GAP – i quali sono ispirati in via «preminente» a finalità di tutela della salute – la libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost. si trovi in una posizione di subordinazione rispetto agli interessi tutelati dall’art. 32 Cost.[14].

È suggestivo il lemma “preminente” utilizzato dal Collegio, per altro, per soffermarsi a considerare come il GAP offenda anche altri interessi costituzionali oltre alla tutela della salute. Tale dipendenza psicologica aggredisce collateralmente «le stesse relazioni familiari e l’abilità al lavoro del soggetto che ne è colpito. Più in generale, può dirsi che la dipendenza in discorso finisce per compromettere la stessa socialità della persona»[15]. Il malato di GAP compromette la propria sfera economica, sociale e familiare. Statisticamente, le perdite arrivano anche al 45% del reddito annuo del soggetto[16], il che si riflette evidentemente anche sulle finanze e lo stile dei propri conviventi.

La ludopatia può altresì generare condotte delittuose finalizzate al pagamento dei debiti contratti col gioco, secondo alcuni studi addirittura nel 20-30% dei casi[17]; esorbita, dunque, anche nel campo dell’ordine pubblico, comportando una propulsione a condotte criminali commesse da parte del ludopatico e favorendo il proliferare di illeciti inerenti allo strozzinaggio (e al crimine organizzato, che da tale settore spesso trae cospicui introiti economici[18]). Questo, per altro, non stupisce se si riscontra come un non risalente orientamento giurisprudenziale[19] (come detto, ora superato in favore di una ritenuta prevalente – seppur non esclusiva – inerenza della ludopatia alla tematica della salute pubblica) riconducesse le prescrizioni relative ai giochi «chiaramente alla materia “ordine pubblico e sicurezza”».

Si consideri, inoltre, quella che il Collegio chiama “cifra oscura”, ossia il “sommerso” della ludopatia, la presenza di soggetti affetti da GAP non riconosciuti come tali perché non in cura. Per definizione, trattasi di un dato incalcolabile; si possono proporre stime e statistiche, ma connotate da una componente predittiva e incerta che non può trovare spazio nelle aule di un Tribunale. Tuttavia, è possibile constatare l’intensità del fenomeno “noto” e, ragionevolmente, dedurre che la situazione sia anche più grave di quanto si presenti, giacché se non è dato sapere il numero di ludopatici invisibili, né esso può essere oggetto di speculazione, è, tuttavia, certo un dato numerico esistente, da sommare a quanto si conosce. Nel caso di specie, ritenuto provato dal TAR l’incremento di “malati noti”, dunque, la somma, per quanto ideale, di un sommerso non ha altro effetto che aggravare quanto già grave appare, non ponendosi così come elemento discriminante per la decisione assunta ma mero rafforzativo della validità della stessa.

A queste considerazioni, utili a delineare la reale pericolosità sociale del fenomeno della ludopatia, se ne aggiunge una ulteriore, inerente al principio di uguaglianza. Giochi immediati come VLT e AWPsono più pericolosi per le fasce della popolazione più deboli: lo studio citato dal TAR e altre voci scientifiche[20] attestano come, data l’immediatezza dello stile di gioco e la mancanza di competitività e di agonismo, essi costituiscano il modo di giocare d’azzardo più allettante per persone come gli anziani, che si sentono meno propense al confronto o a cimentarsi in uno svago più complesso e faticoso. Altri studi[21] hanno osservato come in generale gli strati più fragili della popolazione, gli emarginati e le persone con un basso livello di istruzione siano maggiormente predisposti a scivolare nella dipendenza da gioco d’azzardo. Le stesse fonti normative, come la l. r. Piemonte 9/2016, riconoscono nella ludopatia un fenomeno in grado di vulnerare soprattutto le fasce deboli, gli anziani e i minorenni[22].

Dunque, se il GAP coinvolge tutti gli interessi sopra richiamati e affligge in particolar modo individui più economicamente e/o socialmente deboli, la lotta alla ludopatia involge il principio di eguaglianza ex art. 3 Cost. in un senso anche sostanziale: non contrastare adeguatamente questo fenomeno significherebbe alimentare una disparità socio-economica inaccettabile, abbandonando in particolar modo le fasce più deboli della cittadinanza a un morbo così distruttivo, che se colpisce soprattutto chi già non gode di condizioni economiche e sociali ottimali, acuendone le problematiche, è in grado anche di contribuire ad allargare la forbice sociale e le disparità nelle nostre città.

Considerato quanto sopra riportato, un provvedimento amministrativo limitativo degli orari di attività ludica d’azzardo pare adeguato e proporzionato nel bilanciamento degli interessi costituzionali richiamati.

Per altro, recentemente il TAR del Veneto ha definito come manifestamente sproporzionato un regolamento comunale che riduceva l’orario di apertura a 6 ore giornaliere[23] (il Collegio ha considerato, come elemento della sproporzione, anche il rapporto col precedente orario di apertura, di 20 o 24 ore giornaliere). Tuttavia, che l’imposizione di orari di gioco sia una via normativa virtuosa per contrastare il fenomeno del GAP non lo afferma solo la numerosa e già citata normativa e giurisprudenza a riguardo: nel testo della recente legge 145 del 30 dicembre 2018, al comma 569 del primo articolo è prescritto come, «al fine di rendere effettive le norme degli  enti  locali  che disciplinano l’orario di funzionamento degli  apparecchi», a partire dal 1 luglio 2019 Comuni ed Enti locali potranno rivolgersi all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per una verifica circa l’applicazione dei provvedimenti assunti in tal senso, il che costituisce un’evidente favor verso questa tipologia di regolamentazione di contrasto alla ludopatia. Conformemente a quanto fin qui osservato, limitare il gioco a VLT e AWP a 8 ore al giorno (festivi compresi) è stata ritenuta dal TAR Piemonte – e da altri Tribunali amministrativi regionali[24] – una soluzione soddisfacente, onde garantire ai privati esercenti tali servizi ludici il rispetto dei propri interessi economici, bilanciandolo con la necessità di tutelare la salute delle fasce più deboli della popolazione.

In conclusione, è opportuno rilevare la sussistenza di una certa giurisprudenza amministrativa[25] che si mostra assai rigorosa sugli elementi istruttori necessari a sostegno di provvedimenti limitativi degli orari di gioco d’azzardo: in tali occasioni i tribunali amministrativi regionali hanno respinto ordinanze sindacali analoghe al provvedimento de quo rilevando come simili interventi necessitino di approfondite indagini, mirate all’analisi della realtà sociale del territorio sul quale l’atto amministrativo insiste. In particolare, è stato osservato come «la rilevazione in ordine all’aumento dei giocatori patologici trattati dai servizi dipartimentali (…) appaia sostanzialmente insufficiente ad evidenziare una situazione di sostanziale allarme o di abnorme incidenza del fenomeno sul territorio comunale, essendo evidentemente riferita all’intero Dipartimento (e non al territorio del Comune di Firenze)[26]»; un aspetto che caratterizza, invece, la sentenza del TAR Piemonte qui oggetto di commento, laddove cita dati riguardanti «l’ambito della Regione Piemonte» e, al più, il Comune di Torino.

Orbene, è altresì da rilevarsi come il Collegio si rifaccia anche, sostenendo l’adeguatezza degli elementi istruttori apportati da parte resistente, a «ulteriori dati aggiornati (…) allegati in giudizio dal Comune di Leinì (docc. 9-17), i quali confermano sia la crescita esponenziale del fenomeno sia le numerose iniziative di carattere emergenziale poste in essere dalle amministrazioni pubbliche per tentare di arginare il fenomeno», sicché è possibile che in tale documentazione, il cui contenuto non viene espressamente citato in sentenza, si rinvengano analisi mirate al solo Comune di Leinì, in ossequio al filone giurisprudenziale sopra menzionato.

Se così non fosse, tuttavia, il TAR Piemonte avrebbe assunto un atteggiamento più permissivo circa le ordinanze limitative degli orari del gioco d’azzardo rispetto ai precedenti menzionati in materia, avvalorando una posizione interpretativa che considera il fenomeno della ludopatia come un fatto notorio, una nozione di fatto di esperienza comune[27] per il cui contrasto con appositi provvedimenti, dunque, non sarebbe richiesto un particolare rigore istruttorio fondato su analisi specifiche della realtà sociale del territorio.


 


[1] Dottorando di ricerca presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale – Componente di OPAL (Osservatorio per le Autonomie Locali), struttura di ricerca incardinata nell’ambito del curriculum giuridico in “Autonomie, Servizi, Diritti” del dottorato dell’Università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”.

 

[2] Art. 10 co. 6 Regio Decreto n. 773 del 1931 «Si considerano apparecchi idonei per il gioco lecito: a) quelli che (…) si attivano con l’introduzione di moneta metallica ovvero con appositi strumenti di pagamento elettronico (…), nei quali insieme con l’elemento aleatorio sono presenti anche elementi di abilità, che consentono al giocatore la possibilità di scegliere, all’avvio o nel corso della partita, la propria strategia (…); b) quelli, facenti parte della rete telematica (…) che si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento a un sistema di elaborazione della rete stessa. (…)».

 

[3] Ex multis, TAR Torino, sez. II 31 maggio 2017, n. 834 (relatore Limongelli).

 

[4] Raccomandazione 2014/478/UE del 14 luglio 2014; d. l. 158/2010; l. n. 23/2014 (in particolare l’art. 14); l. 190/2014; l. r. Piemonte 9/2016.

 

[5] Pare dissentire a riguardo TAR Veneto ordinanza 29 febbraio 2012, laddove il Collegio – in un caso concernente gli orari di apertura domenicali dei negozi – ha ritenuto fondata e sollevato la questione di costituzionalità di una legge regionale, proprio nell’ambito di un processo di impugnazione di un’ordinanza sindacale che ne dava applicazione. Tuttavia, si tratta di una discrasia giurisprudenziale solo apparente: laddove, infatti, nella sentenza oggetto di questo contributo la parte ricorrente si è limitata a richiedere l’annullamento dell’ordinanza sindacale, nel caso sollevato presso il Giudice amministrativo veneto la società ricorrente ha chiesto sì l’annullamento del provvedimento del Sindaco, ma specificando «prescindendo dalla legge regionale» a monte di tale provvedimento «o disapplicandola ovvero rimettendo la questione della sua costituzionalità alla Corte Costituzionale». Cambia, dunque, la causa petendi, laddove innanzi al TAR veneto la ricorrente ha chiesto, in vi alternativa, di proporre questione di costituzionalità, mentre la DRS s.r.l. non ha avuto tale accortezza.

 

[6] Ex multis, TAR Lombardia, Milano, sez. I, 17 novembre 2015, n. 706 (relatore Lombardi).

 

[7] S. Mazzamuto, Libertà contrattuale e utilità sociale, in C. Salvi, Diritto civile e principi costituzionali europei e italiani, 2012, Torino, Giappichelli Editore, pag. 179.

 

[8] M. Delsignore, Il contingentamento dell’iniziativa economica privata. Il caso non unico delle farmacie aperte al pubblico, Varese, Giuffré Editore, 2011, pag. 7 e più diffusamente, sull’argomento, pp. 1-53.

 

[9] R. Capunzo, Argomenti di diritto pubblico dell’economia, Varese, Giuffrè Editore, 2010, pag. 26 ss..

 

[10] G. Neppi Modona (a cura di), Stato della Costituzione, Milano, Il Saggiatore, 1995, pag. 155.

 

[11] Materia nella quale la Regione ha potestà legislativa; ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 2017, n. 2958, (relatore Taormina).

 

[12] Per una compiuta rassegna sulla legislazione concernente la disciplina del gioco d’azzardo e il contrasto al GAP, E. Tagliasacchi, La disciplina delle misure dirette a contrastare il fenomeno della ludopatia dopo il Decreto Dignità: sistema a tutele crescenti o occasione perduta?, in Corti Supreme e salute, 2/2018, pp. 452-457.

 

[13] In tal senso anche il recente Cons. Stato, sez. IV, 8 novembre 2018, n. 6714 (relatore Verrico).

 

[14] Forte del parere concorde di TAR Napoli sez. III, 31 gennaio 2017 n. 2347 (relatore Palliggiano) e Corte Cost. 22 marzo 2017, n. 108 (redattore Modugno).

 

[15] M. Cosulich, Fatti più in là così vicino mi fai turbar. La distanza delle sale scommesse dai luoghi sensibili in alcune recenti pronunzie del Consiglio di Stato, in Corti Supreme e Salute, 1/2018, pp. 5-8.

 

[16] G. Serpelloni, Gambling: gioco d’azzardo problematico e patologico: inquadramento generale, meccanismi fisio-patologici, vulnerabilità, evidenze scientifiche per la prevenzione, cura e riabilitazione, Verona, 2013, edito dal Dipartimento Politiche Antidroga del Consiglio dei Ministri e stampato da Cierre Grafica, pag. 68 ss..

 

[17] Ibidem.

 

[18] A. Becchi, Criminalità organizzata: paradigmi e scenari delle organizzazioni mafiose in Italia, Roma, Donzelli editore, 2000, pag. 107.

 

[19] Corte Cost. 7 giugno 2006, n. 237 (redattore Mazzella), riconfermata poi da Corte Cost. 22 febbraio 2010, n. 72 (redattore Tesauro).

 

[20] J. E. Grant, M. N. Potenza, Il gioco d’azzardo patologico: Una guida clinica al trattamento, nell’edizione italiana a cura di M. Clerici, Varese, Springer Science & Business Media 2010, pag. 79.

 

[21] M. Cavataio, Il profilo socio-demografico dei giocatori d’azzardo italiani: un’analisi basata sui dati di sondaggio. L’importanza dell’approccio pragmatico della gambilng social responsability, in Il gioco d’azzardo in Italia. Contributi per un approccio interdisciplinare, a cura di F. La Rosa, Milano, FrancoAngeli, 2016, pag. 214 ss..

 

[22] L’art. 1 sancisce tra gli scopi della novella la tutela delle famiglie dei soggetti affetti di gioco d’azzardo – mostrandosi sensibile alla virulenta lesione della serenità familiare perpetrata dalla patologia del GAP – e si riferisce espressamente all’«educazione e formazione delle nuove generazioni» (let. d), ricomprendendo dunque, negli interessi tutelati dal contrasto alla ludopatia anche la cura dei minori.

 

[23] TAR Veneto, sez. III, 1 dicembre 2016, n. 1346 (relatore Pizzi).

 

[24] Una analoga soluzione oraria è stata ritenuta equilibrata anche dalla sentenza TAR Lombardia, sez. I, 6 luglio 2016,n. 1467 (relatore Lombardi).

 

[25] Ex multis, TAR Lombardia, sez. I, 25 marzo 2015, n. 1237 (relatore: Marongiu);TAR Toscana sez. II, 1 marzo 2017, n. 407 (relatore: Viola).

 

[26] TAR Toscana sez. II, 17 marzo 2017, n. 407 (relatore Viola).

 

[27] Di tale opinione TAR Venezia, sez. III, 20 aprile 2017, n. 434 (relatore Rinaldi) e sez. III, 20 aprile 2017, n. 445 (relatore Rinaldi).