Nota redazionale sulla sentenza della Corte Costituzionale n. 193 del 2015 in materia di premio di maggioranza e soglia di sbarramento della legge elettorale della Lombardia: quali implicazioni per i sistemi elettorali regionali

Alberto Crosio1

  

1. Oggetto dell’indagine.

La Corte costituzionale è stata chiamata a giudicare l’illegittimità costituzionale della disciplina del premio di maggioranza e della soglia di sbarramento introdotta dalla legge elettorale della regione Lombardia (legge regionale 31 ottobre 2012, n. 17 “Norme per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Regione”).

L’importanza della sentenza n. 193 del 2015 risiede più in quello che la Corte avrebbe potuto dire rispetto a quanto, invece, è stato esplicitamente espresso e la cui valutazione non può, anche per questa ragione, prescindere da un successivo richiamo alla sua precedente giurisprudenza e, in particolare, alla fondamentale sentenza n. 1 del 2014 che si è pronunciata sulle leggi elettorali di Camera e Senato.

Tale pronuncia, infatti, aveva lasciato dubbi in merito alle sue possibile ricadute sui sistemi elettorali regionali, non superati nemmeno dalla sua successiva decisione in questa materia (sentenza n. 275 del 2014), avente per oggetto il sistema elettorale dei comuni del Trentino con popolazione superiore a tremila abitanti.

Gli operatori del diritto confidavano, pertanto, che la pronuncia della Corte sulla legge elettorale lombarda potesse diventare nel 2015 l’occasione per sgombrare il campo dai dubbi che la lettura della sentenza n. 1 del 2014 aveva posto.

 

2. Sentenza della Corte costituzionale n. 193 del 2015: presupposto e contenuto delle disposizioni impugnate.

Il Tribunale amministrativo per la Lombardia ha investito la Consulta (ordinanza n. 95 del 2014) della questione di legittimità costituzionale di due disposizioni (art.1, commi 24 e 30, lettera d) della legge elettorale regionale della Lombardia n. 17/2012, aventi per oggetto la disciplina, rispettivamente, del premio di maggioranza e della soglia di sbarramento per accedere alla ripartizione dei seggi in riferimento agli artt. 3, 48, secondo comma, 51, 121, secondo comma, e 122 della Costituzione, in relazione all’art. 4, comma 1, lettera a), della legge 2 luglio 2004, n. 165 (Disposizioni di attuazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione).

L’art. 1, comma 24, della l.r. 17/2012 stabilisce che Le liste collegate al candidato proclamato eletto alla carica di Presidente della Regione ottengono:

a) almeno il cinquantacinque per cento dei seggi assegnati al Consiglio regionale se il candidato proclamato eletto Presidente della Regione ha ottenuto meno del quaranta per cento dei voti validi;

b) almeno il sessanta per cento dei seggi assegnati al Consiglio regionale se il candidato proclamato eletto Presidente della Regione ha ottenuto una percentuale di voti validi pari al quaranta per cento o superiore”.

L’art. 1, comma 30, lettera d), della l.r. 17/12 prescrive all’ufficio centrale elettorale di escludere “dalla ripartizione dei seggi le liste provinciali il cui gruppo ha ottenuto nell’intera Regione meno del tre per cento dei voti validi se non collegato a un candidato Presidente che ha ottenuto almeno il cinque per cento dei voti nella relativa elezione”.

Le questioni di legittimità delle due disposizioni sono state sollevate a seguito della presentazione di un ricorso elettorale di un gruppo di elettori avente per oggetto l’impugnazione dei risultati per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Lombardia nelle ultime elezioni del 24 e 25 febbraio 2013.

In merito alla rilevanza delle questioni sollevate dal ricorso, il Tribunale amministrativo della Lombardia osserva che:

– “a fronte di un consenso del 42,81 per cento raggiunto dal candidato eletto alla carica di Presidente della Regione e di una percentuale di circa il 38 per cento (così assume il rimettente) raggiunta dalle liste ad esso collegate (corrispondente a 37 seggi), vi è stata l’attribuzione di un premio di maggioranza del 60 per cento (ovvero 48 seggi, più quello spettante al Presidente eletto)”;

– “l’eliminazione (o rimodulazione) della soglia di sbarramento determinerebbe una diversa attribuzione dei seggi alle liste cosiddette minori,2 visto che alcune di esse, pur avendo ottenuto un quoziente più elevato di altre, non hanno avuto alcun seggio a differenza delle precedenti.”.

 

3. Le censure del giudice amministrativo.

Nei confronti della disciplina del premio di maggioranza della legge elettorale lombarda, che garantisce  alle liste collegate al candidato eletto presidente della Regione il 60% o il 55%  dei seggi del Consiglio, a seconda che il presidente della Regione abbia superato, o meno, la soglia del 40% dei voti, il Tar Lombardia solleva censure di diversa natura:

– irragionevolezza e contrasto con il principio di eguaglianza del voto nella parte in cui collega il premio di maggioranza ai voti ottenuti dal candidato Presidente, anziché a quelli ottenuti dalle liste a lui collegate;

– mancato rispetto dell’art. 121, secondo comma, della Costituzione, in quanto la formazione del Consiglio regionale dipenderebbe dai risultati elettorali del Presidente;

– irragionevolezza della lettera a) del comma 24 dell’articolo 13 per la mancata previsione, ai fini del premio, di una soglia minima di consensi,che deve ricevere il candidato eletto Presidente, con il rischio di  trasformare una minoranza elettorale in maggioranza consiliare;

– incoerenza rispetto al principio fondamentale di cui all’articolo 4, comma 1, lettera a), della legge n. 165/2004 4 (Disposizioni di attuazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione), perché le esigenze legate alla governabilità non potrebbero ribaltare o alterare in maniera consistente l’esito elettorale.

Rispetto, invece, alla disciplina della soglia di sbarramento, di cui all’ articolo 1, comma 30, lettera d)5, il giudice amministrativo ritiene che la possibilità del voto disgiunto sia fonte di irrazionalità e di incoerenza, stravolgendo in maniera non consentita il principio di uguaglianza del voto.

 

4. Accesso alla giustizia costituzionale in materia elettorale.

Nel ritenere sussistenti le condizioni per l’instaurazione del giudizio di costituzionalità ovvero del presupposto per procedere al loro esame, la Corte richiama, in materia di clausole di sbarramento per l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia, la sua recente sentenza n. 110 del 2015, secondo la quale “i profili di legittimità costituzionale di una normativa elettorale «ben possono pervenire al vaglio di questa Corte attraverso l’ordinaria applicazione del meccanismo incidentale, nell’ambito di un giudizio principale promosso a tutela del diritto di voto, passivo o attivo, avente ad oggetto la vicenda elettorale e, in particolare, i suoi risultati”.

Il richiamo a tali “risultati”, conferendo rilevanza alla questione di cui viene investita la Corte, integra pertanto il presupposto per l’accesso alla giustizia costituzionale in materia elettorale.

Siamo di fronte a un tema molto delicato e controverso: nella citata sentenza n. 110 del 2015 la Corte aveva invece negato tale accesso affermando che “al di fuori di una determinata vicenda elettorale nella quale sia dedotta la violazione di uno specifico diritto di voto, non può essere ritenuta ammissibile un’azione con la quale venga richiesto l’accertamento in astratto del contenuto di tale diritto”.

Un pieno accesso alla giustizia costituzionale in materia elettorale era stato, invece, riconosciuto dalla fondamentale sentenza n. 1 del 2014 della Corte, avente per oggetto la legittimità, nella elezione della Camera e del Senato, di un premio di maggioranza svincolato dal superamento di una soglia minima di voti e del sistema delle liste bloccate, ovvero dell’esclusione del voto di preferenza6.

Tale accesso non era infatti assolutamente scontato, dato che esisteva un orientamento consolidato della giurisprudenza costituzionale nel senso della impossibilità di attivare il sindacato incidentale per il tramite di un giudizio principale introdotto da una domanda diretta all’accertamento della lesione di un diritto soggettivo da parte di una legge incostituzionale7.

Anche all’interno della successiva sentenza n. 275 del 2014 relativa all’art. 87, comma 1, lettera h), del decreto del Presidente della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol 1° febbraio 2005, n. 1/L (Approvazione del testo unico delle leggi regionali sulla composizione ed elezione degli organi delle amministrazioni comunali), l’accesso alla giustizia costituzionale per la dedotta violazione del principio di eguaglianza del voto, di cui all’articolo 48, comma 2 Cost., viene, in assenza di specifiche contestazioni in merito, immediatamente riconosciuto.

 

5. Decisione.

Entrando nel merito delle due decisioni assunte dalla Corte, per ciò che riguarda l’assegnazione del premio di maggioranza il giudice amministrativo lamenta che subordinarne l’attribuzione ai voti del Presidente anziché a quelli delle liste collegate, che ovviamente possono divergere in presenza del voto disgiunto8 e in difetto del superamento di una soglia minima di voti (art. 1, comma 24, lettera a), stravolgerebbe del tutto la volontà del corpo elettorale rispetto alle candidature al Consiglio regionale, ben potendo accadere che liste o coalizioni assolutamente minoritarie ottengano la maggioranza assoluta dei seggi, purché collegate ad un candidato eletto Presidente, anche con un numero esiguo di voti.

La Corte, richiamando i risultati delle elezioni regionali in Lombardia del 24 e 25 febbraio 2013, dichiara l’inammissibilità della questione sollevata dal Tar della Lombardia in quanto:

– nelle ultime elezioni regionali in Lombardia a fronte di una percentuale del 42,81 per cento di voti ottenuta dal candidato eletto Presidente, le liste a lui collegate hanno conseguito il 43,07 per cento dei suffragi, raccogliendo un consenso che le ha portate a superare la stessa soglia fissata per il Presidente;

– nella sua applicazione al caso concreto la disciplina del premio di maggioranza prevista dalla legge elettorale della Lombardia non ha prodotto alcuno degli effetti incostituzionali paventati dal rimettente: la maggioranza assoluta dei seggi, infatti, non è stata attribuita ad una coalizione votata da una frazione minuscola dell’elettorato; il Presidente a cui le liste erano collegate non è risultato eletto con un numero esiguo di voti; né il voto disgiunto ha comportato voti per le liste collegate inferiori a quelli del Presidente.

Discostandosi dalla valutazione espressa del giudice amministrativo nell’investirla del relativo giudizio, la Corte ha ritenuto che la questione risulti di natura meramente ipotetica, e pertanto non rilevante (ex plurimis, ordinanza n. 128 del 2015). Di qui la sua inammissibilità.

Rispetto, invece, alle questioni di legittimità costituzionale sollevate nei confronti della disciplina della soglia di sbarramento, di cui all’art. 1, comma 30, lettera d), della l.r. 17/2012, la Corte decide di affrontarne il merito per dichiararne l’infondatezza.

Particolarmente interessanti risultano le argomentazioni addotte dalla Corte per confermare la legittimità di tale disciplina:

la previsione di soglie di sbarramento e quella delle modalità per la loro applicazione, infatti, sono tipiche manifestazioni della discrezionalità del legislatore che intenda evitare la frammentazione della rappresentanza politica, e contribuire alla governabilità, fine perseguito anche dall’articolo 7 della legge 43/959, che prevede la stessa soglia di sbarramento per tutte le Regioni che non hanno esercitato la loro potestà legislativa in materia elettorale;

– il collegamento tra l’operatività della soglia e i voti conseguiti dal candidato alla presidenza della Regione risulta coerente, a giudizio della Corte, con la forma di governo regionale prevista dalla Costituzione per il caso del Presidente eletto direttamente, la quale valorizza il vincolo che lega il Consiglio regionale al Presidente eletto in forza del principio del simul stabunt, simul cadent;

– conformemente a quanto già stabilito all’interno della sentenza n. 4 del 201010, la legge elettorale deve armonizzarsi con la forma di governo (…).

Risulta chiaro che, con la natura della decisione assunta in merito alla legittimità del premio di maggioranza, la Corte non sembrerebbe affrontare in modo esplicito una parte delle questioni di cui era stata investita e, in particolare, quella relativa alla previsione di un premio di maggioranza svincolato dal previo conseguimento di una soglia minima di voti (art.1, comma 24, lettera a).

Sembra, infatti, che la Consulta si sia concentrata essenzialmente sulla valutazione degli effetti della previsione del voto disgiunto rispetto alla disciplina del premio di maggioranza.

Corre, però, l’obbligo di evidenziare che il problema della legittimità costituzionale della previsione, nei sistemi elettorali regionali, di premi di maggioranza svincolati dal superamento di una soglia minima di voti nasce dalla fondamentale sentenza n. 1 del 2014, con la quale la Corte ha dichiarato l’illegittimità della previsione di tali premi nella leggi elettorali proporzionali di Camera e Senato.

E’ chiaro che la sentenza si muove all’interno di una forma di governo parlamentare profondamente diversa da quella regionale, all’interno della quale ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettera a) della legge 165/2004 il sistema elettorale deve agevolare la formazione di stabili maggioranze nel Consiglio regionale, per garantire la governabilità.

 

6. La sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014. Cenni.

Si ritiene importante ripercorre brevemente il percorso argomentativo seguito dalla Corte per pervenire alla dichiarazione di illegittimità del premio di maggioranza sganciato dal previo superamento di una soglia minima di voti per l’elezione di Camera e Senato11.

Il sistema elettorale, osserva la Corte, pur costituendo espressione dell’ampia discrezionalità legislativa, non è esente da controllo, essendo sempre censurabile in sede di giudizio di costituzionalità quando risulti manifestamente irragionevole (sentenzen. 242 del 2012en. 107 del 1996; ordinanza n. 260 del 2002).

In ambiti connotati da un’ampia discrezionalità legislativa la Corte deve verificare che il bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato con modalità tali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva e pertanto incompatibile con il dettato costituzionale.

Con l’attribuzione di un premio di maggioranza svincolato dal superamento di una soglia minima di votinon ci si limita a introdurre un correttivo all’interno della formula elettorale proporzionale, ma se ne rovescia la ratio12, che è quella di assicurare la rappresentatività dell’assemblea parlamentare.

La Corte ritiene che, assegnando a una formazione che ha ottenuto una percentuale anche molto ridotta di voti la maggioranza assoluta dei seggi, viene consentita una illimitata compressione della rappresentatività delle assemblee parlamentari, organi che svolgano funzioni fondamentali, connotate da una caratterizzazione tipica e infungibile, e connesse alla stessa garanzia della Costituzione e tali da distinguerle dalle altre assemblee rappresentative degli enti territoriali.

Il principio di uguaglianza del voto assume sfumature diverse13 all’interno dei diversi sistemi elettorali.

Richiamando la giurisprudenza della Corte costituzionale federale tedesca, la Corte osserva altresì che qualora il legislatore adotti il sistema proporzionale, anche solo in modo parziale, esso genera nell’elettore la legittima aspettativa che non si determini uno squilibrio sugli effetti del voto, e cioè una diseguale valutazione del “peso” del voto “in uscita”14, ai fini dell’attribuzione dei seggi, che non sia necessaria ad evitare un pregiudizio per la funzionalità dell’organo parlamentare (BVerfGE, sent. n. 3/11 del 25 luglio 2012; ma v. già la sent. n. 197 del 22 maggio 1979 e la sent. n. 1 del 5 aprile 1952).

L’assegnazione di un premio di maggioranza che prescinda dal superamento di una soglia minima di voti nella elezione di Camera e Senato, pur perseguendo un obiettivo di rilievo costituzionale, qual è quello della stabilità del governo del Paese e dell’efficienza dei processi decisionali nell’ambito parlamentare, detta una disciplina che non rispetta il vincolo del minor sacrificio possibile degli altri interessi e valori costituzionalmente protetti15, ponendosi in contrasto con gli artt. 1, secondo comma, 3, 48, secondo comma, e 67 Cost..

Come osserva la dottrina16, nel ragionamento della Corte…risulta evidente che il primo interesse che viene in considerazione è quello della rappresentatività dell’assemblea elettiva… Tale interesse può essere bilanciato con quello della governabilità ma entro limiti di ragionevolezza17, o meglio attraverso strumenti (soglie e/o premi) in grado di superare il test di proporzionalità.

La dottrina18 ha anche cercato di rispondere a cosa significhi tutelare la legittima aspettativa che non si determini all’interno di un sistema elettorale proporzionale uno squilibrio sugli effetti del voto, e cioè una diseguale valutazione del “peso” del voto.

A tal proposito è stato osservato che il premio di maggioranza, per essere compatibile con il principio fissato dalla Corte, deve essere tale che il rapporto tra la valenza individuale del voto espresso in favore di chi consegue il premio e quello espresso in favore di chi non lo consegue si mantenga sempre e comunque inferiore a 2. Se  così non fosse, infatti, verrebbe disperso il carattere essenzialmente proporzionale del sistema, poiché il numero di seggi ottenuto dalla lista (o coalizione di liste) vincitrice del premio verrebbe a dipendere più dal premio che non dai voti ottenuti.

Il rispetto di tale requisito acquisisce una diretta rilevanza anche per l’individuazione della consistenza della soglia minima di voti a partire dalla quale risulterebbe legittimo (in quanto conforme ai limiti entro cui va contenuto il peso del voto in uscita) far scattare all’interno di un sistema proporzionale il premio di maggioranza.

In particolare, è stato osservato19 che, con una soglia inferiore al 33 per cento è impossibile  assicurare  al  contempo  la  maggioranza  parlamentare e mantenere comunque inferiore a 2 il rapporto tra la valenza individuale del voto espresso in favore di chi consegue il premio e quello espresso in favore di chi non lo consegue.

 

7. Conclusioni.

La sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014 nulla dice con riguardo alle leggi elettorali regionali ma la sua lettura pone un interrogativo: i sistemi elettorali regionali proporzionali devono prevedere il superamento di soglia minima di voti per l’accesso al premio di maggioranza?

E se così è, qual è il punto di equilibrio con la tutela della governabilità, di cui all’art. 4, comma 1, lettera a), della legge 165/2004.

Un primo passo verso lo scioglimento di questo nodo sembrerebbe avvenuto con la successiva sentenza n. 275 del 2014, all’interno della quale la Corte esprime una nuova valutazione del principio della parità del voto al di fuori della forma di governo statale.

A tal proposito, si ricorda che il Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento aveva investito la Corte costituzionale del giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 87, comma 1, lettera h), del decreto del Presidente della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol 1° febbraio 2005, n. 1/L (Approvazione del testo unico delle leggi regionali sulla composizione ed elezione degli organi delle amministrazioni comunali), nella parte in cui dispone che, nelle elezioni dei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, se la lista o la coalizione di liste collegate al candidato eletto sindaco non abbia conseguito il 60 per cento dei seggi del consiglio (detratto il seggio assegnato al sindaco), ad essa venga assegnato, oltre al seggio del sindaco, il numero di seggi necessario per raggiungere quella consistenza, con eventuale arrotondamento all’unità superiore.20

La Corte, nel confermare la legittimità di tale normativa, ne ha negato la sovrapponibilità a quella dichiarata illegittima dalla sentenza n. 1 del 2014, sottolineandone la netta diversità: la normativa statale oggetto della sentenza n. 1 del 2014 riguarda l’elezione delle assemblee legislative nazionali, espressive al livello più elevato della sovranità popolare in una forma di governo parlamentare. La legge regionale impugnata riguarda invece gli organi politico-amministrativi dei Comuni, e cioè il sindaco e il consiglio comunale, titolari di una limitata potestà di normazione secondaria e dotati ciascuno di una propria legittimazione elettorale diretta.

La Corte nega in questo ambito una lesione del principio di uguaglianza del voto perché, secondo la sua costante giurisprudenza, tale principio esige che l’esercizio del diritto di elettorato attivo avvenga in condizioni di parità, donde il divieto del voto multiplo o plurimo, ma non anche che il risultato concreto della manifestazione di volontà dell’elettorato debba necessariamente essere proporzionale al numero dei consensi espressi, dipendendo questo invece dal concreto atteggiarsi delle singole leggi elettorali (sentenze n. 39 del 1973, n. 6, n. 60 e n. 168 del 1963, n. 43 del 1961); fermo restando in ogni caso il controllo di ragionevolezza (ex plurimis, sent. n. 107 del 1996).21

La decisione sembra pertanto andare nella direzione di una esclusione della possibilità di richiamare gli esiti della sentenza numero 1 del 2014 rispetto al premio di maggioranza al di fuori della forma di governo statale.

E’ anche vero che la sentenza numero 275 del 2014 si è pronunciata su un sistema elettorale che prevede il ballottaggio e quindi i suoi risultati non sono immediatamente invocabili rispetto all’assegnazione di un premio di maggioranza secco all’interno di una legge elettorale regionale.

Si comprende pertanto la già richiamata attesa degli operatori del diritto nel 2015 per una esplicita presa di posizione della Corte in merito alla legittimità della previsione all’interno di una legge elettorale proporzionale di un premio di maggioranza svincolato del superamento di una percentuale minima di voti.

La Corte, come si è visto, ha ritenuto insussistenti i presupposti per affrontare il merito di tale questione. Si è limitata a richiamare,peraltro rispetto all’altra questione relativa alla legittimità della soglia di sbarramento, il nesso di complementarità e integrazione tra forma di governo regionale e legge elettorale, affermando che la legge elettorale deve armonizzarsi con la forma di governo.

Si ritiene pertanto da comprendere  in via definitiva quanto la tutela della governabilità, imposta dall’art. 4, comma 1, lettera a), della legge 165/2004, possa legittimamente svincolare le leggi elettorali regionali proporzionali dall’obbligo di prevedere premi di maggioranza condizionati al superamento di una determinata percentuali di voti.

Si segnala, a questo proposito, che dopo la pronuncia della sentenza n. 1 del 2014 la legge elettorale della Toscana22 ha introdotto la previsione di un turno di ballottaggio tra i candidati alla presidenza della regione che, in caso di mancato superamento della soglia del quaranta per cento dei voti, hanno ottenuto i due migliori risultati.

La legge elettorale dell’Emilia23, invece, sempre nel 2014,  ha introdotto un premio di maggioranza in assenza del superamento di una soglia minima di voti, senza che il governo si sia sentito in dovere di investire la Corte della questione di legittimità costituzionale di tale scelta.

1 Funzionario presso il Consiglio regionale del Piemonte, Direzione Processo legislativo, Settore Studi, documentazione e supporto giuridico legale.

 

2 La lista «Centro Popolare Lombardo» la quale, a fronte dell’1,18 per cento di voti, non ha ottenuto seggi, mentre il «Partito dei pensionati», con lo 0,94 per cento dei voti, ha ottenuto un seggio in ragione del collegamento con il candidato Presidente eletto.

 

3 Tale disposizione recita:

“24. Le liste collegate al candidato proclamato eletto alla carica di Presidente della Regione ottengono:

a)  almeno il cinquantacinque per cento dei seggi assegnati al Consiglio regionale se il candidato proclamato eletto Presidente della Regione ha ottenuto meno del quaranta per cento dei voti validi;”.

 

4 Tale disposizione recita:

4. Disposizioni di principio, in attuazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione, in materia di sistema di elezione.

1. Le regioni disciplinano con legge il sistema di elezione del Presidente della Giunta regionale e dei consiglieri regionali nei limiti dei seguenti princìpi fondamentali:

a) individuazione di un sistema elettorale che agevoli la formazione di stabili maggioranze nel Consiglio regionale e assicuri la rappresentanza delle minoranze;”.

 

5 Tale disposizione recita:

“30. L’ufficio centrale regionale, ricevuti gli estratti dei verbali da tutti gli uffici centrali circoscrizionali:

(omissis)

d) esclude dalla ripartizione dei seggi le liste provinciali il cui gruppo ha ottenuto nell’intera Regione meno del tre per cento dei voti validi se non collegato a un candidato Presidente che ha ottenuto almeno il cinque per cento dei voti nella relativa elezione;

(omissis)”.

 

6 Art. 83, comma 1, n. 5, e comma 2, del d.P.R. 30 marzo 1957 n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati); art. 17, commi 2 e 4, del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533 (Testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione del Senato della Repubblica); artt. 4, comma 2, e 59 del d.P.R. n. 361 del 1957, nonché dell’art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 533 del 1993.

 

7 Federico Ghera, La sent. n.172014 della Corte costituzionale: profili processuali e sostanziali, in www.diritti fondamentali.it.

Nel commentare la sent. n. 1 del 2014 alcuni esponenti della dottrina hanno denunciato i presupposti e i rischi connessi alle aperture della Corte evidenziando la difficoltà della individuazione nel giudizio principale di un petitum separato e distinto dalla questione di legittimità costituzionale sul quale il giudice rimettente e’ stato chiamato a pronunciarsi e affermando che rompere per via giurisprudenziale il solido ormeggio alle regole, necessariamente rigide, dell’incidentalità desti timori ancora più preoccupanti della stessa esistenza di “zone franche” di controllo di costituzionalità. Roberto Bin, “Zone franche” e legittimazione della Corte, in Forum di Quaderni Costituzionali.

Le implicazioni della sent. sono state colte immediatamente da altri esponenti dottrina: Se domani o dopodomani un qualunque ricorrente percorresse la stessa strada e convenisse in giudizio dinanzi ad un giudice ordinario la Presidenza del Consiglio o il Presidente di una giunta regionale per far “accertare” la conformazione del suo diritto costituzionale al voto, secondo le caratteristiche, tanto per citare uno dei parametri richiamati, dell’art. 48 rispetto alla normativa elettorale in vigore, avrà un precedente di non poco dalla sua parte, che la Corte difficilmente potrà o vorrà ignorare. Anna Poggi, Politica “costituzionale” e legge elettorale: prime osservazioni alla sent. n. 1 del 2014, in Confronti Costituzionali.

 

8 Per voto disgiunto si intende la possibilità di votare disgiuntamente per un candidato alla carica di Presidente della Regione e per una delle altre liste a esso non collegate (art.1, comma 20, lett.c) della l.r. 17/12).

 

9 Tale disposizione recita:

“7. 1. Non sono ammesse all’assegnazione dei seggi le liste provinciali il cui gruppo abbia ottenuto, nell’intera regione, meno del 3 per cento dei voti validi, a meno che sia collegato a una lista regionale che ha superato la percentuale del 5 per cento.”.

 

10 All’interno della decisione, che conferma la legittimità di alcune disposizioni della Regione Campania 27 marzo 2009, n. 4 (Legge elettorale), la Corte afferma che la ratio dell’art. 5 della legge cost. n. 1 del 1999, là dove stabilisce che fino all’entrata in vigore dei nuovi statuti regionali e delle nuove leggi elettorali, ai sensi del primo comma dell’art. 122 Cost., nel testo modificato dalla medesima legge cost. n. 1 del 1999, l’elezione del Presidente della Giunta regionale è contestuale al rinnovo dei rispettivi Consigli regionali e si effettua con le modalità previste dalle disposizioni di legge ordinaria vigenti in materia di elezione dei Consigli regionali risulta evidente: il legislatore costituzionale ha voluto evitare che il rapporto tra forma di governo regionale – la quale, ai sensi dell’art. 123, primo comma, Cost., deve essere determinata dagli statuti delle singole Regioni – e legge elettorale regionale possa presentare aspetti di incoerenza dovuti all’inversione, temporale e logica, tra la prima e la seconda.

 

11 Per le disposizioni dichiarate illegittime vedi supra nota n. 5.

 

12 E proprio il “rovesciamento di ratio” che giustifica la censura di costituzionalità. Giovanni Gazzetta,  La sent. n.1 del 2014 sulla legge elettorale a una prima lettura, in Forum di Quaderni Costituzionali.

Il sistema di trasformazione dei voti in seggi subisce, nel caso di specie, una alterazione tale da «rovesciare» la stessa «ratio della formula elettorale prescelta» nel 2005, «che è quella di assicurare la rappresentatività dell’assemblea parlamentare». Andrea Pertici, La Corte costituzionale dichiara l’incostituzionalità della legge elettorale tra attese e sorprese (con qualche indicazione per il legislatore), in Forum di Quaderni Costituzionali.

 

13 Le”sfumature diverse” che il principio di eguaglianza assume in funzione del sistema prescelto si riflettono in un diverso giudizio sul grado di distorsione del voto costituzionalmente compatibile con al complessiva ratio del sistema elettorale prescelto. Gino Scaccia. Riflessi ordinamentali dell’annullamento della legge n.270 del 2005 e riforma della legge elettorale, in Forum di Quaderni Costituzionali.

 

14 Se si adotta la  formula proporzionale, infatti, deve essere garantita eguaglianza del voto , non solo in entrata, ma anche in uscita. Andrea Morrone, La riforma elettorale dopo la fine del poecellum, in Confronti costituzionali.

 

15 Antonio D’Aloia, Il giudizio sulla ragionevolezza come proporzionalità, in Confronti costituzionali.

 

16 Andrea Pertici, La Corte costituzionale dichiara l’incostituzionalità della legge elettorale tra attese e sorprese (con qualche indicazione per il legislatore), in Forum di Quaderni Costituzionali.

 

17 Il giudizio sulla ragionevolezza come proporzionalità è un giudizio sulla ‘misura’ di un contenuto normativo. La logica della valutazione della Corte, in questi casi, non è rigidamente binaria, quel contenuto non è, in sé (e radicalmente), illegittimo; lo diventa per come in concreto è configurato dalla disciplina normativa e alla luce del contesto in cui è inserito. Antonio D’Aloia, Il giudizio sulla ragionevolezza come proporzionalità, in Confronti costituzionali.

 

18 Giuseppe Lodato, Simone Pajno, Gino Scaccia, Quanto può essere distorsivo il premio di maggioranza? considerazioni costituzionalistico-matematiche a partire dalla sent. n. 1 del 2014, in Federalismi.

 

19 Cfr nota precedente.

 

20 Tre sono le fondamentali censure avanzate nei confronti degli effetti di questa disciplina:

– alterazione della rappresentanza democratica in quanto, non subordinando l’attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti, consentirebbe a una maggioranza relativa di voti, anche modesta, di ottenere la maggioranza assoluta dei seggi con conseguente violazione degli artt. 3, 1, secondo comma, e 67 Cost.;

– introduzione di un meccanismo premiale irragionevole e incongruo, inidoneo ad assicurare la governabilità, perché incentiverebbe il raggiungimento di accordi tra liste anche non omogenee, al solo fine di accedere al premio… con il rischio che, dopo le elezioni, la coalizione beneficiaria del premio possa sciogliersi o che uno dei partiti che ne faceva parte se ne distacchi;

– contrasto con il principio di uguaglianza del voto, poiché il peso dei voti espressi per le liste perdenti risulterebbe assai inferiore a quello espresso per la lista o colazione vincente, in violazione dell’art. 48, secondo comma, Cost.

 

21 Del riconoscimento di una particolare discrezionalità al legislatore (statale, e sotto questo profilo anche regionale) in tema di elezione degli enti locali si aveva avuto d’altra parte una precedente conferma nella sent. n. 50 del 2015, nella quale era stata giudicata legittima la previsione di una elezione di secondo grado per quanto attiene agli organi elettivi delle città metropolitane e delle province, non impedita dalla dalle previsioni della Carta europea delle autonomie locali che vorrebbe “freely elected” i consigli o gli organi nei quali si esercita il self government locale.

Dimitri Girotto, La Corte si pronuncia sulla legge del Trentino-Alto Adige per l’elezione del sindaco e del consiglio comunale: un’infondatezza prevedibile ma non scontata nelle motivazioni, in Le Regioni.

 

22 I primi due commi dell’articolo 15 della legge regionale 26 settembre 2014, n. 51 (Norme per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta regionale) recitano:

“1. E’ eletto Presidente della Giunta regionale la candidata o il candidato Presidente che, nel complesso delle circoscrizioni, ha ottenuto il maggior numero di voti validi, purché superiore al 40 per cento dei voti validi.

2. Qualora nessuna candidata o candidato ottenga la maggioranza di cui al comma 1, si procede ad un secondo turno elettorale che ha luogo la seconda domenica successiva a quella del primo. Sono ammessi al secondo turno i due candidati alla carica di Presidente della Giunta regionale che hanno ottenuto al primo turno il maggior numero di voti. In caso di parità di voti tra i candidati, è ammessa al ballottaggio la candidata o il candidato collegato con il gruppo di liste non unito in coalizione o con la coalizione di liste per l’elezione del Consiglio regionale che ha conseguito il maggior numero di voti complessivi. A parità di voti, partecipa al ballottaggio la candidata o il candidato più anziano di età.”.

 

23 L’art. 13, comma 2 lettera e) ed f) della legge regionale 23 luglio 2014, n. 21 (Norme per l’elezione dell’Assemblea legislativa e del Presidente della Giunta regionale) dellaEmilia Romagna recita:

“e) qualora il gruppo di liste o la coalizione di liste collegati al candidato eletto Presidente della Giunta regionale abbia conseguito, con l’assegnazione di cui all’articolo 12, comma 3, e di cui al comma 1 del presente articolo, un numero di seggi pari o inferiore a ventiquattro, assegna al medesimo gruppo di liste o gruppi di liste che fanno parte della coalizione, i nove seggi di cui all’articolo 3, comma 1, secondo periodo, li ripartisce fra le medesime liste e li attribuisce nelle singole circoscrizioni secondo le modalità di cui alla lettera d). Verifica quindi se la cifra elettorale regionale conseguita dalla coalizione di liste ovvero dal gruppo di liste non riunito in coalizione con cui il Presidente della Giunta regionale eletto ha dichiarato collegamento, sia pari o superiore al quaranta per cento del totale dei voti validi conseguiti da tutte le coalizioni o gruppi di liste collegati ai candidati alla carica di Presidente;

f) nel caso in cui la verifica prevista dal secondo periodo della lettera e), dia esito negativo, verifica se il totale dei seggi conseguiti dal gruppo di liste o dalla coalizione di liste collegati al candidato eletto Presidente della Giunta regionale a seguito dell’assegnazione dei nove seggi di cui al primo periodo della lettera e), sia pari o superiore a ventisette, escluso il seggio riservato al Presidente Emilia Romagna 81 della Giunta regionale; qualora tale seconda verifica dia esito negativo, assegna con le modalità di cui alla lettera d) una quota aggiuntiva di seggi al gruppo di liste o ai gruppi di liste riuniti in coalizione collegati con il candidato Presidente eletto fino al raggiungimento dei ventisette seggi. omissis”.

Si segnala che il  sistema elettorale dell’Emilia Romagna non è integralmente proporzionale, presentando anche una componente maggioritaria.