Diritto di accesso difensivo per la tutela del diritto alla salute del minore (nota a Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza del 10 febbraio 2022, n. 991)

Emanuela Andreis[1]

(ABSTRACT)

Con sentenza n. 991 del 10 febbraio 2022 la Terza Sezione del Consiglio di Stato si è pronunciata sul diniego di istanza di accesso agli atti, formulata da genitori di minore affetto da gravi disabilità, relativi alla determinazione della Usl Valle d’Aosta a presentare esposto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale dei Minorenni per la sospensione della responsabilità genitoriale di entrambi a fronte della resistenza all’utilizzo della gastrostomia endoscopica percutanea (P.E.G.). La questione, di indubbia delicatezza in punto di fatto, coinvolge contrapposti diritti costituzionalmente garantiti: la tutela della salute del minore connessa alla scelta del metodo di nutrizione artificiale, il diritto di difesa dei genitori che intendono avviare un giudizio risarcitorio, il diritto di difesa della Usl che oppone la riservatezza del parere del proprio legale a salvaguardia della strategia difensiva. La sentenza costituisce occasione per esaminare questioni in tema di diritto di accesso oggetto di numerosi interventi giurisprudenziali: la natura del giudizio, il cosiddetto “accesso difensivo” su cui è intervenuta di recente in funzione nomofilattica l’Adunanza plenaria, e l’ostensione dei pareri legali resi all’amministrazione.

Sommario:

1. Il caso sottoposto al Consiglio di Stato – 2. La natura del giudizio in materia di accesso – 3. Le ragioni sottese all’istanza di accesso – 3.1. Il diritto di accesso in funzione difensiva – 3.2. La tutela della salute del minore – 4. L’accessibilità dei pareri legali – 5. Considerazioni conclusive

1. Il caso sottoposto al Consiglio di Stato

La sentenza in commento ha ad oggetto il diniego opposto dalla Usl Valle d’Aosta ai genitori di minore affetto da gravi disabilità che avevano formulato istanza di accesso agli atti relativi alla richiesta di sospensione della responsabilità genitoriale di entrambi presentata dalla stessa azienda ospedaliera.

La delicata vicenda trae origine dall’accoglimento del ricorso presentato dai genitori al Tribunale di Aosta per ordinare alla locale Usl di provvedere agli obblighi di assistenza e prevenzione nei confronti del figlio, all’epoca non accompagnato da assistenza effettiva.

La Usl, dopo una prima segnalazione alle Procure della Repubblica presso il Tribunale di Aosta e dei Minorenni di Torino, oltre che ai servizi sociali, relativa all’urgenza di iscrivere il minore nella gastrostomia endoscopica percutanea (P.E.G.) per evitare che il protrarsi della malnutrizione determinasse conseguenze irreversibili, presentava esposto per la sospensione della responsabilità genitoriale di entrambi ai sensi degli artt. 333 e 336 del codice civile a fronte della resistenza dei genitori all’utilizzo della P.E.G., preferendo essi perseverare con la nutrizione nasogastrica.

I genitori, sospesi dalla responsabilità genitoriale per circa sei mesi, fino a quando in sede di merito la decisione è stata capovolta in quanto “basata su critiche che non hanno trovato alcun riscontro”, hanno formulato istanza di accesso a tutti gli atti relativi alla determinazione a presentare l’esposto alla Procura e ad incaricare il difensore, compresa la relativa corrispondenza e il parere da questi rilasciato. L’istanza aveva il duplice fine di intentare un’azione nei confronti dell’amministrazione regionale per il risarcimento dei danni subiti e di comprendere le ragioni sottese alla scelta di alimentare il minore attraverso la P.E.G. anziché il sondino nasogastrico, che parevano essere più di tipo economico che mirate all’esclusivo interesse del minore.

L’amministrazione ha negato l’accesso per carenza di interesse concreto, diretto ed attuale all’ostensione dei documenti richiesti.

Il diniego è stato impugnato dinanzi al T.A.R. Valle d’Aosta che ha in parte respinto il ricorso ritenendo non ostensibile la documentazione relativa alla definizione della strategia difensiva della P.A. anche per possibili future azioni di risarcimento del danno, in parte dichiarato cessata la materia del contendere per avere la Usl prodotto nel corso del giudizio alcuni documenti.

Avverso tale pronuncia i genitori hanno proposto appello al Consiglio di Stato, che ha accolto il gravame ordinando alla Usl il rilascio dei documenti richiesti e nominando altresì un commissario ad acta per l’adozione dei provvedimenti esecutivi in caso di inutile decorso del termine assegnato per l’ottemperanza.

2. La natura del giudizio in materia di accesso

Un breve cenno sulla natura del giudizio in materia di accesso ai documenti amministrativi è posto in apertura della motivazione della sentenza e appare utile anche ai fini della sua annotazione.

Come noto, si tratta di un rito speciale che trova disciplina nel Titolo II del codice del processo amministrativo (d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104), art. 116.

Secondo giurisprudenza costante[2], ribadita anche di recente dall’Adunanza Plenaria[3], sebbene si presenti come un giudizio impugnatorio, avendo ad oggetto un provvedimento di diniego, di differimento o un silenzio dell’Amministrazione formatosi sulla relativa istanza, non ha propriamente natura impugnatoria, essendo piuttosto diretto ad accertare la sussistenza o meno del titolo all’accesso nella specifica situazione. Ciò alla luce dei parametri normativi e indipendentemente dai motivi opposti dall’amministrazione a sostegno del diniego, ovvero dal silenzio da questa mantenuto sull’istanza, che non identificano l’oggetto del giudizio ma costituiscono un presupposto processuale.

Il giudice adito è dunque tenuto a valutare nel merito la fondatezza della pretesa ostensiva del ricorrente in considerazione degli elementi da questi addotti a fondamento della stessa.

In tal senso, è dunque un “giudizio sul rapporto”, come si evince dall’art. 116 comma 4 c.p.a., che attribuisce al giudice ampi poteri di accertamento e condanna. Se accoglie il ricorso, la sentenza – redatta in forma semplificata – non si limita a disporre l’annullamento dell’eventuale atto di diniego o, nel caso di inerzia, ad accertare l’obbligo del soggetto resistente a consentire l’accesso, ma, come avviene nelle ipotesi di tutela di diritti soggettivi, si pronuncia sulla spettanza del diritto e, sussistendone i presupposti, condanna l’amministrazione ad un facere specifico: quello di esibire i documenti richiesti[4]. Alcuno spazio è dunque lasciato a nuove valutazioni dell’amministrazione circa l’accesso del ricorrente al documento richiesto, né è possibile un riesercizio del potere o una rinnovazione del procedimento, dovendo l’amministrazione dare corso ad una mera condotta materiale, consistente nell’esibizione del documento richiesto.

La peculiarità dei poteri istruttori e decisori del giudice supporta, insieme ad altri elementi, la tesi della natura del “diritto” di accesso quale diritto soggettivo[5]. Secondo orientamento consolidato tale qualificazione giuridica trova inoltre fondamento nel carattere vincolato dei poteri rimessi all’amministrazione in sede di esame della relativa istanza, aventi ad oggetto la mera ricognizione della sussistenza dei presupposti di legge e l’assenza di elementi ostativi. Essa risulta inoltre corroborata dall’inclusione del diritto di accesso nei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e politici ai sensi dell’art. 117 della Costituzione e dalla riconduzione del giudizio in tema di accesso alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

La premessa sulla natura del giudizio di accesso appare utile perché la sentenza, attraverso una attenta analisi della situazione di fatto e delle ragioni sottese all’istanza presentata all’Azienda Sanitaria, ha accertato il diritto di accesso dei genitori agli atti richiesti sulla base dei parametri normativi e dell’assenza di ragioni ostative alla luce della giurisprudenza, condannando l’amministrazione all’esibizione dei documenti.

3. Le ragioni sottese all’istanza di accesso

Il diniego dell’istanza di accesso formulata dai genitori alla Usl Valle d’Aosta è stato motivato dall’amministrazione sulla base della carenza di interesse concreto, diretto e attuale all’ostensione dei documenti. Il T.A.R. Valle d’Aosta, chiamato a pronunciarsi sul diniego, ha in parte dichiarato cessata la materia del contendere per avere la Usl prodotto nel corso del giudizio alcuni documenti, e in parte respinto il ricorso, ritenendo non ostensibile il parere dell’avvocato alla Usl e la relativa corrispondenza in quanto attinente al rapporto professionale-fiduciario e alla definizione della strategia difensiva della P.A. anche al di fuori del procedimento già concluso presso il Tribunale dei Minori.

I genitori, sospesi dalla responsabilità genitoriale per circa sei mesi perché ritenuti non idonei a garantire il benessere del figlio per aver preferito quale tipologia di nutrizione artificiale del figlio gravemente disabile il sondino nasogastrico anziché la P.E.G., avevano formulato istanza di accesso a tutti gli atti istruttori della determinazione della Usl a presentare esposto alla Procura della Repubblica al fine di “tutelare il diritto costituzionalmente garantito alla salute del minore, anche presso autorità giudiziarie”.

Due distinte ragioni, entrambe connesse a diritti costituzionalmente garantiti, erano dunque sottese all’istanza di accesso: l’intenzione di proporre azione risarcitoria per il danno subito a causa della sospensione della responsabilità genitoriale e la tutela della salute del minore, per chiarire i dubbi emersi sull’individuazione della forma di nutrizione migliore per il figlio e non quella economicamente più conveniente.

3.1. Il diritto di accesso in funzione difensiva

Sotto un primo profilo, la pronuncia in commento esamina l’interesse dei genitori ad accedere ai documenti richiesti al fine di intentare un’azione di risarcimento dei danni.

È nota la particolare attenzione rivolta dal legislatore alle ragioni sottostanti all’accesso[6], istituto che necessariamente comporta un bilanciamento tra interessi e principi contrapposti. Il diritto dell’interessato di prendere visione ed estrarre copia di documenti amministrativi, inserito in una logica di partecipazione all’attività amministrativa e trasparenza secondo il paradigma della “casa di vetro”[7], è escluso quando incide su interessi ritenuti prevalenti, quali la riservatezza di terzi e la segretezza, espressamente indicati nell’art. 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Ma dall’accesso “partecipativo” va distinto il cosiddetto “accesso difensivo”, dotato di autonomia e peculiarità proprie che opera quale contro-limite alle eccezioni del primo[8]. Nel rispetto dell’art. 24 della Costituzione, l’art. 24 della legge sul procedimento amministrativo al comma 7 dispone che “deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”. Unica eccezione concerne l’ipotesi di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari: in tal caso l’accesso è consentito soltanto se “strettamente indispensabile”.

Il diritto di accesso a fini difensivi si connota dunque per l’ampia latitudine: trovando fondamento nei principi costituzionali in materia di diritto alla difesa in giudizio (artt. 24, 97, 111 e 113 Cost.), nonché a livello sovranazionale nelle disposizioni della CEDU (art. 6) e della Carta di Nizza (art. 47), deve essere indefettibilmente garantito. Esso si pone in posizione di supremazia rispetto ad altri contrapposti interessi, come le esigenze connesse a segretezza pubblica o a riservatezza di terzi, tale da giustificare l’esercizio del diritto anche in situazioni in cui ordinariamente la legge lo esclude.

La norma contiene già in sé una ponderazione di interessi contrapposti: quando il diritto di accesso si pone come indispensabile per garantire le esigenze difensive, le altre esigenze antagoniste necessariamente recedono determinando la riespansione della regola generale della ostensibilità degli atti.

Sul punto si è pronunciata più volte, anche di recente, l’Adunanza plenaria al fine di definire in funzione nomofilattica i contorni talvolta sfumati di tale istituto[9]. In un primo momento soltanto in obiter[10], poi successivamente come principio di diritto[11], la plenaria ha affermato che all’attitudine espansiva dell’accesso difensivo, che supera i limiti previsti dalla legge sul procedimento amministrativo per l’accesso partecipativo, debba fare da contrappeso un più gravoso onere per l’istante, attraverso l’indicazione puntuale del collegamento tra il documento di cui è richiesta l’ostensione e le esigenze difensive. L’accesso al documento richiesto passa infatti attraverso un “rigoroso, motivato, vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare”. È escluso dunque che possa ritenersi sufficiente un generico riferimento ad esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite ad un processo già pendente o ancora da instaurare, ma l’istante deve specificare quale sia il collegamento tra questi e il diritto o interesse legittimo che intende curare o tutelare.

Inoltre, la plenaria ha chiarito che, stante l’autonomia della domanda di accesso, né la pubblica amministrazione detentrice del documento né il giudice chiamato a decidere su tale domanda devono svolgere valutazioni sull’ammissibilità, influenza o decisività del documento richiesto nel giudizio già instaurato o che si vuole instaurare, salvo, evidentemente, il caso di assenza dei presupposti richiesti dalla legge sul procedimento e, in particolare, di palese assoluta carenza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive, in caso di esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo stesso[12].

Non spetta pertanto al giudice o all’amministrazione effettuare una prognosi sulla misura dell’apporto probatorio della documentazione richiesta al giudizio, né vagliare l’eventuale fondatezza dell’azione proposta nella diversa sede giudiziale, o la sua stessa ammissibilità. Ciò in quanto il giudice dell’accesso non è il giudice della pretesa principale azionata o da azionare: egli “respinge la pretesa se la stessa gli appaia platealmente infondata, temeraria, od emulativa (…) e la accoglie negli altri casi, in quanto la trasparenza e l’ostensione degli atti è la regola, e la non ostensione è l’eccezione[13]. Deve pertanto limitarsi ad accertare la ricorrenza in concreto dell’esigenza difensiva prospettata dall’istante e la pertinenza del documento rispetto all’esigenza stessa.

La sentenza annotata, in applicazione dei principi e dell’orientamento consolidato della giurisprudenza sopra richiamato, ha riconosciuto l’interesse degli appellanti all’ostensione di tutti gli atti richiesti in considerazione del giudizio risarcitorio che intendono intentare per i danni subiti proprio a causa della pregressa azione intrapresa dalla Usl che ha determinato la sospensione della responsabilità genitoriale. Azione, come affermato anche dal collegio, di indubbia gravità per un genitore: tanto più in una situazione già di per sé molto delicata come quella di specie. Tali atti, in quanto connessi al provvedimento de potestate per cui i genitori intendono essere risarciti, sono stati pertanto ritenuti dal Consiglio di Stato necessari ai fini difensivi e pertanto ostensibili.

3.2. La tutela del diritto alla salute del minore

Ad un primo profilo inerente l’interesse ai documenti ai fini della proposizione dell’azione di risarcimento del danno, se ne aggiunge un secondo, connesso alla tutela della salute del minore per la questione circa il metodo di nutrizione artificiale.

Appare opportuna una breve premessa sulle due modalità di nutrizione artificiale di tipo enterale in questione. Il sondino nasogastrico (S.N.G.) permette l’alimentazione tramite una cannula che attraverso le fosse nasali arriva allo stomaco ed è indicato nel trattamento a breve termine, fino a trenta giorni, superati i quali è indicato il posizionamento di una P.E.G.. La gastrostomia endoscopica percutanea (P.E.G.) comporta l’introduzione di una sonda per via endoscopica direttamente nello stomaco che crea un tramite tra la cavità gastrica e l’esterno, attraverso la parete addominale. Si tratta di una procedura sicuramente più invasiva rispetto alla precedente e non priva di complicanze, indicata per il trattamento nutrizionale a lungo termine nei pazienti con incapacità temporanea o permanente ad alimentarsi.

Per evidenti motivi di riservatezza del minore sono stati oscurati dalla sentenza tutti i dati idonei a rivelare lo stato di salute del figlio degli appellanti, e non è dunque dato sapere quali fossero le ragioni dei genitori poste a fondamento della resistenza alla P.E.G., né da quanto tempo il piccolo fosse alimentato tramite sondino nasogastrico e se questo fosse mal tollerato o non idoneo al suo scopo. A dire il vero, ciò non avrebbe rilievo in tale sede, essendo piuttosto preminente, ai fini risarcitori e di tutela della salute del minore, la conoscenza delle ragioni poste a fondamento della scelta della Usl che hanno determinato l’azione volta alla sospensione della responsabilità dei genitori in disaccordo sul punto.

La nutrizione-idratazione artificiale non può prescindere dal consenso validamente espresso dell’avente diritto, o, come nel caso di specie, dai genitori esercenti la responsabilità genitoriale, e la scelta dello strumento deve essere effettuata valutando l’adeguatezza clinica e la proporzionalità rispetto alla situazione e alla storia del paziente che ne deve beneficiare. Eppure, dalla corrispondenza di parte resistente riportata in sentenza sembra di comprendere non solo che la P.E.G. “gioverebbe in ultima istanza al minore”, ma che tale strumento consentirebbe all’amministrazione di razionalizzare le risorse e impiegare correttamente il personale infermieristico nella complessa attività istituzionale di assistenza, poiché comporterebbe attività di tipo meramente assistenziale e di bassissima invasività per il minore.

Sembrerebbe dunque che la preferenza per un tipo di nutrizione artificiale piuttosto che un altro non fosse stata dettata esclusivamente nell’interesse e per il bene del piccolo paziente, ma motivata – anche – da fattori di tipo economico-organizzativo, per raggiungere economie di scala con ridotto utilizzo di personale infermieristico.

L’opposizione dei genitori alla P.E.G. è stata ritenuta dalla Usl prima, e poi -almeno in prima istanza- dal Tribunale dei Minorenni, pregiudizievole per il figlio e indicativa del fatto che essi non sarebbero in grado di garantire il benessere del minore, tanto da essere passibili di sospensione della responsabilità genitoriale ai sensi degli artt. 333 e 336 c.c..

Come noto, in altre circostanze, tutte molto delicate e dai profili talvolta drammatici, il rifiuto dei genitori per determinati trattamenti sanitari per i figli è stato ritenuto un comportamento pregiudizievole per i minori ed ha condotto all’adozione di diversificate misure, tra cui la limitazione o decadenza della responsabilità genitoriale, o la sostituzione nella prestazione del consenso da curatori speciali nominati dal Tribunale. È il caso, ad esempio, del rifiuto dei Testimoni di Geova alle trasfusioni ematiche ritenute dai sanitari necessarie alla salute e alla vita dei minori[14], o della richiesta che il sangue della trasfusione provenisse da donatori non vaccinati per il Covid-19[15] oppure, ancora, di opposizione preconcetta ed immotivata alla sottoposizione del minore alle vaccinazioni obbligatorie[16].

Anche sotto il profilo della tutela della salute del minore, concernente l’individuazione del tipo di nutrizione artificiale migliore per il piccolo paziente, la sentenza in commento ha riconosciuto l’interesse dei genitori all’accesso a tutti gli atti della procedura relativa alla sospensione della responsabilità genitoriale richiesti all’amministrazione. Ciò per potersi opporre non solo alla decisione, ma anche all’affermazione secondo cui avendo essi preferito perseverare con l’alimentazione nasogastrica, non sarebbero stati in grado di garantire il benessere del minore tanto da essere passibili di perderne la responsabilità genitoriale, come è infatti avvenuto per sei mesi, fino a che la decisione di merito non ha dichiarato la segnalazione “basata su critiche che non hanno trovato alcun riscontro”.

In questo senso risulta evidente la necessità a fini difensivi degli atti interni all’Amministrazione relativi alla pregressa azione della Usl per la sospensione della responsabilità genitoriale per chiarire, anche nell’interesse della stessa Usl, le effettive ragioni poste alla base della scelta del tipo di alimentazione artificiale.

4. L’accessibilità dei pareri legali

Riconosciuto l’interesse dei genitori all’accesso documentale sotto i duplici profili difensivo e per la tutela della salute del minore, la sentenza affronta un ulteriore questione particolarmente dibattuta. Si tratta dell’accessibilità dei pareri legali resi all’amministrazione, tema sempre connesso al diritto di difesa, in questo caso della Usl.

I contrapposti principi coinvolti quando un’istanza di accesso ha ad oggetto tali atti sono da un lato quello di trasparenza e pubblicità dell’attività amministrativa; dall’altro quello, altrettanto essenziale, di salvaguardia della strategia processuale dell’amministrazione che nell’esercizio del proprio diritto di difesa deve poter fruire di una tutela non inferiore a quella di ogni altro soggetto dell’ordinamento. Nel caso di specie, a tali profili si aggiunge il diritto di difesa dei genitori, che richiedono l’accesso al parere legale reso all’amministrazione in quanto necessario ai fini del giudizio risarcitorio che intendono intentare.

Come noto, l’amministrazione può acquisire pareri legali da un professionista di fiducia (irrilevante a tal fine che sia del libero Foro o degli uffici legali dell’ente pubblico) in diversi contesti dell’attività amministrativa di sua competenza e a diversi fini: proprio in virtù della funzione concretamente espletata dagli stessi rispetto alle esigenze dell’amministrazione ad esso correlati, si determina il discrimine della disciplina del loro accesso.

In particolare, la giurisprudenza[17] è unanime nel ritenere che in virtù del segreto professionale e della necessità di tutelare l’attività defensionale della P.A. alla pari di quella di qualsivoglia altro soggetto dell’ordinamento, l’ostensibilità è preclusa per i pareri legali espressi al fine di definire una strategia difensiva con riferimento ad un contenzioso già insorto, a fasi precontenziose, oppure a situazioni potenzialmente idonee a sfociare in un giudizio[18]. In tale contesto, il parere è volto a fornire all’amministrazione tutti gli elementi tecnico-giuridici utili per tutelare i propri interessi: in un sistema caratterizzato dall’accessibilità degli atti delle pubbliche amministrazioni, il principio generale della trasparenza cede di fronte alla tutela del segreto quando è posto a fondamento di altri diritti costituzionalmente garantiti, come quello di difesa. Allo stesso modo, sono sottratti all’accesso anche la corrispondenza inerente e gli atti defensionali.

La ratio sottesa a tale regola risponde alla necessità di salvaguardare la strategia processuale della parte, che non è tenuta a rivelare ad alcun soggetto, tanto meno al proprio contraddittore – attuale o potenziale – gli argomenti posti alla base delle proprie difese, per confutare in giudizio le pretese avversarie.

Al contrario, i pareri acquisiti nel corso di un procedimento amministrativo che si conclude con un provvedimento ad essi collegato, anche solo in termini sostanziali e quindi pur in assenza di un formale richiamo ad essi, allorchè rivestano una funzione endoprocedimentale e costituiscano perciò uno degli elementi che condizionano la scelta dell’amministrazione, sono soggetti all’accesso. In tale eventualità la consulenza legale, pur traendo origine da un rapporto privatistico, normalmente caratterizzato dalla riservatezza della relazione tra professionista e cliente, può essere ostesa, in quanto oggettivamente correlata ad un procedimento amministrativo.

La sentenza annotata ha affermato l’ostensibilità del parere dell’avvocato, non ostando nel caso di specie alcuna delle ragioni identificate come preclusive dalla giurisprudenza.

Ciò alla luce della duplice finalità sottesa all’istanza di accesso. In primo luogo, per l’instaurazione di un giudizio risarcitorio, in quanto l’azione volta a sospendere la responsabilità genitoriale al momento dell’istanza di accesso era ormai definita e dunque i giudici di Palazzo Spada non hanno ravvisato alcun pericolo di incisione sulla strategia difensiva dell’amministrazione. Va rammentato infatti che la giurisprudenza preclude l’ostensione dei pareri legali volti a definire una strategia difensiva relativamente a contenziosi insorti o potenziali, ma nel caso in questione al momento dell’istanza di accesso dei genitori il giudizio sulla sospensione della responsabilità genitoriale era già stato definito – da circa sei mesi – con il non luogo a provvedere.

In secondo luogo, il Consiglio di Stato ammette l’ostensibilità del parere anche in ragione della tutela del bene primario della salute del figlio minore, perché la sua lettura è finalizzata a cogliere le reali motivazioni dell’Azienda sanitaria sottese alla modifica del sistema di nutrizione del piccolo. Ciò anche nell’interesse della stessa Usl a fare emergere la propria perfetta buona fede e per dimostrare che la linea seguita fosse frutto non di ragioni di carattere economico, ma di scelta consapevole dei sanitari con competenze scientifiche certamente superiori a quelle dei coniugi.

5. Considerazioni conclusive

La sentenza ha riconosciuto il diritto dei genitori, sui quali incombe il “diritto-dovere di proteggere e garantire le cure necessarie al benessere del figlio”, ad avere tutta la documentazione relativa agli atti del procedimento inerente alla richiesta di sospensione della responsabilità genitoriale, compreso il parere legale. I giudici di Palazzo Spada hanno accolto l’appello ordinando alla Usl Valle d’Aosta il rilascio dei documenti richiesti entro trenta giorni, esclusi gli atti già depositati nei giudizi di primo e secondo grado e, ovviamente, gli atti inesistenti, con contestuale nomina di un Commissario ad acta del caso di inadempienza, stante la particolarità degli interessi sottesi alla controversia e la necessità di tutelare il bene primario della salute del bambino.

In applicazione della disciplina dell’accesso difensivo e dei principi giurisprudenziali elaborati in materia, anche dall’ultima Adunanza plenaria intervenuta sul punto, la sentenza ha riconosciuto in primo luogo l’interesse dei genitori all’accesso ai documenti richiesti e, inoltre, la necessità e strumentalità di tali atti ai fini della “cura” e della “difesa” di un proprio interesse giuridico, nella specie del giudizio risarcitorio per i danni subiti dalla pregressa azione intrapresa dalla Usl per la sospensione della responsabilità genitoriale, cui i documenti infatti afferiscono. Ma non solo: è stata riconosciuta la necessità dell’accesso a tali atti ai fini della tutela della salute del minore, per chiarire i dubbi sulle ragioni sottese alla scelta del metodo di nutrizione artificiale del piccolo paziente. Soltanto accedendo a tutta la documentazione indicata dai genitori è infatti possibile ricostruire l’iter che ha condotto alla decisione di alimentare il minore tramite P.E.G. e non più con il sondino nasogastrico da cui è scaturita, stante la resistenza dei genitori, la segnalazione per la sospensione della responsabilità genitoriale.

Il disvelamento della documentazione richiesta appare pertanto il necessario “guado” per chiarire le ragioni della Usl e poter azionare il giudizio di risarcimento del danno.

Il Consiglio di Stato non ha effettuato una vera e propria ponderazione dei contrapposti diritti – tutti costituzionalmente garantiti – che sono entrati in conflitto in questa delicatissima vicenda: la tutela della salute del minore connessa alla scelta del metodo di nutrizione artificiale, il diritto di difesa dei genitori che intendono avviare un giudizio risarcitorio, il diritto di difesa della Usl che ha opposto la riservatezza del parere del proprio legale a salvaguardia della strategia difensiva.

E infatti, nel caso di accesso ai fini difensivi il bilanciamento è effettuato a monte dall’art. 24 co. 7 l. 241/1990, e si consuma a livello legislativo, a favore del soddisfacimento di un bisogno di tutela di una situazione giuridica soggettiva. In tale circostanza, la valutazione rimessa al giudice è relativa alla necessaria strumentalità degli atti richiesti ai fini della difesa degli interessi giuridici, che il Consiglio di Stato ha ritenuto sussistente nel caso in esame.

La sentenza si inserisce nel solco della giurisprudenza ormai consolidata non solo in tema di accesso difensivo, ma anche di ostensione dei pareri legali resi all’amministrazione. La decisione non pare porsi in contrasto con la giurisprudenza che nega l’ostensione dei pareri in virtù della riservatezza della strategia processuale dell’amministrazione, proprio perché nel caso di specie la strategia era relativa ad un giudizio ormai concluso al momento della presentazione dell’istanza di accesso, mentre attuale è stato ritenuto l’interesse all’accesso per cogliere le reali ragioni sottese alla scelta della P.E.G., a fini risarcitori e per la tutela della salute del minore.

  1. Dottoranda in Diritti e Istituzioni nell’Università degli Studi di Torino.
  2. Da ultimo T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 7 febbraio 2022, n.1368; T.A.R. Toscana, Firenze, sez. I, 27 gennaio 2022, n. 89; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 18 gennaio 2022, n.571; T.A.R. Piemonte, Torino, sez. II, 15 luglio 2021, n. 744; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 8 luglio 2021, n.8115; id. sez. I, 20 luglio 2020, n.8369. Per la giurisprudenza consolidata del Consiglio di Stato, anche ante codicem, si veda Cons. Stato, sez. VI, 9 maggio 2002, n. 2542; id., sez. V, 27 maggio 2011, n. 3190; id., sez. IV, 28 febbraio 2012, n. 1162; e, più di recente, Cons. Stato, sez. IV, 6 febbraio 2019, n. 906; id. sez. V, 19 giugno 2018, n. 3956; id., sez. III, 5 marzo 2018, n.1396.
  3. Cons. Stato, Ad. Plen., 2 aprile 2020, n. 10, in Foro Amm., 2020, 4, 722.
  4. Così T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 9 dicembre 2020, n.13188.
  5. La qualificazione giuridica del “diritto” di accesso è stata a lungo dibattuta. Nel 1999 l’Adunanza plenaria aveva aderito all’orientamento minoritario secondo cui la situazione soggettiva legittimante l’accesso sarebbe un interesse legittimo: così Cons. Stato, Ad. Plen., 2 giugno 1999, n. 16, in Foro amm., 1999, I, 1205. A sostegno di tale tesi era evidenziato il carattere impugnatorio del giudizio avverso le determinazioni amministrative concernenti il diritto di accesso; la previsione di un termine decadenziale per l’esercizio dell’azione; la motivazione contenuta nell’atto con cui la P.A. provvede sull’istanza; l’esigenza di bilanciamento dei plurimi interessi in conflitto. Successivamente, a seguito delle profonde modifiche apportate dalla legge n. 205/2000 e della riforma del titolo V della Costituzione, il Consiglio di Stato ha mutato orientamento affermando la natura di diritto soggettivo del diritto di accesso, con cognizione in sede contenziosa devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo: così Cons. Stato, sez. V, 2 febbraio 2010, n. 442. La questione è stata nuovamente sottoposta all’esame dell’Adunanza plenaria che tuttavia non ha fornito risposta esauriente sulla qualificazione della situazione soggettiva, sottolineando la necessità di concentrarsi sulle finalità sottese alla disciplina piuttosto che alla sua astratta qualificazione giuridica. Il Consiglio di Stato ha infatti affermato che il diritto di accesso ai documenti amministrativi costituisce un potere di natura procedimentale volto in senso strumentale alla tutela di un interesse giuridicamente rilevante. Così Cons. Stato, Ad. Plen., 20 aprile 2006, n. 7, in Foro amm-C.d.S., 2006, 1121.
  6. Per la letteratura sull’istituto dell’accesso documentale si segnalano, tra gli altri, Arena G. (1991), La trasparenza amministrativa ed il diritto di accesso ai documenti amministrativi, in Arena G. (a cura di), L’accesso ai documenti amministrativi, Bologna, Il Mulino, 25 ss.; Romano Tassone A. (1995), A chi serve il diritto d’accesso? (Riflessioni su legittimazione e modalità d’esercizio del diritto d’accesso nella legge n. 251/1990), in Dir. amm., fasc. 3.; Gallo C.E. – Foà S. (2000), Accesso agli atti amministrativi, voce in Digesto delle discipline pubblicistiche, con agg. di F. Pavoni, Torino, UTET; Cimini S. (2005), L’accesso ai documenti amministrativi e riservatezza: il legislatore alla ricerca di nuovi equilibri, in Giust. civ., fasc. 10, pp. 407 ss; Caringella F. – Garofoli R. – Sempreviva M.T. (2007), L’accesso ai documenti amministrativi, Milano, Giuffrè; Simonati A. (2017), I principi in materia di accesso, in Sandulli M.A. (a cura di), Codice dell’azione amministrativa, II ed., Milano, pp. 1208  ss.; Parisio V. (2018), La tutela dei diritti di accesso ai documenti amministrativi e alle informazioni nella prospettiva giurisdizionale, in federalismi.it, fasc. 11, pp. 1-36; Manganaro F. (2019), Evoluzione ed involuzione delle discipline normative sull’accesso a dati, informazioni ed atti delle pubbliche amministrazioni, in Dir. amm., pp. 743 ss.; Francario F. (2019), Il diritto di accesso deve essere una garanzia effettiva e non una mera declamazione teorica, in federalismi.it, fasc. 10, pp. 1-27; Sandulli M.A. (2020), Accesso alle notizie e ai documenti amministrativi, in Enc. Dir., agg. IV, Milano.
  7. Nota espressione di Turati nel suo celebre discorso, in Atti del Parlamento italiano, Camera dei deputati, sessione 1904-1908, 17 giugno 1908, 22962.
  8. Sul punto De Sanctis G. (2013), Il diritto di accesso ed il controlimite dell’accesso difensivo, in Il Corriere del Merito, fasc. 5, pp. 568-571; Mirra V. (2021), Accesso difensivo e riservatezza: due diritti in conflitto, in Il Foro Italiano, fasc. 10, pt. 3, pp. 550-557.
  9. Sulle recenti pronunce dell’Adunanza Plenaria in tema di accesso agli atti amministrativi, si veda Manganaro F. (2021), La funzione nomofilattica dell’Adunanza Plenaria in materia di accesso agli atti amministrativi, in federalismi.it, fasc. 20, pp. 159-173.
  10. Cons. Stato, Ad. Plen. 25 settembre 2020, n. 19, in Foro Amm., 2020, 9, 1690.
  11. Cons. Stato, Ad. Plen. 18 marzo 2021, n.4, in Foro Amm., 2021, 3, 455. Sul punto Pagliaroli C. (2022), Il potere valutativo della P.A. in materia di accesso difensivo: la sentenza dell’adunanza plenaria n. 4/2021, in Il diritto dell’economia, vol. 1, pp. 219-229.
  12. Da ultimo, in tal senso: T.A.R. Abruzzo, Pescara, sez. I, 17 febbraio 2022, n.83; Cons. Stato, sez. III, 15 febbraio 2022, n.1121, in Diritto & Giustizia 2022, 5 aprile; id. sez. V, 7 febbraio 2022, n.851; T.A.R. Trentino-Alto Adige, Trento, sez. I, 6 dicembre 2021, n.194; Cons. Stato, sez. V, 3 agosto 2021 n. 5712; id., sez. II, 27 luglio 2021, n. 5589; id. sez. V, 3 maggio 2021, n.3459; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 4 maggio 2021, n.5210. Sul punto Delle Cave G. (2022), L’accesso difensivo post Adunanza Plenaria n. 4/2021 tra potere valutativo della P.A. e apprezzamento del giudice, in Giustizia insieme.
  13. Così T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 25 ottobre 2021, n.10949.
  14. In materia si segnalano tre decisioni di accoglimento del reclamo avverso il decreto di limitazione/sospensione della responsabilità genitoriale emesso dal Tribunale per i minorenni e di revoca dello stesso: C. App. Roma, decreto 3 dicembre 2019, r.g. n. 52315/2019; C. App. Milano, decreto 10 settembre 2020, r.g. 785/2019; C. App. Catania, decreto 13 ottobre 2020, r.g. 332/2020. Sul punto Borsellino P. (2020), Brevi note su rifiuto di trasfusioni ematiche e responsabilità genitoriale. Quando il provvedimento restrittivo del Tribunale non trova giustificazione, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, fasc. 3, pp. 1009-1016. Sul tema anche Di Costanzo C. (2019), Il dissenso alle emotrasfusioni a beneficio di una minore. Considerazioni in calce a un provvedimento del giudice tutelare del Tribunale di Firenze, in federalismi.it.
  15. In applicazione dell’art. 3, comma 5, della legge 22 dicembre 2017, n. 219, che in caso di contrasto tra genitori e medici sulle cure del minore rimette al giudice tutelare la decisione, il Tribunale di Modena ha nominato un curatore speciale autorizzato a prestare consenso informato per l’intervento chirurgico del minore salvavita comportante trasfusioni ematiche ed emoderivati, ritenendo ingiustificato il rifiuto opposto dai genitori a prestare il consenso sotto la condizione che il sangue trasfuso provenisse da donatori non vaccinati anti Covid 19. Così Tribunale Modena sez. I, 8 febbraio 2022, n.902, in Risarcimento, Danni, Responsabilità, 1 marzo 2022, con nota di Masoni R., Medico vs genitori no vax su emotrasfusioni da praticare al figlio minore.
  16. In tali situazioni il giudice deve valutare i rischi in concreto riferiti al minore specificamente individuato; è legittimato ad intervenire ai sensi degli art. 333 e 336 c.c. per rimuovere gli effetti di una condotta pregiudizievole al minore per l’ipotesi in cui il mancato intervento metta in pericolo la vita del minore. Così C. App. Bari, 6 febbraio 2002, in Familia 2/2003, p. 548 ss. con nota di De Simone A., Potestà genitoriale, obblighi vaccinali ed intervento del giudice minorile ai sensi degli artt. 333 e 336 c.c. Legittima la richiesta da parte dei genitori di specifici accertamenti medici preventivi sul minore?; Trib. min. Bari 25 ottobre 2000; C. App. Bari, 12 febbraio 2003. Sul tema Amram D. (2018), Responsabilità genitoriale e vaccini, in Rivista italiana di medicina legale e del diritto in campo sanitario, vol. 1, pp. 279-288; Covino S. (2018), La riaffermazione dell’obbligo vaccinale nel prisma dell’interesse del minore e dei rimedi inerenti l’esercizio della responsabilità genitoriale, in Rivista italiana di medicina legale e del diritto in campo sanitario, fasc. 4, pp. 1663-1678; De Pamphilis M. (2017), La tutela della salute del minore tra autonomia dei genitori e intervento pubblico. Nota a ord. Trib. Roma sez. I civ. 16 febbraio 2017, in Famiglia e diritto, fasc. 12, pp. 1106-1120; Principato L. (2017), Obbligo di vaccinazione, “potestà” genitoriale e tutela del minore, in Giurisprudenza costituzionale, fasc. 6, pp. 3139-3170.
  17. Da ultimo: Cons. Stato, sez. V, 31 marzo 2022, n.2380; T.A.R Lazio, Roma, sez. III, 14 marzo 2022, n.2890; T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 7 marzo 2022, n.631; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 3 gennaio 2022, n.2; T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 14 dicembre 2021, n.12894; T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 1 dicembre 2021, n.7711; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 21 luglio 2021, n.1783; T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 19 febbraio 2021, n.349; T.A.R. Valle d’Aosta, Aosta, sez. I, 27 gennaio 2021, n.10; Cons. Stato, sez. III, 15 maggio 2018, n.2890, in Giur. It., 2018, 10, 2230, con nota di Ingegnatti S., Pareri legali richiesti dalla P.A.: quando è possibile il diritto di accesso. Più risalenti, ma sempre in termini, le pronunce Cons. Stato sez. VI, 24 agosto 2011, n. 4798; id. sez. IV, 13 ottobre 2003 n. 6200.
  18. È stato ulteriormente precisato che per ritenersi sussistente una lite potenziale, “deve sussistere una condizione di probabilità adeguata e circostanziata, non scaturente da una mera opinabilità o possibilità astratta che il parere sia da utilizzare in un ambito contenzioso”; inoltre, il parere deve essere redatto in vista dell’esercizio in giudizio del diritto di difesa, e ciò è da escludersi quando esso attenga ad una questione giuridica sottesa all’espletamento del procedimento amministrativo su istanza di parte, posto che, in tal caso, qualunque parere interno sarebbe sempre da escludersi dall’accesso. Così T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 14 dicembre 2021, n.12934.