Le problematiche attuative nella determinazione dei costi e fabbisogni standard degli enti locali

Sara Fiorentini[1]

ABSTRACT (ITA)

In un’ottica di progressivo abbandono della spesa storica (di cui si stima l’integrale abbandono entro il 2030) la riforma sul federalismo fiscale ha voluto introdurre un nuovo metro di valutazione, caratterizzato dalla rilevazione dei fabbisogni standard per il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni, concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Senonché l’applicazione del nuovo metodo di calcolo ha rivelato evidenti carenze metodologiche e di analisi della realtà dei fatti, che hanno generato una redistribuzione del Fondo di Solidarietà Comunale non completamente perequativa. In un’ottica di revisione e messa definitivamente a sistema del progetto fabbisogni standard possono assumere un ruolo importante due aspetti precedentemente parzialmente presi in considerazione: interoperabilità dei dati e linee guida. L’interoperabilità da una parte e la predisposizione di linee guida d’aiuto per gli enti locali, sgraverebbero questi ultimi da adempimenti impegnativi, superflui e permetterebbero di avere un database pressoché veritiero e reale onde procedere con l’individuazione esatta dei fabbisogni standard e la conseguente quota di Fondo di Solidarietà Comunale. Ciò permetterebbe anche alla collettività un controllo aggiornato all’ultimo anno di rilevazione mediante OpenCivitas, in piena applicazione dei principi di pubblicità, trasparenza e accountability.

ABSTRACT (EN)

With a view to the gradual abandonment of historical expenditure (the complete abandonment of which is estimated by 2030), the fiscal federalism reform sought to introduce a new method for evaluation, characterised by the detection of standard requirements to finance essential levels of services, concerning constitutional civil and social rights that must be guaranteed throughout the national territory. However, the application of the new method of calculation has revealed clear shortcomings in the methodology and analysis of the reality of the facts, which have generated a not completely equitable redistribution of the Municipal Solidarity Fund. With a view to revising the project “standard requirements”, two aspects that were previously partially taken into consideration can play an important role: data interoperability and guidelines because they would relieve local authorities of demanding, superfluous tasks. They would create an almost accurate database in order to proceed with the exact identification of standard requirements and the consequent share of the Municipal Solidarity Fund. This would also allow the community an up-to-date check on the last year of survey through OpenCivitas, in full application of the principles of publicity, transparency and accountability.

Sommario:

1. La rilevazione fabbisogni standard e l’abbandono del criterio della spesa storica – 2. Il Fondo di Solidarietà Comunale (FSC) – 3. I Livelli Essenziali delle Prestazioni e il rapporto con Fabbisogni e Costi standard – 4. La metodologia sinora utilizzata e gli indicatori oggetto di rilevazione dei Fabbisogni e Costi standard – 5. Le difficoltà di compilazione e i limiti dell’interoperabilità dei dati – 6. I problemi di trasparenza e accountability dei dati presenti su OpenCivitas – 7. Conclusioni

1. La rilevazione fabbisogni standard e l’abbandono del criterio della spesa storica

Il c.d. “federalismo fiscale”[2] è stato introdotto nel nostro ordinamento per garantire la massima responsabilizzazione degli enti, nonché l’effettività e la trasparenza del controllo democratico nei confronti degli eletti (l. 5 maggio 2009, n. 42, art. 1), in conformità ai precetti costituzionali d’autonomia d’entrata e di spesa degli enti locali (art. 119, Cost.).

La riforma ha previsto per tutti i livelli di Governo la sostituzione in maniera graduale del criterio della spesa storica con la rilevazione dei fabbisogni standard per il finanziamento dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP)[3], concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (art. 117, co. 2, lett. m, Cost.; d.lgs. 26 novembre 2010, n. 216, art. 1) e con la perequazione della capacità fiscale per le altre funzioni (l. n. 42 del 2009, cit., art. 2, lett. m)[4].

Con il precipuo scopo d’analizzare e validare le metodologie volte alla determinazione dei fabbisogni standard degli enti locali, nonché curarne l’aggiornamento, con la Legge di stabilità 2016 (l. 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, co. 29) è stata istituita presso il Ministero dell’Economia e Finanze la Commissione tecnica per i fabbisogni standard[5], [6].

È stato rilevato che la spesa storica non consente di perseguire un miglioramento delle condizioni dei territori con un basso livello di spesa pro capite e d’efficacia dei servizi, anche se la pressione tributaria a cui soggiacciono è analoga a quella delle aree più economicamente ricche del Paese[7].

Gli amministratori locali non sono spronati o incentivati a fare un uso oculato e proficuo delle risorse di cui dispongono ricorrendo al mero utilizzo della spesa storica senza operare una valutazione dei risultati raggiungi nella gestione delle risorse stesse; la spesa storica porta con sé il deficit di non permettere in maniera congruente una perequazione delle risorse a vantaggio di zone territoriali più bisognose con l’obiettivo di superare problemi che ormai da tempo si sono sedimentati nel tessuto economico e sociale dell’ente locale.

I costi e i fabbisogni standard costituirebbero secondo la novella legislativa l’indicatore rispetto al quale comparare e valutare l’agere della pubblica amministrazione, affiancandosi alla definizione d’obiettivi di servizio cui devono mirare gli enti locali nell’esercizio delle proprie funzioni essenziali in materia di diritti civili e sociali (l. n. 42 del 2009, cit., art. 2, lett. f).

Il fabbisogno standard è dunque il livello ottimale di servizio, di cui deve esserne garantita l’erogazione su tutto il territorio italiano, in maniera appropriata ed efficiente, che deve essere valutato a costi standard[8].

Sotto un profilo meramente di equilibrio di finanza pubblica il fabbisogno standard rappresenta il riferimento per la determinazione delle aliquote dei tributi locali e di compartecipazione a tributi erariali ad un livello tale da garantire la risposta integrale ai bisogni dei cittadini. Sotto un profilo di tutela delle situazioni giuridiche soggettive essi rappresentano la declinazione finanziaria dei diritti ed il presupposto per la loro piena e completa esigibilità[9].

Quest’ultimo corrisponde all’esito del processo di corretta predeterminazione del costo di riferimento dell’erogazione di un servizio, in una condizione di migliore efficienza-utilità[10].

I costi standard fonderebbero così il nuovo modello economico di riferimento della finanza pubblica, su cui imperniare il finanziamento integrale dell’attività pubblica con riguardo all’erogazione ai consociati dei principali diritti sociali, in materia di sanità, assistenza e istruzione.

I costi standard riguardano l’individuazione del quantum idealmente necessario per assicurare le prestazioni essenziali[11]: quanto quest’ultime costeranno nei vari territori nazionali, in favore dei quali dovranno essere assegnate le risorse, definite in funzione del loro fabbisogno standard appunto (sul metodo di calcolo si veda infra).

L’intento perseguito è di realizzare una convergenza dei costi e dei fabbisogni standard dei vari Livelli Essenziali delle Prestazioni (d.lgs. n. 216 del 2010, cit., art. 2) concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, nonché le funzioni fondamentali degli enti territoriali (art. 117, co. 2°, lett. m, p, Cost.).

Trattasi dell’individuazione delle reali necessità finanziarie degli enti locali, che sono individuate tramite l’analisi congiunta delle caratteristiche territoriali e degli aspetti sociodemografici della popolazione che vi risiede. L’incrocio dei dati permette così d’individuare degli indicatori utili a fornire efficienza ed efficacia alle politiche del territorio[12].

La rilevazione perciò non riguarda solamente gli aspetti economici e finanziari degli enti locali, ma coinvolge anche gli aspetti organizzativi, gestionali e operativi.

La rilevazione mediante fabbisogni standard, in luogo della spesa storica, permette di affrontare il problema del finanziamento degli enti locali in un’ottica caratterizzata da trasparenza, e con l’utilizzo di modelli e criteri oggettivi, prendendo in considerazione il livello del servizio fornito, evitando tagli di finanziamento ai Comuni che producono un buon output di servizio[13].

2. Il Fondo di Solidarietà Comunale

Il Fondo di Solidarietà Comunale (FSC) è stato istituito dal legislatore nazionale (l. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, co. 380, lett. b), in attuazione della riforma sul federalismo fiscale (l. n. 42 del 2009, cit., art. 12, 13; art. 119 Cost.), con lo scopo di finanziare le spese dei Comuni e delle Province in un’ottica perequativa, con progressivo abbandono della spesa storica[14].

Il Fondo di Solidarietà Comunale è subentrato al provvisorio Fondo Sperimentale di riequilibrio (di durata triennale: d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 2, co. 3 e art. 13)[15], avente medesima natura strettamente perequativa e senza vincoli di destinazione (art. 119, co. 3, Cost.).

Il Fondo in questione aveva in origine una natura mista, essendo alimentato in maniera preponderante dai Comuni stessi con una trattenuta sul gettito standard derivante dall’IMU (componente orizzontale), in maniera minoritaria da risorse trasferite dallo Stato (componente verticale). Natura mista che nel tempo è divenuta sempre più di tipo orizzontale, cui si sono aggiunte delle componenti verticali con vincoli di destinazione posti dallo Stato (art. 119, co. 5, Cost.) per alcuni enti territoriali specifici, con conseguente ibridazione del fondo, che ha posto problemi di costituzionalità per violazione dell’autonomia finanziaria degli enti locali (art. 119, Cost.)[16].

Il funzionamento (in origine) del fondo assicurava la definizione di un livello di risorse necessario per soddisfare e gestire le funzioni fondamentali costituzionalmente previste, senza differenza significativa per l’ineguale distribuzione della ricchezza nel territorio nazionale[17].

Scopo della perequazione[18] perseguita dal fondo è garantire un’equità orizzontale: tutti i cittadini soggetti a livelli di tassazione simile devono poter accedere in maniera eguale agli stessi servizi indipendentemente dal luogo di residenza[19].

Per limitare gli effetti distorsivi dell’evasione fiscale si è prevista l’introduzione di specifico correttivo che prevede di prendere in considerazione la differenza fra gettito fiscale teorico ed effettivo, epurando i dati non solo dall’evasione fiscale appunto, ma anche dalla mancata riscossione dei tributi[20].

Il fondo, quindi, prende in considerazione principalmente la differenza (il “fiscal gap”[21]) che un ente locale ha fra i fabbisogni standard che devono essere assicurati ai cittadini e la sua capacità fiscale, ossia la stima delle risorse che un ente locale riceve dalle entrate tributarie, a parità di livello di imposizione fiscale[22].

Se la differenza tra fabbisogno standard totale e capacità fiscale è negativa, significa che il Comune è più che in grado con la sua sola capacità fiscale di coprire il fabbisogno che gli viene riconosciuto e quindi di finanziare i servizi essenziali sul proprio territorio. In questo caso l’ente dovrà cedere una parte del proprio gettito ad altri Comuni.

Se la differenza è invece positiva, significa che il Comune non riesce autonomamente a finanziare lo svolgimento delle sue funzioni fondamentali. In questo caso è stabilito che l’ente riceva le risorse aggiuntive.

Il correttivo predetto però non ha trovato applicazione con riferimento ai valori catastali degli immobili, la cui sanatoria dei dati è stata lasciata in capo ai singoli enti, con ciò un evidente effetto distorsivo[23]. Per il solo fatto del mancato aggiornamento delle rendite catastali, un Comune si trova a ricevere un maggior numero di risorse in perequazione da Comuni “virtuosi”, che hanno provveduto ad aggiornare le rendite catastali, senza che però ciò corrisponda a una effettiva minore ricchezza poiché le rivalutazioni catastali operate da un Comune non sono indicatori di ricchezza dei propri cittadini, ma solamente di una maggiore pressione fiscale[24].

Ulteriore aspetto di criticità, visto in ottica dinamica, deriva dal fatto che avendo predisposto tutte le funzioni per abitanti, se nel corso dell’anno diminuisce il numero di residenti il Comune subisce un proporzionale calo delle risorse, anche se le esigenze dell’ente non mutano. Di converso la valutazione premierebbe quei Comuni che hanno raddoppiato la popolazione con scelte espansive “discutibili”.

Un sistema perequativo come quello in esame che si fonda su un meccanismo di calcolo della capacità fiscale non ancorato a valori reali pone così problemi sia in relazione al principio di capacità contributiva[25], sia con riferimento al principio di democraticità e di accountability come declinato infra[26].

3. I Livelli Essenziali delle Prestazioni e il rapporto con Fabbisogni e Costi standard

3.1. La legge delega sul federalismo fiscale (l. n. 42 del 2009, cit., art. 7, 8, 9) ha previsto un sistema di finanziamento delle funzioni basato sulla suddivisione tra spese essenziali, spese destinate a finanziare i LEP e le spese “libere”[27], operando una netta distinzione fra le prima due tipologie di spesa, rispetto a queste ultime.

Per le spese essenziali e destinate ai LEP è stato infatti previsto il finanziamento integrale sulla base dei fabbisogni standard, finanziato tramite i costi standard. Le spese libere invece non soggiacciono a finanziamento integrale.

Secondo la ratio ispiratrice della riforma sul federalismo fiscale, i LEP assumono la funzione di “misuratore economico dell’eguaglianza”[28], poiché si pongono come strumento per organizzare la solidarietà fra enti territoriali, fornendo così la risposta alla ricerca di un’uguaglianza sostenibile[29].

I LEP – unitamente alla predisposizione del fondo perequativo (v. supra) – fungono anche da correttivo alla predisposizione di un modello costituzionale di c.d. “federalismo puro”, poiché intendono bilanciare il rapporto che si crea fra diversità ed uguaglianza dei consociati.

I LEP[30] servono per garantire un livello standard, uniforme (ma non uguale) e conforme ai concreti bisogni che le aree territoriali dislocate nel Paese hanno, tenendo perciò conto delle caratteristiche, delle necessità effettive e delle particolarità che ogni ente locale ha.

Essi indicano “la soglia di spesa costituzionalmente necessaria per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale, nonché il nucleo invalicabile di garanzie minime per rendere effettivi tali diritti”[31], divenendo così l’elemento imprescindibile per lo svolgimento leale e trasparente dei rapporti finanziari Stato e autonomie territoriali[32].

3.2. È noto che gran parte delle funzioni fondamentali svolte dagli enti locali riguardi la fornitura di una serie di servizi “indivisibili” poiché erogati nei confronti della collettività nel suo insieme. Fra di essi vi rientra l’anagrafe (gestita ormai per conto del Ministero dell’Interno, tramite ANPR[33]), attività amministrative-contabili, polizia locale, viabilità, urbanistica. Nulla quaestio per tali dati: in via generale sarebbe possibile individuare il relativo fabbisogno prendendo come riferimento i livelli medi storici di erogazione dei servizi.

Particolari problemi d’individuazione del fabbisogno si pongono invece per le funzioni fondamentali avviate “su domanda” individuale dei cittadini, che si caratterizzano per un ampio margine di discrezionalità dell’ente locale in punto attivazione e determinazione del livello della fornitura. Trattasi di prestazioni che riguardano la maggior parte delle materie di assistenza, istruzione, trasporto pubblico locale.

Per tali funzioni è necessaria la preventiva definizione dei LEP[34] poiché, in difetto, i fabbisogni standard possono essere definiti solo provvisoriamente perché il livello storico del servizio potrebbe non essere più attuale o coerente con la tutela dei diritti civili e sociali, sia se svolti dal singolo ente, sia se erogati in forma associata-aggregata.

Da ciò lo stretto legame che i livelli essenziali delle prestazioni hanno con i fabbisogni standard (necessari ad assicurare tali prestazioni) e con i costi standard.

Trattasi di un rapporto trilaterale e interconnesso, che esiste solo se le singole componenti (i rispettivi lati che compongono il triangolo) sono ben definiti: è necessario, da una parte, avere la definizione e indicazione analitica (e non astratta o generica) dei singoli LEP – che può essere iniziale ed integrata successivamente – cui devono rispondere i vari enti locali, per garantire in tutto il Paese un’uniformità di tutela dei diritti civili e sociali (art. 117, co. 2, lett. m, Cost.); è necessario, dall’altra, individuare qual è effettivamente il fabbisogno che ogni ente locale ha per garantire i LEP e di conseguenza il relativo costo da sostenere per garantire il diritto d’uguaglianza nella fruizione dei servizi a tutti i cittadini (art. 3, Cost.).

3.3. Nonostante gli scopi ben chiari della legge delega, e prima ancora della Riforma del Titolo V della Costituzione, dal 2001 ad oggi il progetto di riforma ha fronteggiato un percorso tortuoso, poiché al momento non esiste una definizione dei LEP, espressamente demandata alla competenza esclusiva dello Stato (art. 117, co. 2, lett. m, Cost.), con evidenti lungaggini nella definizione del rapporto con i fabbisogni e costi standard.

Lungaggini che si sarebbero – anche solo parzialmente – potute evitare se i LEP fossero stati determinati in tempi rapidi e a breve distanza dall’adozione della legge delega[35].

Il percorso volto alla definizione dei LEP potrebbe – forse – arrivare ad un punto decisivo, con la recente e definitiva approvazione da parte della Camera lo scorso 19 giugno 2024 della legge recante “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione” (l. 26 giugno 2024, n. 86, ad opera del Ministro Calderoli), riguardante l’attuazione del regionalismo (o autonomia) differenziato[36].

Si può quasi dire che la Legge Calderoli abbia in un certo senso dato il via alla parziale (o forse totale: sul punto infra) definizione dei LEP, colmando più di un ventennio di vuoto normativo.

Un vuoto normativo parzialmente colmato poiché la Legge Calderoli si preoccupa di delegare l’individuazione dei soli LEP necessari all’attuazione del regionalismo differenziato costituzionalmente previsto (art. 116, co. 3, Cost.), delineando anche un iter d’approvazione “accelerato” (se si tiene conto alla sola approvazione della legge delega e non alla Riforma del Titolo V della Costituzione).

Al Governo infatti viene chiesto d’adottare entro 24 mesi uno o più decreti legislativi (l. n. 86 del 2024, cit., art. 3)[37], volti all’individuazione dei soli LEP necessari per addivenire all’autonomia differenziata riconosciuta alle Regioni a Statuto Ordinario (art. 116, co. 3, Cost.), onde così poter procedere con la successiva stipulazione d’intese fra Stato e singole Regioni richiedenti (l. 29 dicembre 2022, n. 197, art. 1, co. 791-798; l. n. 86 del 2024, cit., art. 2). Da ciò una serie di criticità.

3.4. La Legge Calderoli (l. n. 86 del 2024, cit., art. 3), nel confermare la pregiudizialità dell’individuazione dei LEP rispetto all’effettiva attribuzione di forme e condizioni d’autonomia alle Regioni[38], genera un discrimine fra i LEP da individuare per l’attuazione del regionalismo differenziato e quelli invece che non necessitano di un termine d’approvazione più stringente.

S’evince quindi che nei 24 mesi successivi all’adozione della legge delega si potranno aprire due possibili scenari.

L’uno in cui, con l’occasione d’individuare i LEP necessari all’attuazione dell’autonomia riconosciuta alle Regioni, il Governo provvede all’individuazione di tutti i LEP, senza distinzione di sorta.

L’altro – e più verosimile – in cui il Governo si limita in un primo tempo a individuare i LEP utili all’attuazione del regionalismo differenziato e demandi ad un successivo momento l’individuazione degli altri, poiché ritenuti “secondari”.

Trattasi d’una scelta – sebbene attuativa della legge delega – che porta con sé evidenti risvolti in punto disparità di trattamento nell’assicurare i diritti civili e sociali che devono essere costituzionalmente garantiti su tutto il territorio nazionale (art. 117, co. 2, lett. m, Cost.; d.lgs. n. 216 del 2010, cit., art. 1), andando altresì controcorrente rispetto alla ratio originale dell’individuazione dei LEP, quale strumento per organizzare la solidarietà fra enti territoriali[39], fornendo un’uguaglianza sostenibile[40].

Sotto tale aspetto non ci resta che attendere per vedere come si muoverà il Governo entro i termini suindicati.

3.5. La Legge Calderoli (l. n. 86 del 2024, cit.) si pone come punto di arrivo[41] (ma anche come punto d’avvio) dei lavori della Cabina di regia per la determinazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni[42].

Nel corso del 2023 la Cabina di regia è stata supportata dal Comitato Tecnico Scientifico con funzioni istruttorie per l’individuazione dei LEP (CLEP: l. 29 dicembre 2022, n. 197, art. 1, co. 791-798; d.p.c.m. 23 marzo 2023)[43], incaricato di fornire un supporto con particolare riferimento allo studio e all’approfondimento tecnico nella determinazione dei LEP[44].

A conclusione dei lavori, il 30 ottobre 2023 il CLEP ha proposto i seguenti LEP: tutela e sicurezza del lavoro, previdenza complementare e integrativa; istruzione, norme generali sull’istruzione, tutela e valorizzazione beni culturali e promozione o organizzazione attività culturali; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi, ordinamento della comunicazione; tutela della salute, alimentazione, ordinamento sportivo; protezione civile, governo del territorio; porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e valorizzazione dei beni ambientali[45].

Sulla base delle risultanze pervenute, la Legge Calderoli (l. n. 86 del 2024, cit., art. 3, co. 3) ha demandato al Governo l’espressa indicazione dei LEP nelle seguenti materie: a) norme generali sull’istruzione; b) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali; c) tutela e sicurezza del lavoro; d) istruzione; e) ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; f) tutela della salute; g) alimentazione; h) ordinamento sportivo.

Previa acquisizione del parere della Conferenza unificata Stato – città ed autonomie locali e Stato – Regioni (d. lgs. 28 agosto 1997, n. 281, art. 8, co. 1°), il Governo adotterà (entro 24 mesi e su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, di concerto con i Ministri competenti: l. n. 86 del 2024, cit., art. 3, co. 1) i decreti legislativi per l’individuazione dei LEP.

Alle sole Commissioni Parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari – e non alle Camere per intero[46] – la legge concede 45 giorni entro i quali esprimere parere di conformità ai principi e criteri direttivi dell’autonomia differenziata (l. n. 86 del 2024, cit., art. 3, co. 2°), decorsi i quali il decreto legislativo attuativo potrà essere adottato[47].

Il Governo nella determinazione effettiva dei LEP è supportato non solo dalla Cabina di regia, ma anche dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard (l. 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, co. 29 bis), che ha il compito d’elaborare le ipotesi tecniche per la determinazione dei costi e fabbisogni standard nelle materie di legislazione concorrente Stato-Regioni, di giurisdizione e norme processuali, limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, d’istruzione e di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali (artt. 116, co. 3, 117, co. 2, lett. l, 117, co. 3, Cost.)[48] e che nel corso degli anni passati ha provveduto ad erogare agli enti locali questionari volti ad individuare i Fabbisogni e Costi standard (su cui infra).

Dalle risultanze ottenute il Governo dovrebbe essere quindi in grado d’indicare per ogni LEP il suo effettivo Fabbisogno e relativo Costo standard, risultanze che devono confluire – si è detto – nei decreti legislativi attuativi.

I dati ottenuti infatti dovrebbero tenere conto dei fattori che identificano in maniera oggettiva un determinato ambito territoriale rispetto al contesto nazionale (come ad esempio “la produttività e la diversità della spesa in relazione all’ampiezza demografica; le caratteristiche territoriali; l’infrastrutturazione del territorio; la presenza di zone montane; le caratteristiche demografiche, sociali e produttive; il personale impiegato; l’efficienza, l’efficacia e la qualità dei servizi erogati; [nonché] il grado di soddisfazione degli utenti”[49]).

Sennonché particolari difficoltà sono state riscontrate proprio in sede di rilevazione dei dati negli anni passati.

4. La metodologia sinora utilizzata e gli indicatori oggetto di rilevazione dei costi e fabbisogni standard

4.1. Gli enti coinvolti nella rilevazione sono i Comuni, le Province e le Unioni dei Comuni dislocati in seno alle Regioni a Statuto Ordinario, escludendo così Regioni a Statuto Speciale e Province Autonome di Trento e Bolzano[50].

La rilevazione e conseguente analisi dei dati raccolti è stata eseguita nel corso degli anni passati dalla SOSE S.p.A. (Società a carattere tecnico, partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e dalla Banca d’Italia), cui oggi è subentrata Sogei S.p.A. (d.l. n. 75 del 2023, cit., art. 18 bis).

Compito della SOSE S.p.A. è stato di predisporre il metodo più idoneo per individuare i fabbisogni, determinando i valori con tecniche statistiche utili ad individuare le caratteristiche di ogni singolo ente locale.

La rilevazione parte dall’assunto che è possibile individuare le reali necessità finanziare di un ente locale tramite l’analisi dei servizi che il medesimo offre, le caratteristiche territoriali, sociali, demografiche ed economiche della popolazione che ivi risiede.

La SOSE S.p.A. ha così elaborato una procedura di calcolo ad hoc, basandosi sui modelli e sulle metodologie di regressione multipla lineare[51] – RCA (Regression Cost Base Approach), che prevede il ricorso alla stima di una funzione di costo e/o di spesa per determinare i fabbisogni standard.

Il procedimento prevede in prima analisi l’individuazione della spesa storica dei servizi erogati dai singoli enti, associabili ai differenziali di spesa tramite un processo logico e statistico, che utilizza come indicatori i fattori di scala, il contesto domanda-offerta, delle scelte gestionali degli enti, dei costi dei fattori produttivi, delle caratteristiche del servizio e degli effetti territoriali.

Questa prima fase permette d’individuare le funzioni di spesa e le funzioni di costo di un medesimo servizio con un metodo prettamente di stima, poiché analizza in maniera identica tutti i fattori analizzati, senza indicare quali fra essi hanno un maggior peso.

Una volta individuati i valori “puri” segue una seconda analisi, volta a “normalizzare” gli indicatori suindicati. Trattasi di un’analisi che, soppesati gli indicatori, porta all’individuazione del fabbisogno pro capite standard (o funzioni di spesa aumentate) e del costo standard unitario (funzioni di costo).

Le funzioni di spesa aumentate prendono così in considerazione anche le caratteristiche del servizio, con riguardo anche alla presenza – o meno – e all’intensità di talune attività importanti per i cittadini. Le funzioni di costo in luogo di analizzare solamente i fattori che riguardano domanda e offerta, analizzano anche la quantità di output prodotta, le caratteristiche dei sevizi erogati e le specificità socio-economiche[52].

Inizialmente con lo scopo di sopperire alla carenza delle informazioni reperibili da fonti ufficiali o altre banche dati è stato aggiunto un approccio di tipo micro-analitico e bottom-up, mediante compilazione di questionari utili ad individuate una serie di prestazioni – e relativi modelli d’erogazione – cui associare costi standardizzati[53].

Trattasi d’un adempimento che non può essere trascurato dagli enti locali poiché il mancato invio è sanzionato sotto il profilo della trasparenza con la pubblicazione dell’ente inadempiente nel sito internet del Ministero dell’Interno e, ancor più importante sotto il profilo meramente economico, con la sospensione dei trasferimenti a qualunque titolo erogati all’ente locale, sino ad avvenuto adempimento dell’obbligo (d.lgs. n. 216 del 2010, cit., art. 5, lett. c).

4.2. La metodologia adoperata ha visto il mantenimento della spesa storica come punto di partenza, tenendo però conto di gruppi omogenei e della spesa relativa a servizi esternalizzati o svolti in forma associata[54].

Viene rilevata la spesa realmente sostenuta dal Comune per svolgere le proprie funzioni fondamentali e messa in relazione con un elenco dei servizi erogati e la relativa quantificazione.

Da ciò la predisposizione di indicatori e metodologie specifiche che nel corso degli anni sono state adottate con riferimento ai singoli settori. L’output dell’operazione è di arrivare a definire effettivi elementi di razionalizzazione della spesa pubblica[55].

Lo Stato s’impegna così a garantire in modo equo, per tutto il territorio nazionale, una serie di funzioni fondamentali dei Comuni (elencate infra)[56].

L’attività si è articolata nei seguenti elementi fondamentali: 1) identificazioni di dati e informazioni di natura strutturale e contabile, acquisti tramite banche dati e questionari erogati agli enti locali; 2) individuazione dei modelli organizzativi e dei livelli quantitativi delle prestazioni da erogare; 3) analisi dei costi per individuare quelli più rilevanti; 4) creazione di un modello di stima dei fabbisogni standard ricorrendo a tecniche statistiche; 5) creazione del sistema di indicatori (d.lgs. n. 216 del 2010, cit., art. 4)[57].

Trattasi di una rilevazione che è soggetta a periodica revisione, poiché i fabbisogni standard vengono sottoposti a monitoraggio e rideterminati, non oltre il terzo anno successivo alla loro precedente adozione (d.lgs. n. 216 del 2010, cit., art. 7).

4.3. I questionari erogati ai Comuni e alle Province[58] hanno avuto ad oggetto le funzioni fondamentali individuate dal legislatore e suddivise a seconda che si tratti di Comuni o Province[59].

Per i Comuni sono stati – e lo sono ancora – oggetto di rilevazione: 1) le funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo; 2) polizia locale; 3) l’istruzione pubblica, comprendendo i servizi per gli asili nido e quelli di assistenza scolastica e refezione, nonché l’edilizia scolastica; 4) viabilità e trasporti; 5) la gestione del territorio e dell’ambiente, eccetto il servizio di edilizia residenziale pubblica e locale, i piani di edilizia nonché il servizio idrico integrato; 6) il settore sociale (d.lgs. n. 216 del 2010, cit., art. 3, co. 1, lett. a).

Le Province soggiacciono alla rilevazione delle funzioni di: 1) amministrazione, gestione e controllo; 2) istruzione pubblica, con l’edilizia scolastica; 3) trasporti; 4) gestione del territorio; 5) tutela ambientale; 6) sviluppo economico relative ai servizi del mercato del lavoro (d.lgs. n. 216 del 2010, cit., art. 3, co. 1, lett. b). Sono quindi escluse dalle rilevazioni le funzioni di giustizia, cultura e beni culturali, turismo, sport e settore ricreativo.

I questionari poi sono stati suddivisi in due moduli: “dati strutturali” e “dati del personale e dati contabili”.

I “dati strutturali” riguardano tutte le informazioni inerenti le caratteristiche dell’ente e del suo territorio, nonché le risorse, gli output erogati alla cittadinanza e per la produzione dei servizi in materia di istruzione pubblica, settore sociale, asili nido, amministrazione, gestione e controllo, ufficio tecnico, polizia locale, viabilità e trasporti, territorio, ambiente.

La sezione sui “dati del personale e dati contabili” raccoglie le informazioni circa le spese del personale addetto a ciascun servizio di bilancio, le spese correnti per ogni servizio a consuntivo, con lo scopo d’individuare qual è stato l’esborso dell’ente locale per far fronti agli output erogati[60].

5. Le difficoltà di compilazione e i limiti dell’interoperabilità dei dati

5.1. Ogni questionario erogato è a sé stante poiché non vi è possibilità per gli enti locali di recuperare i dati precedentemente inviati, con ciò implicando sistematicamente una duplicazione del lavoro degli enti locali, dovendo procedere con la compilazione ex novo di ogni questionario, senza poter operare in modifica rispetto a quanto già trasmesso.

Un limite per gli enti locali che può dirsi anche in violazione principio di derivazione europea del once only (o principio “una tantum[61]), previsto in prima battuta per le informazioni trasmesse per la prima volta dal cittadino o dall’impresa alle amministrazioni, ma che ben può trovare applicazione anche fra amministrazioni, in applicazione del precetto costituzionale riguardante la cooperazione applicativa (d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82; art. 117, co. 2, lett. r, Cost.), su cui si dirà infra.

Se da un lato, si è detto supra, la non tempestiva o la mancata trasmissione del questionario compilato[62] entro la scadenza comportano la sospensione dell’erogazione di fondi agli enti locali, dall’altro anche l’errata compilazione o l’inserimento di informazioni inesatte incide negativamente sul bilancio dell’ente poiché può portare ad una riduzione del Fondo di Solidarietà.

Da ciò l’importanza anche della compilazione da parte degli enti locali della sezione Annotazioni utile a spiegare il metodo adoperato per il caricamento dei dati, rendendo così facilmente comprensibili dati che diversamente non lo sarebbero[63].

L’errata compilazione poi ha risvolti anche con riferimento sulla correttezza dei dati open access, che permettono di disegnare una mappa delle performance degli enti locali e un controllo dei cittadini su come viene gestita la spesa pubblica.

Sebbene le procedure di data cleaning, volte ad eliminare errori e incongruenze che non permettono il confronto fra i dati raccolti, poiché non uniformi fra loro, siano state effettuate con operazioni su più livelli (partendo dall’individuazione di meri errori di compilazione sino a giungere alla rilevazione di anomalie o incoerenze)[64], non sempre hanno come esito una piena correttezza dei dati, se paragonata alla possibilità di reperire aliunde la medesima informazione già epurata da errori o incongruenze.

5.2. Si è detto che la compilazione dei questionari è risultata molto complessa per gli enti locali. L’individuazione dei singoli dati ha portato con sé un problema di tipo strutturale poiché molte delle informazioni richieste non sono facilmente desumibili dai bilanci, soprattutto per quegli enti locali che sono sprovvisti di contabilità analitica a competenza economica, senza la quale è altamente difficile avere una conoscenza attendibile dei “costi”[65].

In mancanza di linee guida specifiche ad ausilio nella compilazione, particolari difficoltà sono state riscontrate dai Comuni di piccole dimensioni che dispongono di pochi dipendenti, ma che svolgono plurime funzioni differenti, dovendo ricorrere a valori indicativi, se non meramente forfettari, frutto di una valutazione soggettiva[66].

Trattasi di una difficoltà ben visibile se si tiene a mente che il criterio della prevalenza contabile è sostituito da quello della competenza: i dati devono essere suddivisi per funzione di bilancio (missione sul bilancio armonizzato)[67].

A fronte di un ingente quantitativo d’informazioni richieste agli enti – con evidente carico di lavoro soprattutto per quei Comuni di piccole dimensioni già citati – nessuna indicazione è stata fornita in merito a quali dati avrebbero dovuto essere enucleati in maniera molto puntuale, oculata, ragionata – soprattutto con riguardo ai dati strutturali – per permettere una effettiva e corretta redistribuzione dei fondi da parte del Ministero.

Fra i dati strutturali poi ve ne sono taluni che assumono ancora più importanza, come: il numero di giornate annue di mercati, gli stalli per la sosta a pagamento, gli incidenti stradali rilevati, la presenza di servizio di polizia armato e notturno, gli utenti della mensa scolastica, gli utenti trasportati per il servizio scolastico, gli utenti dei centri estivi, i bambini frequentanti gli asili nido a tempo pieno o parziale, la presenza del servizio metro e tram.

Proprio tale carenza, unita ad una maggiore efficienza del rilevamento non possono non essere prese in considerazione nell’attuale operazione di modifica del Progetto Fabbisogni Standard.

5.3. Visto il rapporto che vi è fra Fabbisogni standard e Livelli Essenziali delle Prestazioni (v. supra), nel processo d’individuazione di quest’ultimi, una modifica inerente il metodo di censimento dei Fabbisogni standard non può non prevedere fra i vari correttivi anche la possibilità di reperire a livello centrale tutte le informazioni contabili necessarie, disponendo d’un unico sistema contabile, richiedendo agli enti locali solo le informazioni mancanti.

Le modifiche al Progetto Fabbisogni Standard non possono prescindere dal prevedere che informazioni già altrove disponibili possano essere utilizzate, sgravando così gli enti locali da rilevamenti ridondanti, ripetitivi e laboriosi.

È noto che l’interoperabilità[68] ormai deve considerarsi come lo strumento universale per lo scambio di informazioni fra pubbliche amministrazioni, poiché per lo scambio di informazioni e l’erogazione di servizi i sistemi informativi degli enti pubblici devono interagire fra loro in maniera automatica (d.lgs. n. 82 del 2005, cit., art. 1, co. 1, lett. dd, lettera inserita da d.lgs. 26 agosto 2016, n. 179, art. 1, co. 1, lett. g). Interoperabilità strettamente connessa alla cooperazione applicativa poiché garantisce l’integrazione dei metadati, delle informazioni, dei processi e procedimenti amministrativi senza che sia necessario l’intervento dell’uomo (d.lgs. n. 82 del 2005, cit., art. 1, co. 1, lett. ee, lettera inserita da d.lgs. n. 179 del 2016, cit., art. 1, co. 1, lett. g)[69].

Nel caso in esame i dati richiesti per l’individuazione dei fabbisogni standard sono di due tipi: reperiti mediante gli elaborati e complessi questionari, o disponibili presso altre amministrazioni pubbliche.

Nel caso di dati reperiti tramite i questionari e che non possono essere verificati altrove, ma che sono già disponibili presso l’amministrazione centrale in virtù delle rilevazioni effettuate negli anni precedenti, si potrebbe chiedere agli enti locali di procedere solo con dichiarazioni in modifica o rettifica dei dati, evidenziando così gli scostamenti e le differenze che nel corso dell’anno si sono verificate.

Nel caso di dati detenuti aliunde l’ufficio procedente dovrebbe solamente richiedere tramite il proprio sistema informativo le informazioni all’amministrazione che le detiene, effettuata la richiesta i dati vengono recuperati in maniera automatica

Plurimi possono essere gli esempi di banche dati a cui poter ricorrere nel recuperare le informazioni utili, prima fra tutti la Piattaforma Digitale Nazionale Dati – PDND di recente creazione (d.lgs. n. 82 del 2005, cit., art. 50 ter, introdotto dal d.lgs. 13 dicembre 2017, n. 217, art. 45, co. 2).

Trattasi di piattaforma introdotta nel nostro ordinamento con lo scopo di valorizzare il patrimonio informativo delle pubbliche amministrazioni, permettendo la condivisione dei dati per fini istituzionali fra enti e la semplificazione del loro accesso[70].

Con riferimento alla mancata previsione di un correttivo dei dati catastali, gestione lasciata alla libera attività dei Comuni, con notevoli disparità fra enti virtuosi e non, ben potrebbero essere utilizzati i dati censiti dall’Agenzia delle Entrate con la banca dati “SISTER”[71] sulle proprietà e sulle singole particelle catastali[72]: l’estrapolazione delle informazioni avviene sulla base di dati che sono già puliti e corretti, avendo quindi un controllo reale delle rendite catastali e senza dover attendere che i singoli Comuni procedano alla correzione. Anzi, potrebbe innescare un procedimento inverso di impulso alla correzione dei dati presenti sui database dei singoli enti locali e con eventuale recupero di maggiori entrate fiscali.

Banca dati che potrebbe essere integrata – se necessario – con i dati reperibili dalla base di dati di interesse nazionale “Archivio Nazionale dei Numeri Civici delle Strade Urbane” (ANNCSU: d.lgs. n. 82 del 2005, cit., art. 60, co. 3 bis, lett. f-sexies; d. l. 18 ottobre 2012, n. 179, conv. con modif. l. 17 dicembre 2012, n. 221, art. 3)[73] realizzato ed aggiornato dall’ISTAT e dall’Agenzia delle Entrate e contiene tutti gli stradari (elenco delle denominazioni delle aree di circolazione) ed i numeri civici di tutti i Comuni italiani.

Sotto altro profilo può essere utile il ricorso ai dati presenti sulla “Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici” (BDNCP: d.lgs. n. 82 del 2005, cit., art. 60, co. 3 bis, lett. c; art. 62 bis; d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, art. 23), gestita dall’Autorità Nazionale Anticorruzione con lo scopo di rendere disponibili – mediante l’interoperabilità – i servizi e le informazioni necessari allo svolgimento dell’intero ciclo vita dei contratti pubblici[74].

6. I problemi di trasparenza e accountability dei dati presenti su OpenCivitas

6.1. È noto che le amministrazioni pubbliche hanno obblighi di trasparenza[75], nei confronti dei cittadini, onde loro permettere la partecipazione[76], e favorire forme diffuse di controllo sia sul perseguimento delle funzioni istituzionali, sia sull’utilizzo corretto delle risorse pubbliche (d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, art. 1, co. 1°, come modificato da d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97, art. 2, co. 1°).

La trasparenza concorre al perseguimento dei principi democratici e costituzionali di uguaglianza, buon andamento, imparzialità, responsabilità, efficacia ed efficienza nell’utilizzo delle risorse pubbliche (d.lgs. n. 33 del 2013, cit., art. 1, co. 2°).

La trasparenza ha aperto alla collettività un controllo diffuso sulla legittimità dell’attività amministrativa e al contenimento della spesa.

I dati raccolti ed elaborati per la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni e Province[77] debbono confluire nella BDAP – Banca Dati della Pubblica Amministrazione[78], perché dati di interesse nazionale (d.lgs. n. 82 del 2005, cit., art. 60) e sono pubblicati su OpenCivitas[79] (l. 31 dicembre 2009, n. 196, art. 13), con gratuita fruizione, download e riutilizzo (d.lgs. n. 82 del 2005, cit., artt. 50, 52).

Trattasi di piattaforma, in modalità open data (d.lgs. n. 82 del 2005, cit., art. 1)[80], che permette a cittadini e amministrazioni di: 1) accedere e conoscere i dati raccolti dal Ministero dell’Economia e Finanze utili alla determinazione dei fabbisogni standard[81]; 2) confrontare in tal senso i vari enti; 3) conoscere quali sono gli elementi che realmente concorrono a determinare i fabbisogni standard; 4) valutare quanto i servizi che vengono erogati dagli enti siano conformi agli indicatori individuati dall’amministrazione centrale come parametro di riferimento.

Si consente di visualizzare in maniera semplice concetti che normalmente possono risultare complessi per la generalità dei consociati, come la valutazione del livello quantitativo delle prestazioni che vengono offerte ai cittadini.

È possibile sapere per ogni Comune e ogni servizio quale è lo scostamento fra spesa storica e fabbisogno standard, unitamente a quanto i servizi che vengono erogati si discostano dal livello individuato quale standard.

L’analisi dei dati permette di arrivare ad un benchmark tra i vari enti locali[82], verificando la performance del proprio ente e il relativo posizionamento in una scala di casistiche, prendendo come riferimento un modello ritenuto “virtuoso”[83]. Gli interessati quindi possono verificare quali sono gli enti locali che: 1) offrono più o meno servizi rispetto alla media degli altri presenti nella medesima fascia di popolazione; 2) spendendo meno del fabbisogno offrono meno servizi rispetto alla media degli altri presenti nella medesima fascia di popolazione; 3) spendendo meno del fabbisogno offrono più servizi rispetto alla media degli altri presenti nella medesima fascia di popolazione; 4) spendendo di più del fabbisogno offrono meno servizi rispetto alla media degli altri presenti nella medesima fascia di popolazione; 5) spendendo di più del fabbisogno offrono più servizi rispetto alla media degli altri presenti nella medesima fascia di popolazione; 6) spendono meno o più del fabbisogno[84].

Trattasi di una consultazione che può essere svolta in maniera approfondita poiché è possibile analizzare le modalità di gestione dei servizi da parte degli enti locali, ricorrendo all’utilizzo di specifici indicatori (ad esempio quanti bambini usufruiscono del servizio asilo nido in relazione al numero di persone residenti; quante multe vengono comminate da ogni agente di polizia locale).

La piattaforma risponde quindi ad una duplica funzione: per i cittadini quella di fungere da strumento di valutazione e controllo delle scelte effettuati dagli enti locali; per le amministrazioni quella di strumento operativo d’ausilio per individuare le migliori strategie di gestione e utilizzo delle risorse pubbliche che dispongono[85].

L’uso corretto delle informazioni raccolte e fornite può essere visto come stimolo all’accountability degli enti locali, che possono così adottare delle scelte politiche volte ad una gestione più efficiente, producendo un risparmio di spesa nel medio-lungo periodo[86].

6.2. Uno strumento di un così tale rilievo richiede che i dati ivi presenti siano mantenuti costantemente aggiornati: i risultati raccolti con riferimento ad una annualità dovrebbero essere resi disponibili a partire dall’annualità successiva, poiché essi hanno una certa funzione, raggiungono un determinato scopo se utilizzati correntemente dai vari enti coinvolti[87].

Se però si naviga nella piattaforma ci si accorge che le caratteristiche d’attualità e immediatezza sono assai carenti, pregiudicando quel dovere di trasparenza delle amministrazioni pubbliche nei confronti della collettività dei consociati.

Nonostante le rilevazioni siano state effettuate sino all’anno 2023 (relativo ai dati del 2022)[88] i dati caricati al 3 giugno 2024 nella sezione open data e resi disponibili a cittadini e amministrazioni riguardano l’annualità 2021.

Trattasi di una consultazione di dati obsoleti e non attendibile, se si tiene conto non solo delle difficoltà di compilazione riscontrate dagli enti locali dette supra, ma anche della mancanza d’interoperabilità dei dati (d.lgs. n. 82 del 2005, cit., art. 1, co. 1, lett. dd, lettera inserita da d.lgs. n. 179 del 2016, art. 1, co. 1, lett. g), che alleggerirebbe e sgraverebbe di molto l’iter per reperire le informazioni necessarie.

Da ciò s’evince come una rilevazione che dovrebbe avere fra i precipui scopi quello dell’attualità, ne risulti assai carente visto lo scostamento di ben tre anni dei dati che vengono messi a disposizione della collettività per le analisi supra citate.

Una modifica della rilevazione di costi e fabbisogni standard dovrebbe quindi muoversi anche nel senso di rispondere maggiormente al principio di accountability previsto per legge (d.lgs. n. 33 del 2013, cit., art. 1, co. 1°, come modificato da d.lgs. n. 97 del 2016, cit., art. 2, co. 1°).

7. Conclusioni

Se da un lato può dirsi chiaro l’intento perseguito dal legislatore con la riforma del federalismo fiscale e l’introduzione della rilevazione dei fabbisogni standard come strumento utile per la determinazione di quanto del Fondo di Solidarietà Comunale debba essere ripartito fra gli enti locali, dall’altro non si possono che evidenziare le problematiche generate proprio per arrivare a tale determinazione.

Gli enti locali – soprattutto di piccole dimensioni – si sono trovati nel corso degli anni con un carico impegnativo e oneroso di lavoro ulteriore, che, se non adempiuto nel miglior modo comporta due importanti conseguenze: la riduzione – o peggio, la sospensione – delle erogazioni a proprio favore e una valutazione errata delle proprie performance dinnanzi alla collettività, minando quindi quel principio d’accountability di cui proprio la riforma si era fatta anche portatrice.

Non può negarsi quindi la necessità di revisione del metodo di stima e analisi dei dati, individuando effettivamente – e focalizzandosi su di essi – gli indicatori cruciali per arrivare a una equa e veramente perequativa redistribuzione del fondo.

Individuati gli indicatori più rilevanti agli enti locali devono essere fornite chiare e semplici linee guida da poter seguire nel momento in cui devono operare un inserimento solamente in modifica o revisione dei dati, non essendo più necessario operare annualmente con un caricamento ex novo poiché un database di fondo è stato già costruito nel corso del tempo.

Parallelamente ruolo cruciale dev’essere riconosciuto all’interoperabilità dei dati (d.lgs. n. 82 del 2005, cit., art. 1, co. 1, lett. dd, lettera inserita da d.lgs. n. 179 del 2016, art. 1, co. 1, lett. g).

L’interoperabilità dei dati permetterebbe un maggiore utilizzo delle informazioni che sono già nella disponibilità delle amministrazioni centrali, evitando così che gli stessi siano aggregati in integratori sintetici o addirittura manipolati, sino ad arrivare a una distorsione dell’informazione[89].

Ultimo, ma non meno importante, permetterebbe una condivisione pressoché immediata dei dati su OpenCivitas: i cittadini e tutti gli interessati potrebbero così valutare il posizionamento del proprio ente nell’erogazione dei servizi con delle informazioni costantemente aggiornate e non vecchie di tre anni.

L’interoperabilità da una parte e la predisposizione di linee guida d’aiuto per gli enti locali, sgraverebbero questi ultimi da adempimenti impegnativi, superflui e permetterebbero di avere un database di dati pressoché veritiero e reale onde procedere con l’individuazione esatta dei fabbisogni standard e la conseguente quota di Fondo di Solidarietà Comunale.

  1. Dottoranda di Ricerca in Diritti e Istituzioni presso l’Università di Torino. Avvocato del Foro di Torino.

  2. Gallo F. (2024), Costituzione, federalismo fiscale e autonomia differenziata, in Diritto e Pratica Tributaria, vol. 2, 414-433; Gallo F. (2012), I principi del federalismo fiscale, in Diritto e pratica tributaria, vol. 1, 2-25; Jorio E. (2012), Il federalismo fiscale tra spinte dell’ordinamento interno e diritto dell’UE, cap. III: L’attuazione del federalismo fiscale, Università degli Studi della Calabria – Dipartimento di Scienze Giuridiche Area Giuspubblicistica, Milano, Giuffrè, 91-126; Corali E. (2010), Federalismo fiscale e Costituzione. Essere e dover essere in tema di autonomia di entrata e di spesa di Regioni ed Enti Locali, cap. I: I principi costituzionali, Milano, Giuffrè, 1-168; Zanette M. (2010), Perequazione fiscale, conflitti fra enti locali e politiche ottimali, in Rivista di Diritto Finanziario e Scienza delle Finanze, vol. 4, 452-490; De Mita E. (2009), Le basi costituzionali del “federalismo fiscale”, cap. II: Federalismo fiscale, unità giuridica ed economica del Paese e diritti della persona, Milano, Giuffrè, 31-44; Antonini L. (2005), I principi di coordinamento del federalismo fiscale, in L. Antonini (a cura di), Verso un nuovo federalismo fiscale, Centro di Ricerca Interuniversitario sui servizi di pubblica utilità alla persona, Milano, Giuffrè, 45-62; Violini L. (2005), Dal federalismo legislativo al federalismo fiscale: i percorsi di una riforma costituzionale in corso d’opera letti alla luce dei lavori dell’osservatorio, in L. Antonini (a cura di), Verso un nuovo federalismo fiscale, Centro di Ricerca Interuniversitario sui servizi di pubblica utilità alla persona, Milano, Giuffrè, 105-120; Puzzo F. (2002), Il Federalismo fiscale. L’esperienza italiana e spagnola nella prospettiva comunitaria, cap. II: Attuazione costituzionale e “federalismo fiscale”, Università degli Studi della Calabria – Dipartimento di Scienze Giuridiche Area Giuspubblicistica, Milano, Giuffrè, 35-68.
  3. Eurispes (2011), Federalismo fiscale: aspetti quantitativi e simulazione dei fabbisogni standard. Premessa, in Rapporto Italia, vol. 23, 785 – 787.
  4. Mosconi M. (2012), Costi e fabbisogni standard nel quadro del c.d «Federalismo fiscale», in Giurisdizione amministrativa, vol. 4, 145 – 155.
  5. La Commissione è formata dai seguenti componenti: 3 designati dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, 1 dal Ministro dell’Interno, 1 dal Ministro delegato per gli affari regionali e le autonomie, 1 dall’Autorità politica delegata in materia di coesione territoriale, 1 dall’Istituto nazionale di statistica, 3 dall’ANCI (di cui uno in rappresentanza delle aree vaste) e 3 dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome. La Commissione è presieduta dalla Prof.ssa Elena D’Orlando, membro che è stato designato dal Presidente del Consiglio dei ministri.
  6. Di recente (28 marzo 2024) la Commissione ha approvato la nota metodologica per la determinazione degli obiettivi di servizio per i servizi sociali, contenente altresì le modalità di monitoraggio e di rendicontazione per l’anno 2024 delle risorse aggiuntive per i Comuni delle Regioni a Statuto Ordinario (l. 30 dicembre 2020, n. 178, art. 1, co. 792, che modifica l. 11 dicembre 2016, n. 232, art. 1, co. 449)
  7. Casamassima V. (2011), Assistenza sociale e federalismo fiscale tra costi, fabbisogni standard e livelli essenziali, in Studi Zancan, vol. 4, 56 – 69.
  8. Gavioli F. (2014), Note metodologiche e fabbisogni standard per Comuni e Province: le funzioni fondamentali, in Azienditalia. Finanza e tributi (Online), vol. 17, 905 – 910.
  9. Casamassima V. (2011), Assistenza sociale e federalismo fiscale tra costi, fabbisogni standard e livelli essenziali, cit., 56 – 69.
  10. Jorio E. (2011), D.l.vo n. 68 del 2011 sulla finanza di regioni e province, sulla perequazione e sui costi – fabbisogni standard nella sanità, in Ragiusan, vol. 325-326, 6 – 8.
  11. Jorio E. (2011), D.l.vo n. 68 del 2011 sulla finanza di regioni e province, sulla perequazione e sui costi – fabbisogni standard nella sanità, cit., 6 – 8.
  12. Bertagna G. (2011), Fabbisogni standard degli enti locali: è iniziato il monitoraggio, in Guida al pubblico impiego, vol. 2, 41 – 43.
  13. Vidoli F. (2014), Fabbisogni standard di spesa e del livello dei servizi: un modello di stima simultaneo per gli enti locali, in EyesReg (Online), vol. 4, 150 – 156.
  14. La previsione è che entro il 2030 si avrà il raggiungimento del 100% della perequazione (2024: previsto il 74%):https://www.opencivitas.it/it/fabbisogni-standard consultato il 3 luglio 2024.
  15. Gandullia L., Taddei A. (2018), Il fondo di solidarietà 2017: effetti e sostenibilità per i comuni italiani – the solidarity fund 2017: effects and sustainability for the italian municipalities, in Economia pubblica, vol. 2-3, 53 – 77; Leonardi P. (2013), Le novità su trasferimenti, equilibrio di bilancio e patto di stabilità, in Azienditalia – Finanza e Tributi, vol. 2, 109-116.
  16. L’ultima pronuncia della Corte Cost., la sentenza 19 aprile 2023, n. 71 ha riguardato la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Regione Liguria con riferimento alla l. 30 dicembre 2021, n. 234 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024), art. 1, co. 172, 174, 563, 564. Le disposizioni censurate prevedevano l’introduzione nel fondo di risorse aggiuntive di origine statale che aumentavano in maniera selettiva le disponibilità dei Comuni beneficiari a patto di uno specifico vincolo delle somme, in funzione del raggiungimento di LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni) o obiettivi di servizio. In particolare le aree di intervento riguardavano l’erogazione del servizio di asili nido e del servizio di trasporto per studenti disabili per raggiungere la sede scolastica. Il vincolo di destinazione veniva accompagnato dal potere di controllo sull’effettivo raggiungimento dello scopo, con conseguente obbligo di restituzione delle somme ricevute in difetto d’adempimento. La Corte, nel dichiarare inammissibile l’articolata questione posta dalla Regione Liguria, invita ciononostante il legislatore ad intervenire tempestivamente per superare una soluzione perequativa ibrida, non coerente con l’art. 119, Cost. in materia di autonomia finanziaria. Sul punto: Cavasino E. (2023), L’art. 119, comma 3°, Cost. resta ancora sospeso. Accertata ma non dichiarata l’incostituzionalità dei vincoli di destinazione al fondo di solidarietà comunale, in Le Regioni, vol. 4, 774-870; di Carpegna Brivio E. (2023), Le vie costituzionali della solidarietà comunale. Nota a Corte cost. 71/2023, in Osservatorio Costituzionale, vol. 5, 198 – 213; Guella F. (2023), La Corte precisa sulla natura ordinaria della perequazione nel Fondo di solidarietà comunale, con un rifiuto di sentenza sostitutiva di allocazione e un monito a ri-razionalizzare il sistema, in Le Regioni, vol. 4, 794-814; Napolitano G. M. (2023), LEP, perequazione e federalismo fiscale: la Corte si astiene ma richiama il Parlamento, in Dirittifondamentali.it, vol. 2, 761-776.
  17. Guella F. (2023), La Corte precisa sulla natura ordinaria della perequazione nel Fondo di solidarietà comunale, con un rifiuto di sentenza sostitutiva di allocazione e un monito a ri-razionalizzare il sistema, cit., 794-814.
  18. Ronco S. M. (2020), Considerazioni in merito all’autonomia tributaria ed agli spazi di equità orizzontale nel tempo del regionalismo differenziato, in Rivista di Diritto Tributario, vol. 2, 127-147; Antonini L. (2018), Il Fondo di solidarietà comunale e i principi della perequazione tra giurisprudenza costituzionale e amministrativa, in Rassegna tributaria, vol. 3, 495 – 512; Buzzacchi C. (2011), La solidarietà tributaria. Funzione fiscale e principi costituzionali, cap. II: Autonomia finanziaria e solidarietà fiscale, Milano, Giuffrè, 61-118; Gallo F. (2012), I principi del federalismo fiscale, cit., 2-25; Cociani S. F. (2011), Le basi della perequazione nel federalismo fiscale, in Rassegna tributaria, vol. 1, 53-93; Zanette M. (2010), Perequazione fiscale, conflitti fra enti locali e politiche ottimali, cit., 452-490; Zizzo G. (2011), Perequazione e sistema tributario, in Rivista di Diritto Tributario, vol. 12, 1103-1111.
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  22. SOSE S.p.A., Nota illustrativa della determinazione del fondo di solidarietà comunale: https://www.opencivitas.it/it/documenti consultato il 3 luglio 2024.
  23. Come già riconosciuto anche dalla Corte Cost., 1° dicembre 2021, n. 220.
  24. Bergo M. (2023), L’autonomia di entrata dei Comuni e gli strumenti perequativi: un dramma in tre atti, in Rivista della Corte dei conti, vol. 1, 6-18; Targhini M. (2023), L’arcaica e asistematica catastalizzazione della ricchezza immobiliare, in Diritto e pratica tributaria, vol. 1, 256-328; Antonini L. (2018), Il Fondo di solidarietà comunale e i principi della perequazione tra giurisprudenza costituzionale e amministrativa, cit., 495 – 512; Scarpino S. (2023), Le microzone catastali: nuova delimitazione nel caso di significative variazioni nel tessuto edilizio-urbanistico comunale, in Azienditalia, vol. 7, 988-999; Aulenta M. (2021), Gettito e gittata dei tributi. La contribuzione alla spesa pubblica mediante il pubblico bilancio, in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, n. 1, 46-100.
  25. Bergo M. (2023), L’autonomia di entrata dei Comuni e gli strumenti perequativi: un dramma in tre atti, cit., 6-18; Antonini L. (2018), Il Fondo di solidarietà comunale e i principi della perequazione tra giurisprudenza costituzionale e amministrativa, cit., 495 – 512; Zanette M. (2010), Perequazione fiscale, conflitti fra enti locali e politiche ottimali, cit., 452-490.
  26. Antonini L. (2018), Il Fondo di solidarietà comunale e i principi della perequazione tra giurisprudenza costituzionale e amministrativa, cit., 495 – 512.
  27. l. n. 42 del 2009, cit., art. 8, co. 1, lett. a) distingue infatti le “spese connesse a materie di competenza legislativa di cui all’articolo 117, terzo e quarto comma, della Costituzione nonché delle spese relative a materie di competenza esclusiva statale, in relazione alle quali le regioni esercitano competenze amministrative” in “1) spese riconducibili al vincolo dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione; 2) spese non riconducibili al vincolo di cui al numero 1); 3) spese finanziate con i contributi speciali, con i finanziamenti dell’Unione europea e con i cofinanziamenti nazionali di cui all’articolo 16”.
  28. Saitto F. (2010), La legge delega sul “Federalismo fiscale”: i Livelli Essenziali delle Prestazioni come misura economica dell’eguaglianza, in Giurisprudenza costituzionale, vol. 3, 2817-2842.
  29. Saitto F. (2010), La legge delega sul “Federalismo fiscale”: i Livelli Essenziali delle Prestazioni come misura economica dell’eguaglianza, cit., 2817-2842; Pankiewicz A. W. (2005), Federalismo e diritti sociali, Bari, Cacucci, 40 ss.
  30. Peraltro una nozione di LEP era già presente nella legislazione antecedente alla Riforma del Titolo V della Costituzione. In materia sanitaria essa è riconducibile alla determinazione dei Livelli Essenziali di Assistenza sanitaria – LEA (d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 1, co. 2). Ulteriore definizione è stata fornita con la Riforma dell’assistenza (“Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”, l. 8 novembre 2000, n. 328, art. 2, co. 2, art. 22). Per un’analisi sui costi e fabbisogni standard in sanità si veda: Coronato S. (2011), Il federalismo fiscale: i costi e i fabbisogni standard in sanità, in Il Diritto sanitario moderno, vol. 2, 105–117; Dirindin N. (2011), Fabbisogni e costi standard in sanità: limiti e meriti di una proposta conservativa, in Ragiusan, vol. 329-330, 66–70; Tanturli M. (2011), Ancora su standard di qualità dei servizi sanitari in relazione ai fabbisogni standard nel settore e ai relativi costi, alla luce del D.lgs. n. 68/2011, in Il Diritto sanitario moderno, vol. 4, 241–247; Villa A. (2011), Il federalismo regionale. Costi e fabbisogni standard nel settore sanitario (comm. a d.l. 6 maggio 2011, n. 68), in Giornale di diritto amministrativo, vol. 9, 938–940; Zanetta G. P. (2011), Scommessa salute tra costi standard e fabbisogni, in Guida agli enti locali. Il sole 24 ore, vol. 49-50, 87–92; Cogno R. (2010), Una proposta di articolazione dei LEP per l’assistenza, in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, vol. 3, 330 – 355.
  31. Corte Cost., 1° dicembre 2021, n. 220; 8 luglio 2021, n. 142; 10 aprile 2020, n. 62.
  32. Corte Cost., 24 luglio 2019, n. 197; 1° giugno 2018, n. 117. Cogno R. (2010), Una proposta di articolazione dei LEP per l’assistenza, cit., 330 – 355.
  33. Jona E. (2020), Il servizio di anagrafe alle soglie della digitalizzazione, in Federalismi.it, vol. 18, 182-209; De Luca A. (2019), ANPR: la nuova anagrafe, in Lo Stato civile italiano, vol. 10, 37-40.
  34. Come evidenziato dalla Relazione semestrale della Commissione Parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale (l. n. 42 del 2009, cit., art. 3, co. 5), proposta in Parlamento il 15 dicembre 2021, 23-24, reperibile all’indirizzo: https://www.camera.it/leg18/491?idLegislatura=18&categoria=016bis&tipologiaDoc=documento&numero=006&doc=intero consultato il 3 luglio 2024.
  35. Sul punto si veda Poggi A. (2024), Il regionalismo differenziato nella “forma” del d.d.l Calderoli: alcune chiare opzioni politiche, ancora nodi che sarebbe bene sciogliere, in Federalismi.it, vol. 3, 4-14, ove afferma che la responsabilità per la mancata tempestiva determinazione dei LEP è da imputare a tutti i Governi che si sono succeduti dal 2001, una individuazione oggi che è più difficile poiché legata ad una legislazione disordinata, “che si è affastellata nel tempo senza una logica e senza coordinamento ed in cui si trovano insieme determinazione di analitiche prestazioni, obiettivi, etc. e che solo con acrobazie interpretative possiamo oggi ricondurre ad una definizione “giuridica” di LEP mai veramente effettuata (e neppure tentata) dal Parlamento.”
  36. Sciancalepore C. (2020), Il federalismo differenziato tra difficoltà applicative e politiche regionali di fiscalità di vantaggio, in Diritto e pratica tributaria, vol. 4, 1393-1434; Carli M. (2019), Il regionalismo differenziato come sostituto del principio di solidarietà, in Federalismi.it, vol. 22, 1-11; Letizia L. (2019), Dal “federalismo fiscale simmetrico” al “decentramento fiscale asimmetrico” nella prospettiva dell’autonomia regionale differenziata, in Innovazione e Diritto, vol. 1, 90-127; Pallante F. (2019), Ancora nel merito del regionalismo differenziato: le nuove bozze di intesa, in Federalismi.it, vol. 20, 1-46; Antonini L. (2017), I segni del tempo: dal Veneto al Molise quale futuro per il regionalismo italiano?, in Federalismi.it, vol. 4, 1-18; Zanardi A. (2006), Il federalismo differenziato nell’articolo 116 della Costituzione: una breve nota, in Federalismi.it, vol. 22, 1-8.
  37. Gallo F. (2024), Costituzione, Federalismo fiscale e autonomia differenziata, cit., 414-433.
  38. Salerno G. M. (2023), Con il procedimento di determinazione dei LEP (e relativi costi e fabbisogni standard) la legge di bilancio riapre il cantiere dell’autonomia differenziata, in Federalismi.it, vol. 1-Editoriale, 4-15; Cuttaia F. G. (2023), I limiti dell’autonomia regionale differenziata da osservare in materia di tutela della salute, in Federalismi.it, vol. 26, 40-50.
  39. D’Andrea A. (2024), Attenzione a non demonizzare l’autonomia regionale, inclusa quella “differenziata”, in Federalismi.it, Paper, 1-6, il quale evidenzia che fra le ragioni mosse da chi è contrario all’autonomia differenziata vi sarebbe il progressivo “abbandono di qualsiasi forma di solidarietà nazionale a vantaggio delle Regioni ed i territori economicamente e socialmente più svantaggiati e pertanto meno ricchi e già adesso privi di risorse sufficienti (sia quelle auto-prodotte sia quelle trasferite dallo Stato) e di servizi pubblici adeguati rispetto ad altre realtà territoriali prevalentemente collocate al nord del Paese”.
  40. Flick G. M. (2024), Autonomia differenziata delle Regioni: perplessità e interrogativi, in Federalismi.it, Paper, 1-7; Saitto F. (2010), La legge delega sul “Federalismo fiscale”: i Livelli Essenziali delle Prestazioni come misura economica dell’eguaglianza, cit., 2817-2842; Pankiewicz A. W. (2005), Federalismo e diritti sociali, cit., 40 ss.
  41. Ferrara A. (2023), L’autonomia differenziata alla prova dell’attuazione, in Federalismi.it, Paper, 1-11.
  42. La Cabina di regia è presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri ed è costituita da Ministri competenti nelle materie chiamate in causa dai compiti e dalle funzioni della Cabina di regia, oltre che dai Presidenti della Conferenza delle regioni e delle province autonome, dell’UPI e dell’ANCI; Eurispes, La compiuta definizione dei LEP, in Rapporto Italia, n. 36/2024, 144-146.
  43. Il CLEP, presieduto dal Prof. Sabino Cassese, si è insediato il 9 maggio 2023 ed originariamente era formato da n. 61 componenti, ma nel corso dei lavori hanno presentato le proprie dimissioni n. 11 componenti e ne sono stati nominati successivamente n. 6 nuovi. Fra i componenti vi era anche la Prof.ssa Elena D’Orlando, in qualità di Presidente della Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard.
  44. Numerose critiche sono state mosse rispetto alla scelta di demandare il procedimento volto all’individuazione dei LEP a dei tecnici senza il diretto coinvolgimento del Parlamento. Secondo tali critiche i LEP dovrebbero essere “frutto di scelte politiche e non tecniche, occorre che siano individuati con un determinante coinvolgimento del Parlamento e non solo del Governo e siano stabiliti con atti di rango legislativo e non amministrativo (o comunque secondario)”: Spadacini L. (2023), L’autonomia differenziata: considerazioni a margine del disegno di legge Calderoli e delle disposizioni della legge di bilancio per il 2023, in Federalismi.it, vol. 10, 218-230; Andriopoulou A. (2023), Autonomia differenziata e divari di cittadinanza, in Federalismi.it, vol. 23, 34-52.
  45. Rapporto finale CLEP, 30 ottobre 2023, 41, consultabile all’indirizzo:https://www.affariregionali.it/media/509321/1-rapporto-finale-clep-30102023-editing.pdf consultato il 3 luglio 2024.
  46. Andriopoulou A. (2023), Autonomia differenziata e divari di cittadinanza, cit., 34-52; Salerno G. M. (2023), Con il procedimento di determinazione dei LEP (e relativi costi e fabbisogni standard) la legge di bilancio riapre il cantiere dell’autonomia differenziata, cit., 4-15; Spadacini L. (2023), L’autonomia differenziata: considerazioni a margine del disegno di legge Calderoli e delle disposizioni della legge di bilancio per il 2023, cit., 218-230.
  47. Nel caso in cui il parere delle Commissioni parlamentari indichi specificamente talune disposizioni come non conformi ai principi e criteri direttivi, il Governo, se non intende conformarsi ai medesimi, trasmette i testi alle Camere con le sue osservazioni e/o modificazioni, corredate da ulteriori informazioni e motivazioni. Le Commissioni hanno poi 20 giorni di tempo per esprimersi sulle osservazioni, decorsi i quali il decreto può essere comunque emanato. (l. n. 86 del 2024, cit., art. 3, co. 2°, ultima parte).
  48. La Commissione tecnica per i fabbisogni standard è stata coadiuvata dalla SOSE Spa, dall’’Istituto Nazionale di Statistica, dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome presso il Centro interregionale di studi e documentazione delle regioni (CINSEDO).
  49. Salerno G. M. (2023), Con il procedimento di determinazione dei LEP (e relativi costi e fabbisogni standard) la legge di bilancio riapre il cantiere dell’autonomia differenziata, cit., 4-15.
  50. Bertagna G. (2011), Fabbisogni standard degli enti locali: è iniziato il monitoraggio, cit., 41 – 43.
  51. Strumento di calcolo che permette di analizzare la relazione tra due o più variabili (dipendente e indipendenti) e i relativi effetti, sul punto: Rizzi D., Zanette M. (2011), I fabbisogni standard di spesa dei comuni italiani, in Politica economica, vol. 2, 219 – 254: “il fabbisogno di spesa di un comune viene identificato con il valore atteso non condizionato, il fitted value, della funzione di spesa stimata, e di conseguenza dipende dal valore corrente di tutte le variabili esplicative”.
  52. Nelle funzioni di spesa per i servizi sociali si prende in considerazione la presenza – o meno – di strutture residenziali o semi-residenziali. Nelle funzioni di spesa per il trasporto pubblico locale si rileva anche se l’ente in analisi possiede un servizio metropolitana, tram, a fune, oltre al trasporto locale unicamente in gomma. Per un approfondimento sulla metodologia di calcolo utilizzato si veda: Brunello G., Porcelli F., Stradiotto M. (2015), I fabbisogni standard dei comuni e delle province: un nuovo patrimonio informativo per stimolare maggiore efficienza e responsabilità nei governi locali, in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, vol. 2, 199 – 235. Inoltre è possibile reperire tutte le metodologie di calcolo adottate dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze: https://www.mef.gov.it/ministero/commissioni/ctfs/index.html consultato il 3 luglio 2024.
  53. Casamassima V. (2011), Assistenza sociale e federalismo fiscale tra costi, fabbisogni standard e livelli essenziali, cit., 56 – 69; Parlato S. (2013), Metodologia di stima e determinazione dei fabbisogni standard nei comuni, in Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, vol. 1, 117 – 132.
  54. Di Ielsi G., Fiorillo F., Porcelli F. (2022), Le unioni di comuni in Italia: modelli di gestione associata a confronto, in Moneta e Credito, vol. 297, 11 – 40; Di Ielsi G., Porcellli F., Zanardi A. (2016), La valutazione dell’efficienza nelle forme associate dei Comuni italiani: la lezione dei fabbisogni standard, in Economia pubblica, vol. 1, 37 – 58; D’Auria G. (2014), La «revisione della spesa» nelle regioni e negli enti locali: a proposito di consumi intermedi, costi della politica, enti e società pubbliche, in Il Foro Italiano, vol. 9, colonna 2388.
  55. Fontana F., Rossi M. (2011), Spesa PA, arrivano i fabbisogni standard, in Guida agli enti locali. Il sole 24 ore, vol. 30, 69 – 71.
  56. Vignocchi C. (2014), I fabbisogni standard nell’esperienza dei comuni, in RU Risorse umane nella pubblica amministrazione, vol. 4-5, 59 – 66.
  57. Bertagna G. (2011), Fabbisogni standard degli enti locali: è iniziato il monitoraggio, cit., 41 – 43; Gavioli F. (2014), Note metodologiche e fabbisogni standard per Comuni e Province: le funzioni fondamentali, cit., 905 – 910; Parlato S. (2013), Metodologia di stima e determinazione dei fabbisogni standard nei comuni, cit., 117 – 132; Pozzoli S. (2011), Un federalismo senza costi standard. Il decreto di determinazione dei fabbisogni standard, in Azienditalia, vol. 3, 213 – 217.
  58. che devono essere firmati dal Sindaco, dal Presidente della Provincia e dal responsabile dei servizi finanziari.
  59. Jorio E. (2011), Federalismo municipale: la determinazione dei costi e fabbisogni standard (e non solo), in Comuni d’Italia, vol. 3, 32 – 38.
  60. Forti F. (2020), L’utilizzo degli indicatori dei Fabbisogni Standard per il benchmarking, cit., 22 – 32.
  61. reg.UE n. 2018/1724 per enunciazione del principio “una tantum” nei considerando; l. 7 agosto 1990, n. 241, art. 1, co. 1°, art. 18; d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 7; Macrì I. (2023), Piattaforma digitale nazionale dati per l’attuazione del principio once only, in Azienditalia, vol. 1, 32-43; Galetta D. U. (2022), Transizione digitale e diritto ad una buona amministrazione: fra prospettive aperte per le Pubbliche Amministrazioni dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e problemi ancora da affrontare, in Federalismi.it, vol. 7, 103-125; Mazzarella M., Ramotti C. (2022), Pandemia e governo digitale, in Giornale di diritto amministrativo, vol. 3, 415-423; Racca G. M. (2022), La responsabilità delle organizzazioni pubbliche nella trasformazione digitale e i principi di collaborazione e buona fede, in Diritto Amministrativo, vol. 3, 601-639; Monica A. (2019), Lo Sportello Digitale Unico: uno strumento che può unire cittadini e amministrazioni europee, in Rivista Italiana di Diritto Pubblico Comunitario, vol. 3-4, 477-496; Cons. St., sez. VI, 26 aprile 2024, n. 3794; T.A.R. Lazio – Roma, sez. IV, 12 ottobre 2023, n. 15143; T.A.R. Lazio – Roma, sez. III bis, 10 agosto 2023, n. 13259.
  62. Jorio E. (2011), Federalismo municipale: la determinazione dei costi e fabbisogni standard (e non solo), cit., 32 – 38.
  63. Morigi P. (2014), La determinazione dei fabbisogni standard negli enti locali. Uno strumento utile per il benchmarking (e l’armonizzazione contabile), in La finanza locale, vol. 5-6, 65 – 67.
  64. Parlato S. (2013), Metodologia di stima e determinazione dei fabbisogni standard nei comuni, cit., 117 – 132.
  65. Pozzoli S. (2011), Un federalismo senza costi standard. Il decreto di determinazione dei fabbisogni standard, cit., 213 – 217.
  66. Jorio E. (2011), Federalismo municipale: la determinazione dei costi e fabbisogni standard (e non solo), cit., 32 – 38.
  67. Forti F. (2020), L’utilizzo degli indicatori dei Fabbisogni Standard per il benchmarking, cit., 22 – 32.
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  71. La banca dati SISTER permette agli utenti la consultazione (effettuando visure, ricerche catastali, ispezioni ipotecarie) e l’aggiornamento telematico dei dati ivi caricati (l. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, co. 374). Scarpino S. (2024), Catasto: semplificazione delle modalità di deposito dei tipi di frazionamento presso i Comuni, in Azienditalia, vol. 5, 670-675; Scarpino S. (2023), Le microzone catastali: nuova delimitazione nel caso di significative variazioni nel tessuto edilizio-urbanistico comunale, cit., 988-999.
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  77. Ministero dell’Economia e Finanze e dalla società SOSE S.p.A. – ora Sogei S.p.A. (d.l. 22 giugno 2023, n. 75, conv. con modif. in l. 10 agosto 2023, n. 112, art. 18 bis).
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  81. Si veda da ultimo: Forti F. (2020), L’utilizzo degli indicatori dei Fabbisogni Standard per il benchmarking, in Finanza e tributi locali, vol. 7, 22 – 32.
  82. Forti F. (2020), L’utilizzo degli indicatori dei Fabbisogni Standard per il benchmarking, cit., 22 – 32; Pierobon A. (2023), I fabbisogni standard nelle “Linee guida interpretative” e in correlazione al Metodo Tariffario ARERA: prime considerazioni ricostruttive del nuovo sistema, in Azienditalia (Online), vol. 8-9, 1108 – 1119; Pierobon A. (2020), Il nuovo metodo dei fabbisogni standard per il servizio di gestione dei rifiuti: primi spunti, in Azienditalia (Online), vol. 12, 1984-1954; Pierobon A. (2018), Le linee guida dei fabbisogni standard, in Azienditalia (Online), vol. 25, 714 – 717
  83. Pierobon A. (2020), Il nuovo metodo dei fabbisogni standard per il servizio di gestione dei rifiuti: primi spunti, cit., 1984-1954
  84. Forti F. (2020), L’utilizzo degli indicatori dei Fabbisogni Standard per il benchmarking, cit., 22 – 32.
  85. Brunello G., Porcelli F., Stradiotto M. (2015), I fabbisogni standard dei comuni e delle province: un nuovo patrimonio informativo per stimolare maggiore efficienza e responsabilità nei governi locali, cit., 199 – 235.
  86. Bergo M. (2019), Democrazia rappresentativa e accountability nella giurisprudenza costituzionale, in Balestrino A., Bernasconi M., Campostrini S., Colombini G., Degni M., Ferro P., Italia P. P., Manzetti V. (a cura di), Democrazia e bilancio pubblico, Atti del Convegno Nazionale di Contabilità Pubblica Venezia 28-29 novembre 2019, Napoli, Editoriale Scientifica, 335-364; Paradiso M. (2019), La mano visibile del bilancio nella finanza democratica, cit., 365-386; Brunello G., Porcelli F., Stradiotto M. (2015), I fabbisogni standard dei comuni e delle province: un nuovo patrimonio informativo per stimolare maggiore efficienza e responsabilità nei governi locali, cit., 199 – 235; Saitto F. (2010), La legge delega sul “Federalismo fiscale”: i Livelli Essenziali delle Prestazioni come misura economica dell’eguaglianza, cit., 2817-2842; Giarda P. (2001), Le regole del federalismo fiscale nell’art. 119: un economista di fronte alla nuova Costituzione, in Le Regioni, vol. 6, 1425-1484.
  87. Sul punto vi è chi ritiene che sia “preferibile impiegare informazioni imperfette, ma correntemente prodotte piuttosto che puntare ad operazioni pilota una-tantum, difficilmente replicabili”: Mastrogiuseppe P., Vignocchi C. (2012), Misurazione della performance e fabbisogni standard: un connubio che può funzionare, in Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, vol. 3-4, 549 – 563.
  88. Come confermato dall’adozione delle note metodologiche avvenuta nel corso degli anni, non ultima quella del 2024 in materia di asili nido, reperibili nell’apposita sezione del sito OpenCivitas: https://www.opencivitas.it/it/note-metodologiche nonché sul sito preposto alla rilevazione: https://opendata.sose.it/fabbisognistandard/.
  89. Mastrogiuseppe P., Vignocchi C. (2013), I fabbisogni standard di personale nella PA., in Guida al pubblico impiego, vol. 6, 41 – 45.