L’illegittimità costituzionale dell’accentramento regionale delle funzioni aziendali di reclutamento del personale sanitario (nota a Corte costituzionale, sentenza n. 202 del 2024)

Gloria Sdanganelli[1]

(ABSTRACT) ITA

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 202 del 2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni della Regione Puglia che trasferivano integralmente a un’agenzia regionale le competenze sul reclutamento e sulla gestione del personale sanitario. La Corte ha ritenuto che tali funzioni rientrino nell’autonomia organizzativa delle aziende sanitarie, in coerenza con il principio di legislazione concorrente nella materia di tutela della salute (art. 117, terzo comma, Cost.) e con le norme-quadro che definiscono i principi fondamentali (d.lgs. n. 502 del 1992). Ha dichiarato, invece, infondate le questioni riguardanti l’attribuzione all’ente sovra-aziendale di funzioni consultive e di accreditamento sanitario, in quanto riconducibili alla disciplina regionale. La decisione offre spunti di riflessione sulle diverse esperienze regionali di centralizzazione delle assunzioni, inclusa la compatibilità del modello “Azienda Zero” con il quadro costituzionale e con i meccanismi di coordinamento nella rete sanitaria regionale.

(ABSTRACT) EN

The Constitutional Court, in its ruling no. 202 of 2024, declared unlawful the provisions of the Region of Apulia that transferred full responsibility for the recruitment and management of health personnel to a regional agency. The Court ruled that these functions fall within the organisational autonomy of local health authorities, in accordance with the principle of concurrent legislation on health protection (art. 117, third paragraph of the Constitution) and the legislative framework laying down fundamental principles in this field (Legislative Decree no. 502 of 1992). However, it upheld the legitimacy of the delegation of advisory and health accreditation functions to the regional agency, as these fall within regional competence. The ruling offers a possible reflection on centralised recruitment systems, assessing the compatibility of the “Azienda Zero” model with the constitutional framework, and coordination mechanisms within the regional healthcare network.

Sommario:

1. Inquadramento delle questioni sottoposte alla Corte costituzionale – 2. Il reclutamento come materia di organizzazione sanitaria e la riserva all’autonomia aziendale – 3. L’aggregazione delle procedure concorsuali come strumento di buona amministrazione e la compatibilità del modello “Azienda Zero” – 4. Considerazioni conclusive

1. Inquadramento delle questioni sottoposte alla Corte costituzionale

Con la sentenza n. 202 del 2024[2], la Corte costituzionale si è pronunciata sulle questioni di legittimità costituzionale relative ad alcune disposizioni di legge della Regione Puglia che attribuiscono integralmente a un ente strumentale (Agenzia regionale per la salute e il sociale, AReSS) competenze inerenti, tra le altre, al reclutamento e alla gestione del personale medico e sanitario, ai procedimenti di autorizzazione e accreditamento, nonché a funzioni consultive in materia sanitaria e di supporto tecnico-amministrativo alla Regione[3].

Il ricorso, proposto in via d’azione dal Governo, aveva prospettato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni regionali sotto molteplici profili, sostenendone il contrasto con il principio fondamentale dell’autonomia organizzativa e decisionale delle unità sanitarie locali, oggi Aziende Sanitarie Locali, desumibile dal riparto di competenze costituzionali nella «tutela della salute» (art. 117, terzo comma, Cost.). Rispetto alle originarie funzioni dell’agenzia regionale, limitate a competenze di mero indirizzo in materia sociale e sanitaria, le ulteriori attribuzioni censurate prefigurano lo spostamento nella sfera dell’AReSS di un blocco di materie, come la selezione del personale, l’assegnazione delle sedi di lavoro e delle mansioni, nonché i procedimenti autorizzatori e di accreditamento, a detrimento dell’assetto equilibrato di interessi in capo al Servizio sanitario regionale.

Rispetto ai profili impugnati, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni che hanno determinato l’accentramento all’interno dell’AReSS delle funzioni di reclutamento e gestione della dirigenza medica e delle professioni sanitarie. Tale spostamento è stato ritenuto in contrasto con il principio costituzionale di riparto in materia di tutela della salute e con le norme statali interposte che riservano tali funzioni all’autonomia aziendale, escludendo la possibilità di trasferirle a un ente regionale in assenza di un adeguato «coordinamento» inter-aziendale.

Sono state disattese, invece, le questioni relative all’attribuzione all’agenzia pugliese della gestione dei procedimenti di accreditamento sanitario e di altre competenze residuali e di supporto (come l’elaborazione di strategie comunicative a sostegno delle politiche sanitarie), non costituendo funzioni riservate alle aziende sanitarie[4]. Quanto al primo aspetto, la disciplina-quadro statale (art. 8-quater, d.lgs. n. 502 del 1992), nell’ambito della potestà legislativa concorrente in materia di «tutela della salute», individua espressamente nelle Regioni i soggetti responsabili della ripartizione delle prestazioni tra gli operatori privati, secondo criteri predefiniti dalla programmazione regionale. Tale interpretazione è, peraltro, confermata dalla costante giurisprudenza della Corte, dalla quale si evince, nel caso di specie, l’assenza di profili di lesività rispetto all’art. 117, terzo comma, della Costituzione[5].

Nel suo impianto argomentativo, la pronuncia in esame offre numerosi spunti di riflessione riguardo all’inquadramento costituzionale della «funzione amministrativa»[6] di reclutamento del personale sanitario, nonché sulla delimitazione delle competenze aziendali nell’organizzazione sanitaria regionale[7]. In tale prospettiva, l’analisi si concentra sulla disamina delle forme aggregative di gestione concorsuale, in funzione di razionalizzazione e buon andamento dell’amministrazione (art. 97, secondo comma, Cost.)[8]. Particolare attenzione è dedicata alle soluzioni regionali che adottano il modello “Azienda Zero”, con particolare riferimento all’esperienza piemontese, nonché sulle possibili forme di raccordo e coordinamento tra gli enti a livello regionale e aziendale[9].

2. Il reclutamento come materia di organizzazione sanitaria e la riserva all’autonomia aziendale

Nella decisione in esame, il Giudice delle leggi ha rilevato che le competenze organizzative delle aziende sanitarie, inquadrate nel riparto costituzionale della «tutela della salute» (art. 117, terzo comma, Cost.), si integrano con la funzione di reclutamento del personale medico e sanitario. Ciò in quanto la relativa disciplina è preordinata a garantire la tutela della salute dei cittadini, delineando un assetto organizzativo che costituisce la «cornice funzionale ed operativa» con cui le unità aziendali assicurano «la qualità e l’adeguatezza delle prestazioni erogate»[10].

In quest’ordine di idee, la natura puramente sussidiaria ricavabile dalle disposizioni impugnate – sostenuta dalla Regione – in quanto riferite ad una fase preliminare rispetto all’erogazione delle prestazioni sanitarie – escluderebbe le funzioni di reclutamento dall’ambito sanitario in senso stretto, riconducendole alla competenza residuale regionale in materia di organizzazione amministrativa di cui all’art. 117, quarto comma, della Costituzione[11].

Tuttavia, la tesi regionale non è stata valorizzata dalla Corte, che ha piuttosto inteso rimarcare l’infondatezza della qualificazione dell’organizzazione amministrativa regionale come una «materia» autonoma, evidenziando che «l’organizzazione sanitaria è parte integrante della ‘materia’ costituita dalla ‘tutela della salute’» ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.[12]. Conseguentemente, la Corte ha riconosciuto che le questioni inerenti all’organizzazione del reclutamento sanitario rivestono una funzione essenziale rispetto al perseguimento degli obiettivi propri della materia, ossia il rispetto dei Livelli Essenziali di Assistenza e, in ultima istanza, la qualità e l’adeguatezza delle prestazioni sanitarie erogate[13].

Sotto altro aspetto che emerge nella sentenza annotata, l’assenza di norme-quadro, pur sostenuta nella difesa regionale, non preclude alle Regioni di legiferare[14]. La giurisprudenza costituzionale ha talora riconosciuto allo Stato, attraverso la definizione dei principi fondamentali, non solo un limite alla potestà legislativa regionale[15], ma anche la facoltà di incidere sull’allocazione delle funzioni amministrative, oltre i confini dell’autonomia regionale[16], mostrando di affidarsi al criterio della «prevalenza», attraendo nella materia dominante (in tal caso, la tutela della salute), anche la disciplina ad essa collegata[17].

La generale latitudine dei principi richiamati ha visto applicazione, ad esempio, in ambiti quali la protezione civile[18] e le infrastrutture di comunicazione elettronica[19], nei quali le disposizioni regionali sono state ritenute recessive rispetto alle norme di principio statali, in un’evoluzione interpretativa che estende il margine di intervento statale, pur nel bilanciamento tra le esigenze di unitarietà e di salvaguardia dell’autonomia regionale[20]. Impostazione che si è riscontrata, significativamente, anche nella tutela della salute, ove sono stati ricompresi aspetti inerenti alla disciplina della dirigenza sanitaria, al rapporto di lavoro nei ruoli apicali e all’accreditamento delle strutture sanitarie[21], a misura che, sebbene le Regioni possano differenziare la sanità regionale nel rispetto della normativa statale, non può essere configurato un autonomo ambito materiale di «organizzazione sanitaria» riconducibile alla propria competenza residuale[22].

Analogamente, la Corte rileva che la disciplina legislativa di riferimento in materia sanitaria – segnatamente il d.lgs. n. 502 del 1992 – consente di individuare principi fondamentali riservati alla legislazione statale da cui deriva l’autonomia amministrativa, patrimoniale, gestionale e, in particolare, organizzativa delle singole aziende sanitarie. Proprio sulla base di questa normativa di cornice, gli enti preposti erogano concretamente l’assistenza sanitaria nel proprio ambito territoriale, attuando la disciplina di dettaglio, riservata alla potestà legislativa regionale[23]. Nelle argomentazioni della Corte si conferma, dunque, che i principi da cui originano le funzioni organizzative aziendali sono rimessi alla legislazione statale in ragione della rilevanza degli interessi pubblici tutelati e dell’impatto che l’organizzazione aziendale esercita sul concreto godimento del diritto alla salute.

Giova evidenziare come, da tempo, la giurisprudenza costituzionale metta in luce l’intersezione tra l’organizzazione amministrativa e i diritti fondamentali, in particolare il diritto alla salute. Ciò in considerazione del fatto che i profili organizzativi sono funzionali a «garantire a tutti, sull’intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite», ovvero quelle ricomprese nei Livelli Essenziali di Assistenza[24]. Sicché, in questa prospettiva, si riconosce «l’esistenza di un legame tra amministrazione e doveri (inderogabili) funzionalizzati al soddisfacimento di diritti (inviolabili)» [25] primo fra tutti quello alla salute. In tale contesto, sono proprio le norme organizzative a determinare le «modalità di erogazione delle prestazioni», incidendo «sulla loro qualità e capacità di assicurare l’effettività dei diritti la cui soddisfazione è compito delle istituzioni della Repubblica»[26].

Il rilievo dell’organizzazione nella tutela del diritto alla salute emerge con particolare evidenza nell’evoluzione giurisprudenziale, che riconosce la responsabilità dell’ente sanitario per la violazione dei doveri organizzativi[27], considerati una componente essenziale anche del diritto al consenso informato[28]. Le ragioni da ultimo ricordate evidenziano la centralità della «sicurezza delle cure»[29] come elemento indefettibile del diritto alla salute, configurandola al contempo come un principio di organizzazione da promuovere «nell’interesse dell’individuo e della collettività»[30].

Questa sfera di autonomia organizzativa, da cui discendono ulteriori spazi decisionali – amministrativi, patrimoniali, contabili, gestionali e tecnici – si estende anche sul versante del reclutamento del personale, qualificandosi come «materia riservata alle ASL» e, pertanto, intrasferibile a un ente di rilievo regionale, soprattutto in assenza di adeguati meccanismi di coordinamento con le unità aziendali.

A ulteriore riprova della possibile interferenza dell’AReSS con l’autonomia aziendale, la Corte esclude l’idea di una funzione di reclutamento assimilabile a una mera attività amministrativa di supporto. Le disposizioni impugnate, infatti, evocano competenze strettamente connesse al «potere di amministrare e organizzare l’intera attività concorsuale»[31], funzionali alla qualità delle prestazioni sanitarie da erogare. Una diversa interpretazione condurrebbe alla paradossale conclusione che tali procedure siano irrilevanti «rispetto al fine della selezione dei migliori», mentre – come sottolineato dalla Corte – il reclutamento «costituisce lo strumento per eccellenza dell’erogazione qualitativamente ottimale delle prestazioni sanitarie»[32].

L’inquadramento delle norme di principio statali (commi 1 e 1-bis dell’art. 3 del d.lgs. n. 502 del 1992) permette, quindi, di delineare una riserva aziendale in materia di reclutamento del personale sanitario, in coerenza con il regime giuridico definito dal legislatore per le unità sanitarie locali trasformate in aziende, cui è stata riconosciuta «autonomia imprenditoriale»[33] estesa ai relativi poteri decisionali[34]. Tale principio, indefettibile per il corretto funzionamento delle aziende sanitarie, analogamente a quanto avviene in «qualunque struttura aziendale privata o pubblica»[35], risulta, pertanto, inconciliabile con un modello che trasferisca la gestione concorsuale a un soggetto diverso.

Di particolare interesse appare il breve inciso su cui si sofferma la Corte: si ravvisa il contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., nella misura in cui le disposizioni impugnate attribuiscono «integralmente la gestione dei concorsi a un ente diverso dalle aziende sanitarie», quale l’AReSS, e lo fanno «prescindendo totalmente dalla previsione di forme di coordinamento con le medesime aziende e con i loro organi di vertice»[36]. Tale sottolineatura assume particolare rilievo poiché, come si vedrà, può permettere di circoscrivere la censura di illegittimità alla mancata previsione di meccanismi di coordinamento, aprendo così alla possibilità di preservare modelli alternativi di regionalizzazione delle funzioni di reclutamento, come quello dell’“Azienda Zero”, e attenuando l’impatto applicativo della pronuncia.

Infine, merita di essere sottolineato come la Corte sviluppi medesime argomentazioni e conclusioni anche con riguardo alle disposizioni regionali che attribuiscono all’AReSS la gestione del rapporto di lavoro di specifiche categorie di personale sanitario, in particolare la dirigenza medica e le professioni sanitarie. Le norme censurate intervengono, infatti, nella fase di esecuzione del rapporto d’impiego, conferendo all’ente regionale poteri in materia di assegnazione delle mansioni e delle sedi di servizio, nonché introducendo strumenti di verifica, quali la ricognizione trimestrale del personale, e modalità operative volte a garantire la funzionalità regionale dei servizi sanitari.

La Corte rileva come l’autonomia funzionale delle aziende sanitarie non si esaurisca nella fase concorsuale – in cui si definiscono le scelte propedeutiche all’erogazione dei servizi assistenziali – ma si estenda anche alla successiva fase esecutiva del rapporto di lavoro, comprensiva della gestione delle risorse umane in senso ampio. In questa prospettiva, la concentrazione delle decisioni strategiche all’interno delle unità aziendali risulta imprescindibile, soprattutto con riguardo all’assegnazione delle sedi di lavoro e delle mansioni. Trattandosi di attività strettamente connesse alla realizzazione dei Livelli Essenziali di Assistenza, tali competenze non possono che essere riconosciute agli enti ai quali il legislatore ha attribuito autonomia decisionale e organizzativa in materia di tutela della salute. Ciò spiega perché, anche sotto questo profilo, il trasferimento di tali funzioni a un ente regionale quale l’AReSS risulta costituzionalmente illegittimo.

3. L’aggregazione delle procedure concorsuali come strumento di buona amministrazione e la compatibilità del modello “Azienda Zero”

La riscontrata illegittimità costituzionale delle disposizioni della legge regionale pugliese solleva spunti di riflessione sulle diverse esperienze maturate negli ordinamenti regionali in tema di aggregazione delle funzioni amministrative, con specifico riferimento a quelle concorsuali. Nel percorso argomentativo della Corte si coglie, in particolare, la questione della compatibilità del quadro giuridico da essa delineato con la varietà di enti regionali affastellati nei rispettivi ordinamenti, fino a includere il modello delle cosiddette “Aziende Zero”. In tali assetti, infatti, si assiste talora all’accentramento di una pluralità di competenze – distinte da quelle strettamente afferenti all’erogazione delle prestazioni sanitarie – tra cui rientrano anche il reclutamento e la gestione del personale sanitario.

La notazione è di sicuro rilievo e sollecita una necessaria distinzione. Da un lato, in alcune regioni operano enti strumentali, dotati di personalità giuridica, ai quali sono state trasferite funzioni precedentemente esercitate dalle aziende sanitarie, al fine di unificarle in un’unica realtà organizzativa. Si è assistito, in tal senso, alla configurazione di organismi sotto forma di agenzie – quali le Agenzie Regionali di Tutela della Salute (ATS) o ancora, l’Agenzia Strategica Regionale per la Salute e il Sociale (AReSS) oggetto della decisione in esame – con un ruolo peculiare nella gestione integrata di talune attività, senza tuttavia sovrapporsi alle aziende sanitarie nell’erogazione delle prestazioni[37].

Diverso dal modello delle agenzie regionali è il paradigma delle “Aziende Zero”, adottato in diversi ordinamenti regionali quale sistema di coordinamento della rete sanitaria regionale tramite la costituzione di una nuova unità aziendale con funzioni amministrative, logistiche e di supporto. Questa figura – il cui inquadramento è stato teatro di un vivace dibattito – pur configurandosi come ente strumentale, resta assoggettata al regime giuridico delle aziende sanitarie, di cui condivide la forma giuridica, pur senza svolgere direttamente compiti assistenziali[38].

Entrambi i modelli si propongono di aggregare competenze prevalentemente non assistenziali, come il reclutamento del personale, la logistica delle tecnologie sanitarie e il coordinamento delle reti di assistenza territoriale. In molti casi, si registra altresì una sovrapposizione con le funzioni proprie delle centrali di committenza specializzate – soggetti aggregatori[39] – secondo un’evoluzione finalizzata ad attribuire tali attività a enti dotati delle necessarie competenze tecnico-organizzative, a garanzia di un’amministrazione orientata al «buon andamento» (art. 97, secondo comma, Cost.) [40].

Come per gli acquisti, anche per il reclutamento la centralizzazione può favorire economie di scala e maggiore efficienza; modello che si è esteso oltre la funzione appalti e l’ambito sanitario, introducendo schemi concorsuali atipici, come i “concorsi unici”, ossia procedure selettive per profili professionali con fabbisogni trasversali a più amministrazioni[41]. A livello nazionale, esempi di razionalizzazione concorsuale includono la piattaforma digitale del “Portale del Reclutamento”, coordinata dal Dipartimento della Funzione Pubblica per la gestione delle domande concorsuali, e il reclutamento dirigenziale tramite la Scuola Nazionale dell’Amministrazione. Si tratta di una tendenza consolidata anche in ambito europeo, dove il reclutamento è centralizzato attraverso l’Ufficio Europeo di Selezione del Personale, a garanzia di risparmi di spesa e di un’elevata specializzazione del processo selettivo. Non sfugge come queste esperienze suggeriscano di valutare se i modelli di aggregazione già previsti nella committenza pubblica possano offrire soluzioni analoghe nel reclutamento, con possibili benefici in termini di specializzazione e semplificazione procedimentale[42].

Tracciando alcune considerazioni sui diversi modelli aggregativi, emerge che, pur presentando elementi comuni, la centralizzazione delle funzioni assume una diversa connotazione a seconda delle finalità perseguite. Se l’obiettivo non è quello di promuovere il coordinamento tra enti di livello regionale e aziendale, ma piuttosto di accentrare competenze e servizi, sottraendoli alle aziende sanitarie – seppur senza includere le prestazioni in senso stretto – allora lo schema si configura in termini analoghi a quello già ritenuto dalla Corte incompatibile con l’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

Mentre la “centralizzazione” del reclutamento non appare, dunque, conforme al criterio di riparto in materia di tutela della salute, diverso è il caso improntato a un “coordinamento forte” affidato a un’Azienda Zero, che garantisce il raccordo tra unità locali ed ente regionale, promuovendo un sistema a rete in cui le esigenze aziendali – come il fabbisogno di risorse professionali – vengono condivise con un ente preposto a coordinare il funzionamento. Un esempio significativo è rappresentato dall’Azienda Zero della Regione Piemonte[43]. Il relativo atto aziendale prevede, tra le competenze attribuite a specifiche strutture complesse, aziendali e sovra-aziendali (in particolare, la S.C. Risorse Umane e, al suo interno, la S.S. Reclutamento e Convenzioni) [44], la gestione delle procedure di reclutamento che può estendersi anche ai concorsi del personale medico-sanitario per conto delle aziende sanitarie aderenti, sulla base di specifiche convenzioni che definiscono la suddivisione delle risorse tra gli enti della rete sanitaria regionale.

Similmente, l’esperienza dell’Azienda Zero nella Regione Veneto[45], come delineato nell’atto aziendale[46], prevede un duplice ruolo: da un lato, supporta e coordina l’attuazione delle politiche regionali in materia di reclutamento; dall’altro, attraverso specifiche Unità Operative (in particolare la UOC Gestione Risorse Umane), assorbe una parte significativa delle attività tecnico-amministrative precedentemente svolte dalle singole aziende sanitarie, realizzando così un processo di centralizzazione delle procedure di assunzione e gestione del personale, nell’obiettivo di una razionalizzazione del sistema sanitario regionale.

Nel sistema regionale della Sardegna, l’Azienda Regionale della Salute (ARES) prevede un sistema accentrato di supporto e gestione del reclutamento del personale del Servizio sanitario regionale, fondato sulle esigenze rappresentate dalle singole aziende sanitarie, comprensivo della facoltà di delegare alle unità aziendali lo svolgimento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale con profili di elevata specificità, garantendo così un certo grado di flessibilità nel processo di selezione[47].

4. Considerazioni conclusive

La decisione in esame sembra confermare una tendenza, già emersa nella giurisprudenza della Corte costituzionale, volta a circoscrivere l’autonomia regionale in favore delle norme statali di principio, soprattutto laddove rivestano una valenza organizzativa. Un approccio che appare giustificato per superare disomogeneità regionali che, diversamente, rischierebbero di compromettere il «nucleo essenziale» di un diritto fondamentale, quale quello alla salute[48].

Nell’ambito della decisione in esame, l’inquadramento della riserva aziendale in materia di organizzazione e gestione dei concorsi si inserisce in un panorama regionale caratterizzato da modelli organizzativi eterogenei. Questi spaziano dall’istituzione di agenzie specializzate ed enti con funzioni strumentali fino alla configurazione dell’Azienda Zero, concepita come sintesi tra le esigenze di autonomia regionale e aziendale.

Questo approccio metodologico favorisce l’aggregazione di alcune funzioni amministrative, come il reclutamento del personale, rispondendo sia all’esigenza di razionalizzazione della spesa regionale sia al principio costituzionale del buon andamento, purché si realizzi all’interno di un sistema di coordinamento tra i vari livelli di governo[49].

Muovendo da questa premessa, la sentenza in commento traccia un confine tra la legittima azione di coordinamento tra enti del sistema sanitario regionale e un’indebita sottrazione di funzioni aziendali. Questo terreno di confronto risulta di particolare rilievo nel dibattito riguardante le forme e le modalità di aggregazione di competenze amministrative, evidenziando nell’Azienda Zero un modello compatibile con il quadro costituzionale, purché alla stessa venga attribuito un ruolo di supporto e coordinamento con le aziende sanitarie, piuttosto che di sostituzione nelle funzioni gestionali.

  1. Assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Management dell’Università di Torino.
  2. Corte cost., sent. n. 202 del 2024, depositata il 17 dicembre 2024, pubblicata in G.U. il 18 dicembre 2024, Pres. Amoroso, Red. D’Alberti.
  3. Le censure di illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., hanno interessato, precisamente, l’art. 2, primo comma, della legge reg. Puglia n. 16 del 2024, laddove, con la lett. b), ha aggiunto all’art. 3 della legge reg. Puglia n. 29 del 2017 i commi 2-bis limitatamente alla lett. a, 2-ter, 2-quater, 2-quinquies e 2-sexies), nella parte in cui attribuiscono integralmente il reclutamento e la gestione della dirigenza e del personale medico a un ente diverso dalle aziende sanitarie, quale è l’AReSS. In base alla legge istitutiva, L’AReSS. è qualificata come organismo tecnico-operativo della Regione Puglia che supporta la gestione delle politiche sanitarie e sociali, operando come «agenzia di studio, ricerca, analisi, verifica, consulenza e supporto tecnico-scientifico» (art. 2, primo comma). Tra gli obiettivi si prevede il «monitoraggio e verifica continua degli esiti», per migliorare la risposta del sistema sanitario alle esigenze dei cittadini, promuovendo «strategie di innovazione dei servizi sanitari e sociali» per la prevenzione e la cura (art. 2, secondo comma). In qualità di «Agenzia strategica», sviluppa conoscenze e sperimenta percorsi di innovazione, analizzando e diffondendo «i migliori protocolli socio-sanitari esistenti» (art. 2, terzo comma) e promuovendo modelli di governo clinico efficienti, nonché il «il miglioramento della fruizione dei servizi sociali» e delle relazioni tra ricerca, impresa e società civile, integrando «diritti di cittadinanza e cultura della salute» (art. 2, quarto comma) tramite la formazione. I rapporti di collaborazione con altre amministrazioni sono regolati da «apposite convenzioni» approvate dal dipartimento competente (art. 2, quinto comma).
  4. Si chiarisce, infatti, che il regime statale delle autorizzazioni e degli accreditamenti, di cui al d.lgs. n. 502 del 1992, sebbene esprima un principio fondamentale nella materia «tutela della salute» (come ribadito, ex multis, dalle sentenze n. 32 del 2023 e n. 36 del 2021), ne demandi la gestione non alle aziende sanitarie, ma alle regioni. Ugualmente, anche per quanto riguarda il trasferimento all’Agenzia delle ulteriori attività di supporto alla rete regionale, si precisa che questo «non comporta l’esercizio di compiti gestionali riservati alle aziende sanitarie». Di conseguenza, sotto questi aspetti, non sussiste alcuna invasione della competenza legislativa concorrente dello Stato nella materia «tutela della salute».
  5. Sull’accreditamento sanitario, si v.: M. Conticelli, Privato e pubblico nel servizio sanitario, Giappichelli, Torino, spec. p. 188 e s.; C. Bottari, La tutela della salute: lavori in corso, Giappichelli, Torino, 2020, p. 134; Id., I soggetti erogatori privati e l’attuazione del principio di sussidiarietà, in M. Sesta (a cura di), L’erogazione della prestazione medica tra diritto alla salute, principio di autodeterminazione e gestione ottimale delle risorse sanitarie, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna, 2014, p. 425 e s.. Sull’inquadramento giuridico dell’accreditamento e del conseguente rapporto quale concessione di pubblico servizio: R. Ferrara, L’ordinamento della sanità, Giappichelli, Torino, 2020, p. 227; R. Cavallo Perin, La struttura della concessione di servizio pubblico locale, Giappichelli, Torino, 1998, p. 293. Anche la giurisprudenza riconduce il rapporto tra l’ente pubblico e le strutture sanitarie e sociosanitarie accreditate alle concessioni di servizio pubblico, dal momento che il sistema si impernia su un provvedimento traslativo di una quota del SSN, cui segue un contratto di servizio volto a disciplinare gli obblighi di servizio pubblico e il rapporto patrimoniale. Ex multis: Cass. civ., sez. un., 14 gennaio 2015, n. 473; Cass. civ., sez. un., 20 giugno 2012, n. 10149; Cons. St., sez. III, 18 aprile 2012, n. 2269.
  6. B. Gagliardi, Il pubblico concorso come funzione amministrativa, Edizioni Scientifiche, Napoli, 2024, p. 144 e s..
  7. Si v. amplius: A. Pioggia, S. Civitarese Matteucci, G. M. Racca, M. Dugato (a cura di), I servizi sanitari: organizzazione, riforme e sostenibilità. Una prospettiva comparata, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2011; R. Balduzzi (a cura di), Trent’anni di Servizio sanitario nazionale. Un confronto interdisciplinare, Il Mulino, Bologna, 2009; G. Pitruzzella, Sanità e Regioni, in Le Regioni, n. 6/2009, p. 1177 e s..
  8. M. Nigro, Studi sulla funzione organizzatrice della pubblica amministrazione, Giuffrè, Milano, 1966, p. 84 e s..
  9. A. Pioggia, Il modello “Azienda Zero” nell’attuazione piemontese. Una soluzione che presenta alcune criticità, in Questa Rivista, n. 2/2022, p. 15 e s..
  10. P.to. 3.1.1. della Sentenza. Si richiamano, a tal fine, le precisazioni della Corte costituzionale n. 181 del 2006, ove si è similmente affermato che la disciplina giuridica sulla dirigenza medica rientra nella materia concorrente della “tutela della salute”, risultando assorbente rispetto alla competenza regionale residuale sull’organizzazione degli enti non statali, poiché incide direttamente sulle condizioni di fruizione delle prestazioni sanitarie. Oltre alla citata pronuncia, riconducono alla «tutela della salute», quale ambito prevalente, anche la disciplina della dirigenza sanitaria: Corte cost., sent. n. 50 del 2007, sent. n. 371 del 2008.
  11. Con riferimento ai limiti alla competenza legislativa regionale in materia di organizzazione, con particolare riferimento alla regola del pubblico concorso: C. Padula, Il riparto delle competenze legislative fra Stato e regioni in materia di pubblico impiego, in federalismi.it, n. 21/2017, p. 2 e s..
  12. Corte cost., n. 9 del 2022, in materia di organizzazione del servizio regionale di pronto soccorso.
  13. Si v. Corte cost., sent. n. 207 del 2010, in cui si afferma che le norme su aspetti organizzativi dell’attività sanitaria sono da ricondurre «alla materia della tutela della salute» e ciò in quanto «idonee ad incidere sulla salute dei cittadini, costituendo le modalità di organizzazione del servizio sanitario la cornice funzionale ed operativa che garantisce la qualità e l’adeguatezza delle prestazioni erogate».
  14. Si v., nella materia urbanistica: C. Pinelli, La giurisprudenza costituzionale in materia di governo del territorio in assenza di legge cornice, in Giur. cost., n. 3/2022, p. 1777 e s..
  15. Corte cost., sent. n. 69 del 1983, sul regime giuridico delle imprese concessionarie del trasporto privato, ove si rileva, in particolare nel p.to. 4, che: «Le c.d. norme-quadro costituiscono infatti un limite alla legislazione regionale, che deve osservare i principi fondamentali in esse contenuti, ma non ne condizionano cronologicamente lo sviluppo e pertanto, anche se tali norme mancano, ben può la Regione esercitare tutti i poteri per le materie attribuite alla sua competenza». Si v., amplius: C.E. Gallo, Le fonti del diritto nell’ordinamento regionale, Giappichelli, Torino, 2004, passim.; di recente: G. Gardini, Le tendenze dell’autonomia legislativa delle Regioni, in Ist. fed., n. 1/2022, p. 253 e s..
  16. Non senza che tali “interferenze” siano prive di criticità sul piano del quadro normativo applicabile: R. Bin, Legge regionale, in Dig. disc. pubbl., Vol. IV, Torino, Utet, 1994, p. 173 e s..
  17. A. Pioggia, Diritto sanitario e dei diritti sociali, IV ed., Giappichelli, Torino, 2024, p. 51.
  18. Si v. Corte cost., sent. n. 182 del 2006 che in tema di interventi per il rischio sismico, ha qualificato come principi fondamentali le norme statali «orientat[e] ad esigere una vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza del bene protetto, che trascende anche l’ambito della disciplina del territorio, per attingere a valori di tutela dell’incolumità pubblica che fanno capo alla materia della protezione civile». In base a tale ricostruzione, in successive decisioni la Corte ha dichiarato illegittime, per contrasto con le norme di principio statali, le leggi regionali che interferivano con le ordinanze di protezione civile, prorogando i poteri del commissario delegato o sospendendo gli effetti delle ordinanze commissariali.
  19. Corte cost., sent. n. 450 del 2006, in cui si censurano le disposizioni regionali che intervenivano in materia di installazione e gestione di stazioni radioelettriche perché interferenti con i principi fondamentali posti dal legislatore statale nella materia.
  20. Tuttavia, possono anche essere osservati indirizzi giurisprudenziali di segno diverso; proprio in materia di organizzazione delle unità sanitarie locali, la Corte costituzionale, nella sent. n. 335 del 1993, ha chiarito che le norme statali di dettaglio, che non esprimono principi fondamentali e che non «stabiliscono requisiti minimi, rispondenti a un interesse nazionale», sono norme che hanno «hanno un carattere dispositivo verso le regioni, nel senso che queste ultime nell’esercizio delle loro competenze possono derogare ad esse, fermo restando il vincolo della congruità delle disposizioni regionali rispetto al principio sotteso alle disposizioni di dettaglio adottate in via dispositiva dallo Stato».
  21. Su cui, amplius: D. Morana, La tutela della salute fra competenze statali e regionali: indirizzi della giurisprudenza costituzionale e nuovi sviluppi normativi, in M.A. Carlo Colapietro (a cura di), I modelli di welfare sanitario tra qualità e sostenibilità. Esperienze a confronto, Editoriale Scientifica, Napoli, p. 199 e s..
  22. In tal senso: Corte cost., sent. n. 150 del 2010; sent. n. 245 del 2010, sent. n. 59 del 2015.
  23. Sulla distinzione tra la relazione tra normativa di principio e normativa di dettaglio in materia di istruzione, si v. Corte cost., n. 200 del 2009.
  24. Così: Corte cost., 19 giugno 2022, n. 282. Nella sentenza, la Corte ha proposto una definizione Livelli essenziali delle prestazioni concernenti il diritto alla salute non come materia in senso stretto, ma come una competenza trasversale che non tollera limitazioni da parte del livello regionale, ciò che apre alla prospettazione della sanità digitale come afferente a diversi livelli di regolazione. Si v. G. Berti, Le strutture pubbliche per la tutela della salute, in lustitia, n. 4/1988, p. 289 e s., ove si evidenzia peraltro che i diritti sociali (tra cui la salute) non consentono una contrapposizione netta tra la pretesa individuale e la connotazione sociale espressa attraverso l’organizzazione pubblica dei servizi, dovendosi, piuttosto, ricercare la piena integrazione dei due aspetti in aderenza al dato costituzionale.
  25. S. Torricelli, Tra persona e persone, discutendo con Massimo Monteduro su doveri e diritti, in P. A. Persona e amministrazione, n. 1/2021, p. 396. L’importanza della dimensione organizzativa della tutela del diritto alla salute è colta da: A. Pioggia, Salute, diritti e responsabilità medica: una storia italiana, in Dir. amm., n. 3/2018, p. 517 e s.. Si veda anche: C. Bottari, Tutela della salute e organizzazione sanitaria, Giappichelli, Torino, 2009, passim. Sul ruolo dell’organizzazione amministrativa nella garanzia dei diritti si richiamano i noti studi di: M. Nigro, Studi sulla funzione organizzatrice della pubblica amministrazione, Giuffrè, Milano, 1966 e G. Berti, La pubblica amministrazione come organizzazione, Cedam, Padova, 1968.
  26. B. Gagliardi, Il sindacato del giudice costituzionale sull’organizzazione sanitaria tra autonomia regionale e diritto alla salute, cit., p. 204.
  27. M. Faccioli, La responsabilità civile per difetto di organizzazione delle strutture sanitarie, Pacini, Pisa, 2018, p. 66 e s.; Verso una funzione assicurativa pubblica nella sanità digitale, in Dir. amm., n, 3/2024, p. 891 e s..
  28. A. Pioggia, Consenso informato ai trattamenti sanitari e amministrazione della salute, in Riv. trim. dir. pubb., n. 1/2011, 157. In giurisprudenza si v., ex multis: TAR Lombardia, sez. III, 26 gennaio 2009, n. 214, in un caso riguardante la richiesta di sospensione di trattamenti medici del paziente, in cui è stato affermato l’obbligo positivo per l’amministrazione regionale di indicare una struttura con i requisiti tecnologici e organizzativi adeguati non solo a interrompere le cure, ma anche a garantire l’assistenza durante tutto il periodo successivo all’interruzione del supporto vitale. Più in generale: Ead., Consenso informato e rifiuto di cure: dal riconoscimento alla soddisfazione del diritto (commento a TAR Lombardia, Milano, sez. 3., sent. 22 gennaio 2009, n. 214), in Giorn. dir. amm., p. 267 e s..
  29. Art. 1, l. 8 marzo 2017, n. 24, Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie. Si può rinviare a: G. Sdanganelli, La gestione del rischio clinico e delle connesse responsabilità per l’effettività del diritto alla salute, in federalismi.it, n. 5/2022, p. 214 e s..
  30. A. Pioggia, Salute, Diritti e Responsabilità medica: una storia italiana, cit., p. 542, in cui si evidenzia il ruolo dell’organizzazione sanitaria come «diretta protagonista del più elevato livello di tutela del paziente introdotto nell’ordinamento». Tra i primi riferimenti giurisprudenziali si può menzionare: Trib. Verona, sez. I, 15 ottobre 1990. Più di recente la responsabilità per «difetto di organizzazione» è stata affermata da: Cass. civ. sez. III, ord., 5 novembre 2020, n. 24688.
  31. P.to. 3.1.1. della sentenza in esame.
  32. Secondo la Corte «non si potrebbe negare che l’attività di espletamento e di organizzazione dei concorsi – cui si limiterebbero, secondo la Regione, le competenze attribuite all’AReSS – sia strumentale alla qualità delle prestazioni che saranno in futuro erogate dal SSR» (p.to. 3.2.1.).
  33. Art.1, comma 1-bis, d.lgs. n. 502 del 1992, in cui si definiscono le Aziende sanitarie locali come «aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale» individuandone la fonte della relativa disciplina nell’«atto aziendale di diritto privato». Sulle criticità di tale modello ibrido e sul necessario superamento dell’«equivoco della riforma aziendalistica»: S. Civitarese Matteucci, M. Dugato, A. Pioggia, G. M. Racca (a cura di), Oltre l’aziendalizzazione del servizio sanitario: un primo bilancio a cura, Milano, Franco Angeli, 2008; G. M. Racca, voce Salute, in Enc. Dir., I Tematici, Giuffrè, Milano, 2022, spec. p. 1004. Sulla diversa qualificazione attribuibile all’ atto aziendale degli enti sanitari, in termini di «regolamento di organizzazione»: R. Ferrara, L’ordinamento della sanità, cit., p. 174.
  34. Si v. A. Pioggia, Direzione e dirigenza nelle Aziende Sanitarie. Una analisi della distribuzione del potere decisionale alla luce degli atti aziendali, in San. pubb. priv., n. 3/2008, p. 5 e s.; B. Ponti, Flessibilità organizzativa ed efficienza delle aziende sanitarie. Una analisi della relazione tra atto aziendale e linee guida regionali, in San. pubb. priv., n. 6/2008, p. 5 e s..
  35. P.to. 3.1.1. della sentenza in esame.
  36. Nelle difese del Governo, si richiamano, come fondamento giuridico della riserva alle aziende sanitarie, gli artt. 2, 4, 5 e 6 del d.P.R. 10 dicembre 1997, n. 483 (Regolamento recante la disciplina concorsuale per il personale dirigenziale del Servizio sanitario nazionale), nonché gli artt. 3, 6 e 18 del d.P.R. 27 marzo 2001, n. 220 (Regolamento recante la disciplina concorsuale del personale non dirigenziale del Servizio sanitario nazionale), di attuazione dell’art. 18 del d.lgs. n. 502 del 1992, dai quali si evince che i concorsi sono banditi dalle aziende sanitarie e i relativi provvedimenti sono adottati dai loro competenti organi. La difesa regionale aveva sostenuto l’inidoneità di tali norme ad esprimere principi fondamentali, in quanto aventi natura regolamentare. La Corte, su questo punto, ha chiarito che la disciplina di fonte primaria «esprime di per sé, senza necessità di evocare anche le specifiche discipline concorsuali contenute nei regolamenti […] il principio fondamentale che riserva alle aziende sanitarie, in ragione della loro autonomia imprenditoriale e organizzativa, la gestione delle procedure concorsuali per il reclutamento del personale del SSN».
  37. Si v. i pertinenti riferimenti in: A. Pioggia, Il modello “Azienda Zero” nell’attuazione piemontese. Una soluzione che presenta alcune criticità, cit., p. 15 e s..
  38. A. Pioggia, op. cit., p. 18.
  39. Su cui, da ult. si veda l’art. 62 (Aggregazioni e centralizzazione delle committenze), d.lgs. n. 36 del 2023, Codice dei contratti pubblici.
  40. L’evoluzione normativa sugli appalti pubblici ha imposto crescenti obblighi alle amministrazioni di rivolgersi a Consip S.p.A. o ai soggetti aggregatori per ridurre la frammentazione degli acquisti di dispositivi medici e servizi, migliorare l’efficienza e favorire strategie di specializzazione settoriale. Si v. G. M. Racca, R. Cavallo Perin, Organizzazioni sanitarie e contratti pubblici in Europa: modelli organizzativi per la qualità in un sistema di concorrenza, in A. Pioggia, S. Civitarese Matteucci, G. M. Racca, M. Dugato (a cura di), I servizi sanitari: organizzazione, riforme e sostenibilità. Una prospettiva comparata, cit., p. 193 e s.; G. M. Racca, S. Ponzio, La scelta del contraente come funzione pubblica: in modelli organizzativi per l’aggregazione dei contratti pubblici, in Dir. amm., n. 1/2019, p. 33 e s.; G. M. Racca, voce Salute, in Enc. Dir., I Tematici, cit., 995 e s.; G. M. Racca, Digital Transformation in Healthcare Procurement, in Healthmanagement.org, vol. 23, Issue 2, 2023, p. 98 e s..
  41. Sui differenti modelli di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni: B. Gagliardi, Ai confini del concorso pubblico: modelli atipici di concorso e nuove esigenze di reclutamento, in U. Carabelli, L. Zoppoli, Rinnovamento delle PA e nuovo reclutamento, Futura Editrice, Roma, 2021, p. 77 e s..
  42. Così come prospettato in: D. Bevilacqua, L. Carbonara, H. Caroli Casavola, B. Carotti, S. Cassese, C. Ciccodicola, M. Gnes, C. Lacava, G. Melis, C. Ramotti, G. Sgueo E F. Spanicciati, Il reclutamento: le buone pratiche, in Riv. trim. dir. pub., n. 4/2021, p. 1231 e s..
  43. L’Azienda Zero piemontese è stata istituita con l’art. 1, L. reg. 26 ottobre 2021, n. 26, Forme di integrazione funzionale dei servizi ed istituzione dell’Azienda sanitaria Zero della Regione Piemonte, poi costituita con D.P.G.R. n. 9 del 18 febbraio 2022, Costituzione dell’Azienda Sanitaria Zero.
  44. Approvato con Deliberazione della Giunta Regionale 28 giugno 2022, n. 3-5267.
  45. Si v. la legge regionale della Regione Veneto n. 19 del 25 ottobre 2016, Istituzione dell’ente di governance della sanità regionale veneta denominato “Azienda per il governo della sanità della Regione del Veneto – Azienda Zero”.
  46. L’Atto aziendale è stato approvato con decreto del Direttore Generale n. 84 del 7 luglio 2017, di recente sostituito con l’adozione di un nuovo Atto aziendale, con deliberazione del Direttore Generale n. 30 del 23 gennaio 2023.
  47. Come previsto dall’art. 3, terzo comma, l. reg., 11 settembre 2020, n. 24, Riforma del sistema sanitario regionale e riorganizzazione sistematica delle norme in materia. Abrogazione della legge regionale n. 10 del 2006, della legge regionale n. 23 del 2014 e della legge regionale n. 17 del 2016 e di ulteriori norme di settore.
  48. Corte cost., sent. n. 304 del 1994, riguardo all’esistenza di limiti ai vincoli finanziari, i quali non possono comprimere «il nucleo essenziale del diritto alla salute connesso all’inviolabile dignità della persona umana», da cui deriva il superamento della configurazione dei diritti sociali come «finanziariamente condizionati». Si v. F. Merusi, Servizi pubblici instabili, Il Mulino, Bologna, 1990, spec. 28 ss.. Cfr. B. Gagliardi, Il sindacato del giudice costituzionale sull’organizzazione sanitaria tra autonomia regionale e diritto alla salute, cit., p. 222. Si evidenzia come il ricorso a sentenze interpretative di rigetto, l’individuazione dei principi a tutela della salute in specifiche norme organizzative, assieme alla lettura dei livelli essenziali di assistenza come espressione di potestà organizzativa, sarebbero a testimoniare una «tendenza a ridurre e contenere l’autonomia regionale, con interpretazioni che in molti casi privilegiano la competenza del legislatore statale non solo in sede di identificazione delle prestazioni, ma anche sul versante dell’organizzazione».
  49. Amplius: G. M. Racca, voce Salute, in Enc. Dir., I Tematici, cit., 995 e s..