Il contributo degli strumenti della legislazione elettorale per il rafforzamento della rappresentanza politica femminile: elezioni amministrative in Piemonte, regionali ed europee nel 2014

Alberto Crosio1

 

 

Il contenuto, compreso ogni eventuale errore, è frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non impegna l’ente di appartenenza.

1. Oggetto e finalità dell’indagine.

La presente indagine si propone, da un lato, di ricostruire gli effetti derivanti dall’introduzione delle diverse discipline elettorali in tema di promozione della parità di genere e, dall’altro, di verificare la loro inidoneità a predeterminare i risultati della competizione elettorale, requisito al quale la Corte costituzionale, nella sentenza n. 4 del 2010, ha subordinato la legittimità delle disposizioni elettorali in materia.

Attraverso l’esame specifico dei risultati delle singole competizioni elettorali verrà verificata in concreto l’eventuale presenza o meno di tale predeterminazione2.

La presente analisi verrà condotta analizzando i risultati delle elezioni amministrative del 2014 3 in Piemonte nei comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti 4 e nelle elezioni regionali ed europee che si sono svolte nel medesimo anno.

A fronte della diversità di fattori che concorrono a definire la composizione degli organi elettivi, la valutazione dell’impatto di questa specifica legislazione elettorale verrà condotta con particolare cautela, tentando di individuare non già degli improbabili rapporti causali diretti, quanto piuttosto gli indici di un presumibile concorso ai processi di cambiamento attualmente in corso. La delicatezza della ricostruzione dei rapporti causali ha suggerito l’opportunità di estendere il campo dell’indagine a tre ambiti distinti – locale, regionale ed europeo – per poter avere a disposizione una pluralità di elementi di valutazione e comparazione.

Lungi dall’affrontare i problemi di natura squisitamente giuridica che afferiscono a una analisi giuridica delle discipline elettorali per la promozione della parità di genere, il presente lavoro si limiterà a ricostruire sinteticamente i diversi istituti e strumenti attualmente esistenti in questa materia, ripercorrendo le tappe del loro ingresso nel nostro ordinamento giuridico.

 

2. Il contrastato ingresso nel nostro ordinamento delle disposizioni elettorali in materia di promozione della parità di genere.

In termini generali, la legislazione elettorale promuove la parità di genere attraverso due strumenti principali:

– le quote di lista, ovvero l’indicazione di un limite percentuale alle candidature di un medesimo genere;

– la preferenza di genere, che si traduce nell’annullamento della seconda preferenza espressa a favore di un candidato dello stesso genere della prima.

A tal fine è opportuno ripercorrere brevemente le tappe del riconoscimento della legittimità di questi due istituti della legislazione elettorale amministrativa e regionale.

Il punto di partenza è rappresentato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 422 del 1995, nella quale si dichiara l’illegittimità della disciplina delle quote di lista nelle elezioni comunali, ossia la previsione normativa in base alla quale «nelle liste dei candidati nessuno dei due sessi può essere di norma rappresentato in misura superiore a due terzi» 5. La Corte, nel pervenire a questa decisione, ha ritenuto che il primo comma dell’art. 3 Cost. e l’art. 51 Cost., allora vigente, garantissero l’eguaglianza fra i due sessi in merito alla possibilità di accedere alle cariche pubbliche elettive e che l’appartenenza all’uno o all’altro sesso non potesse essere assunta come requisito di eleggibilità e di “candidabilità”. La dichiarazione di illegittimità veniva estesa anche all’analoga previsione introdotta per le elezioni regionali dall’art. 1, comma 6, della legge 23 febbraio 1995, n. 43 (Nuove norme per la elezione dei consigli delle regioni a statuto ordinario) 6, inserita all’interno di una normativa di fonte statale in quanto le regioni non disponevano ancora di una autonoma potestà legislativa in materia elettorale. In tal modo, le quote di lista, ovvero la preclusione di una rappresentanza delle candidature di uno dei due sessi superiore a una determinata soglia, che ha rappresentato il primo strumento utilizzato per promuovere la parità di genere in materia elettorale, sono state dichiarate illegittime, così bloccando la possibilità di promuovere tale parità all’interno sia della legislazione elettorale amministrativa sia di quella regionale.

Nel 1999 il quadro normativo di riferimento in cui era maturato l’orientamento della Consulta sopra descritto inizia a cambiare, con il riconoscimento alle regioni di una autonoma potestà legislativa elettorale, da esercitarsi nel rispetto di principi generali che il legislatore statale provvederà a definire espressamente cinque anni dopo, con la legge 2 luglio 2004, n. 165 (Disposizioni di attuazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione) 7.

Un tappa fondamentale di questo processo è rappresentata dalla riforma costituzionale del 2001, allorquando, nel ridefinire il riparto della potestà legislativa tra Stato e regioni, si è provveduto a precisare, nel comma settimo dell’art. 117 Cost., che «Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive». Successivamente, la nuova formulazione dell’art. 51 Cost., introdotta nel 2003, ha esteso alla Repubblica il dovere di promuovere, con appositi provvedimenti, le pari opportunità tra donne e uomini.

Tale processo di ridefinizione del quadro normativo generale culmina, nel 2012, con l’introduzione della nuova lettera c-bis) nel comma 1 dell’art. 4 della legge 165/2004 8, che impone alla legislazione elettorale regionale il rispetto di un nuovo principio: «la promozione della parità tra uomini e donne nell’accesso alle cariche elettive attraverso la predisposizione di misure che permettano di incentivare l’accesso del genere sottorappresentato alle cariche elettive».

Questi profondi mutamenti dell’ordinamento giuridico non potevano che ripercuotersi sugli orientamenti della giurisprudenza della Consulta in materia di disciplina della parità di genere nella legislazione elettorale.

Nella sentenza n. 49 del 2003 la Consulta dichiara non fondati i dubbi di legittimità costituzionale della disposizione che prevedeva l’inserimento di candidati di entrambi i sessi nelle liste elettorali per l’elezione dei consiglieri regionali della Valle d’Aosta, in quanto tale disposizione «introduce un vincolo non già all’esercizio del voto o all’esplicazione dei diritti dei cittadini eleggibili, ma alla formazione delle libere scelte dei partiti e dei gruppi che formano e presentano le liste elettorali, precludendo loro (solo) la possibilità di presentare liste formate da candidati tutti dello stesso sesso».

In questo mutato contesto le diverse disposizioni elettorali introdotte dalle singole regioni in materia di quote di lista 9 non sono state ritenute in contrasto con la Costituzione e un ulteriore strumento per promuovere la parità è stato individuato nella legislazione elettorale regionale: la cosiddetta preferenza di genere, ossia la previsione dell’annullamento della seconda preferenza espressa a favore di un candidato dello stesso genere della prima. Tale istituto, inizialmente introdotto dalla legge elettorale campana e successivamente adottato anche dall’Emilia-Romagna 10,è stato oggetto di un interessante esame da parte della Consulta nella già citata sentenza n. 4 del 2010, che ha respinto i dubbi di costituzionalità a fronte della sua riconosciuta inidoneità a predeterminare i risultati della consultazione elettorale 11.

Le quote di lista e la preferenza di genere trovano, poi, il loro ingresso anche nella legislazione elettorale amministrativa nel 2012, per opera della legge 23 novembre 2012, n. 215 (Disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali. Disposizioni in materia di pari opportunità nella composizione delle commissioni di concorso nelle pubbliche amministrazioni), i cui contenuti saranno oggetto di specifico esame nei prossimi due paragrafi.

 

3. Le quote di lista e le preferenze di genere nella legislazione elettorale amministrativa.

La disciplina della legge 215/2012 in materia di quote di lista presenta livelli di tutela di intensità crescente in rapporto alla dimensione demografica dei comuni:

– nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti viene assicurata la rappresentanza di entrambi i sessi nelle liste dei candidati;

– nei comuni con popolazione compresa tra 5.000 e 15.000 abitanti nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati, con arrotondamento all’unità superiore qualora il numero dei candidati del sesso meno rappresentato da comprendere nella lista contenga una cifra decimale inferiore a 50 centesimi 12;

– nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti viene riproposto il limite percentuale dei due terzi, ma con un più severo regime sanzionatorio in caso di sua inosservanza (se nei comuni con popolazione tra i 5.000 e i 15.000 abitanti la legge 215/2012, prevede che le riduzioni effettuate dalla commissione circondariale per assicurare il rispetto del limite dei due terzi dei candidati non possa in ogni caso determinare un numero di candidati inferiore al minimo prescritto per l’ammissione della lista elettorale, per i comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti questo limite all’intervento della commissione circondariale non sussiste, sicché, una volta accertata la violazione, essa procede alla ricusazione della lista che non ha rispettato le quote).

La presente indagine pur avendo per oggetto la ricostruzione e l’analisi dei risultati ottenuti dalla legislazione elettorale nella promozione della parità di genere negli organi elettivi dei comuni piemontesi con più di 15.000 abitantinelle recenti elezioni amministrative del 2014, tenterà di restituire anche un quadro sintetico della situazione verificatasi nei comuni con popolazione compresa tra 5.000 e 15.000 abitanti.

La legge 215/2012 introduce, inoltre, la preferenza di genere per i comuni con popolazione compresa tra 5.000 e 15.000 abitanti e per quelli con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, prevedendo che, nei casi di espressione di due preferenze, la seconda, pena il suo annullamento, debba riguardate un candidato di sesso diverso rispetto a quello cui è andata la prima preferenza 13.

 

4. Le elezioni amministrative del 2013 in Piemonte.

Come si è avuto modo di anticipare, l’analisi si sofferma in particolare sulle elezioni svolte nel 2014, in quanto le elezioni amministrative in Piemonte del 2013 hanno coinvolti un numero ristretto di comuni.

Tuttavia, una prima indicazione in merito alla natura degli effetti dell’introduzione delle quote e della parità di genere ci viene offerta dall’analisi dei risultati delle elezioni amministrative svoltesi nel 2013 in due comuni piemontesi con popolazione compresa tra 5.000 e 15.000 abitanti, Trino Vercellese e Villadossola, e in due comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, Ivrea e Orbassano.

COMUNI ELEZIONI PRECEDENTI COMPOSIZIONE CONSIGLIO COMUNALE 2013 14
DONNE UOMINI % DONNE DONNE UOMINI % DONNE
VILLADOSSOLA 3 13 19 3 7 30
TRINO 3 13 19 4 6 40
IVREA 4 16 20 4 12 25
ORBASSANO 5 15 25 8 8 50

Ovviamente i dati presi in considerazione sono talmente esigui da non consentire valutazioni di carattere generale. Ci si limita pertanto a registrare che nei quattro comuni esaminati si è realizzato un rafforzamento della presenza femminile. Inoltre, tale rafforzamento si è prodotto all’interno di consigli comunali che hanno subito, a seguito dei mutamenti normativi sopravvenuti, una riduzione della loro composizione rispetto a quella precedente e tale cambiamento, che investe anche le elezioni del 2014, non può essere trascurato nella valutazione dei risultati.

 

5. Le elezioni amministrative del 2014 nei comuni del Piemonte con più di 15.000 abitanti.

Nella seguente tabella viene presentato un raffronto tra le percentuali della composizione femminile nei 21 comuni piemontesi con popolazione superiore a 15.000 prima e dopo le elezioni del 2014.

COMUNI ELEZIONI PRECEDENTI COMPOSIZIONE CONSIGLIO COMUNALE 2014 15
DONNE UOMINI % DONNE DONNE UOMINI % DONNE
ALBA 6 24 20 2 22 8
BEINASCO 6 14 30 4 12 25
BIELLA 2 38 5 7 25 22
BRA 0 20 0 5 11 31
CASALE MONFERRATO 6 24 20 2 22 8
CHIERI 4 26 13 8 16 33
COLLEGO 4 26 13 6 18 25
FOSSANO 5 15 25 4 12 25
GALLIATE 4 16 20 5 11 31
GIAVENO 7 13 35 5 11 31
LEINI 6 14 30 5 11 31
NICHELINO 6 24 20 10 14 42
NOVI LIGURE 4 16 20 5 11 31
PIOSSAO 5 15 25 4 12 25
RIVOLI 4 26 13 8 16 33
SALUZZO 4 16 20 4 12 25
SAVIGLIANO 4 16 20 4 12 25
SETTIMO 5 25 17 9 15 38
TORTONA 6 14 30 1 15 6
VERBANIA 7 33 18 8 24 25
VERCELLI 10 30 25 8 24 25
MEDIA PERCENTUALI 20 MEDIA PERCENTUALI 26

Dall’analisi dei dati raccolti risulta che:

– 3 comuni (14%) mantengono inalterata nel 2014 la percentuale della composizione femminile dei loro consigli rispetto a quella del turno elettorale precedente;

– 5 comuni (24%) peggiorano la percentuale della rappresentanza femminile nei loro consigli comunali;

– 13 comuni (62%) rafforzano la percentuale della rappresentanza femminile nei loro consigli comunali.

I risultati della ricognizione sembrano rispondenti ai limiti al cui rispetto la Consulta aveva subordinato la legittimità della introduzione della normativa in materia di parità di genere (limiti che possono essere ritenuti equivalenti per la preferenza di genere e per le quote di lista). Il rafforzamento di tale parità, infatti, non risulta né garantito, né predeterminato dall’approvazione delle nuove misure, in quanto in un quarto circa dei comuni esaminati si è addirittura prodotto un indebolimento della rappresentanza femminile, mentre nessuna variazione è stata registrata nel 14% di tali enti. In ogni caso, poiché nel rimanente 62% dei comuni il rafforzamento della presenza femminile sì è invece concretizzato, in via generale, è possibile concludere che l’introduzione delle nuove misure a sostegno della parità di genere ha promosso il rafforzamento della rappresentanza femminile nei comuni piemontesi con più di 15.000 abitanti.

 

6. Le elezioni amministrative del 2014 nei comuni del Piemonte con popolazione compresa tra i 5.000 e i 15.000 abitanti.

L’analisi delle elezioni amministrative del 2014 nei comuni piemontesi con popolazione compresa tra le 5.000 e le 15.000 unità presenta un risultato particolarmente interessante.

Per questa classe demografica di comuni il rafforzamento dal 20% al 34% della rappresentanza femminile rispetto alle elezioni precedenti è sensibilmente superiore a quello registrato per i comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, dove si è registrato un incremento dal 20% al 26% 16, anche se – come già ricordato – per questi enti l’inosservanza della disciplina in materia di quote di lista non viene sanzionata con la previsione della ricusazione delle liste che non ne garantiscono il rispetto.

Ciò conferma la pluralità e la complessità dei fattori da tener presente nel valutare gli effetti della introduzione di nuove disposizioni in materia elettorale e costituisce una sorta di monito a evitare semplificazioni in questa materia: l’introduzione di una disciplina sanzionatoria non garantisce, infatti, di per sé una maggiore efficacia nella promozione dei risultati che si intendono raggiungere (il rafforzamento della rappresentanza femminile) allorquando sono diversi gli ambiti e le situazioni di partenza.

COMUNI ELEZIONI PRECEDENTI COMPOSIZIONE CONSIGLIO COMUNALE 2014 17
DONNE UOMINI % DONNE DONNE UOMINI % DONNE
ALMESE 5 11 31 5 7 42
BELLINZAGO 0 16 0 4 8 33
BORGARO 3 17 15 5 11 31
BORGOSESIA 4 16 20 7 9 44
BRUINO 5 11 31 4 8 33
BUSSOLENO 5 11 31 3 9 25
BUTTIGLIERA ALTA 2 14 13 5 7 42
CANALE 3 13 19 5 7 42
CANDELO 5 11 31 5 7 42
CANELLI 3 17 15 6 10 38
CARAGLIO 1 15 6 5 7 42
CASTELLETTO SOPRA TICINO 6 10 38 5 7 42
CASTIGLIONE T . SE 4 12 25 4 8 33
CAVOUR 2 14 13 4 8 33
COSTIGLIOLE 1 11 8 6 6 50
COSSATO 3 17 15 5 11 31
CRESCENTINO 2 14 13 4 8 33
CUMIANA 2 10 17 6 6 50
DRUENTO 3 13 19 5 7 42
GASSINO 5 11 31 5 7 42
GOZZANO 5 11 31 5 7 42
GRAVELLONA 2 14 13 5 7 42
LUSERNA 2 14 13 3 9 25
NOLE 3 13 19 4 8 33
NONE 3 13 19 3 9 25
POIRINO 3 13 19 4 12 25
SAN BENIGNO CANAVESE 5 11 31 4 12 25
SAN DAMIANO A. 2 14 13 2 10 17
SOMMARIVA 4 12 25 4 12 25
STRAMBINO 3 13 19 4 8 33
VINOVO 2 18 10 3 13 19
VOLVERA 6 10 38 4 12 25
MEDIA PERCENTUALI 20 MEDIA PERCENTUALI 34

7. Le elezioni europee del 2014.

Nelle elezioni europee del maggio 2014 la percentuale della rappresentanza femminile italiana al Parlamento europeo ha registrato un consistente incremento rispetto al passato, arrivando a sfiorare il 40% (29 donne e 44 uomini).

Rappresentanza femminile italiana al Parlamento europeo nel corso del tempo.

Stabilire in quale misura il netto rafforzamento della componente femminile sia imputabile a un naturale trend di crescita di tale rappresentanza e quanto invece alla recente disciplina elettorale introdotta nel nostro ordinamento non risulta particolarmente agevole e presuppone comunque l’individuazione sintetica dei contenuti della nuova normativa.

La legislazione elettorale italiana che promuove la parità di genere nella elezione del Parlamento europeo si riduce sostanzialmente a due previsioni, aventi per oggetto rispettivamente:

– la mancata assegnazione di una percentuale delle risorse finanziarie derivanti dalla cosiddetta destinazione del due per mille ai partiti le cui candidature femminili si attestano al di sotto di una determinata soglia;

– l’annullamento della terza preferenza dello stesso genere delle due precedenti.

In particolare, il comma 2 dell’art. 9 del d.l. 28 dicembre 2013, n. 149 (Abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore), convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, prevede, per il partito che non ha rispettato la soglia percentuale del 40% di ciascun genere nelle candidature, una riduzione delle risorse spettanti dalla destinazione volontaria del due per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche in misura percentuale pari allo 0,50% per ogni punto percentuale di differenza tra 40 e la percentuale dei candidati del sesso meno rappresentato, nel limite massimo complessivo del 10%.

In materia di espressione delle preferenze, invece, il comma 1 dell’art. 1 della legge 22 aprile 2014, n. 65 (Modifiche alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, recante norme per l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia, in materia di garanzie per la rappresentanza di genere, e relative disposizioni transitorie inerenti alle elezioni da svolgere nell’anno 2014) prevede che l’espressione della terza preferenza debba avere necessariamente per oggetto un candidato di sesso diverso rispetto alle precedenti, pena il suo annullamento.

Una più rigorosa disciplina in materia di quote di genere con l’innalzamento della soglia al 50% 18 avrà invece la sua prima applicazione a decorrere dalle elezioni del Parlamento europeo del 2019.

Ribadito che più che di effetti diretti dell’introduzione delle nuove misure sembrerebbe corretto parlare di indici di impatto derivanti dalla loro applicazione, si è quindi provveduto a comparare la composizione delle candidature europee nel 2014 rispetto a quella risalente al precedente turno elettorale del 2009.

Dall’analisi di tale raffronto emerge che nelle elezioni del 2014 si è registrato un apprezzabile aumento della percentuale delle candidature femminile. Tre dei sei partiti che hanno ottenuto seggi nel 2014 si sono attestati al di sotto della soglia del 40%, altre due formazioni l’hanno sfiorata e una sola formazione si è mantenuta sensibilmente al di sotto della soglia a il 40%. Pertanto, nessuno dei partiti che aveva ottenuto seggi nelle precedenti elezioni del 2009 ha comunque superato tale soglia.

Il confronto emerge chiaramente dalle seguenti tre tabelle.

ELEZIONI EUROPEE 2009 ITALIA-NORD OCCIDENTALE ITALIA-NORD ORIENTALE ITALIA CENTRALE ITALIA MERIDIONALE ITALIA INSULARE
DONNE UOMINI DONNE UOMINI DONNE UOMINI DONNE UOMINI DONNE UOMINI
PD 8 11 5 8 5 9 6 12 4 4
PDL 8 11 6 7 4 10 6 12 2 6
LEGA NORD 7 11 4 9 6 8 4 14 4 4
IVD 7 11 5 8 4 10 8 10 2 6
UDC 8 11 2 11 5 9 3 15 3 5
SUP     2 11            
ELEZIONI EUROPEE 2014 ITALIA-NORD OCCIDENTALE ITALIA-NORD ORIENTALE ITALIA CENTRALE ITALIA MERIDIONALE ITALIA INSULARE
DONNE UOMINI DONNE UOMINI DONNE UOMINI DONNE UOMINI DONNE UOMINI
PD 9 11 5 9 6 8 7 10 4 4
M5S 9 11 5 9 6 8 9 8 5 3
FI 11 9 6 8 4 10 6 11 3 5
LEGA NORD 7 13 6 8 4 10 8 9 3 5
NCD UDC 3 17 1 13 5 9 1 16 3 5
TSIPRAS 9 11 7 7 6 8 7 10 5 3
                           
ELEZIONI EUROPEE 2009 PERCENTUALE COMPOSIZIONE FEMMINILE PARTITI ELEZIONI EUROPEE 2014 PERCENTUALE COMPOSIZIONE FEMMINILE PARTITI
PD 38% PD 42%
PDL 30% M5S 46%
LEGA NORD 34% LEGA NORD 36%
IVD 36% FI 38%
UDC 29% NCD UDC 17%
SUP 2% TSIPRAS 46%

 

In merito, invece, all’introduzione della possibilità di esprimere una terza preferenza e alla previsione del suo annullamento nel caso di mancata scelta di un candidato di genere diverso rispetto a quello delle due precedenti, non risulta possibile quantificare direttamente il contributo assicurato alla promozione della parità di genere.

 

Ovviamente, l’approvazione di questa disciplina segnala la crescente attenzione che tale obiettivo sta conquistando all’interno del nostro ordinamento, ma il rafforzamento della composizione femminile nella rappresentanza del nostro paese al Parlamento europeo è imputabile a una pluralità di fattori tra i quali la qualità delle candidature presentate dai partiti.

Risulta, però, interessante notare che esiste un rapporto all’interno delle singole circoscrizioni tra l’indice di utilizzo del voto di preferenza e il rafforzamento della rappresentanza femminile, nel senso che nelle circoscrizioni dove tale indice ha registrato i valori più alti 19 si è anche affermato un corrispondente aumento della percentuale di donne elette 20.

 

CIRCOSCRIZIONI UOMINI DONNE PERCENTUALE RAPPRESENTANZA FEMMINILE INDICE UTILIZZO VOTO DI PREFERENZA
CIRCOSCRIZIONE NORD-OVEST 14 6 30% 0,12
CIRCOSCRIZIONE NORD-EST 8 6 43% 0,16
CIRCOSCRIZIONE CENTRO 10 4 29% 0,11
CIRCOSCRIZIONE SUD 8 9 53% 0,22
CIRCOSCRIZIONE ISOLE 5 3 38% 0,25

 

8. Le elezioni regionali 2014.

Da un breve sguardo ai risultati delle recenti elezioni regionali in Abruzzo e in Piemonte emergono le seguente indicazioni:

– in Abruzzo si è passati dalla percentuale dell’11% della rappresentanza femminile nel 2008 al 6% del 2014 21;

– in Piemonte si è passati dalla percentuale del 23% della rappresentanza femminile nel 2010 al 25% del 2014 22;

– in Emilia-Romagna si è passati dalla percentuale del 20% della rappresentanza femminile nel 2010 al 34% del 2014 23;

– in Calabria si è passati dalla percentuale del 0% della rappresentanza femminile nel 2010 al 6% del 2014 24.

Un rafforzamento della rappresentanza femminile può dunque prodursi anche in assenza di una legislazione elettorale che lo promuova, come si è verificato in Piemonte; in Abruzzo invece, dove è stata introdotta una debole disciplina di promozione della parità di genere 25, il cui mancato rispetto non viene sanzionato, si è registrato un indebolimento della rappresentanza femminile. L’Emilia Romagna, che ha registrato un saldo positivo del 14% della rappresentanza femminile, è intervenuta prima delle elezioni del 2014 in materia sia di quote di lista 26, sia di espressione della preferenza di genere 27. In Calabria l’elezione nel 2014 delle prime due donne in Consiglio regionale è stata accompagnata dalla generica previsione della necessità di candidati di entrambi i sessi all’interno delle liste elettorali 28.

 

9. Principali indicazioni emerse dall’indagine effettuata.

Dall’analisi della rappresentanza femminile nelle recenti elezioni amministrative in Piemonte emergono fondamentalmente due indicazioni:

– il rafforzamento prevalente, ma non generalizzato, della rappresentanza femminile nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti rappresenta un indice di quell’inidoneità alla predeterminazione dei risultati, alla quale la Corte aveva ricollegato la legittimità della legislazione elettorale amministrativa di promozione della parità di genere;

– il maggior rafforzamento della rappresenta femminile nei comuni con minore popolazione, privi di una disciplina che sanzioni l’inosservanza delle quote di genere, attesta la natura non scontata dei risultati che si producono in una materia come quella elettorale, i cui processi sono condizionati dalla diversità dei contesti di indagine e dalla pluralità e diversità dei fattori che ne condizionano tradizionalmente gli esiti.

Dall’analisi della rappresentanza femminile nelle recenti elezioni regionali del 2014 emergono, invece, le seguenti indicazioni:

– l’esistenza di un tendenziale processo di rafforzamento della rappresentanza femminile nelle assemblee legislative regionali, che prescinde dall’esistenza di una disciplina elettorale regionale in materia di promozione della parità di genere, è attestato dai risultati delle elezioni regionali del 2014 in Piemonte;

– l’introduzione di una disciplina in materia di promozione della parità di genere non comporta necessariamente un aumento della rappresentanza femminile in Consiglio regionale, conformemente a quanto verificatosi nelle elezioni regionali del 2014 in Abruzzo;

– la regione nella quale si è registrato il maggior aumento della rappresentanza femminile in Consiglio regionale, ovvero l’Emilia Romagna, è anche quella nella quale la promozione della parità di genere in materia elettorale è stata perseguita in maniera più intensa con l’introduzione sia delle quote di lista, sia della preferenza di genere.

L’esiguità dei dati presi in esame e la brevità dell’arco temporale che intercorrere dalla recente introduzione delle disposizioni elettorali in materia di promozione della parità di genere non consentono di pervenire a conclusioni di natura definitiva in merito all’impatto di tale legislazione. D’altra parte sulle variazioni nel tempo della presenza femminile nelle assemblee rappresentative incide una pluralità di fattori di natura complessa e interconnessa, tali da precludere la possibilità di imputare il prodursi di un determinato risultato all’effetto di un singolo fattore indipendentemente dal concorso degli altri. Si è ritenuto, pertanto, opportuno in questa sede limitarsi a una descrizione sintetica delle indicazioni che emergono dai risultati dell’indagine condotta, pur consapevoli che la loro natura parziale non consente di addivenire a conclusioni di natura generale.

Le legislazioni elettorali in materia di promozione della parità di genere non solo non predeterminano i risultati della successiva competizione elettorale 29, ma rappresentano scelte dagli esiti non scontati per la pluralità di fattori che possono condizionarne gli effetti nel contesto in cui vengono introdotte. A livello regionale la natura più o meno incisiva delle discipline elettorali sulla parità di genere esaminate ha rappresentato un indice preventivo della possibilità di ottenere questo cambiamento, nel senso che nella Regione che ha approvato le disposizioni di natura più blanda il rafforzamento della rappresentanza femminile non si è realizzato, mentre in quella che ha scelto l’intervento più organico si è ottenuto il rafforzamento più consistente. L’accordo politico in merito all’approvazione di una disciplina dai contenuti più efficaci ha anticipato l’esistenza di un corpo elettorale più favorevole a indirizzare l’espressione del proprio voto sulle candidature femminili.

L’impossibilità, quindi, di riconoscere una efficacia a priori degli interventi legislativi sulla parità di genere, non esclude che si possa riconoscere alle discipline di natura più organica una tendenziale attitudine a rafforzare la consistenza della rappresentanza femminile nelle assemblee rappresentative.

 

Bibliografia.

Adamo U. (2013), Il principio di pari opportunità in ambito politico fra legislatori statali (reticenti) e legislatori regionali (indecisi), fra previsioni internazionali e sovranazionali (promozionali), fra giurisprudenza costituzionale e amministrativa (entrambe incisive). Un bilancio di una tutela sempre più multilevel. in http://www.federalismi.it/, n. 22.

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Pastore F. Ragone S. (2009), Voto di preferenza e rappresentanza di genere nella legislazione elettorale regionale, in http://www.amministrazioneincammino.luiss.it/.

1 Funzionario presso il Consiglio regionale del Piemonte, Direzione Processo legislativo, Settore Studi, documentazione e supporto giuridico legale. Il contributo è stato predisposto con il supporto dell’Osservatorio Elettorale.

 

2 Tale valutazione non verrà effettuata in rapporto ai risultati delle elezioni europee del 2014, a fronte della particolare natura della legislazione in materia di promozione della parità di genere ivi esistente.

 

3 I dati relativi ad alcune competizioni elettorali celebrate nel 2013 sono stati introdotti al solo fine di poter disporre di ulteriori termini di confronto.

 

4 La legislazione elettorale in materia di promozione della parità di genere di cui si vogliono valutare gli effetti interessa infatti i comuni con popolazione compresa tra i 5.000 e i 15.000 abitanti e quelli con popolazione superiore ai 15.000 abitanti.

 

5 Art. 5, secondo comma, ultimo periodo, e art. 7, primo comma, ultimo periodo, della legge 25 marzo 1993, n. 81 (Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale).

 

6 Tale disposizione recitava: «In ogni lista regionale e provinciale nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati; in caso di quoziente frazionario si procede all’arrotondamento all’unità più vicina».

 

7 L’art. 4 della legge 165/2004 recita:

«4. Disposizioni di principio, in attuazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione, in materia di sistema di elezione.

1. Le regioni disciplinano con legge il sistema di elezione del Presidente della Giunta regionale e dei consiglieri regionali nei limiti dei seguenti princìpi fondamentali:

a) individuazione di un sistema elettorale che agevoli la formazione di stabili maggioranze nel Consiglio regionale e assicuri la rappresentanza delle minoranze;

b) contestualità dell’elezione del Presidente della Giunta regionale e del Consiglio regionale, se il Presidente è eletto a suffragio universale e diretto. Previsione, nel caso in cui la regione adotti l’ipotesi di elezione del Presidente della Giunta regionale secondo modalità diverse dal suffragio universale e diretto, di termini temporali tassativi, comunque non superiori a novanta giorni, per l’elezione del Presidente e per l’elezione o la nomina degli altri componenti della Giunta;

c) divieto di mandato imperativo.

c-bis) promozione della parità tra uomini e donne nell’accesso alle cariche elettive attraverso la predisposizione di misure che permettano di incentivare l’accesso del genere sottorappresentato alle cariche elettive*».

*Lettera aggiunta dall’art. 3, comma 1, della legge 23 novembre 2012, n. 215 (Disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali. Disposizioni in materia di pari opportunità nella composizione delle commissioni di concorso nelle pubbliche amministrazioni).

 

8 Vedi nota 5.

 

9 Toscana: il comma 4 dell’art. 8 e il comma 2 dell’art. 10 della l. r. 13 maggio 2004, n. 25 (Norme per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta regionale) recitano, rispettivamente:

art. 8, comma 4, «In ciascuna lista provinciale non possono essere presentati più di due terzi di candidati circoscrizionali dello stesso genere.»; art. 10, comma 2 «Nelle candidature regionali quando le liste indicano più candidati, nel numero massimo di cinque, ciascun genere deve essere rappresentato.».

Marche: il comma 6 dell’art. 9 della l.r. 16 dicembre 2004, n. 27 (Norme per l’elezione del Consiglio e del Presidente della Giunta regionale) recita:

«6. In ogni lista provinciale, a pena d’inammissibilità, nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei seggi assegnati alla circoscrizione; in caso di quoziente frazionario si procede all’arrotondamento all’unità più vicina».

Lazio: i commi 2 e 3 dell’art. 3 della l.r. 13 gennaio 2005, n. 2 (Disposizioni in materia di elezione del Presidente della Regione e del Consiglio regionale e in materia di ineleggibilità e incompatibilità dei componenti della Giunta e del Consiglio regionale) così dispongono:

«2. In ogni gruppo di liste nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati; in caso di quoziente frazionario si procede all’arrotondamento all’unità più vicina.

3. La lista regionale è composta in modo che ci sia almeno un candidato residente per ciascuna delle province della Regione e che entrambi i sessi siano rappresentati in pari misura. Sono inammissibili le liste regionali che non prevedano candidati residenti e la pari presenza di candidati di entrambi i sessi».

Puglia: il comma 3 dell’art. 3 della l.r. 28 gennaio 2005, n. 2 (Norme per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta regionale) recita:

«3. In ogni gruppo di liste nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati; in caso di quoziente frazionario si procede all’arrotondamento dell’unità più vicina».

Campania: il comma 2 dell’art. 10 della l.r. 27 marzo 2009, n. 4 (Legge elettorale) recita:

«2. In ogni lista nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati».

Umbria: il comma 3 dell’art. 3 della l.r. 4 gennaio 2010, n. 2 (Norme per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta regionale) recita:

«3. In ogni lista provinciale nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati; in caso di quoziente frazionario si procede all’arrotondamento all’unità più vicina».

Veneto: il comma 6 dell’art. 13 della l.r. 16 gennaio 2012, n. 5 (Norme per l’elezione del Presidente della Giunta e del Consiglio regionale) recita:

«6. In ogni lista provinciale, a pena d’inammissibilità, se il numero dei candidati è pari, ogni genere è rappresentato in misura eguale, se il numero dei candidati è dispari, ogni genere è rappresentato in numero non superiore di una unità rispetto all’altro genere. Nelle liste i nomi dei candidati sono alternati per genere».

Lombardia: il comma 11 dell’art. 1 della l. r. 31 ottobre 2012, n. 17 (Norme per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Regione) recita:

«11. Le liste provinciali plurinominali, a pena di esclusione, sono composte seguendo l’ordine dell’alternanza di genere».

Abruzzo: il comma 4 dell’art. 1 della l.r 2 aprile 2013, n. 9 (Norme per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta regionale) recita:

«4. In ogni lista circoscrizionale nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore al 60% (sessanta per cento) dei candidati; in caso di quoziente frazionario si procede all’arrotondamento all’unità più vicina».

Emilia: il secondo periodo del comma 1 dell’art. 8 della l.r. 23 luglio 2014, n. 21 (Norme per l’elezione dell’Assemblea legislativa e del Presidente della Giunta regionale) recita:

«Nelle liste circoscrizionali, a pena d’inammissibilità, se il numero dei candidati è pari, ogni genere è rappresentato in misura eguale, se il numero dei candidati è dispari, ogni genere è rappresentato in numero non superiore di una unità rispetto all’altro genere».

 

10 Campania: il comma 3 dell’art. 4 della l.r. 27 marzo 2009, n. 4 (Legge elettorale) recita:

«3. L’elettore può esprimere, nelle apposite righe della scheda, uno o due voti di preferenza, scrivendo il cognome ovvero il nome ed il cognome dei due candidati compresi nella lista stessa. Nel caso di espressione di due preferenze, una deve riguardare un candidato di genere maschile e l’altra un candidato di genere femminile della stessa lista, pena l’annullamento della seconda preferenza».

Emilia: il secondo periodo del comma 2 dell’art. 10 della l.r. 23 luglio 2014, n. 21(Norme per l’elezione dell’Assemblea legislativa e del Presidente della Giunta regionale) dispone che:

«L’elettore può esprimere nelle apposite righe della scheda, uno o due voti di preferenza, scrivendo il cognome ovvero il nome ed il cognome del candidato o dei due candidati compresi nella stessa lista. Nel caso di espressione di due preferenze, esse devono riguardare candidati di sesso diverso della stessa lista, pena l’annullamento della seconda preferenza».

 

11 In particolare, la Corte ha espressamente escluso la legittimità di misure che «non si propongono di “rimuovere” gli ostacoli che impediscono alle donne di raggiungere determinati risultati, bensì di attribuire loro direttamente quei risultati medesimi», precisando che: «la disciplina della preferenza di genere “non è in alcun modo idonea a prefigurare un risultato elettorale o ad alterare artificiosamente la composizione della rappresentanza consiliare. È agevole difatti osservare che, in applicazione della norma censurata, sarebbe astrattamente possibile, in seguito alle scelte degli elettori, una composizione del Consiglio regionale maggiormente equilibrata rispetto al passato, sotto il profilo della presenza di donne e uomini al suo interno, ma anche il permanere del vecchio squilibrio, ove gli elettori si limitassero a esprimere una sola preferenza prevalentemente in favore di candidati di sesso maschile o, al contrario, l’insorgere di un nuovo squilibrio, qualora gli elettori esprimessero in maggioranza una sola preferenza, riservando la loro scelta a candidati di sesso femminile». (Corte costituzionale, sentenza n. 4/2010).

 

12 Viene adottato il criterio dell’arrotondamento “matematico” all’unità più vicina. Nel caso di una lista formata da dieci candidati, i due terzi sono pari a 6,66 e un terzo corrisponde a 3,33. In tale ipotesi, i candidati del genere più rappresentato non possono essere più di sette.

 

13 Attraverso l’inserimento nell’art. 71 (Elezione del sindaco e del consiglio comunale nei comuni sino a 15.000 abitanti) e dell’art. 73 (Elezione del consiglio comunale nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti) del d.lgs 267/00 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) della seguente disposizione:

“Nel caso di espressione di due preferenze, esse devono riguardare candidati di sesso diverso della stessa lista, pena l’annullamento della seconda preferenza”.

 

14 Si segnala che la diversa composizione numerica dei consigli comunali nel 2013 rispetto a quella delle elezioni precedenti è dovuta alla riduzione del 20 % introdotta dall’articolo 2, comma 184, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Legge finanziaria 2010).

 

15 Si segnala che la diversa composizione numerica dei consigli comunali nel 2014 rispetto a quella delle elezioni precedenti è dovuta alla riduzione del 20 % introdotta dall’articolo 2, comma 184, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Legge finanziaria 2010).

 

16 Vedi media percentuali delle due tabelle.

 

17 Vedi nota n. 14. I 12 seggi dei comuni con popolazione compresa tra 3.000 e 5.000 abitanti derivano invece dal disposto dell’art. 1, comma 135 della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni).

 

18 Il comma 2 della legge 65/2014 recita:

«2. Alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 12, ottavo comma, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: “All’atto della presentazione, in ciascuna lista i candidati dello stesso sesso non possono eccedere la metà, con arrotondamento all’unità. Nell’ordine di lista, i primi due candidati devono essere di sesso diverso”;

b) all’articolo 13, primo comma, dopo il primo periodo sono inseriti i seguenti: “Verifica che nelle liste dei candidati sia rispettato quanto prescritto dall’articolo 12, ottavo comma, secondo periodo. In caso contrario, riduce la lista cancellando i nomi dei candidati appartenenti al genere più rappresentato, procedendo dall’ultimo della lista, in modo da assicurare il rispetto della medesima disposizione. Qualora la lista, all’esito della cancellazione delle candidature eccedenti, contenga un numero di candidati inferiore al minimo prescritto, ricusa la lista. Verifica altresì che nelle liste dei candidati sia rispettato quanto prescritto dall’articolo 12, ottavo comma, terzo periodo. In caso contrario, modifica di conseguenza l’ordine di lista, collocando dopo il primo candidato quello successivo di sesso diverso”.

 

19 Tralasciando il valore della percentuale della rappresentanza femminile nelle isole, che sconta un’esiguità del suo bacino di rilevazione rappresentato da due sole regioni.

 

20 Gli indici di utilizzo del voto all’interno delle singole circoscrizioni sono stati ottenuti attraverso una rielaborazione dei dati di una ricerca del CISE (Centro italiano studi elettorali), Il voto di preferenza: tra meridione, neo-democristiani e intellettuali, consultabile al seguente indirizzo: http://cise.luiss.it/cise/2014/05/30/il-voto-di-preferenza-tra-meridione-neo-democristiani-e-intellettuali/.

 

21 5 donne su 45 componenti del Consiglio regionale nel 2008; 2 donne su 31 componenti del Consiglio regionale nel 2014.

 

22 14 donne su 60 componenti del Consiglio regionale nel 2010; 13 donne su 51 componenti del Consiglio regionale nel 2014.

 

23 10 donne su 50 componenti del Consiglio regionale nel 2010; 17 donne su 50 componenti del Consiglio regionale nel 2014.

 

24 Nessuna donna viene eletta nel 2010; 2 donne su 31 componenti del Consiglio regionale nel 2014.

 

25 Il comma 4 dell’art. 1 della l.r. 9/2013 (Norme per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta regionale) recita:

«4. In ogni lista circoscrizionale nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore al 60% (sessanta per cento) dei candidati; in caso di quoziente frazionario si procede all’arrotondamento all’unità più vicina».

 

26 L’articolo 8 della legge 23 luglio 2014, n. 21 (Norme per l’elezione dell’Assemblea legislativa e del Presidente della Giunta regionale) prevede che «Nelle liste circoscrizionali, a pena d’inammissibilità, se il numero dei candidati è pari, ogni genere è rappresentato in misura eguale, se il numero dei candidati è dispari, ogni genere è rappresentato in numero non superiore di una unità rispetto all’altro genere».

 

27 L’articolo 10, comma 2 della l.r. 21/14 prevede che «l’elettore può esprimere nelle apposite righe della scheda, uno o due voti di preferenza, scrivendo il cognome ovvero il nome ed il cognome del candidato o dei due candidati compresi nella stessa lista. Nel caso di espressione di due preferenze, esse devono riguardare candidati di sesso diverso della stessa lista, pena l’annullamento della seconda preferenza».

 

28 L’articolo 1 comma 6 della legge regionale 7 febbraio 2005, n. 1 (Norme per l’elezione del Presidente della Giunta regionale e del Consiglio regionale) prevede che «al fine di assicurare la parità di accesso alle cariche elettive degliuomini e delle donne, ai sensi degli articoli 51 e 117, comma 7, della Costituzione, le liste elettorali devono comprendere, a pena di inammissibilità, candidati di entrambi i sessi».

 

29 Cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 4 del 2010.