Mobilità e pubblico concorso tra obbligatorietà e preferenza

Suele Zoppetti[1]

1. Il caso.

Con la sentenza n. 2318/2016,  il Consiglio di Stato è tornato a pronunciarsi sul rapporto che intercorre tra procedure di mobilità e indizione di nuovi concorsi, con una decisione che sembra porsi in netto contrasto con la giurisprudenza consolidata sul punto.

La vicenda trae origine dal ricorso proposto da un’impiegata civile di ruolo presso il Ministero della Giustizia, inquadrata nella qualifica di cancelliere, e comandata a prestare servizio presso il Consiglio Superiore della Magistratura (C.S.M.).

La dipendente, che aveva presentato, senza alcun esito, istanza di stabilizzazione per il passaggio diretto nel ruolo del personale della Segreteria del C.S.M., chiedeva l’annullamento del bando di concorso pubblico indetto dal C.S.M. e della relativa delibera di approvazione, censurando la mancata attivazione delle procedure di mobilità previste dall’art. 30 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio[2] ha accolto il ricorso, richiamando l’orientamento più volte ribadito in giurisprudenza secondo cui “la doverosità della previa attivazione della mobilità, rispetto al concorso pubblico, costituisce regola generale, la cui inosservanza comporta l’illegittimità delle procedure concorsuali bandite”[3] e dichiarato l’illegittimità del bando per la mancata preventiva attivazione della procedura di mobilità.

Tale obbligo trova applicazione, a detta del TAR, anche per il personale amministrativo del C.S.M., nonostante il Regolamento di disciplina del personale del C.S.M. (di seguito il Regolamento), approvato il 24 luglio 2001, all’art. 5, preveda il concorso pubblico per titoli ed esami quale (unica) procedura per il reclutamento del personale[4].

Secondo il TAR, la disciplina regolamentare interna sul personale amministrativo non magistratuale[5], in quanto atto amministrativo generale, deve porsi in un quadro di necessaria compatibilità con quello normativo di riferimento introdotto dalla norma primaria che impone, all’art. 30 d.lgs. n. 165 del 2001, la previa indizione delle procedure di mobilità[6].

Il TAR aderisce a quell’orientamento più volte espresso in dottrina e in giurisprudenza secondo cui il C.S.M. non è organo costituzionale, ma, al pari del CNEL, del Consiglio di Stato, della Corte dei Conti e del Consiglio Supremo di Difesa, è organo “di rilevanza costituzionale”, qualificabile come pubblica amministrazione per le funzioni oggettivamente e soggettivamente amministrative svolte[7] e, pertanto, la relativa autonomia regolamentare deve esplicarsi nel rispetto del principio di gerarchia delle fonti e della legge[8].

Dalla piena operatività del d.lgs. n. 165 del 2001 discende la doverosa applicazione dell’art. 30 che costituisce disciplina inderogabile in materia di mobilità.

Il Consiglio di Stato ha riformato la decisione di primo grado rendendo nuovamente attuale il tema della possibilità di bandire concorsi pubblici esterni senza la previa indizione delle procedure di mobilità.

 

2. La mobilità volontaria nel pubblico impiego.

L’istituto della mobilità è disciplinato all’art. 30 del d.lgs. 165 del 2001 il quale, nel prevedere la possibilità per le amministrazioni di ricoprire posti vacanti mediante il passaggio diretto di dipendenti che abbiano già ricoperto il posto (es. distacco o comando) o che abbiano comunque già conseguito la stessa qualifica presso altra amministrazione, obbliga le medesime ad attivare le procedure di mobilità prima di espletare un concorso pubblico. La disposizione chiarisce, inoltre, che le amministrazioni devono, in via preliminare, provvedere all’immissione in ruolo di quei dipendenti che, prestando servizio in posizione di comando o di fuori ruolo, facciano domanda di trasferimento nei ruoli delle amministrazioni in cui si trovano effettivamente a svolgere la propria attività lavorativa[9].

L’obbligo di previo esperimento delle procedure di mobilità volontaria (art. 30, cit., comma 2 bis[10]) è stato introdotto in coerenza con l’obiettivo di contenimento dei costi della spesa pubblica, in base al quale l’amministrazione è tenuta a curare “l’ottimale distribuzione delle risorse umane attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilità e di reclutamento del personale”, pena il divieto di assunzione di nuovi dipendenti[11].

Da tempo si è dunque affermata l’obbligatorietà dell’indizione delle procedure di mobilità rispetto all’attivazione della procedura concorsuale.

È il tenore letterale della disposizione a porre l’obbligo (e non la mera facoltà), a carico delle pubbliche amministrazioni, che devono coprire posti vacanti del proprio organico, di avviare le procedure di mobilità prima di procedere all’espletamento di concorsi pubblici[12].

La portata precettiva della disposizione è rafforzata dalla previsione di nullità degli accordi, atti o clausole dei contratti collettivi elusivi del principio del previo esperimento della mobilità rispetto al reclutamento di nuovo personale[13].

L’introduzione del principio dell’obbligo del previo esperimento della mobilità ha innovato rispetto all’ordinamento previgente, ove la scelta sulle modalità di copertura dei posti disponibili in organico – procedure concorsuali, scorrimento di graduatorie, mobilità – era in toto rimessa alla scelta discrezionale dell’amministrazione[14].

L’obbligo di attivazione delle procedure di mobilità si colloca, del resto, in un contesto legislativo generale caratterizzato da un particolare favore riservato all’istituto della mobilità quale strumento per conseguire una più efficiente distribuzione organizzativa delle risorse umane nell’ambito della pubblica amministrazione, con significativi riflessi sul contenimento della spesa pubblica, oltre che quale strumento di crescita professionale e di carriera degli individui[15].

La mobilità è condizione del reclutamento esterno, può essere utilizzata “anche in deroga alle disposizioni vigenti[16] e attuata mediante la stipulazione di appositi accordi tra amministrazioni intesi alla ricollocazione del personale in situazioni di esubero[17].

L’esperimento preventivo delle procedure di mobilità è stato in passato ritenuto un principio fondamentale vincolante non solo per le amministrazioni statali ma anche per gli ordinamenti regionali[18].

Si è ritenuto infatti che l’obbligo di attivare preventivamente le procedure di mobilità dia attuazione concreta al principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost., poiché consente di contemperare l’“interesse pubblico alla razionalità dell’organizzazione pubblica e alla funzionalità dei suoi uffici, con le esigenze di riduzione della spesa pubblica e le aspirazioni dei pubblici dipendenti di poter espletare la propria attività in uffici quanto più possibili vicino alle proprie abitazioni”[19].

L’indizione di una procedura concorsuale è altresì recessiva rispetto allo scorrimento di una graduatoria preesistente, ove a determinare l’inversione del rapporto tradizionale di regola ad eccezione, proprio dell’accoppiata concorso-graduatoria, sono ancora le esigenze di razionalizzazione nell’utilizzazione delle risorse pubbliche[20].

La decisione di scorrimento delle graduatorie preesistenti ed efficaci rappresenta ormai la regola generale, mentre l’indizione del nuovo concorso costituisce un’eccezione che richiede un’approfondita motivazione proprio in considerazione, non solo del sacrificio imposto ai concorrenti idonei, ma soprattutto della dispendiosità della procedura concorsuale[21].

Il rapporto tra i diversi istituti del concorso pubblico, della mobilità e dello scorrimento delle graduatorie è sempre stato assai controverso e dibattuto, in quanto la centralità del concorso pubblico richiede di essere coordinata, per un verso, con l’obbligo del preventivo esperimento delle procedure di mobilità[22] e, per altro verso, con la permanente validità delle graduatorie relative a concorsi già espletati, entrambi istituti che meglio garantiscono quel risparmio di risorse economiche che l’amministrazione è tenuta a perseguire.

Tale esigenza è, del resto, posta a fondamento di entrambi gli orientamenti giurisprudenziali che si pronunciano in merito al problema se la precedenza della mobilità sui nuovi concorsi implichi altresì la precedenza della mobilità sullo scorrimento delle graduatorie ancora valide relative a concorsi già espletati.

Un primo orientamento giurisprudenziale ritiene sussistente un obbligo in capo alla pubblica amministrazione di motivare la decisione di ricorrere alla mobilità anziché allo scorrimento delle graduatorie, stante la preferenza accordata al secondo metodo: a fronte dell’idoneità di entrambi di consentire il reperimento di personale professionalmente qualificato, la mobilità volontaria esige una nuova procedura, con conseguente dispendio di tempo e di risorse[23].

Diversamente, una seconda impostazione, recentemente avallata Consiglio di Stato, accorda preferenza all’istituto della mobilità, in ragione del quadro normativo di assoluto favore per quest’ultimo rispetto all’assunzione di nuovo personale. La mobilità consente di acquisire personale già formato e con esperienza nel ruolo, garantendo un evidente risparmio di spesa per la pubblica amministrazione che non deve assumere altro personale[24].

La pubblica amministrazione, in alternativa allo scorrimento delle graduatorie, potrebbe pertanto decidere di indire una procedura di mobilità volontaria senza l’obbligo di una precisa e puntuale motivazione in tale senso[25].

 

3. La derogabilità dell’obbligo di previa mobilità .

Nella sentenza in commento il Consiglio di Stato, pur concordando con il Tribunale amministrativo nella parte in cui riconosce che la mobilità costituisce un metodo di reclutamento del personale che deve essere preferito a quello del concorso, esclude, per la prima volta, l’inderogabilità dell’obbligo in esame[26].

Nello specifico, la summenzionata deroga viene individuata nell’art. 5 del Regolamento sul personale amministrativo del C.S.M.[27].

Secondo il Collegio, il Regolamento costituisce estrinsecazione del (residuo) potere regolamentare di disciplina del rapporto di lavoro (macrorganizzazione) e, nella parte in cui prevede il concorso pubblico quale unica forma di reclutamento del personale, pone una deroga (implicita) alla preferenza per le procedure di mobilità, che si giustifica alla luce della specialità del rapporto di lavoro instaurato con il C.S.M. Detta previsione sarebbe stata adottata nel pieno rispetto della fonte primaria di riferimento, d.lgs. n. 37 del 2000, il quale, nel demandare al Regolamento il compito di disciplinare le procedure concorsuali per il reclutamento del personale, confina l’istituto della mobilità alla fase transitoria e di prima applicazione del Regolamento[28].

La natura di legge speciale del d.lgs. 37 del 2000, dove la asserita (ma non motivata) “specialità”, riguarderebbe, secondo il Consiglio di Stato, il rapporto di impiego del personale del C.S.M., sarebbe inoltre la chiave per risolvere l’antinomia con l’art. 30, comma 2 bis, del d.lgs. 165 del 2001 che, in quanto cronologicamente successivo, dovrebbe altrimenti trovare applicazione secondo il criterio cronologico[29].

Se è vero, tuttavia, che il C.S.M. è organo a rilevanza costituzionale (qualificazione non revocata in dubbio dal Consiglio di Stato) e, conseguentemente, trova applicazione generalizzata al personale non magistratuale, in quanto personale c.d. privatizzato, il d.lgs. n. 165 del 2001, è difficile comprendere per quale motivo resti, diversamente, esclusa l’applicabilità della disciplina sulla mobilità[30].

Ancora meno condivisibile pare, poi, l’affermata generale derogabilità dell’obbligo del previo esperimento delle procedure di mobilità volontaria[31] che, oltre a porsi in evidente antitesi rispetto al dato normativo, alla ratio della norma e a quanto sino ad ora affermato dalla giurisprudenza amministrativa, sembra contraddire quanto detto poc’anzi

Il Collegio non chiarisce se l’art. 30, comma 2 bis, del d.lgs. n. 165 del 2001, nella parte in cui prevede l’obbligo del previo esperimento delle procedure di mobilità, sia una disposizione derogabile di per sé oppure se lo sia solo laddove esista una norma speciale prevalente.

La summenzionata generale derogabilità dell’obbligo del previo esperimento delle procedure di mobilità troverebbe, infatti, conferma, secondo il Consiglio di Stato, nella “permanente validità del principio dell’accesso alla pubblica amministrazione per pubblico concorso” che consentirebbe di escludere l’obbligatorietà del previo esperimento delle procedure di mobilità e accordare preferenza al principio del concorso pubblico, nonché nell’orientamento giurisprudenziale favorevole alla prevalenza dello scorrimento delle graduatorie concorsuali rispetto alla mobilità[32].

Il principio di rilevanza costituzionale del concorso per l’accesso alla pubblica amministrazione, tuttavia, non incide sulla derogabilità dell’istituto della mobilità. Se non vi è, infatti, dubbio che il principio costituzionale del concorso pubblico per l’accesso alle pubbliche amministrazioni abbia carattere generale e sia derogabile solo per “straordinarie esigenze d’interesse pubblico[33], è pur vero che l’istituto della mobilità è pienamente compatibile con esso, poiché non implica propriamente una deroga del metodo concorsuale. L’art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001 non è, quindi, norma speciale nè eccezionale rispetto al principio generale del corso pubblico sancito dall’art. 97 della Cost.

In caso di attivazione di procedure di mobilità volontaria, il reclutamento dei dipendenti pubblici avviene mediante un procedimento complesso nell’ambito del quale la procedura concorsuale non è soppressa, ma subordinata alla previa obbligatoria attivazione della procedura prevista all’art. 30 d.lgs. n. 165 del 2001, in attuazione dei principi di imparzialità e buon andamento (art. 97, comma 2, Cost.)[34].

La mobilità riguarda pubblici impiegati che hanno già partecipato e superato un concorso pubblico per quella specifica qualifica, rispetto ai quali, pertanto, il principio dell’accesso al pubblico impiego mediante concorso aperto al pubblico, risulta pienamente rispettato.

Diversi sono i casi della stabilizzazione dei c.d. “precari”[35] o delle progressioni di carriera riservate al personale (concorsi interni)[36]. In tali casi infatti, si realizza quell’accesso “per la prima volta” a un posto di lavoro nuovo nell’organico dell’amministrazione che impone l’utilizzazione di un procedimento “pubblico”, e perciò coerente con il principio costituzionale del concorso, oltreché con il diritto dei cittadini – italiani ed europei – di eguale accesso agli uffici (art. 51, Cost.) e in ultima analisi con il diritto al lavoro (art. 4 Cost.)[37].

Viceversa la mobilità avviene a parità di qualifica e s’indirizza, come anticipato, a personale già assunto mediante pubblico concorso.

Non solo, ove manifestino interesse per la mobilità più di un candidato, la scelta deve necessariamente avvenire nel rispetto dei principi meritocratici e secondo il metodo comparativo.

Quanto, invece, al rapporto con lo scorrimento delle graduatorie, è la mobilità volontaria a doversi ritenere prevalente poiché consente di realizzare delle economie mediante la redistribuzione delle risorse umane tra amministrazioni diverse, mentre l’utilizzazione delle graduatorie – pur consentendo il risparmio dei costi determinati dalla procedura concorsuale –determina comunque un aumento degli organici[38].

 


 


[1]Avvocato del Foro di Torino e collaboratrice alla cattedra di Diritto amministrativo dell’Università di Torino.

 

[2]TAR Lazio, Roma, sez. I quater, 2 dicembre 2014, n. 12129, in Il lavoro nella pubblica amministrazione, 2014, 829, con nota di L. Viola, Concorsi banditi dal C.S.M. e obbligo di preventiva attivazione delle procedure di mobilità tra giurisdizione di legittimità e azione di accertamento della nullità del provvedimento amministrativo.

 

[3]Cfr. per tutte, Cons. St., sez. V, 17 gennaio 2014, n. 178; Cons. St., sez. V, 18 agosto 2010, n. 5830 secondo cui “il tenore letterale di tale previsione (…) è del tutto univoco nell’imporre alle pubbliche amministrazioni che devono coprire eventuali posti vacanti del proprio organico di avviare le procedure di mobilità prima di procedere all’espletamento delle procedure concorsuali”. Nello stesso senso anche la giurisprudenza di primo grado: fra le molte, TAR Sicilia, Palermo, sez. I, 27 febbraio 2014, n. 589; TAR Sicilia, Palermo, sez. I, 20 aprile 2012, n. 580 secondo cui il comma 2 bis dell’art. 30 d.lgs. n. 165 del 2001 “pone (infatti) una chiara regola preclusiva rispetto a nuove assunzioni in presenza di una scopertura di organico colmabile a mezzo di procedura di mobilità”; TAR Campania, Napoli,  sez. V, 17 settembre 2012, n. 3886 secondo cui “Il previo esperimento di procedure di trasferimento mediante mobilità da altre amministrazioni, prima di indire gli eventuali concorsi pubblici per la copertura dei posti disponibili è stata da sempre un’opzione privilegiata dalle PP.AA., non trattandosi di un istituto previsto nell’esclusivo interesse dell’amministrazione, ma di uno strumento di reclutamento in grado di prevalere sul concorso pubblico perché considerato idoneo a garantire economie di spesa ed utilizzare i dipendenti nel modo più razionale, evitando di effettuare nuove assunzioni quando sia possibile riallocare diversamente i dipendenti non più indispensabili in un determinato ente o comparto (Cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, 16.6.2008, n., 645); la successiva evoluzione legislativa ha poi codificato definitivamente tali principi, al punto che, ai sensi di quanto disposto dall’art. 30 del D.L. vo 30 marzo 2001, n. 165 (come modificato dall’art. 5, comma 1 quater del D.L. vo 21 gennaio 2005, n. 7, convertito nella L. 31 marzo 2005, n. 43), le PP.AA. sono obbligate ad espletare le procedure di trasferimento mediante mobilità da altre amministrazioni, prima di bandire un pubblico concorso”; TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 2 dicembre 2009, n. 2634  secondo cui l’art. 30, comma 2 bis, d.lgs. 165 del 2001 “non lascia spazio a dubbi circa il fatto che le procedure di mobilità debbano sempre essere preferite a quelle concorsuali”; TAR Toscana, Firenze, sez. I, 9 luglio 2009, n. 1212 che ha dichiarato l’illegittimità di una deliberazione con la quale è stato indetto un concorso pubblico per non avere la pubblica amministrazione verificato, preliminarmente, la possibilità di coprire i posti vacanti in via di trasferimento su domanda da altre amministrazioni, in violazione dell’art. 30, comma 2 bis, d.lgs. n. 165 del 2001; TAR Sardegna, Cagliari, sez. II, ord., 15 novembre 2007, n. 459 che sospende l’efficacia di una delibera con la quale è stato indetto un concorso pubblico senza la previa utilizzazione della procedura di mobilità, imposta dall’art. 30, comma 2 bis, d.lgs. n. 165 del 2001, con nota di F.M. Nurra, L’obbligo di attivare le procedure di mobilità prima di procedere all’espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico, in www.lexitalia.it, 11/2007. Sull’esigenza di privilegiare l’assunzione del personale in mobilità rispetto alla procedura concorsuale, Corte Cost., 15 dicembre 2004, n. 388 e Corte Cost., 30 luglio 2012, n. 211

 

[4] L’art. 5 del Regolamento, rubricato “Requisiti generali. Commissioni. Svolgimento delle prove”, stabilisce, al primo comma, che “Il personale del ruolo organico della segreteria e dell’ufficio studi C.S.M. viene assunto con concorso pubblico per titoli ed esami”.

 

[5] V. Tenore, Riflessioni sul rapporto di lavoro del personale amministrativo non magistratuale del Consiglio Superiore della Magistratura: applicazione del D.lgs. n. 165 del 2001 e reclutamento con doverosa previa mobilità rispetto ai concorsi, in www.lexitalia.it, 2/2014, il quale precisa che il C.S.M. svolge le sue funzioni tramite personale magistratuale (componenti togati del Consiglio, Segretario Generale, addetti alle Commissioni e agli Uffici) e personale amministrativo di ruolo  o comandato da altre amministrazioni (art. 104 e 105 Cost., l. 24 marzo 1958 e d.P.R. 16 settembre 1958 n. 916). Mentre il personale magistratuale rientra tra le categorie “non privatizzate” di cui all’art.3, d.lgs.31 marzo 2001 n.165, il personale amministrativo non magistratuale rientra tra le categorie “privatizzate” di cui all’art.2, co.2 e 3, del d.lgs. n. 165 del 2001. (ex art. 104 e105 Cost. e in base alla l.24 marzo 1958 ed al d.P.R.16 settembre 1958 n.916). Nello stesso senso, M. Rossi, Reclutamento dei dipendenti pubblici e prevalenza della mobilità pre-concorso sullo scorrimento di una graduatoria concorsuale, in www.lexitalia.it, 3/2014 secondo cui l’art. 30 costituisce la disciplina inderogabile in materia di mobilità e, come tale, trova applicazione per tutti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui al comma 2 dell’art. 1 del d.lgs. n. 165 del 2001, fra i quali vanno compresi i dipendenti “contrattualizzati” di strutture pubbliche facenti parte dello Stato ordinamento, quali i dipendenti non magistrati del Consiglio Superiore della Magistratura, rimanendo sottratto alla disciplina dell’art. 30, salve norme speciali, il personale in regime di diritto pubblico (art. 3 del d.lgs. n. 165 del 2001), quello con eventuale specifica disciplina legislativa in deroga e quello degli organi costituzionali (Presidenza della Repubblica, Camera dei Deputati, Senato della Repubblica, Corte costituzionale).

 

[6] Più nello specifico, il TAR ha precisato che “L’art. 5 comma 1 del regolamento (menzionato allora), nell’affermare la regola dell’assunzione del personale di segreteria del CSM mediante pubblico concorso, ribadendo settorialmente quella valevole per tutto il pubblico impiego, e senza quindi introdurre una prescrizione speciale in ragione della asserita specialità del rapporto di impiego del suddetto personale, non si pone in rapporto di contraddizione con la disciplina della mobilità di cui all’art. 30 del d. lgs. 165/2001, non sussistendo quindi alcun profilo di incompatibilità fra i due precetti generali per la copertura dei posti vacanti nell’organico del CSM nella stessa maniera in cui detta incompatibilità non sussiste nell’ordinamento generale del pubblico impiego. (…). Ne consegue la perfetta operatività dell’istituto della mobilità anche per le assunzioni di dipendenti di ruolo del CSM, in via preventiva rispetto al pubblico concorso, ex art. 30 comma 2 bis citato, secondo il rinvio di cui all’art. 31 del regolamento. Diversamente argomentando, verrebbero in evidenza profili di illegittimità del regolamento da risolvere in giudizio in base al principio della gerarchia delle fonti.”

 

[7]Con riferimento alla natura delle funzioni svolte dal C.S.M.: L. Caso, Magistrati e Avvocati dello Stato, vol. I, in Carinci-Tenore (a cura di), Il pubblico impiego non privatizzato, Trattato in 5 volumi, Milano, 2007; N. Graziano, Ordinamento giudiziario, Roma, 2013; D. Piana- A. Vauchez, Il Consiglio Superiore della Magistratura. Le istituzioni pubbliche in Italia, Bologna, 2012; G. Di Federico, (a cura di), Ordinamento giudiziario: uffici giudiziari, CSM e governo della magistratura, Padova, 2012; L. Pomodoro, Manuale di ordinamento giudiziario, Torino, 2012; M. Scaparone, L’ordinamento giudiziario, Torino, 2012; D. Carcano (a cura di) Ordinamento giudiziario: organizzazione e profili processuali, Milano, 2009; M. Fantacchiotti – F. Fiandanese, Il nuovo ordinamento giudiziario, Padova, 2009; S. Mazzamuto, Il C.S.M. Aspetti costituzionali e prospettive di riforma, Torino, 2001; V. Tenore, Riflessioni sul rapporto di lavoro del personale amministrativo non magistratuale del Consiglio Superiore della Magistratura: applicazione del D.lgs. n. 165 del 2001 e reclutamento con doverosa previa mobilità rispetto ai concorsi, cit., secondo cui “Può considerarsi pacifico sul piano sistematico, alla luce della giurisprudenza anche costituzionale intervenuta, che il Consiglio Superiore della Magistratura non sia un organo costituzionale, ma, al pari del CNEL (art. 99 cost.), del Consiglio di Stato, della Corte dei conti e del Consiglio Supremo di Difesa, un organo di rilevanza costituzionale”. Nello stesso senso, cfr. Ufficio Studi del C.S.M., parere approvato nella seduta Consiliare del 28 marzo 1996, che ha ritenuto applicabile al personale inquadrato nei ruoli dell’ente la disciplina generale del c.d. pubblico impiego privatizzato. In senso contrario, solamente, C.S.M., parere 3 maggio 2012, n. 156, che ha concluso per la sostanziale insussistenza dell’obbligo di previa attivazione delle procedure di mobilità e per la possibilità di bandire direttamente procedure selettive esterne in quanto il C.S.M. assume “una posizione non solo di rilievo costituzionale ma anche di sostanziale autonomia e quindi di separatezza rispetto alle Amministrazioni dello Stato”.

 

[8]In merito, Cons. St., sez. IV, 22 marzo 2005, n.1144, secondo cui “il C.S.M., grazie alla sua peculiare configurazione costituzionale, può legittimamente ed in taluni casi doverosamente integrare gli spazi vuoti lasciati dall’ordinamento, ma non può, in ossequio al principio di legalità e per rispettare il canone costituzionale che vuole il giudice (ed il p.m.) sottoposto soltanto alla legge (art. 101 Cost.), andare contro univoche disposizioni legislative.”; si veda anche Cons. St., sez. IV, 5 novembre 2004, n. 5274.

 

[9]Cfr. M. Esposito, Modelli e strumenti per la mobilità interna nel lavoro pubblico: tradizione, resistenze e spinte in avanti fra tensioni ideali e criticità operative, in Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2014, 331-378; E.M. Mastinu, La mobilità del dipendente pubblico dopo la legge 114/2014, ivi, 2014, 603-628; M. Ranieri, Accesso al lavoro pubblico ed esperimento preventivo delle procedure di mobilità, in Il Lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2013, fasc. 5, 757 – 786.

 

[10]Il comma 2 bis dell’art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001 è stato introdotto dall’articolo 5, del decreto legislativo 31 gennaio 2005, n. 7, convertito con modificazioni dalla l. 31 marzo 2005, n. 43,

 

[11]L’art. 6, al primo comma, ultimo capoverso, del d.lgs. n. 165 del 2001, chiarisce espressamente che “Le amministrazioni pubbliche curano l’ottimale distribuzione delle risorse umane attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilità e di reclutamento del personale” e, al sesto comma, precisa che “Le amministrazioni pubbliche che non provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo non possono assumere nuovo personale, compreso quello appartenente alle categorie protette”.

 

[12]Vd. nota 3.

 

[13] Art. 2, secondo capoverso, art. 30 del d.lgs. 165 del 2001: “Sono nulli gli accordi, gli atti o le clausole dei contratti collettivi in contrasto con le disposizioni di cui ai commi 1 e 2”.

 

[14]Cons. St., sez. V, 6 novembre 2015,  n. 5078, secondo cui “Nel pubblico impiego, ai sensi dell’art. 30, d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, l’obbligo della mobilità volontaria prima dell’indizione del concorso sussiste anche per gli enti locali, atteso che il reclutamento dei dipendenti pubblici avviene mediante un procedimento complesso nell’ambito del quale la procedura concorsuale non è affatto soppressa, ma è subordinata alla previa obbligatoria attivazione della procedura di mobilità, in attuazione dei principi di imparzialità e buon andamento fissati dall’art. 97 Cost.”; nello stesso senso Cons. St., sez. V, 15 ottobre 2009 , n. 6332; conforme TAR Sicilia, Palermo, sez. I, 20 aprile 2012,  n. 880.

 

[15]In merito, si veda L. Laperuta, Il lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, cit.; N. Niglio, Il principio del previo esperimento della mobilità di personale nelle Regioni, anche alla luce della recente pronuncia del Consiglio di Stato del 17 gennaio 2014 n. 178, in www.lexitalia.it, 1/2014. In ogni caso, si consideri che l’art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001, codifica un istituto che era già previsto a livello di contrattazione collettiva. L’art. 26 del CCNL 2006-2009, stipulato in data 14 settembre 2007, del Comparto dei Ministeri aveva già stabilito che le amministrazione assicurino la pubblicità dei dati e delle informazioni allo scopo di rendere trasparenti processi di mobilità anche al fine di consentire prioritariamente l’assorbimento del personale coinvolto nei processi di trasformazione soppressione e riordino di altre pubbliche amministrazioni. Successivamente all’introduzione del comma 2 bis dell’art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001, il legislatore è, poi, tornato sul tema con la normativa di spending review contenuta nell’articolo 16, comma 1,lett. d) del d.l. n. 98 del 6 luglio 2011 convertito, con modificazione, dalla l. n. 111 del 15 luglio 2011. Tale disposizione ha posto al centro delle politiche di razionalizzazione e di contenimento della spesa nel pubblico impiego l’obbligatorietà delle procedure di mobilità del personale tra le pubbliche amministrazioni. Nonostante il favor legislativo, il ricorso all’istituto della mobilità è ancora di scarsa rilevanza, come dimostra il rapporto redatto dall’ Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni, Mobilità del personale nella pa: serie 2011-2014, dati aggiornati al 16/02/2016, che rileva percentuali significativamente basse (https://www.aranagenzia.it/attachments/article/5110/Mobilit%C3%A0%20nella%20P.A._Serie%202011-2014_SITO.pdf )

 

[16]Vd. l. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 39, comma 3. 

 

[17]Vd. l. 24 dicembre 2007 n.  244, art. 3, comma 124.

 

[18] Corte Cost. ,21 febbraio – 2 marzo 1990, n. 100, secondo cui “la Corte ha già ritenuto, nelle sentenze nn. 219 del 1984 e 407 del 1989, che il criterio della mobilità del personale del pubblico impiego (art. 19 della legge 29 marzo 1983, n. 93) costituisce un principio fondamentale della materia e che la legge 29 dicembre 1988, n. 554 ha il fine essenziale di dare concreta attuazione al principio stesso ed è pienamente legittima là dove (art. 5) impone anche alle regioni l’obbligo di effettuare i processi di mobilità nel loro ambito. Va anche riconosciuto, a questo punto, che il criterio della antecedenza delle operazioni di mobilità rispetto alle assunzioni di personale – già ritenuto da questa Corte perfettamente ragionevole e coerente nella citata sentenza n. 407 del 1989 -, pur espressamente enunciato nella legge n. 554 (art. 1, quarto comma) con riferimento ad enti diversi dalle regioni e dagli enti da queste dipendenti, costituisce un evidente e logico corollario del principio della mobilità, che deve quindi essere rispettato anche dalle regioni”.

 

[19] Con. St., sez. V, 18 agosto 2010, n. 5830, il quale precisa anche che “dando (la mobilità) concreta attuazione al principio di buon andamento ed efficienza che deve connotare l’intera organizzazione amministrativa, all’accertamento della sussistenza di una vacanza di organico, l’amministrazione è tenuta innanzitutto ad avviare la procedura di mobilità finalizzata ad accertare l’esistenza di pubblici dipendenti già in servizio, dotati della necessaria professionalità, che si trovino nella legittima condizione di poter ricoprire il posto vacante; l’esito infruttuoso di tale procedimento riespande le facoltà dell’amministrazione di indire la procedura concorsuale, ovviamente nel rispetto delle cogenti disposizioni finanziarie di contenimento della spesa pubblica”.

 

[20]Cons. St., Ad. Plen., 28 luglio 2011, n. 14, su cui: G. Ricci, L’Adunanza Plenaria del consiglio di Stato in funzione nomofilattica: il caso dello scorrimento delle graduatorie concorsuali, in Il lavoro nella pubblica amministrazione, 2015, 447. Successivamente, si veda Con. St., sez. Vi, 4 luglio 2014, n. 3407 secondo cui “in presenza di graduatorie valide ed efficaci, alla provvista di nuovo personale l’amministrazione deve provvedere normalmente attraverso lo scorrimento delle stesse. In tale situazione fattuale, la possibilità di bandire un nuovo concorso costituisce ipotesi eccezionale, considerata con sfavore dal legislatore più recente, in quanto contraria ai principi di economicità ed efficacia dell’azione amministrativa (art. 1 della legge 7 agosto 1990n. 241), principi applicabili evidentemente anche alla fase organizzativa in cui l’amministrazione stabilisce tempi e modalità con cui far luogo alla provvista di nuovo personale”. Si veda anche, D. Bolognino, L’influenza del principio di economicità sulle scelte di (macro) organizzazione per la copertura dei posti vacanti: tra concorso pubblico, scorrimento delle graduatorie e mobilità, in Il lavoro nella pubblica amministrazione, 2012, fasc. 5, 886 – 900; Id., Il rapport tra concorso pubblico e scorrimento delle graduatorie valide ed efficaci al tempo della c.d. “spending review” – the relationship between competition and public glidinglists valid and effective at the time of the so-called spending review, in Foro amministrativo –  T.A.R., 2013, fasc. 1 , 147 – 156;

 

[21] Per il riconoscimento del diritto degli idonei allo scorrimento delle graduatorie: art. 4 del D.l. 31 agosto 2013 n. 101, convertito in L. 30 ottobre 2013, n. 125 (c.d. decreto D’Alia), su cui B. Gagliardi, La conversione del “decreto D’Alia” e la riforma del reclutamento dei pubblici dipendenti, in Giornale di diritto amministrativo, 2014, fasc.4 , 347-355. Il ricorso all’istituto dello scorrimento delle graduatorie è destinato ad essere ridimensionato in quanto l’art. 17 della l. 7 agosto 2015, n. 124 (c.d. legge Madia) prevede la riduzione dei termini di validità delle graduatorie.

 

[22]Vd. nota 3.

 

[23]Cons. St., Sez. V, 31 luglio 2012, n. 4329, secondo cui “lo scorrimento delle graduatorie trova causa proprio nell’obiettivo di ridurre la spesa pubblica, evitando l’indizione di nuovi concorsi per il reclutamento del personale e contestualmente attua i principi di economicità ed efficienza dell’azione amministrativa, tenuto conto del costo e dei tempi per l’esperimento di procedure concorsuali, compresa la procedura di mobilità”; nello stesso senso anche Cons. St., sez. V, 17 gennaio 2014, n. 17; Cons. St., sez. V, 27 agosto 2014, n. 4361 e Cons. St., sez.. V, 12 luglio 2015, n. 4329, secondo cui “la mobilità esterna (…) non comporta alcun risparmio di spesa, attesa la maggior spesa per la nuova procedura, mentre sotto gli altri aspetti (migliore razionalità dell’organizzazione pubblica e della funzionalità dei suoi uffici), le due procedure di assunzione si equivalgono, attesa la garanzia di professionalità o già formate in ambito amministrativo per il personale in mobilità o accertata a mezzo regolare concorso per gli idonei”. Si è perciò stabilito che “la modalità di assunzione per scorrimento della graduatoria di concorso già espletato è estranea alla fattispecie delineata dal comma 2 bis dell’art. 30”. In tale senso, recentemente anche TAR Puglia, Bari, 14 gennaio 2016, n. 30.

 

[24]Cons. St., sez. V, 23 agosto 2016, n. 3677, secondo cui “la fondamentale esigenza di contenimento della spesa pubblica osta a che possa ritenersi superato il primato dell’art. 30, comma 1, d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (…).l’esistenza di una graduatoria ancora valida limita, quando non esclude, l’indizione di un nuovo concorso, nondimeno non incide sulla potestà di avviare una procedura di mobilità: la mobilità è infatti alternativa all’assunzione di personale nuovo rispetto al concorso o allo scorrimento delle relative graduatorie; con la mobilità il personale non viene assunto, ma solamente trasferito con il consenso della amministrazione di appartenenza, che esercita una valutazione circa la necessità di mantenere presso di sé determinati soggetti. Del resto, le leggi che hanno bloccato le nuove assunzioni fin dagli anni ‘90, non hanno impedito le procedure di mobilità”.

 

[25]Cons. St., sez. I, parere 7 dicembre 2012, n. 5217; nello stesso senso anche TAR Campania, Napoli, sez. V, 7 febbraio 2015, n. 900; nello stesso senso, TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 21 settembre 2011, n. 2250. Sull’argomento, M. Rossi, Reclutamento dei dipendenti pubblici e prevalenza della mobilità pre-concorso sullo scorrimento di una graduatoria concorsuale, in www.lexitalia.it, 3/2014; TAR Campania, sez. V, 7 febbraio 2014, n. 900 secondo cui “Sebbene lo scorrimento della graduatoria costituisca l’ordinaria modalità di reclutamento del personale da parte delle Amministrazioni, giacché favorisce – rispetto all’indizione di un nuovo concorso pubblico – il contenimento della spesa pubblica, esso è destinato a recedere, venendone meno la ratio, dinanzi alla possibilità di indizione di procedure di mobilità. Difatti, la mobilità “permette all’amministrazione di assumere personale che già ha ricoperto il posto vacante o comunque ha già conseguito la stessa qualifica presso altre amministrazioni (art. 30 D. Lgs. 165/2001). Questo comporta la possibilità di acquisire personale già formato e con esperienza nel ruolo, situazione che comporta un’immediata operatività ed un risparmio di spesa. In secondo luogo l’ordinamento del pubblico impiego prevede una preferenza legale per il passaggio di personale tra amministrazioni rispetto alle nuove assunzioni, per ottenere una più razionale distribuzione delle risorse tra le amministrazioni pubbliche nonché economie di spesa di personale complessivamente intesa, dal momento che consente una stabilità dei livelli occupazionali nel settore pubblico” ; nello stesso senso anche TAR Sardegna, Cagliari, 5 agosto 2013, n. 591; TAR, Lombardia, Milano, sez. IV, 21 settembre 2011 n. 2250; TAR  Puglia, Lecce, sez.  II, 11 febbraio 2010, n. 542.

 

[26] L. Busico, In tema di “preferenzialità della mobilità, ma non inderogabilità” nel lavoro pubblico, in www.lexitalia.it, 6/2016.

 

[27]L’art. 2 comma 1 lett. b) del d.lgs. 14 febbraio 2000 n. 37, Istituzione del ruolo del personale amministrativo della segreteria e dell’ufficio studi e documentazione del Consiglio superiore della magistratura a norma dell’art. 13 della legge 28 luglio 1999, n. 266 (ora abrogato), stabiliva che il C.S.M., su proposta del Comitato di Presidenza, disciplinasse con proprio regolamento le procedure concorsuali pubbliche per il reclutamento del personale e l’ordinamento delle carriere.

 

[28]L.’art. 5, comma 4, del d.lgs. n. 37 del 2000 stabilisce che “In sede di prima applicazione del regolamento di cui all’articolo 2, e comunque entro un anno dall’emanazione del predetto regolamento, il C.S.M., per esigenze di funzionalità dei singoli servizi, e limitatamente alle professionalità più elevate, nel rispetto della riserva di cui al comma 2 dell’articolo 13 della legge 28 luglio 1999, n. 266, può coprire i posti vacanti e per non più di dieci unità mediante passaggio diretto di dipendenti di amministrazioni pubbliche a norma dell’articolo 33 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modifiche”.

 

[29] In merito il Consiglio di Stato afferma che “Quanto, infine, all’argomento (…) relativo alla circostanza che il comma 2 bis dell’art. 30 del T.U. n. 165/2001 è cronologicamente successivo alla legge 266/1999, al decreto n. 37/2000 ed al regolamento del Csm richiamato, non può che farsi riferimento al canone ermeneutico consolidato (…) secondo cui la legge posteriore di portata generale non deroga alla legge speciale anteriore”.

 

[30]La giurisprudenza amministrativa, frequentemente, ha dato per scontata la natura di pubblica amministrazione del C.S.M. e la natura amministrativa dei suoi provvedimenti in relazione all’attività tipicamente amministrativa dei suoi membri; sul punto, cfr. Cons. St.,sez IV, 3 giugno 2011, n. 3587; Cons. St., sez. IV, 3 marzo 2006, n. 1035. In merito alla qualificazione del C.S.M. in termini di organo a rilevanza costituzionale qualificabile formalmente e sostanzialmente amministrazione e alla generale applicabilità del Testo Unico sul pubblico impiego al personale non magistratuale del C.S.M. si vedano note 7 e 8.

 

[31] Cfr. par. 5.5.1 della sentenza del Consiglio di Stato che si commenta.

 

[32]Vd. nota 23.

 

[33] La Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato chela facoltà del legislatore di introdurre deroghe al principio del concorso pubblico deve essere delimitata in modo rigoroso, potendo tali deroghe essere considerate legittime solo quando siano funzionali esse stesse al buon andamento dell’amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle; Corte Cost. 2 aprile 2012, n. 90; Corte Cost. 26 maggio 2010, n. n. 195, n. 150; 26 aprile 2010, 10 marzo 2010, n. 100 del 2010; 4 novembre 2009, n. 293.

 

[34]Vd. note 10 e 11.

 

[35]Corte Cost. n. 108 del 2011 e Corte Cost. n. 212 e 217 del 2012, pronunce richiamate espressamente dal Consiglio di Stato nella sentenza che si commenta.

 

[36] Corte Cost. n. 108 del 2011 e Corte Cost. n. 7 del 2011 e Corte Cost. n. 30 del 2012.

 

[37]Sul punto, R.C. Perin, Pubblico concorso e professionalità dei dipendenti pubblici: un diritto costituzionale dei cittadini, in Il Foro amministrativo, 2002, 1994-2004 e B. Gagliardi, La libera circolazione dei cittadini europei e il pubblico concorso, Napoli, 2012.

 

[38]Vd. nota 23.