I controlli sugli enti locali nella Provincia autonoma di Trento

Matteo Cosulich[1]

Sommario: 1. Premessa. – 2. Controlli sugli enti locali e Regioni ad autonomia speciale. – 3. Per una tipologia dei controlli sugli enti locali. – 3.1. Controllo sugli atti. – 3.2. Controllo sugli organi. – 3.3. Controllo sull’attività. – 4. Considerazioni conclusive.

Il presente scritto costituisce una rielaborazione della relazione “L’esperienza della Provincia autonoma di Trento”, tenuta al Convegno di studi italo-francese “Dal controllo tutela al controllo-affiancamento: un confronto Italia-Francia” (Alessandria, 21 ottobre 2021), nell’ambito della XIII Settimana di studi sulle Autonomie locali, dedicata a “I controlli: partner o minaccia dell’autonomia?”.

1. Premessa.

Affrontare il tema dei controlli sugli enti locali nella Provincia autonoma di Trento richiede anzitutto l’inquadramento dell’uno e dell’altra nell’ambito delle autonomie regionali speciali e, più specificamente, delle competenze statutariamente attribuite alla Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol in materia di enti locali (par. 2). Le modalità con le quali dette competenze sono state legislativamente esercitate permetteranno di evidenziare le analogie e le differenze rispetto alla disciplina dettata dallo Stato, applicata nelle Regioni ad autonomia ordinaria[2] e oggi racchiusa quasi esclusivamente[3] nel “testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”, approvato con decreto legislativo 18 agosto 200, n. 267, in seguito variamente novellato[4]. In tal modo, verrà delineata una tipologia dei controlli sugli enti locali[5] specificamente propria della Regione trentino-altoatesina e, per quel che qui maggiormente interessa, della Provincia autonoma di Trento (par. 3). Sarà così possibile conclusivamente domandarsi se il sistema dei controlli sugli enti locali vigente in Trentino favorisca l’autonomia locale o piuttosto le nuoccia, per riprendere il titolo della Settimana delle Autonomie locali nella quale questo saggio si inserisce[6] (par. 4).

2. Controlli sugli enti locali e Regioni ad autonomia speciale.

A partire dalla revisione degli Statuti speciali operata dalla legge costituzionale 23 settembre 1993, n. 2, tutte le Regioni ad autonomia speciale dispongono della potestà legislative primaria in materia di “ordinamento degli enti locali” (così, per quel che qui maggiormente interessa, prevede il vigente art. 4, co. 1, n. 3 Statuto Trentino-Alto Adige/Südtirol)[7], fino ad allora riconosciuta alla sola Sicilia[8] (art. 14, co. 1, lett. o e art. 15, co. 3 Statuto Sicilia)[9].

L’ora descritto assetto delle competenze regionali in materia di enti locali non sembra essere stato interessato dalla revisione costituzionale del titolo V operata dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Infatti, sebbene l’art. 117, co. 2, lett. p Cost., a ben vedere attribuisca attualmente alla potestà legislativa esclusiva dello Stato non l’“ordinamento degli enti locali” nella sua interezza, ma vi ritagli alcuni oggetti, pur di indubbio rilievo (“legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane”)[10], la giurisprudenza costituzionale ha privilegiato una lettura del vigente testo costituzionale relativamente agli enti locali secondo la quale esso “non fa che ripercorrere, in forme nuove, le tracce del sistema costituzionale preesistente, in cui le sole Regioni a Statuto speciale godevano già (…) di una competenza primaria in materia di ordinamento degli enti locali del proprio territorio, mentre le Regioni ordinarie ne erano prive” (sent. n. 48 del 2003, punto 2.1. in diritto). Tale impostazione del giudice delle leggi sembra finalizzata a mantenere invariata, nell’ambito e nei limiti definiti dagli Statuti[11], la potestà legislativa primaria delle Regioni speciali in materia di “ordinamento degli enti locali”[12]: poiché ad essa corrisponde una competenza statale esclusiva, nei confronti della prima non opera la clausola di maggior favore ex art. 10 legge cost. n. 3 del 2001 (ivi)[13].

Una volta riaffermata la riconduzione della materia “ordinamento degli enti locali” alla potestà legislativa primaria delle Regioni ad autonomia speciale in genere e del Trentino-Alto Adige/Südtirol in ispecie, può reputarsi che in tale materia – e dunque in tale potestà – ricadano i controlli sugli enti locali, sia in generale sia con particolare riferimento ai controlli sugli atti. In tal senso appare orientata la consolidata giurisprudenza costituzionale, laddove: da un lato, pur con riferimento ad altri enti – quelli “amministrativi dipendenti dalla Regione” di cui ragiona(va) il testo originario dell’art. 117, co. 1 Cost. – afferma che “non è possibile separare la funzione di controllo da quella concernente l’«ordinamento» dell’ente, in quanto la prima inerisce strettamente alla seconda” (sent. n. 21 del 1985, punto 3. in diritto, dove la Corte costituzionale riassume e conferma il suo precedente orientamento giurisprudenziale); dall’altro, con specifico riferimento ai controlli sugli atti degli enti locali da parte di una Regione ad autonomia differenziata (la Sardegna), reputa che “la competenza a disciplinare l’ordinamento dei relativi enti comprende anche la facoltà di regolarne i controlli (…) con la conseguenza che la natura della potestà legislativa regionale in ordine alla materia dei controlli” viene individuata sulla base dell’art. 3, co. 1, lett. b Statuto Sardegna, come novellato dalla già citata legge cost. n. 2 del 1993, vale a dire della disposizione statutaria che attribuisce alla Regione competenza legislativa primaria in materia di “ordinamento degli enti locali” (sent. n. 415 del 1994, punto 3. in diritto)[14].

In tale direzione, si rammenti come la stessa vigente legislazione statale ordinaria disciplini i controlli sugli enti locali nell’ambito dell’ordinamento degli stessi, al titolo VI della parte I del tuel; per di più, quest’ultimo, all’art. 1, co. 2, contiene una clausola di salvaguardia delle autonomie speciali, escludendo l’applicazione delle disposizioni del tuel stesso, “se incompatibili con le attribuzioni previste dagli Statuti” speciali.

La disciplina dell’ordinamento degli enti locali e dei controlli sugli stessi sussumibili nella prima presenta alcuni profili peculiari nella Regione trentino-altoatesina, anche rispetto alle altre autonomie speciali; non per nulla il Trentino-Alto Adige/Südtirol viene qualificato in termini di “«speciale» specialità”[15].

Così, anzitutto, come avviene in quasi tutte le Regioni ad autonomia speciale[16], in Trentino-Alto Adige/Südtirol, gli enti locali si esauriscono nel Comune o in enti ad esso immediatamente riconducibili[17]. Ma nella Regione trentino-altoatesina il fenomeno ora descritto non discende dalla mancata previsione statutaria della Provincia[18], quanto piuttosto dalla circostanza che lì quest’ultima non rientra nel novero degli enti locali, assumendo invece una veste tipicamente regionale. Altrimenti detto, per inquadrare corretta mente nella tassonomia degli enti territoriali le Province autonome di Trento e di Bolzano occorre porre l’accento non sul sostantivo, ma sull’aggettivo che ne fa vere e proprie Regioni, dotate di competenze legislative e, più in generale, “di uno speciale status di ente costituzionale”[19], garantito a livello statutario (a partire dall’art. 3 St. T-AA/S) e costituzionale (art. 116, co. 2 Cost.), non assimilabile agli enti locali, ma semmai ad essi contrapponibile[20]. Non per nulla, da parte sudtirolese vanno registrate varie proposte di revisione dello Statuto trentino-altoatesino volte a trasferire dalla Regione alle Province autonome la potestà legislativa primaria in materia di “ordinamento degli enti locali”[21].

Inoltre, la disciplina regionale trentino-altoatesina in materia di enti locali risulta particolarmente pervasiva; si tratta di un carattere agevolmente riscontrabile in altre discipline di settore della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, che pare esprimere la volontà di espungere nella misura massima possibile la legislazione statale dalle materie rimesse alla competenza regionale o provinciale[22]. In particolare, la disciplina legislativa dell’“ordinamento degli enti locali” in Trentino-Alto Adige/Südtirol è oggi compiutamente contenuta nel “codice degli enti locali della Regione”, adottato con legge regionale 3 maggio 2018, n. 2 e successivamente novellato da alcune leggi regionali[23]. È significativo constatare come nei suoi 346 articoli[24] il celR contenga un solo rinvio al tuel, su un profilo di dettaglio, per quanto delicato, qual è quello relativo a “aspettative, permessi e indennità degli amministratori locali” (art. 71 celR, espressamente rubricato “Rinvio”). In Trentino-Alto Adige/Südtirol sembra dunque essere pienamente realizzato il processo reso possibile dalle previsioni statutarie secondo cui “nelle speciali l’ordinamento locale è definito dalla Regione, la quale tanto più si ‘appropria’ di tale competenza, esercitandola in base alle specificità territoriali, tanto più conferma l’idea che i rapporti tra il livello di governo regionale e locale sono qui destinati a declinarsi, perlomeno tendenzialmente, nei termini di un unico «sistema»”[25].

3. Per una tipologia dei controlli sugli enti locali.

L’analisi della disciplina dei controlli sugli enti locali vigente in Trentino-Alto Adige/Südtirol e la sua comparazione con quella adottata dal legislatore statale può essere svolta in questa sede ricorrendo a una tradizionale tassonomia di tali controlli, basata sull’oggetto degli stessi[26]. Verrà dunque qui di seguito riproposta la consueta distinzione fra controllo sugli atti, controllo sugli organi e controllo sull’attività. Distinzione che corrisponde alla successione dei controlli disciplinati dal tuel al suo titolo VI, la cui rubrica recita appunto “Controlli”: così il capo I del titolo VI regola il “Controllo sugli atti”, il capo II il “Controllo sugli organi”; al controllo sull’attività sembrano invece potersi ricondurre i pur differenti profili dei “Controlli interni” (capo III) e dei “Controlli esterni sulla gestione” (Capo IV).

3.1. Controllo sugli atti.

L’abrogazione dell’art. 130 Cost., ad opera dell’art. 9, co. 2 legge cost. n. 3 del 2001, ha notoriamente determinato il venir meno della copertura costituzionale del controllo sugli atti degli enti locali, previsto appunto dall’abrogata disposizione costituzionale. Di conseguenza, secondo la dottrina prevalente[27] e la giurisprudenza amministrativa[28], sono da reputarsi eliminati i controlli sugli atti degli enti locali, disciplinati dal tuel. Ad analoghe conclusioni si è giunti con riferimento alla Regioni ad autonomia speciale, dove tali controlli sono previsti dagli Statuti. Con specifico riferimento al Trentino-Alto Adige/Südtirol, l’art. 54, co. 1, n. 5 St. attribuisce alla Giunta (significativamente non regionale, ma) provinciale “la vigilanza e la tutela sulle amministrazioni comunali (…) e sugli altri enti (…) locali”[29], nelle quali si include(va) il controllo sui loro atti. All’indomani dell’entrata in vigore della legge cost. n. 3 del 2001, abrogante l’art. 130 Cost., una circolare del Presidente della Regione (n. 2/EL/2001) affermava l’avvenuta “caducazione” dell’art. 54, co. 1, n. 5 St. T-AA/S, “laddove individua la Giunta provinciale quale organo che esercita un potere ormai espunto dall’ordinamento costituzionale”[30]. Posizione successivamente cristallizzata nella legislazione regionale relativa agli enti locali, al vigente art. 182 celR, la cui lapidaria rubrica non lascia adito a dubbi sull’orientamento del legislatore: “Soppressione dei controlli sugli atti”[31].

Ci si può domandare se l’esito ora brevemente descritto fosse non solo politicamente inevitabile ma anche giuridicamente percorribile, in assenza di un intervento di novellazione degli Statuti speciali. Al riguardo, può rilevarsi come nei confronti delle disposizioni contenute negli Statuti speciali e relative ai controlli sugli atti degli enti locali, non sembra poter operare la clausola di maggior favore contenuta nell’art. 10 legge cost. n. 3 del 2001. Si tratta infatti di una clausola che, come ha sancito la giurisprudenza costituzionale, è volta ad attribuire “forme di autonomia più ampie” alla Regione (o alla Provincia autonoma) intesa come ente e non come comunità, comprensiva dei suoi enti locali. Può dunque reputarsi che “l’adeguamento automatico previsto dal citato art. 10 operi esclusivamente a favore delle autonomie regionali e non anche delle autonomie locali” (sent. n. 370 del 2006, punto 4.2.2. in diritto)[32]. Il venir meno dei controlli sugli atti degli enti locali nelle Regioni speciali ex art. 10 legge cost. n. 3 del 2001 parrebbe infatti idonea a concretizzare un’ipotesi stigmatizzata dal giudice delle leggi: “si potrebbe verificare il caso in cui ad una ipotetica maggiore autonomia dell’ente locale corrisponda una minore autonomia dell’ente regionale. Potrebbe, infatti, accadere che una stessa norma costituzionale, introdotta attraverso il meccanismo previsto dalla legge cost. n. 3 del 2001, sia idonea ad incrementare gli spazi di autonomia degli enti territoriali minori e contestualmente ad incidere in negativo sull’autonomia regionale” (ivi)[33].

Peraltro, senza scomodare l’art. 10 legge cost. n. 3 del 2001, si potrebbe forse pervenire in via interpretativa al superamento del controllo sugli atti degli enti locali nelle Regioni ad autonomia differenziata ricostruendo le relative disposizioni statutarie in termini di “recezione e specificazione di quanto stabilito dall’art. 130 Cost.” nello specifico contesto regionale speciale o provinciale autonomo. Di conseguenza, l’abrogazione dell’art. 130 Cost. avrebbe “determinato un’abrogazione consequenziale delle norme statutarie” corrispondenti[34].

3.2. Controllo sugli organi.

Nei controlli sugli organi ricadono: da un canto, lo scioglimento e la sospensione del Consiglio comunale, disciplinati dall’art. 141 tuel e dall’art. 193 celR; dall’altro, la rimozione e la sospensione degli amministratori locali, disciplinate dall’art. 142 tuel e dall’art. 194 celR. Dal raffronto tra la disciplina statale vigente nelle Regioni ad autonomia ordinaria e quella regionale applicata in Trentino-Alto Adige/Südtirol emerge anzitutto come le fattispecie che determinano lo scioglimento, la rimozione o la sospensione sono le medesime. Tuttavia, il celR prevede una peculiare ipotesi di scioglimento del Consiglio comunale, non contemplata dal tuel, in caso di “mancata elezione della Giunta entro 30 giorni dalla proclamazione degli eletti, mancata sostituzione della giunta dimissionaria entro 30 giorni dalla data di presentazione delle dimissioni o mancata sostituzione dell’assessore entro 90 giorni dalla data di cessazione per qualsiasi causa dalle funzioni” (art. 193, co. 1, lett. b, n. 3). Peculiarità accentuata dalla circostanza che detta ipotesi vige per i soli Comuni siti nella Provincia autonoma di Bolzano, in conseguenza della differente modalità di scelta della Giunta disciplinata dal celR per la Provincia di Bolzano e per la Provincia di Trento: in Alto Adige/Südtirol la Giunta è eletta dal Consiglio comunale (art. 54, co. 6 celR), mentre in Trentino è nominata dal Sindaco (art. 54, co. 5 celR).

Dalla diversa disciplina dettata dal legislatore regionale per le modalità di elezione/nomina dei titolari degli organi dei Comuni, a seconda se questi ultimi siano situati nella Provincia di Trento o in quella di Bolzano[35], deriva dunque una disciplina regionale differenziata per quanto riguarda i controlli sugli organi stessi. La considerazione ora proposta permette di evidenziare come, in Trentino-Alto Adige/Südtirol, sebbene la competenza legislativa primaria in materia di “ordinamento degli enti locali” spetti alla Regione, il suo esercizio non di rado risulta provincializzato[36], anche a livello di legislazione (così, ad esempio, le disposizioni regionali relative alle “forme collaborative intercomunali”, al capo VI del titolo I celR, prevedono ampi spazi di disciplina rimessi alla legislazione provinciale)[37]; il che non dovrebbe stupire, alla luce della considerazione che il legislatore regionale altro non è che la somma dei due legislatori provinciali: “Il Consiglio regionale è composto dei membri dei Consigli provinciali di Trento e di Bolzano”, statuisce infatti l’art. 25, co. 1 St. T-AA/S.

Più in generale, va rilevata l’impronta provinciale ben più che regionale del sistema degli enti locali in Trentino-Alto Adige/Südtirol; impronta che si percepisce, per che qui ora maggiormente interessa, anche con riferimento ai controlli sugli organi degli enti locali: se le fattispecie previste dal tuel e dal celR, come si diceva, sono assai simili, non così gli organi cui detti controlli sono attribuiti. Nella disciplina dettata dal tuel spettano infatti al Ministro dell’interno (direttamente, con proprio decreto, per la rimozione, ex art. 142, co. 1 tuel, ovvero proponendo lo scioglimento al Presidente della Repubblica, chiamato ad adottare il relativo decreto, ex art. 141, co. 1 tuel), mentre il celR li attribuisce alla Giunta provinciale (decreto del Presidente della Provincia, su conforme deliberazione della Giunta, ex artt. 193, co. 1 e 194, co. 1 celR), attuando una previsione statutaria (art. 54, co. 1, n. 5 St. T-AA/S)[38]. In Trentino-Alto Adige/Südtirol, agli organi statali si sostituiscono dunque gli organi provinciali, anche con riferimento alla sospensione, operata non dal Prefetto[39], ma dalla Giunta provinciale[40].

L’ora citato art. 54, co. 1, n. 5 St. T-AA/S riserva, comunque, allo Stato i controlli sui Comuni con più di 20.000 abitanti e quelli “dovuti a motivo di ordine pubblico”, con disposizione letteralmente ripresa agli artt. 193, co. 8 e 194, co. 3 celR. Quanto alla prima riserva, essa riguarda in Trentino tre Comuni (Trento, Rovereto, Pergine Valsugana) su 166 complessivi. Quanto alla seconda, può reputarsi che l’indicazione statutaria altro non faccia che specificare nel territorio trentino-altoatesino la competenza legislativa statale esclusiva in materia di “ordine pubblico e sicurezza” (art. 117, co. 2, lett. h Cost.), come ha rilevato la giurisprudenza costituzionale, sottolineando l’“estraneità dall’area delle competenze legislative della Regione dei profili concernenti l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica” (sent. n. 396 del 2006, punto 3. in diritto, relativa a un’altra Regione a Statuto speciale, la Sardegna).

3.3. Controllo sull’attività.

Con riferimento ai controlli interni degli enti locali, può agevolmente rilevarsi come il celR riproduca pressocché letteralmente le corrispondenti previsioni del tuel: le disposizioni contenute agli artt. 147, 147-bis, 147-ter, 147-quinques tuel si ritrovano agli artt. 186, 187, 188, 190 celR, identicamente rubricati[41]. Le ora richiamate disposizioni del tuel vi sono state introdotte dal decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, come convertito dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, che, all’art. 11-bis, prevede l’attuazione delle disposizioni in esso contenute da parte delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome “nelle forme stabilite dai rispettivi Statuti di autonomia e dalle relative norme di attuazione”. A prima lettura, si tratta di una clausola di salvaguardia della specialità che sembra salvaguardare ben poco, in quanto ragiona non di adeguamento a princìpi ma di attuazione di disposizioni, propendendo così “per una necessaria attuazione delle nuove modalità di controllo”[42].

Ora, la Corte costituzionale ha fornito un’interpretazione costituzionalmente conforme dell’art. 11-bis in discorso, tale da garantire la sua “piena idoneità (…) a tutelare le prerogative degli enti ad autonomia differenziata, esclude[ndo] che esso imponga alle ricorrenti Regioni autonome (…) di attuare disposizioni dello stesso decreto che contrastino con i loro rispettivi Statuti speciali o con le relative norme di attuazione” (sent. n. 39 del 2014, punto 4.3. in diritto). Il legislatore trentino-altoatesino ha comunque optato per una pedissequa (e tardiva)[43] attuazione delle disposizioni relative ai controlli interni degli enti locali, introdotte dal d.-l. n. 174 nel tuel e appunto successivamente riprodotte – come si è visto – nel celR. Ci si potrebbe domandare se ed entro quali limiti fosse possibile differenziare la disciplina legislativa trentino-altoatesina – pur sempre espressione di una competenza legislativa regionale primaria, quella in materia di “ordinamento degli enti locali” – da quella statale. Comunque, la circostanza che le due discipline siano identiche, salvo qualche minuto dettaglio[44], fa pensare che il legislatore regionale abbia voluto disciplinare esaurientemente la materia, in modo da evitare anche soltanto l’ipotesi di una futura applicazione sul suo territorio della legislazione statale.

In altra prospettiva, quello appena descritto costituisce un esempio – invero piuttosto raro, con riferimento al Trentino-Alto Adige/Südtirol e alle sue Province autonome – di “inseguimento”, da parte delle autonomie speciali, della disciplina dettata dallo Stato per le Regioni a Statuto ordinario[45].

Per quanto attiene ai controlli esterni sulla gestione degli enti locali, essi sono disciplinati dal tuel (capo IV del titolo VI) che li attribuisce alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, chiamate a verificare “con cadenza annuale, nell’ambito del controllo di legittimità e regolarità delle gestioni, (…) il funzionamento dei controlli interni ai fini del rispetto delle regole contabili e dell’equilibrio di bilancio di ciascun ente locale” (art. 148, co. 1 tuel), nonché a esaminare “i bilanci preventivi e i rendiconti consuntivi degli enti locali” (art. 148-bis, co. 1 tuel). A tali previsioni del tuel non corrispondono analoghe disposizioni del celR. Al riguardo, può osservarsi come l’ora menzionata disciplina statale, in quanto introdotta “ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica” (art. 1, co. 166 legge 23 dicembre 2005, n. 266), esprime una competenza legislativa statale trasversale, in grado di incidere sulla materia “ordinamento degli enti locali”, anche se essa ricade nella legislazione primaria delle Regioni ad autonomia speciale. Così “il legislatore regionale, ancorché dotato di autonomia speciale” non può sottrarre gli enti locali alla sottoposizione ai “controlli di legalità e di regolarità sulle finanze pubbliche attribuiti alla Corte dei conti in riferimento alle compatibilità poste dagli artt. 81 e 119 Cost. e agli obiettivi parametrici di governo dei conti pubblici concordati in sede europea” (Corte cost., sent. n. 60 del 2013, punto 5.1. in diritto). Tale sindacato, infatti, “è esercitato nell’interesse dello Stato per finalità che riguardano la finanza pubblica nel suo complesso e non può essere confuso e sovrapposto a controlli esercitati da un ente ad autonomia speciale” (Corte cost., sent. n. 40 del 2014, punto 4.3. in diritto).

Il silenzio del celR al riguardo può dunque leggersi alla luce della considerazione che, secondo la giurisprudenza costituzionale, la Costituzione finanziaria vincola con le sue regole tutti gli enti locali, a prescindere dalla loro collocazione in un’autonomia speciale.

Le stesse – rare – peculiarità riscontrabili nel controllo esterno sugli enti locali esercitato dalla Corte dei conti in Trentino-Alto Adige/Südtirol non sono riconducibili alla legislazione regionale, quanto piuttosto alle norme di attuazione; vale a dire ad atti formalmente statali (decreti legislativi), pur sostanzialmente frutto di un accordo tra Stato, Regione e Province autonome, raggiunto in sede di Commissione paritetica, ex art. 107 St. T-AA/S[46]. Si tratta peraltro di peculiarità che riflettono soluzioni normative già adottate dal legislatore statale, al cui “inseguimento” si pongono le norme di attuazione[47]. Così la previsione di un eventuale componente della sezione di controllo designato dal Consiglio provinciale, introdotta, con norma di attuazione, dal decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 166 all’art. 17, co. 1-bis decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio1988, n. 305, altro non fa che porsi sulla scia della più risalente e analoga disposizione di cui all’art. 7, co. 8-bis legge 5 giugno 2003, n. 131, ivi inserita, due anni prima, dalla legge 4 marzo 2009, n. 15.

Le differenze riscontrabili tra le due vigenti discipline ora richiamate permettono di evidenziare alcuni tratti caratterizzanti il sistema degli enti locali in Trentino-Alto Adige/Südtirol, riconducibili al ruolo delle Province autonome rispetto ad essi: ai sensi delle norme di attuazione, da un lato le sezioni di controllo sono provinciali (art. 1, co. 1 d.P.R. n. 305 del 1988), anziché, come nel resto d’Italia, regionali; dall’altro, la designazione è attribuita al solo Consiglio provinciale, non contemplandosi alcun intervento al riguardo degli enti locali o delle loro associazioni[48].

4. Considerazioni conclusive.

Dalla comparazione fra la disciplina dei controlli sugli enti locali dettata dal legislatore statale e quella vigente in Trentino-Alto Adige/Südtirol non sembrano emergere elementi di differenziazione tali da far reputare la seconda capace di giovare o nuocere all’autonomia locale in modo significatemene più marcato rispetto alla prima. Tuttavia, come si è visto, nelle pieghe della disciplina regionale trentino-altoatesina sui controlli si individuano alcuni elementi sintomatici di un significativo ruolo delle Province autonome in materia; se nell’ambito dei controlli quest’ultimo non sembra costituire una minaccia all’autonomia locale, ci si può porre il medesimo interrogativo con riferimento al complesso delle funzioni spettanti alle Province autonome rispetto agli enti locali in genere e ai Comuni in ispecie. Altrimenti e riassuntivamente detto, occorre domandarsi se l’autonomia (speciale) possa costituire una minaccia per l’autonomia (locale), anche al di là della specifica disciplina dei controlli.

Può così constatarsi come i Comuni situati nelle due Province autonome godano di “una peculiare condizione di autonomia”[49], fortemente condizionata dalle competenze e dalle funzioni provinciali. Al di là dei già esaminati controlli sugli enti locali, si rammenti come il principio del parallelismo delle funzioni, tuttora operante in Trentino-Alto Adige/Südtirol (art. 16, co. 1 St. T-AA/S), faccia sì che la Provincia sia titolare di amplissime funzioni amministrative, la cui delega ai Comuni è soltanto facoltativa (art. 18, co. 2 St.)[50]. Da parte sua, lo Stato può attribuire ai Comuni della Regione trentino-altoatesina soltanto quelle funzioni amministrative che non ricadono nelle materie di competenza provinciale[51]. Last but not least, dal punto di vista finanziario i Comuni dipendono dalla Provincia autonoma, la quale: provvede “al coordinamento della finanza pubblica provinciale, nei confronti degli enti locali” (art. 79, co. 3 St.); ha “competenza legislativa in materia di finanza locale” (art. 80, co. 1 St.); corrisponde ai Comuni “idonei mezzi finanziari”, allo scopo di adeguarne le finanze “al raggiungimento delle finalità e all’esercizio delle funzioni stabilite dalle leggi” (art. 81, co. 2 St.)[52].

Il quadro ora delineato sembra idoneo a favorire dinamiche di “centralismo provinciale”[53] che peraltro lo stesso legislatore di ciascuna Provincia autonoma pare intenzionato a contrastare, promuovendo “un processo di riorganizzazione delle istituzioni provinciali e locali ispirato ai princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza” (art. 1, co. 1 legge prov. Tn n. 3 del 2006); riorganizzazione basata anche sul trasferimento di funzioni dal livello provinciale a quello comunale (art. 8)[54].

  1. Professore ordinario di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli studi di Trento.
  2. In ciascuna Regione ad autonomia speciale la disciplina statale si applica invece soltanto se e nella misura in cui la Regione stessa non abbia legiferato in materia (vedi amplius infra par. 2), fatti salvi, naturalmente, i profili della legislazione statale costituenti limiti alla potestà legislativa regionale primaria (vedi, per tutti, T. Martines, A. Ruggeri, C. Salazar, A. Morelli, Lineamenti di diritto regionale, 10 ed., Milano, Giuffrè, 2019, 186-199).
  3. Si rammenti infatti che la legge 7 aprile 2014, n. 56 (cosiddetta legge Delrio, dal cognome dell’eponimo proponente, Graziano Delrio, ministro per gli Affari regionali del Governo Letta), è intervenuta significativamente in materia di enti locali (con particolare riferimento alle Province e alle Città metropolitane), incidendo anche sui controlli sugli stessi, senza peraltro intervenire direttamente sul tuel (vedi poco oltre nel testo).
  4. D’ora in poi: tuel.
  5. Per un inquadramento costituzionale del tema dei controlli sugli enti locali si veda R. Balduzzi, Introduzione al presente Convegno.
  6. Vedi supra nt. 1.
  7. Da qui in poi: St. T-AA/S.
  8. Si noti inoltre che, fino alla revisione del 1993, gli Statuti del Friuli Venezia Giulia e del Trentino-Alto Adige/Südtirol attribuivano alla Regione potestà legislativa concorrente in materia di “ordinamento dei Comuni” (così rispettivamente art. 5, co. 1, n. 5 e art. 5, co. 1, n. 1, abrogati l’uno dall’art. 5, co. 2, l’altro dall’art. 6, co. 2 legge cost. n. 2 del 1993).
  9. Dal punto di vista lessicale, può rilevarsi come l’art. 14, co. 1, lett. o ragioni di “regime degli enti locali”, anziché di “ordinamento degli enti locali”, sintagma che, analogamente a tutti gli altri Statuti speciali, utilizza invece l’art. 15, co. 3. Sottolinea come nell’individuazione dei confini della materia in discorso il più risalente testo statutario della Sicilia abbia indirizzato la giurisprudenza costituzionale nell’interpretazione degli Statuti speciali successivamente al 1993, in quanto “dall’analisi delle decisioni emerge un costante intento di omologazione della nuova attribuzione statutaria all’esperienza siciliana” (V. Antonelli, L’ordinamento degli enti locali: un ritorno al passato?, in AA.VV., Le autonomie territoriali nella riforma costituzionale, Roma, Carocci, 2016, 111).
  10. In senso critico nei confronti dell’“integrale riconduzione alla lett. p del contenuto del testo unico del 2000” (e dunque della materia “ordinamento degli enti locali”) si veda R. Balduzzi, Le autonomie locali dopo la revisione costituzionale del titolo V, in Quaderni regionali, 1, 2003, 82.
  11. Per una recente applicazione dei limiti della potestà legislativa regionale primaria alla legislazione in materia di enti locali di una Regione speciale (la Sicilia) si veda Corte cost., sent. n. 240 del 2021, punto 6.3. in diritto. Si noti tuttavia che la giurisprudenza costituzionale ha talora interpretato detti limiti, fissati dagli Statuti, “alla stregua della legge cost. n. 3 del 2001”, riconducendoli a materie di legislazione statale esclusiva ex art. 117, co. 2 Cost. (così P. Caretti, G. Tarli Barbieri, Diritto regionale, 5 ed., Torino, Giappichelli, 2019, 339).
  12. Reputa tale soluzione “seppure con qualche perplessità, condivisibile” G. Coinu, Sulla democrazia procedurale, in le Regioni, 5, 2003, 877.
  13. Così A. Ambrosi, La competenza legislativa delle Regioni speciali e l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, in le Regioni, 5, 2003, 829. Sulla scarsa attenzione prestata dalla sent. n. 48 del 2003 al raffronto tra i limiti della potestà legislativa primaria e quelli della potestà legislativa residuale si veda criticamente A. Ruggeri, Potestà legislativa primaria e potestà “residuale” a confronto (nota minima a Corte cost. n. 48 del 2003), in Consulta Online, 3, 2003, 6, al sito internet www.giurcost.org.
  14. Si veda, adesivamente, A. Ferrara, I poteri ordinamentali sugli enti locali tra passato e futuro della specialità regionale, in A. Ferrara, G.M. Salerno (a cura di), Le nuove specialità nella riforma dell’ordinamento regionale, Milano, Giuffrè, 2003, 248. Contra E. Gianfrancesco, L’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 ed i controlli nelle Regioni ad autonomia speciale, in Giurisprudenza costituzionale, 2002, 3321, sulla base della constatazione che, anteriormente alla legge cost. n. 2 del 1993, gli Statuti speciali – tranne quello trentino-altoatesino – espressamente attribuivano alla corrispondente Regione la potestà legislativa (concorrente) in materia di controllo sugli atti degli enti locali mediante “disposizioni statutarie diverse da quelle relative alla potestà legislativa primaria. Ad un’interpretazione sistematica degli Statuti, quindi, le due fattispecie (ordinamento degli enti locali e disciplina del controllo sugli atti degli enti locali) appaiono distinte e non già in rapporto di genere-specie”. In tale direzione un argomento letterale ad adiuvandum potrebbe ricavarsi dall’art. 15, co. 3 Statuto Sicilia, laddove ragiona distintamente di “ordinamento e controllo degli enti locali”.
  15. A. D’Atena, L’Accordo De Gasperi-Gruber e la garanzia di una «speciale» specialità, in Giurisprudenza costituzionale, 2016, 1879.
  16. Con riferimento ad altra specialità regionale, si veda R. Louvin, L’esperienza della Regione autonoma Valle d’Aosta, relazione al presente Convegno.
  17. Si rammenti al riguardo che le Comunità di Valle, istituite in Trentino dall’art. 14, co. 1 legge provinciale 16 giugno 2006, n. 3, altro non sono che “enti pubblici locali a struttura associativa costituiti obbligatoriamente dai Comuni compresi in ciascun territorio individuato” con il procedimento previsto dalla legge stessa (art. 14, co. 2). Fra le Comunità di Valle presenta caratteristiche peculiari il Comun general de Fascia, corrispondente ai Comuni ladini della Val di Fassa, previsto dall’art. 102, co. 3 St. T-AA/S (introdotto dalla legge costituzionale 4 dicembre 2017, n. 1): in particolare, mentre gli organi delle altre Comunità sono eletti con procedimento indiretto da rappresentanti dei Consigli comunali (art. 17-sexies legge prov. n. 3 del 2006), quelli del Comun sono eletti prevalentemente a suffragio universale (secondo lo Statuto approvato con legge provinciale 10 febbraio 2010, n. 1).
  18. La Provincia non è infatti prevista nello Statuto valdostano, non lo è (più, a far data dalla legge costituzionale 28 luglio 2016, n. 1, di revisione statutaria) nello Statuto friulano giuliano, mentre lo Statuto siciliano prevede in sua vece “liberi consorzi comunali” (art. 15, co. 2). Sulla legge cost. n. 1 del 2016 vedi G. Spagnul, Il riordino delle Province, in E. D’Orlando, L. Mezzetti (a cura di), Lineamenti di diritto costituzionale della Regione Friuli Venezia Giulia, Torino, Giappichelli, 2017, 158.
  19. A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, vol. I, 15 ed., Napoli, Jovene, 1989, 532.
  20. Vedi amplius infra par. 4.
  21. In tal senso si vedano sia le proposte di modifica dello Statuto presentate nel settembre 2017 dalla Convenzione dei 33, istituita con legge provinciale Bz 22 dicembre 2016, n. 27 (vedile al sito internet www.convenzione.bz.it) sia alcuni progetti di revisione statutaria presentati nell’attuale XVIII legislatura repubblicana, nella forma di proposte/disegni di legge costituzionale, rispettivamente alla Camera (p.d.l. n. 946; vedilo al sito internet www.camera.it) e al Senato (dd.dd.ll. n. 11, n. 35 e n 43; vedili al sito internet www.senato.it) da parlamentari della Südtiroler Volkspartei.
  22. Per un esempio relativamente ai controlli, vedi infra par. 3.3.
  23. D’ora in poi: celR.
  24. Sebbene si tratti di un grezzo dato quantitativo, dà conto della pervasività della disciplina contenuta nel celR, anche a fronte dei 299 articoli di cui si compone attualmente il tuel.
  25. E. D’Orlando, F.E. Grisostolo, La disciplina degli enti locali tra uniformità e differenziazione, in F. Palermo, S. Parolari (a cura di), Le variabili della specialità, Evidenze e riscontri tra soluzioni istituzionali e politiche settoriali, Napoli, ESI, 2018, 108. Ragiona di “«regionalizzazione» del sistema degli enti territoriali” nelle Regioni a Statuto speciale D. Borgonovo, L’ordinamento degli enti locali prima e dopo la riforma del titolo V, con particolare riferimento alla Provincia autonoma di Trento, in federalismi.it, 10, 2011, 2, al sito internet www.federalismi.it.
  26. Vedi, per tutti, G. Rolla, Diritto regionale e degli enti locali, Milano, Giuffrè, 2002, 224.
  27. Vedi E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, 10 ed., Milano, Giuffrè, 2008, 277 e M. Renna, I controlli interni sugli enti locali a vent’anni dalla revisione del titolo V, relazione al presente Convegno.
  28. Così Consiglio di Stato, Sez. V, 8 agosto 2003, n. 4589: “Caduta la fonte normativa, programmatica e di principio, di rango costituzionale, costituente il necessario supporto logico-giuridico della disciplina dei controlli sugli atti degli enti locali e, in particolare, venuta meno la previsione di un controllo regionale sugli atti stessi, devono ritenersi, per ciò stesso, caducate ed espunte dall’ordinamento tutte le norme che su tale supporto poggiavano (primo fra tutti, l’art. 126 tuel, che si richiama direttamente ed espressamente proprio all’art. 130 Cost.)”.
  29. Vedi amplius infra par. 3.2.
  30. Vedi E. D’Orlando, F.E. Grisostolo, La disciplina degli enti locali, cit., 136, nt. 156.
  31. Ai sensi dell’art. 182 celR, “I controlli sugli atti degli enti locali si considerano comunque cessati alla data di entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 «Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione»”.
  32. Sul punto, si veda criticamente A. Ruggeri, La Corte, la clausola di “maggior favore” e il bilanciamento mancato tra autonomia regionale e autonomie locali (a margine della sent. n. 370 del 2006), in Forum di Quaderni costituzionali, 1° dicembre 2006, 3, al sito internet www.forumcostituzionale.it.
  33. Altrimenti detto, “la soppressione di tale potestà [di controllo sugli atti degli enti locali] si tradurrebbe (…) non già in un ampliamento ma in una restrizione dell’ambito di autonomia delle Regioni e delle Province autonome. Per questo motivo, non dovrebbe operare, in questo caso, la clausola di adeguamento dell’art. 10” (E. Gianfrancesco, L’art. 10 della legge cost. n. 3, cit., 3321). La soppressione in discorso, infatti, “comprensibilissima sul piano del merito, risulta censurabile in termini di legittimità costituzionale” (A. D’Atena, Diritto regionale, 4 ed., Torino, Giappichelli, 2019, 287).
  34. E. D’Orlando, F.E. Grisostolo, La disciplina degli enti locali, cit., 137.
  35. Evidenzia il “fenomeno di specificazione e differenziazione della disciplina regionale per i Comuni della Provincia di Bolzano, rispetto a quelli della Provincia di Trento” G. Postal, Il governo locale, Trentino, in E. Happacher, R. Toniatti (a cura di), Gli ordinamenti dell’Euroregio, Una comparazione, Milano, FrancoAngeli, 2018, 225.
  36. Vedi M. Cosulich, Trentino-Alto Adige, in L. Vandelli (a cura di), Il governo delle Regioni: sistemi politici, amministrazioni, autonomie speciali, Bologna, il Mulino, 2012, 301.
  37. Fermo restando che il legislatore regionale non può spingersi sino a “sostanzialmente demanda[re] alle Province l’esercizio di una potestà legislativa attribuita dallo Statuto alla Regione” (Corte cost., sent. n. 132 del 2006, punto 5. in diritto).
  38. Con riferimento al Trentino va peraltro rilevato come, a partire dall’introduzione dell’elezione diretta del Presidente della Provincia (legge costituzione 31 gennaio 2001, n. 2 e legge provinciale statutaria Tn 5 marzo 2003, n. 2), egli sia il vero dominus della Giunta provinciale, nominandone e revocandone i componenti (art. 8, co. 1 e co. 4 legge prov. stat. Tn n. 2 del 2003). In Alto Adige/Südtirol, invece, sia il Presidente della Provincia sia gli Assessori sono eletti dal Consiglio provinciale; i secondi su proposta del Presidente (artt. 66 e 68, co. 1 legge provinciale statutaria Bz 19 settembre 2017, n. 14).
  39. La sospensione del Consiglio e degli amministratori viene disposta dal Prefetto, per “motivi di grave e urgente necessità”, ex artt. 141, co. 7 e 142, co. 2 tuel.
  40. La sospensione del Consiglio e degli amministratori compete alla Giunta provinciale (artt. 193, co. 7 e 194, co. 2 celR).
  41. Soltanto la rubrica dell’art. 147 tuel differisce (peraltro formalmente e lievemente) da quella dell’art. 186 celR (comunque di identico contenuto): “Tipologia dei controlli interni” la prima; “Controlli interni” la seconda. Negli altri articoli citati le rubriche sono identiche: nell’ordine, “Controllo di regolarità amministrativa e contabile”, “Controllo strategico” e “Controllo sugli equilibri finanziari”. Sul vigente art. 147 tuel si veda R. Lombardi, I controlli esterni sugli enti locali a vent’anni dalla revisione del titolo V, relazione al presente Convegno.
  42. F. Guella, Il carattere “sanzionatorio” dei controlli finanziari di fronte alle prerogative dei Consigli regionali e dei gruppi consiliari: ricadute generali delle questioni sollevate dalle autonomie speciali, in Corte cost., sent. n. 39 del 2014, in Osservatorio costituzionale, 1, 2014, 5, al sito internet www.osservatorioaic.it.
  43. Il che spiega perché i tempi di attuazione dettati dal tuel con riferimento alle differenti classi demografiche di Comuni vanno dal 2012 al 2015, mentre il celR prevede rispettivamente il 2016 e il 2018.
  44. Così la diversa definizione delle classi demografiche dei Comuni nelle quali applicare entro determinate scadenze le disposizioni sui controlli interni (vedi supra nota precedente) oppure la possibilità di esercitare in forma associata il controllo strategico, previsto dal solo tuel (art. 147-bis, co. 1, secondo periodo).
  45. Così, peraltro con riferimento alle norme di attuazione “«fotocopia» dei decreti di trasferimento di funzioni per le Regioni ordinarie”, I. Ruggiu, Le Regioni speciali, in R. Bin, G. Falcon (a cura di), Diritto regionale, 2 ed., Bologna, il Mulino, 2018, 340.
  46. Vedi M. Cosulich, Il decreto legislativo di attuazione statutaria nelle Regioni ad autonomia speciale, Napoli, Editoriale scientifica, 2017, 98-99.
  47. Vedi supra nt. 46.
  48. Ai sensi del vigente art. 7, co. 8-bis legge n. 131 del 2003, invece, su due componenti che possono andare a integrare la sezione di controllo (regionale), uno viene designato “dal Consiglio delle autonomie locali oppure, ove tale organo non sia stato istituito, dal Presidente del Consiglio regionale su indicazione delle associazioni rappresentative dei Comuni e delle Province a livello regionale”.
  49. Per riprendere il titolo di F. Marcelli, Gli enti locali nella Provincia di Bolzano: una peculiare condizione di autonomia, in AA.VV., Le autonomie locali nelle Regioni a Statuto speciale e nelle Province autonome, Quaderni Formez, 20, 2004, 205.
  50. Emblematica al riguardo risulta la differente formulazione del co. 2 in discorso (“Le Province possono delegare alcune loro funzioni amministrative ai Comuni”; corsivo di chi qui scrive) rispetto all’immediatamente precedente co. 1 (“La Regione esercita normalmente le funzioni amministrative delegandole alle Province, ai Comuni e ad altri enti locali”).
  51. Vedi M. Carli, Diritto regionale, Le autonomie regionali, speciali e ordinarie, 2 ed., Torino, Giappichelli, 2020, 273 che, anche sulla base di altre considerazioni relative alle funzioni e alle modalità di finanziamento dei Comuni trentino-altoatesini, giunge a definirli “di serie B rispetto a quelli delle Regioni ordinarie”.
  52. È ben vero che tali mezzi finanziari vengono concordati fra il Presidente della Provincia e una Rappresentanza unitaria dei Comuni, come dispone il prosieguo del co. 2. Tuttavia, qualora non fosse possibile raggiungere un accordo, la decisione è rimessa al Consiglio provinciale (ex art. 18, co. 2 decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268), dunque a un organo della Provincia autonoma (L. Castelli, Trentino-Alto Adige/Südtirol, in AA.VV., Le autonomie locali, cit., 128).
  53. Vedi L. Castelli, Trentino-Alto Adige/Südtirol, cit., 122 e, con riferimento alle autonomie speciali complessivamente intese, G.C. De Martin, La condizione e il ruolo delle autonomie locali nelle Regioni a Statuto speciale e nelle Province autonome, in AA.VV., Le autonomie locali, cit., 247.
  54. Analogamente, per l’Alto Adige/Südtirol, si vedano gli artt. 1, co. 1, lett. b e 4, co. 1 legge provinciale Bz 16 novembre 2017, n. 18.