Sperimentazione animale e valutazioni tecnico-scientifiche: il T.A.R. Lazio e il ruolo degli organismi di autorizzazione. Riflessioni a partire da T.A.R. Lazio, sentenza n. 5771, 1 giugno 2020

Simone Penasa1

 

1. Introduzione: sperimentazione animale e ruolo degli organismi tecnico-scientifici.

La sentenza n. 5771 del primo giugno 2020 del TAR Lazio2, avente ad oggetto la legittimità dello svolgimento di una sperimentazione che prevede l’utilizzo di primati non umani, ha riportato alla ribalta giuridica e mediatica3 la questione relativa all’ambito e ai limiti della sperimentazione animale nell’ordinamento italiano4. Nelle brevi note che seguono si descriverà il caso, in particolare l’oggetto e le finalità della sperimentazione, e le questioni affrontate dal TAR Lazio. Infine, si proporranno alcune riflessioni sugli elementi di maggiore interesse ricavabili dalle argomentazioni utilizzate dai giudici amministrativi, con particolare riferimento al ruolo degli organismi di carattere tecnico-scientifico alla quale la disciplina di settore attribuisce funzioni consultive e valutative (l’Organismo Per il Benessere Animale e il Consiglio Superiore di Sanità) e ai limiti dello scrutinio operato dagli organi giurisdizionali competenti relativamente al merito delle valutazioni di natura scientifica ed etica operata dagli organismi richiamati.

 

2. Le caratteristiche della sperimentazione e i motivi del ricorso.

Oggetto del ricorso, proposto da alcune associazioni di tutela degli animali contrarie alla sperimentazione animale5, è l’autorizzazione rilasciata dal Ministero della Salute relativa ad un progetto di ricerca presentato dall’Università degli Studi di Parma, da svolgere in collaborazione con l’Università di Torino, avente ad oggetto “Meccanismi anatomo-fisiologici soggiacenti il recupero della consapevolezza visiva nella scimmia con cecità corticale”6. La ricerca ha finalità traslazionali, in quanto lo studio della cecità corticale sul modello animale – nella fattispecie sei primati non umani (macachi) – si pone l’obiettivo di definire e validare protocolli per la riabilitazione della cecità corticale nell’uomo.

Prima di inquadrare sinteticamente il contesto normativo nel quale i ricorsi si inseriscono, occorre chiarire che i motivi di questi ultimi non si riferiscono alla legittimità tout court di questo tipo di sperimentazione, il cui svolgimento – come si vedrà subito infra – è oggetto di una specifica disciplina nel decreto legislativo n. 26/2014, che ha recepito la direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici7. Le censure proposte si concentrano piuttosto sulle caratteristiche della procedura autorizzativa adottata e in particolare sul merito delle valutazioni compiute da parte degli organismi competenti relativamente a:

  1. l’assenza della evidenza scientifica che risulti sodisfatto il requisito secondo cui non sia possibile raggiungere lo scopo della ricerca utilizzando nella sperimentazione specie diverse dai primati non umani, come previsto dall’art. 8 del d.lgs. n. 26/2014;

  2. la carenza di idonea istruttoria e congrua motivazione delle valutazioni svolte dall’Organismo preposto al benessere animale competente (Università di Parma) e dal Consiglio Superiore di Sanità, nelle quali non sarebbe stata adeguatamente verificata la sussistenza degli elementi individuati a livello nazionale ed europeo per giustificare il ricorso a questo tipo di sperimentazione;

  3. la mancata dimostrazione della natura innovativa del progetto autorizzato e del rispetto del principio delle “3 R”, secondo cui è necessario verificare l’esistenza di metodi alternativi per sostituire gli animali (replace), ridurne al minimo il numero utilizzato (reduce) e migliorarne le condizioni, puntando in particolare sulla minimizzazione dello stress e del dolore (refine)8;

  4. l’inadeguatezza delle informazioni fornite nel corso del progetto da parte del soggetto responsabile della sperimentazione relativamente alle condizioni degli animali utilizzati, in particolare al loro livello di interazione e di adattamento al nuovo ambiente, in violazione del principio del benessere animale previsto dall’art. 13 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea9.

 

Con ordinanza del 23 gennaio 2020, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso contro l’ordinanza cautelare del TAR Lazio che aveva respinto l’istanza di sospensione della sperimentazione presentata dalle associazioni ricorrenti, ritenendo – contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di primo grado – che «è necessario che sia chi sperimenta a dover provare che non esistono alternative ad una sperimentazione invasiva sugli animali e foriera di sofferenze che la normativa europea e nazionale sul benessere animale, anche nelle sedi di sperimentazione, prescrive di evitare o ridurre entro rigorosi parametri fisiologici»10. Di conseguenza, il Consiglio di Stato ha stabilito che il Ministero della Salute con la massima urgenza fornisca la prova relativa alla «impossibilità di trovare alternativa ad una sperimentazione invasiva sugli animali» e depositi « una dettagliata relazione sulla somministrazione agli animali oggetto di sperimentazione di liquidi e cibo sufficienti, astenendosi da misure che finiscano per trasformare la doverosa erogazione di cibo e liquidi in forma di premio per asservire la volontà di animali sensibili come i primati». Nell’ordinanza sospensiva, si ritiene pertanto «prevalente» l’interesse a sospendere l’autorizzazione alla ricerca fino alla decisione nel merito che qui si commenta, «a tutela degli animali soggetti alla sperimentazione», la quale richiede una valutazione della completezza e adeguatezza delle valutazioni svolte nel corso della procedura autorizzativa. A seguito dell’ordinanza del Consiglio di Stato, il Ministero della Salute ha svolto un supplemento di istruttoria finalizzata a verificare l’assenza di una alternativa alla sperimentazione invasiva sugli animali, all’esito del quale il Consiglio Superiore di Sanità ha adottato un parere nel quale si afferma che «(…) alla data odierna, non esistano metodi alternativi ad una sperimentazione invasiva sugli animali così come prevista nel progetto di ricerca» oggetto del ricorso11.

 

3. Il quadro normativo di riferimento.

L’utilizzo di primati non umani a fini sperimentali è ammesso in via eccezionale dalla normativa vigente solo previa autorizzazione ad hoc del Ministero della Salute12, quando sia scientificamente provato che è impossibile raggiungere lo scopo della procedura utilizzando specie diverse e solo nell’ambito di ricerche di base, quando condotte nell’interesse della salute dell’uomo o dei medesimi primati non umani13; nell’ambito di ricerca applicata o traslazionale avente ad oggetto la profilassi, la prevenzione, la diagnosi o la cura delle malattie, del cattivo stato di salute o di altre anomalie o dei loro effetti sugli esseri umani14, o sia finalizzata ad evitare, prevenire, diagnosticare o curare affezioni umane debilitanti o potenzialmente letali15. In ogni caso, occorre garantire il rispetto del principio delle 3 R, che sancisce il principio dell’inevitabilità dell’impiego di animali e, nel caso in cui tale impiego risulti necessario, prevede che sia evitata la morte dell’animale come punto finale della sperimentazione, a meno che tale esito non sia anch’esso inevitabile16. In questo ultimo, e residuale, caso, la procedura adottata deve comportare la morte del minor numero possibile di animali e devono essere ridotte al minimo la durata e l’intensità della sofferenza dell’animale, garantendo per quanto possibile una morte senza dolore17.

A garanzia del rispetto di tali principi e criteri, la normativa prevede che ciascun utilizzatore di animali a fini sperimentali (nel caso di specie, l’Università di Parma) istituisca un organismo preposto al benessere degli animali (OPBA), il quale è tenuto ad esprimere un parere motivato sui progetti di ricerca, nel quale deve verificare il rispetto della normativa e degli obblighi esistenti a livello internazionale ed europeo in materia di sviluppo e sicurezza dei farmaci, nonché a valutare la «rilevanza tecnico-scientifica» del progetto, «la possibilità di sostituire una o più procedure con metodi alternativi (…)», «l’adeguata formazione e la congruità dei ruoli professionali del personale» e «la valutazione del danno/beneficio»18. L’autorizzazione del singolo progetto, di competenza del Ministero della Salute, è condizionata al parere favorevole del richiamato organismo e alla valutazione tecnico-scientifica svolta dal Consiglio Superiore di Sanità, nel caso di impiego di primati non umani19. È proprio sulle concrete modalità di esercizio dei richiamati poteri consultivi, autorizzativi e di controllo dell’organismo preposto al benessere degli animali coinvolti nello specifico progetto che si concentrano le richiamate doglianze delle associazioni ricorrenti, le quali richiedono una verifica del merito delle valutazioni svolte dagli organismi coinvolti20. In tal senso, il fatto che il TAR Lazio qualifichi espressamente come «espressione di discrezionalità tecnica» le valutazioni svolte tanto dall’OPBA quanto dal Consiglio Superiore di Sanità finisce inevitabilmente con il ridurre in modo decisivo l’ambito e la profondità dello scrutinio operabile da parte dei giudici amministrativi, i quali non possono non riconoscere preliminarmente che le scelte operate «sono sindacabili in sede giurisdizionale solo se viziate da manifesta irragionevolezza o illogicità».

 

4. La genericità e infondatezza delle censure proposte: una presunzione forte di legittimità delle valutazioni tecnico-scientifiche operate dagli organismi coinvolti nella procedura di autorizzazione.

Anche su tale base, il TAR Lazio giunge ad affermare la natura generica e priva di fondamento dei motivi di illegittimità dell’autorizzazione proposti dalle associazioni ricorrenti21. Concentrandosi sullo scrutinio della legittimità procedurale delle valutazioni svolte dagli organismi coinvolti nella procedura, il TAR ne riconosce la coerenza, anche attraverso il richiamo della natura unanime del parere approvato dall’OPBA, l’adeguatezza in termini di esistenza di rilevanti e solidi presupposti scientifici del percorso argomentativo utilizzato per verificare la rilevanza delle finalità e la congruità dei metodi del progetto di ricerca e la rigorosità nel verificare il rispetto dei principi e criteri previsti al fine di assicurare il più elevato livello possibile di benessere degli animali coinvolti nella sperimentazione. In particolare, si afferma che «il ricorso allo specifico modello sperimentale animale viene ampiamente giustificato e pare consono alla sperimentazione presentata, ed in linea con gli scopi traslazionali del progetto, volto ad elaborare e validare un protocollo riabilitativo della consapevolezza visiva in pazienti umani affetti da lesioni della corteccia visiva primaria». Si riconosce, attraverso il richiamo al contenuto del parere dell’OPBA, la natura innovativa ed estremamente originale della ricerca, rispetto alla quale non risulta possibile sostituire l’impiego di primati non umani con modelli alternativi, dal momento che – come peraltro confermato dagli esperti coinvolti in fase di istruttoria a livello ministeriale – attualmente non sono disponibili metodi validati che non implichino l’utilizzo di animali vivi, tenuto conto dello specifico ambito della ricerca (lo studio dei substrati neuronali di funzioni visive e cognitive di alto livello).

Per quanto riguarda le valutazioni tecnico-scientifiche svolte dal Consiglio Superiore di Sanità, il TAR giunge ad analoghe conclusioni in termini di esaustività e adeguatezza della verifica della sussistenza dei presupposti per il rilascio dell’autorizzazione alla esecuzione del progetto di ricerca (innovatività, insussistenza di metodi alternativi validati, rispetto del principio delle 3 R). In tal senso, assume particolare rilievo il fatto che nel parere favorevole emesso dal Consiglio siano state recepite le raccomandazioni proposte dagli esperti auditi durante la procedura valutativa, al soddisfacimento delle quali la natura favorevole del parere risulta condizionata. Tali raccomandazioni si concentrano significativamente sulla previsione di alcuni adempimenti relativi proprio ad assicurare il benessere degli animali coinvolti per tutta la durata della sperimentazione e in particolare durante lo svolgimento di procedure chirurgiche invasive. Rispetto al primo profilo, si raccomanda la trasmissione periodica dei dati relativi alle condizioni di stress rilevate durante le singole fasi del procedimento. In relazione al secondo, si prevede la presenza di personale medico veterinario esperto nella gestione della anestesia generale profonda e di un neurochirurgo con esperienza clinica, in caso di eventuali complicanze operatorie e per il contenimento dello stress degli animali sottoposti ad intervento. Secondo i giudici amministrativi, il supplemento di istruttoria svolto a seguito dell’ordinanza del Consiglio di Stato conferma le conclusioni alle quali sono giunti precedentemente gli organismi coinvolti nella procedura. Il fatto che il Gruppo di Lavoro in tale seconda fase abbia sollevato perplessità sulla traslabilità dei risultati acquisiti sull’uomo non appare sufficiente a considerare manifestamente irragionevoli o arbitrarie le valutazioni proposte in precedenza, tenuto conto anche della natura intrinsecamente incerta della possibilità di ricavare risultati di tipo diagnostico o terapeutico da qualsiasi attività di ricerca. Infatti, è comunque fondato ritenere che – come risulta da una ulteriore relazione presentata da un esperto in materia nel corso di tale ulteriore istruttoria – allo stato attuale delle conoscenze scientifiche non sussistano metodi alternativi all’utilizzo degli animali e che pertanto ad oggi l’unico modello sperimentale animale associato in letteratura a studi nel campo del blindsight preveda l’impiego di primati non umani.

 

5. Sperimentazione animale, evidenze scientifiche e ragionevolezza procedurale: alcune considerazioni conclusive.

Il tema della sperimentazione animale rappresenta evidentemente una delle questioni più eticamente sensibili e socialmente divisive all’interno del complesso ordine delle questioni biogiuridiche22. La disciplina italiana, dando esecuzione alla normativa europea di settore, ha metabolizzato un approccio che cerca di valorizzare, all’interno del necessario bilanciamento tra interessi e principi costituzionalmente rilevanti, la posizione giuridica degli animali oggetto di sperimentazione. Un esempio paradigmatico di tale approccio è la scelta politica, che altrettanto significativamente ha causato la reazione delle istituzioni europee23, di introdurre a livello nazionale il divieto di svolgere ricerche in materia di xenotrapianti e di sostanze d’abuso, limiti non previsti a livello europeo24. Nel caso che si è brevemente analizzato la carica polemica connaturata alla materia oggetto del ricorso viene depotenziata dal fatto che – come anticipato nell’introduzione – ad essere oggetto di censura non è tanto la possibilità generale di poter utilizzare primati non umani a scopo di ricerca quanto piuttosto la valutazione nel caso di specie della concreta sussistenza delle condizioni e dei criteri previsti a livello normativo per autorizzare tale metodo, seppur in via eccezionale. Oggetto delle valutazioni del giudice non è tanto l’an teorico della legittimità del potere di autorizzazione, quanto il concreto quomodo dell’esercizio di quest’ultimo da parte degli organismi tecnici con funzioni consultive e valutative coinvolti nel processo autorizzatorio.

La prospettiva valorizzata dal caso oggetto di ricorso consente quindi una riflessione eticamente neutrale sul tema della sperimentazione animale, potendosi privilegiare una riflessione strettamente connessa alla portata giuridica delle questioni oggetto di ricorso: non si tratta quindi di valutare l’opportunità politica o l’accettabilità sociale dell’approccio adottato dal legislatore italiano, ma la legittimità della sua concreta attuazione in uno specifico e particolarmente rilevante ambito ai fini di testare la ragionevolezza del bilanciamento raggiunto, quale quello dell’utilizzo a scopo di ricerca di primati non umani. Sull’esigenza di garantire un ragionevole bilanciamento anche nel contesto della sperimentazione animale si è pronunciata anche la Corte costituzionale, anche se nel contesto della normativa precedente al recepimento della direttiva europea del 201025. In tale occasione, la Corte ha affermato tale esigenza, pienamente soddisfatta dalla normativa statale allora in vigore, individuando i beni rilevanti nel «doveroso rispetto verso gli animali sottoposti a sperimentazione e l’interesse collettivo alle attività di sperimentazione su di essi che sono ritenute indispensabili, sulla base delle attuali conoscenze di tipo scientifico, sia dall’ordinamento nazionale che dall’ordinamento comunitario». Significativamente ai fini di questo breve commento, nel quale si è valorizzato il rilievo attribuito dal TAR Lazio alle valutazioni tecnico-scientifiche e dello stato delle conoscenze in tale ambito, la Corte costituzionale basa il proprio giudizio sull’opinione prevalente nella comunità scientifica di riferimento rispetto all’efficacia della sperimentazione animale, rilevando come le posizioni contrarie risultano minoritarie a livello scientifico pur trovando sponde nel dibattito pubblico26.

Nell’ottica, non espressamente richiamata dai giudici amministrativi, del bilanciamento tra interessi coinvolti in questo tipo di sperimentazione il ruolo degli organismi consultivi coinvolti nel processo di autorizzazione dei singoli progetti di ricerca risulta determinante. Infatti, il caso analizzato dimostra ancora una volta come l’inserimento di organismi dotati di specifiche competenze e funzioni, nonché di natura autonoma e indipendente rispetto ai soggetti responsabili della sperimentazione, rappresenta un elemento in grado di contribuire in modo decisivo alla legittimità della normativa dal punto di vista della proporzionalità, adeguatezza e coerenza della medesima. Nello specifico, il fatto che la possibilità di utilizzare primati non umani sia condizionata al parere favorevole di siffatti organismi costituisce un elemento necessario e non fungibile del bilanciamento individuato a livello normativo tra libertà della ricerca scientifica e diritto alla salute delle persone, da un lato, e tutela del benessere animale, dall’altro lato. Si potrebbe quindi sostenere che, anche nell’ambito della sperimentazione animale, così come in quello ad esempio della ricerca con embrioni umani, quando il legislatore attribuisca a organismi quali l’OPBA o il Consiglio Superiore di Sanità specifiche funzioni consultive e valutative aventi ad oggetto la natura, le procedure e i metodi utilizzati all’interno di ricerche che prevedano l’impiego di animali, la disciplina risulta coperta da una presunzione forte di legittimità. Infatti, ciò consente di prevedere adeguate garanzie procedurali, attraverso il noto meccanismo della delega di bilanciamento in concreto27, senza privare i soggetti interessati della possibilità di avere accesso ad un rimedio giurisdizionale effettivo, come il caso analizzato dimostra.

Nel momento in cui il legislatore adotti un approccio siffatto, ciò finisce con l’incidere sull’ambito e l’intensità dello scrutinio che organi giurisdizionali si trovino eventualmente ad effettuare sul merito delle valutazioni operate, all’interno dello schema normativo, da tali organismi28. Tale standard è stato adottato anche dal TAR Lazio nel caso che qui si commenta, attraverso il riconoscimento della natura tecnica della discrezionalità riconosciuta al soggetto dotato del potere di autorizzazione. Anche tale atteggiamento si inserisce in modo fisiologico e in piena continuità con la giurisprudenza costituzionale e amministrativa, che ormai sistematicamente riconoscono l’esistenza di uno spazio di valutazione (e quindi sostanzialmente normativo) riservato agli organismi tecnico-scientifici e di un corrispondente limite che incombe sulle corti in sede di controllo di legittimità29. Ciò si traduce, da un lato, nella impossibilità per l’organo giurisdizionale di sostituire le valutazioni svolte dagli organismi tecnici con valutazioni proprie; e, dall’altro lato, nella possibilità di dichiarare l’illegittimità delle medesime esclusivamente quando queste si rivelino manifestamente irragionevoli o arbitrarie 30.

In conclusione, è possibile affermare che se la “via” procedurale può non essere ritenuta soddisfacente dal punto di vista del dibattito pubblico o politico, può rappresentare una efficace e costituzionalmente sostenibile modalità di composizione e accomodamento dei diversi interessi che entrano in gioco in un ambito massimamente divisivo quale quello della sperimentazione animale.

 

1 Ricercatore a tempo determinato tipo B in Diritto pubblico comparato, Dottore di ricerca in Studi Giuridici Comparati ed Europei, Universita’ di Trento – Facoltà di Giurisprudenza.

 

3 I media hanno dato ampia diffusione al caso, che evidentemente solleva la più generale questione della opposizione tout court all’utilizzo di animali a scopo sperimentale. Ex plurimis, Quotidiano Sanità (http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=85855), Corriere della Sera (https://www.corriere.it/animali/20_giugno_03/macachi-torino-tar-gli-esperimenti-devono-riprendere-a19168e2-a590-11ea-9dea-fe0c662b4b9d.shtml), La Stampa (https://www.lastampa.it/torino/2020/06/01/news/il-tar-dice-si-agli-esperimenti-sui-macachi-all-universita-di-torino-1.38916136).

 

4 Sulla “questione animale”, si rinvia a S. Castiglione, L. Lombardi Vallauri (a cura di), La questione animale, in S. Rodotà, P. Zatti (a cura di), Trattato di biodiritto, Giuffrè, Milano, 2012.

 

5 Nello specifico, la Lega Anti Vivisezione Ente Morale Onlus e l’Associazione Osa-Oltre La Sperimentazione Animale Onlus. Per una disamina dei principali argomenti “antivivisezionisti”, si rinvia a S. Cagno, Antivivisezionismo scientifico, in S. Castignone, L. Lombardi Vallauri (a cura di), La questione animale, cit., 219 ss.

 

6 Appare utile sottolineare come, a differenza di quanto previsto dalla normativa europea, la competenza di autorizzare in via eccezionale questo tipo di sperimentazioni è attribuito al Ministro della Salute e non alla Commissione europea, come previsto dalla direttiva 2010/63/UE. Sul punto, F. Meola, La tutela degli animali da sperimentazione nel contesto europeo, in Diritto Pubblico Comparato ed Europeo, 2, 2019, 399.

 

7 Per un inquadramento generale, P. Puoti, L’attuazione della direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali da sperimentazione nel contestodell’armonizzazione del mercato interno e il futuro della ricerca in Italia, in Studi sull’integrazioneeuropea, 2-3, 2016, 301-327.

 

8 Il principio delle “3 R” (Replacement, Reduction e Refinement,) è stato come noto teorizzato da W.M.S. Russell, R.L. Burch, The Principles of Human Experimental Technique, Londra, 1959. Cfr. anche M.V. Ferroni, C. Campanaro (a cura di), Metodi alternativi alla sperimentazione animale, Torino, 2017; F. Rescigno, Gli esseri animali come res senzienti, in BioLaw Journal-Rivista di BioDiritto, 2, 2019, Special Issue, in particolare 691. A livello normativo, si riferiscono a tale principio la direttiva 2010/63/UE, in particolare al considerando n. 11 e agli artt. 4 e 13; e l’art. 13 del citato d.lgs. n. 26/2014.

 

9 Nonché dagli artt. 17 e 19 del richiamato d.lgs. n. 26/2014. Sul punto, F. Barzanti, La tutela del benessere degli animali nel Trattato di Lisbona, in Il diritto dell’Unione Europea, 1, 2013, 49-72.

 

10 Consiglio di Stato, ord. n. 00230, 23 gennaio 2020.

 

11 Parere del 23 marzo 2020.

 

12 Art. 8, d.lgs. n. 26/2014.

 

13 Art. 5, comma 1, lettera a), d.lgs. n. 26/2014.

 

14 Art. 5, comma 1, lettera b), numero 1, d.lgs. n. 26/2014.

 

15 Art. 5, comma 1, lettera c), d.lgs. n. 26/2014.

 

16 Cfr. G. Pelagatti, Profili giuridici della sperimentazione animale, in https://dirittifondamentali.it/,, 1, 2018, 18.

 

17 Art. 13, d.lgs. n. 26/2014.

 

18 Art. 25, d.lgs. n. 26/2014.

 

19 Art. 31, d.lgs. n. 26/2014, in particolare il comma 4 per gli elementi che devono essere presi in considerazione nella valutazione tecnico-scientifica; sul punto, F. Meola, La tutela degli animali da sperimentazione nel contesto europeo, cit.

 

20 Sul punto, G. Pelagatti, Profili giuridici della sperimentazione animale, cit., 20 ss.

 

21 TAR Lazio, sentenza n. 05771, 1 giugno 2020.

 

22 Si sofferma anche su tale prospettiva, F. Meola, La tutela degli animali da sperimentazione nel contesto europeo, cit., 365 ss.

 

23 Cfr. la procedura di infrazione iniziata nel 2016 (F. Meola, La tutela degli animali da sperimentazione nel contesto Eeuropeo, cit., 395). Sul travagliato processo di attuazione delle direttive europea, cfr. R. Forastiero, La tutela giuridica degli animali da esperimento: riflessioni sull’attuazione in Italia delladirettiva 2010/63/UE, in Studi sull’integrazione europea, XI, 2014, in particolare 581 ss.

 

24 Sull’intreccio tra dimensione europea e internazionale, da un lato, e nazionale, dall’altro, I. Pavone, Animal Experimentation and Animal Welfare in the Context of the European Union: Reflections on the Directive 2010/63/EU and Its Transposition in Italy, in BioLaw Journal-Rivista di BioDiritto, 3, 2015, 75-97.

 

25 Corte cost., sent. n. 166 del 2004. Per un commento, R. Bin, La Corte e la scienza, in A. D’Aloia, Bio-tecnologie e valori costituzionali. Il contributo della giustizia costituzionale. Atti del seminario (Parma, 19 marzo 2004), Giappichelli, Torino, 2006, 1-22.

 

26 Ib. («È noto che esistono anche opinioni contrarie ad ogni specie di sperimentazione animale, dal momento che si asserisce che queste sperimentazioni sarebbero in realtà inefficaci, ma si tratta di opinioni scientifiche finora largamente minoritarie e non recepite né dal legislatore nazionale, né da quello europeo»)

 

27 R. Bin, Diritti e argomenti, Milano, 1992, 120 ss. Per una applicazione di tale meccanismo alla dimensione scientifica, P. Veronesi, Le cognizioni scientifiche nella giurisprudenza costituzionale, in Quaderni costituzionali, 3, 2009, 607-609.

 

28Ex plurimis, Corte cost., sentenza n. 185 del 1998; Conseil Constitutionnell, dec. 2013-674 CD. Ho analizzato tali aspetti in S. Penasa,Il dato scientifico nella giurisprudenza della Corte costituzionale: la ragionevolezza scientifica come sintesi tra dimensione scientifica e dimensione assiologica, in Politica del diritto, 2, 2015, 271-324.

 

29 Su tali aspetti, da ultimo D. Servetti, Riserva di scienza e tutela della salute. L’incidenza delle valutazioni tecnico-scientifiche di ambito sanitario sulle attività legislativa e giurisdizionale, Pacini Editore, 2019.

 

30 Ex plurimis, Corte cost., sent. 185/1998 e n. 188/2000, in cui la Corte afferma «il ruolo essenziale» svolto dagli organismi tecnico-scientifici della sanità, in base al principio per cui le valutazioni di natura tecnica «devono essere assunte nelle competenti sedi, consapevole com’essa è delle attribuzioni e delle responsabilità che a detti organi competono».